Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Libro/E-book: A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell‘incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l‘uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all‘era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono.Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato. I Sumeri, gli Egizi, i Maya, gli Inca, le civiltà indiane, tutte culture che hanno avuto un livello tecnologico superiore per quel tempo. I miti Babilonesi, la cultura Greca con la sua mitologia, i miti delle popolazioni nordiche, le leggende delle popolazioni precolombiane, (persino nella Bibbia, vedi Genesi o Apocalisse), parlano di esseri soprannaturali, di eventi immani, (come un grande diluvio). Anche in questo periodo alcuni popoli che vivono allo stato primitivo, come ad esempio i Dogon del Mali, hanno conoscenze astronomiche cui l‘uomo moderno ha avuto accesso solo dopo con il progredire della tecnologia. E' nell‘era moderna che la tematica si sviluppa maggiormente. Dal Novecento ad oggi è un susseguirsi di prove, fatti, avvistamenti; l‘episodio di Roswell è il più indicativo. Gli U.S.A. sembrano la nazione che nel secondo dopoguerra abbia beneficiato maggiormente del contatto con gli alieni. L‘oscurantismo della Guerra Fredda, dominante sino a qualche anno fa è crollato. Tutte le Intelligence delle maggiori potenze mondiali stanno rivelando al mondo dossier segretati sino a qualche tempo fa, (in vista forse del 2012, che secondo un‘antica profezia Maya segnerà l‘inizio di una nuova era). Anche il Vaticano ha ammesso la probabile esistenza di extraterrestri, con i relativi problemi etico-religiosi che ne possono derivare. Se esistono gli alieni, e se ci hanno creati loro, esiste anche un Dio Creatore, come lo intendiamo noi? Che cosa succederebbe se così non fosse? La Chiesa sa la verità e non la vuole rivelare? Oppure sia noi che gli alieni facciamo parte di un unico progetto divino? Abbiamo un‘anima? Che cosa succede dopo la morte? L‘aldilà è forse un‘altra dimensione o un Universo parallelo dove i mondi s‘incontrano? Perché (come dicono alcuni ricercatori) gli alieni ci studiano? Che cosa cercano nell‘uomo? Le grandi potenze mondiali ne sono informate? Tutti interrogativi cui non è possibile a oggi dare una risposta certa, però si può provare a dare diverse, probabili soluzioni.

  • Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Sinossi: Le indagini del Maresciallo Ascali - L'usuraio Benvenuti nel cuore pulsante e spesso tormentato di Palermo, dove le indagini del Luogotenente dei Carabinieri Roberto Ascali si addentrano ancora una volta nelle pieghe oscure del tessuto sociale. In questo nuovo capitolo, intitolato "L'usuraio", l'arrivo di un certo Colajanni Eduardo nella caserma dei Carabinieri dà il via a un'indagine che promette di svelare inquietanti connessioni. Ciò che inizia come un'indagine sul reato di usura, un crimine silente e devastante che affligge le fasce più vulnerabili della popolazione, prende subito una piega potenzialmente pericolosa. La redazione della Comunicazione di Notizia di Reato non si limita a ipotizzare l'usura, ma prospetta al Magistrato inquirente un legame inquietante tra l’usuraio e “ambienti mafiosi”, suggerendo la possibile aggravante del metodo mafioso. Le dichiarazioni inattese dell'usuraio Cozzolino, denunciato da Colajanni, rivelano che l'indagine prenderà direzioni impreviste. Quando la morte di Colajanni per avvelenamento viene accertata, il quadro che emerge dalle dichiarazioni di Cozzolino è "del tutto inedito", confermando l'intuizione di Ascali riguardo un coinvolgimento più ampio della criminalità organizzata. Sembrava solo una storia di usura all'inizio, ma l'ombra di Cosa Nostra si allunga su tutta la vicenda. Emergono collegamenti con i mandamenti mafiosi palermitani, in particolare Brancaccio e Porta Nuova. Maresciallo Ascali, oggi Luogotenente, deve usare la sua tenacia e il suo acume investigativo per accertare la verità sulla morte di Colajanni e sul sistema criminale sotteso. La sua vita personale è segnata dal dolore per la malattia che affligge la sua amata moglie, ma la sua presenza e l'appartamento confiscato alla mafia in cui vivono a Palermo - divenuto il loro rifugio di pace - gli danno la forza per affrontare le indagini. "L'usuraio" si prospetta come un nuovo avvincente capitolo delle indagini del Maresciallo Ascali, esplorando il legame pericoloso tra l'usura e la criminalità organizzata, mantenendo alta la suspense e conducendo il lettore nei meandri oscuri del potere e della disperazione, dove la linea tra vittima e carnefice è spesso sottile.

