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giovedì 11 novembre 2010

La parmiciana.

11 Novembre 2010.

La cucina da noi è stata da sempre un grande sistema di comunicazione, e la comunicazione avveniva attraverso i servi di casa, per cui la cameriera arrivava a casa al piano di sotto e la mamma gli chiedeva: "Chi manciau u signor baruni?" e la cameriera: "Manciau i beccaficu!", spiegando cos'erano. Al che la madre per copiare i nobili prese le sarde fituse, costavano di meno, li avvolse, lascio il codino a V, e invece di condirle di interiora, li condì con mollica di pane, un poco di odore di arancia o di limone, per cercare di confondere il puzzo del pesce puzzolente, e prudentemente ci mise i pinoli. In tutta la cucina popolare il pinolo è presente perchè rappresenta nella medicina popolare l'unico deterrente contro l'intossicazione alimentare, praticamente è una bivitasi preventiva. E quindi nasce la sarda a beccafico. La stessa sarda viene elevata al rango di lenguado, i nobili mangiavano lenguado, da noi si parlò spagnolo fino al 1741. Il lenguado in spagnolo è la sogliola, per cui anche li per copiare le sogliole si prese una sarda, aperta, deliscata, ed ecco le sarde al lenguado, allinguata, la fregatura era che non ci si potevano mettere i pinoli, allora bagnetto d'aceto, ed avevano risolto il problema. Sempre in questa cucina di rappresentazione, i nobili mangiavano le quaglie, allora si prese una melanzana tutta intera con il gambo, che rappresentava un collo senza testa, due tagli a fare le ali, quattro botte sul di dietro, per fare il culo piumato della quaglia, fritta e servita su un piatto sembrava una quaglia, la quaglia di melanzane. Con le stesse melanzane un'altro piatto importante forse fondamentale della nostra cucina, la parmiciana, con la "c" e non con la "g", che altro non è che una persiana, quella con le scalette, allora le fette di melanzane fritte venivano disposte a scaletta, volendo rappresentare proprio una persiana, si condiva con una spolverata di caciocavallo fresco, che simulava il polverone della strada, a cui più tardi si aggiunse un pochino di salsa di pomodoro, ma questo avvenne alla fine dell''800. Addirittura se vogliamo fare la ricerca etimologica, che viene dalle piccole cose, c'era una bellissima taverna in corso dei Mille, gestita da una signora, a dir poco giunonica, matrimoniale a due piazze, immensa, enorme, e il suo giovane garzone di bottega, aveva una settantina d'anni, era alto un metro e cinquanta, tanto è vero che d'inciuria (ndr: soprannome) faceva "naticchio", che in siciliano non è altro che il nottolino di rame con cui si chiude la persiana, la signora quando arrivava in sala la teglia con la parmiciana, perchè si serve sempre nella teglia rettangolare, diceva: "Arriva la parmiciana cu naticchio".

di Gaetano Basile scrittore giornalista storico delle tradizioni popolari.

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