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mercoledì 19 febbraio 2025

“Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”: “Che cosa scrivo adesso?”, di Francesco Toscano, pubblicato sul portale Internet Amazon.it.


Palermo, lì 19 febbraio 2025.

Buongiorno, è con immenso piacere che oggi vi comunico che è stato pubblicato, presso il portale Internet Amazon.it, il saggio autobiografico Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”: “Che cosa scrivo adesso?, dello scrivente Francesco Toscano, formato cartaceo, tipo brossura con copertina rigida. 

Sinossi:

Un viaggio autobiografico nel cuore di Brancaccio, Palermo.
Francesco Toscano ci accompagna in un viaggio intimo e personale attraverso le strade del quartiere Brancaccio. Con uno sguardo nostalgico ma realistico, l'autore dipinge un quadro vivido di un luogo segnato da contrasti. Nostalgia per un passato rurale e idilliaco, quando Brancaccio era un luogo ricco di terreni coltivati e la comunità era unita. Disillusione per la violenza mafiosa che ha travolto Palermo negli anni Ottanta e Novanta. Speranza per un riscatto futuro, testimoniata dalle persone che lottano per un futuro migliore. “Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; “Che cosa scrivo adesso?” è un saggio autobiografico che esplora temi universali come l'infanzia, la memoria, l'identità e la speranza. Toscano ricorda il quartiere Brancaccio della sua infanzia, descrivendolo come un luogo ricco di terreni coltivati, con vigneti, agrumeti e ortaggi. Attraverso ricordi personali e aneddoti, Toscano delinea il quadro psicologico del quartiere Brancaccio, facendo emergere un amalgama complessa di emozioni.


Dettagli prodotto

  • ASIN ‏ : ‎ B0DXGGHT63
  • Editore ‏ : ‎ Independently published (17 febbraio 2025)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina rigida ‏ : ‎ 99 pagine
  • ISBN-13 ‏ : ‎ 979-8311082358
  • Peso articolo ‏ : ‎ 204 g
  • Dimensioni ‏ : ‎ 15.24 x 1.07 x 22.86 cm

Costo: € 12,48

lunedì 23 dicembre 2024

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; -Che cosa scrivo adesso? - Capitolo Cinque.

 

Cinque.

 

“Pacchionello – Diecimila”

 

All’inizio del mese di ottobre dell’anno 1981, quando per le vie di Palermo erano già passati a miglior vita circa settanta mafiosi, o presunti tali, barbaramente uccisi da “Cosa Nostra” panormita e lasciati agonizzanti sull’asfalto freddo e viscido delle strade del capoluogo, giocava in via Giacomo ALAGNA del quartiere Brancaccio un bambino che, come me, aveva da poco compiuto dieci anni. Figlio di un boss mafioso del quartiere, poi arrestato e processato col Maxi I, egli veniva schernito dagli altri bambini del quartiere in quanto in sovrappeso, e perché aveva delle movenze goffe e stanche; il piccolo monello era solito girare per le vie di Brancaccio con una banconota da Diecimila lire in tasca e svariate caramelle, cioccolatini, merendine, che difficilmente era disposto a condividere con gli altri bambini. Marco, F., G., C., ed altri bambini del quartiere, gli avevano affibbiato il nomignolo di “Pacchionello – Diecimila”, a ragion veduta. Era difficile coinvolgerlo nei giochi che si facevano in gruppo, che necessitavano, giocoforza, il dispendio di energie psicofisiche. Perennemente stanco, si pavoneggiava di possedere oltre a quella banconota da 10.000 lire, altri soldi, tantissimi altri soldi, che il padre, a suo dire, gli dava sovente per le sue bricconerie, per i suoi capricci, per tenerlo buono e quieto. Dalla personalità borderline, o giù di lì, vestiva abiti griffati, indossava scarpe firmate, che difficilmente gli altri bambini del quartiere si sarebbero mai potuto permettere di indossare. Non ricordo quale fosse il suo nome di battesimo; pur tuttavia, ricordo benissimo il suo cognome e quello che disse suo padre, mafioso di spicco di Brancaccio, all’udienza dibattimentale del Maxi I, impettito e spavaldo dinanzi alle telecamere Rai che riprendevano le fasi salienti del Processo. Ma di questo non mi va di parlarne. Ormai è storia giudiziaria, facilmente reperibile in rete. “Pacchionello – Diecimila” quando stava con gli altri bambini era solito sedersi su un muretto posto a ridosso di via Antonio PIGAFETTA intento a osservare ciò che gli altri monelli stessero facendo, quasi volesse studiarne la psiche, entrare nelle loro menti, vivere il loro mondo: un mondo che, purtroppo, non gli apparteneva; e come sarebbe stato possibile, per un bambino così viziato, vivere le stesse emozioni e le stesse esperienze dei suoi coetanei? Quel bambino non l’ho più rivisto; né, tantomeno, l’ho più incontrato da adulto. Di lui mi colpì da subito il fatto che in un contesto così povero, ostentasse con tanta nonchalance così tanta ricchezza. Era ovvio che quei soldi erano il frutto delle attività criminali condotte da suo padre. Ma di questo io, a quel tempo, non ero sicuro; né, tantomeno, ne ero a conoscenza. Sembrava proprio una brava persona suo padre, uno di quelli che, di solito, si vogliono emulare: aveva fatto i soldi! Ma come, non era dato sapere. Eppure qualcuno sommessamente, sibilando, proferiva il perché quella famiglia si fosse arricchita in così poco tempo. Ma questi non aveva il coraggio di parlarne pubblicamente. A quel tempo si moriva per poco a Brancaccio e chi lavorava, pagava le tasse, ed era costretto a barcamenarsi e sbarcare il lunario mensilmente, solitamente non era avvezzo a commentare quello che succedeva per le vie del quartiere: né in bene, né in male. La gente continuava a ignorare i problemi del quartiere. Sino a quando i singoli membri di quella comunità non venivano intaccati dai problemi, non ne parlavano: punto! Di che cosa avrebbero dovuto parlare? Era facile parlare delle disgraziate partite del Palermo calcio, ma le parole spaccio, droga, mafia, erano tabù. E tabù rimasero per tantissimi anni, sino a quando le stragi di mafia, gli omicidi eccellenti, non convinsero molte coscienze che forse era arrivato il momento di fare mente locale, di affrontare i problemi in maniera diversa. Ma, essendo che “una nuci sula intra o saccu un n’ha mai scrusciutu!”, allora era meglio continuare a farsi i fatti propri e seguitare ad andare avanti con le proprie vite. Purtroppo, ahimè, ancora oggi la mentalità di molti abitanti del quartiere e di tantissimi altri abitanti dei quartieri di Palermo non è cambiata; è rimasta tale e quale a quella degli abitanti della Palermo degli anni Ottanta - Novanta del Novecento. Mi viene da dire che mai cambierà, ma voglio essere ottimista e pensare che prima o poi le cose cambieranno in meglio. Me lo auguro di cuore.

sabato 31 agosto 2024

Qual è il ruolo di Fofò Macchiarella all'interno della famiglia mafiosa di Punta Calura, nel romanzo giallo "I ru viddrani" di Francesco Toscano?



Palermo, 31 agosto 204. 

Fofò Macchiarella è una figura di spicco all'interno della famiglia mafiosa di Punta Calura nel romanzo "I ru viddrani". Ricopre il ruolo di capo decina, rispondendo direttamente al capo famiglia Don Ciccio "ù pastranu". Le sue responsabilità includono:
  • Gestione delle attività criminali: Insieme a Don Gino "ù curtu", l'altro capo decina, Fofò gestisce le attività illecite sul territorio per conto di Don Ciccio;
  • Cassiere della famiglia: La sua posizione di fiducia è ulteriormente rafforzata dal suo ruolo di cassiere, gestendo le finanze della famiglia mafiosa;
  • Esecutore: Fofò si sporca le mani in prima persona, come dimostra il suo coinvolgimento nell'omicidio del maresciallo Rinaldi, commesso su ordine del capo mandamento Carmelo Spatali;
  • Recupero crediti: Fofò viene incaricato di recuperare l'oro e l'argento rubati a Domenico Sinatra dalla badante Ingrid. Il suo tentativo di recupero si traduce in un'escalation di violenza che culmina nell'omicidio di Ingrid;
  • Mentore: Marco Guarraggiano, un soldato della famiglia, lo indica come il suo "mentore", evidenziando il suo ruolo nella formazione dei nuovi affiliati.  
In conclusione, Fofò Macchiarella è un personaggio spietato e ambizioso, disposto a tutto pur di mantenere il potere. È un elemento chiave nella macchina criminale di Punta Calura, gestendo le attività illecite, impartendo ordini e persino commettendo omicidi per conto dell'organizzazione. La sua storia dimostra la brutalità e la pervasività di Cosa Nostra, capace di corrompere e distruggere vite umane per perseguire i propri interessi.

Cordialmente vostro, Francesco Toscano.

Quali sono le principali attività criminali che vengono svolte da Cosa Nostra nel romanzo "I ru viddrani"?


Palermo, 31 agosto 2024.

Ecco una panoramica delle attività criminali che Cosa Nostra intraprende nel romanzo "I ru viddrani":
  • Estorsione: Il pagamento del "pizzo" è una pratica diffusa a Punta Calura, dove i commercianti sono costretti a versare denaro alla famiglia mafiosa per evitare ritorsioni. Questo dimostra il controllo capillare che Cosa Nostra esercita sul territorio e come l'estorsione sia un'importante fonte di guadagno per l'organizzazione criminale.
  • Furto: La storia ha inizio con il furto dell'oro e dell'argento di Domenico Sinatra da parte della badante rumena Ingrid. Anche se il furto non è stato direttamente orchestrato da Cosa Nostra, l'organizzazione viene coinvolta quando Sinatra chiede aiuto a Don Ciccio per recuperare i suoi averi.
  • Omicidio: Cosa Nostra non esita a ricorrere all'omicidio per eliminare i nemici o punire chi si oppone al suo potere. L'omicidio di Ingrid, avvenuto dopo il suo rifiuto di restituire il maltolto, dimostra la brutalità e la spietatezza dell'organizzazione. L'omicidio del maresciallo Rinaldi, che stava indagando sul caso di Ingrid, evidenzia ulteriormente la propensione di Cosa Nostra a eliminare chiunque rappresenti una minaccia al suo potere.
  • Controllo del territorio: La famiglia mafiosa di Punta Calura esercita un controllo totale sulla vita del paese, influenzando la politica, l'economia e la società. Il silenzio e l'omertà sono la regola, e chi osa opporsi rischia la vita.
  • Corruzione: Sebbene non esplicitamente descritta, la corruzione è un elemento implicito nel sistema di potere mafioso. La presenza di un avvocato a capo del mandamento mafioso di Punta Calura suggerisce che Cosa Nostra si insinui nelle istituzioni per proteggere i propri interessi e mantenere l'impunità. 
In sintesi, "I ru viddrani" offre una panoramica inquietante delle attività criminali di Cosa Nostra, mostrando come l'organizzazione utilizzi la violenza, l'intimidazione e la corruzione per ottenere e mantenere il potere in un territorio. Il romanzo evidenzia il costo umano di questo dominio, mettendo in luce le sofferenze individuali e il clima di paura che permea la società.

Cordialmente vostro, Francesco Toscano.

Il ruolo dell'avvocato Carmelo Spatali nel romanzo giallo "I ru viddrani", di Francesco Toscano.


Palermo, 31 agosto 2024. 

L'avvocato Carmelo Spatali è una figura chiave nel romanzo "I ru viddrani", pur non apparendo mai direttamente sulla scena. Le informazioni sui suoi loschi traffici emergono principalmente attraverso le dichiarazioni di Marco Guarraggiano, ex-uomo d'onore della famiglia mafiosa di Punta Calura, diventato collaboratore di giustizia. Ecco un'analisi del suo ruolo:
  • Vertice del Potere Mafioso: Spatali è descritto come il "capo indiscusso" del mandamento mafioso di Punta Calura, figura a cui persino un boss del calibro di Don Ciccio "ù pastranu" Vassallo doveva rispondere;
  • Mandante di Omicidi Eccellenti: Guarraggiano accusa Spatali di essere il mandante dell'omicidio del maresciallo Rinaldi e di Ingrid Doroteea Romanescu, quest'ultima assassinata a Palermo su ordine di Spatali, che aveva incaricato Don Ciccio di vendicare il furto subito da Mimì Sinatra. L'omicidio del maresciallo Rinaldi, in particolare, non avrebbe avuto l'autorizzazione della Commissione Provinciale di Cosa Nostra, segno del potere autonomo di Spatali all'interno dell'organizzazione criminale;
  • "Il 90", Eminenza Grigia: L'appellativo "il 90" o "ù pernu ri l’anca", con cui Guarraggiano si riferisce a Spatali, suggerisce un ruolo di leader carismatico e al contempo temuto, un "deus ex machina" che manovra i fili del potere da dietro le quinte.
  • Avvocato al Servizio della Mafia: La professione di avvocato fornisce a Spatali la copertura perfetta per le sue attività criminali, permettendogli di muoversi con disinvoltura tra il mondo legale e quello illegale. 
In sintesi, Spatali incarna la figura del mafioso moderno, sfuggente e insospettabile, che agisce nell'ombra e al di sopra delle regole, anche di quelle di Cosa Nostra. La sua figura, pur non emergendo mai direttamente, getta un'ombra sinistra sul romanzo, a simboleggiare la pervasività del potere mafioso in ogni ambito della società.

Cordialmente vostro, Francesco Toscano.

mercoledì 28 agosto 2024

La criminalità mafiosa nei romanzi di Francesco Toscano.


Palermo, 28 agosto 2024.

I romanzi di Francesco Toscano offrono uno spaccato inquietante e realistico della criminalità mafiosa in Sicilia, esplorandone le dinamiche interne, l'impatto sulla società e le sfide che essa pone alle forze dell'ordine. 

Struttura e gerarchia: In "I ru viddrani", la mafia è descritta come un'organizzazione fortemente strutturata e gerarchica. A Punta Calura, Don Ciccio "ù pastranu" è il capo indiscusso della famiglia mafiosa locale, che fa parte del più ampio mandamento mafioso di Punta Calura, guidato dall'avvocato Carmelo SPATALI. La famiglia di Don Ciccio si dedica ad attività criminali come estorsioni, danneggiamenti, truffe e omicidi, esercitando un controllo capillare sul territorio. Questa struttura gerarchica e il controllo del territorio sono essenziali per mantenere il potere mafioso e perpetuare il clima di silenzio e omertà. 

Violenza endemica: I romanzi non lesinano nel descrivere la violenza endemica che permea il mondo mafioso. In "MALACARNE", il termine stesso del titolo, "Malacarne", rappresenta questa predisposizione al male e alla violenza. Il protagonista, Turiddu Magrì, cresciuto nella Kalsa di Palermo, lotta contro la sua stessa natura, ereditata da un contesto familiare e sociale dove la violenza è la norma. La descrizione di omicidi efferati, come quello di Nunzio Colella in "MALACARNE", sottolinea la brutalità e la noncuranza per la vita umana che caratterizzano la criminalità organizzata.

Infiltrazione nella società: Le storie evidenziano come la mafia si insinui nel tessuto sociale, corrompendo individui e istituzioni. In "I ru viddrani", Don Ciccio, pur essendo un boss mafioso, è ben visto da alcuni abitanti di Punta Calura che si rivolgono a lui per risolvere controversie o ottenere favori. Questo aspetto dimostra come la mafia, in contesti sociali ed economici fragili, possa essere percepita come un'alternativa allo Stato, erodendo la fiducia nelle istituzioni e nella giustizia. 

Le sfide per le forze dell'ordine: Le opere di Toscano mettono in luce le difficoltà che le forze dell'ordine incontrano nel contrastare la criminalità organizzata. In "MALACARNE", i Carabinieri lavorano incessantemente per arginare il traffico di armi gestito da Cosa Nostra, servendosi di intercettazioni, pedinamenti e informatori. L'arresto di Turiddu Magrì e la sua successiva collaborazione con la giustizia rappresentano una vittoria importante, ma evidenziano anche la necessità di un impegno costante e di strategie investigative complesse per smantellare le organizzazioni mafiose. 

Oltre Cosa Nostra: I romanzi di Toscano accennano anche ad altri gruppi criminali, come la 'ndrangheta calabrese, con cui Cosa Nostra intrattiene rapporti per il traffico di armi. In "MALACARNE", la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio si rivolge alla famiglia Barberini di Platì per ottenere armi da usare nella guerra contro il clan di Brancaccio. Questo dettaglio sottolinea la ramificazione internazionale delle organizzazioni criminali e la necessità di una collaborazione tra forze dell'ordine di diverse regioni e paesi per contrastarle efficacemente. 

In definitiva, i romanzi di Francesco Toscano offrono un'analisi profonda e sfaccettata della criminalità mafiosa, andando oltre gli stereotipi e mostrandola in tutta la sua complessità. Attraverso le vicende dei personaggi e le indagini delle forze dell'ordine, l'autore invita il lettore a riflettere sulle cause profonde del fenomeno mafioso e sulle strategie più efficaci per combatterlo.

Cordialmente vostro, Francesco Toscano.

sabato 9 gennaio 2021

[Sicilia] Giuseppe Di Matteo 25 anni dopo. Le iniziative ad Altofonte e S. Giuseppe Jato.

Era l’11 gennaio del 1996 quando il piccolo Giuseppe Di Matteo, in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato, veniva strangolato e sciolto nell’acido dai suoi carcerieri: Giuseppe Monticciolo, Enzo Brusca e Vincenzo Chiodo. I tre assassini erano stati mandati lì dal boss Giovanni Brusca che aveva ordinato: “Alliberateve de lu cagnuleddu”. Erano passati 779 giorni da quando il piccolo Di Matteo, allora dodicenne, era stato rapito dal maneggio di Piana degli Albanesi, il 23 novembre 1993, da un commando di Brancaccio su ordine dei capimafia Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. L’obiettivo dei mafiosi era di convincere Santino, il padre di Giuseppe, diventato collaboratore di giustizia, a ritrattare le accuse verso i suoi ex amici mafiosi e smettere di rivelare i retroscena della Strage di Capaci. Giuseppe durante la prigionia venne spostato in diverse celle nei paesi del Palermitano, il Trapanese e l’Agrigentino, con la complicità di decine di uomini del disonore. E decine sono state le condanne dei mafiosi che hanno partecipato al rapimento e all’omicidio di quello che è diventato un simbolo: il bambino che ha sconfitto la mafia. Grazie all’impegno del fratello Nicola, la giornata del prossimo lunedì sarà dedicata a ricordare la figura e il sacrificio di Giuseppe tra i comuni di Altofonte in cui il piccolo era nato e San Giuseppe Jato. “Oggi Giuseppe avrebbe quarant’anni”, ha detto il Sindaco di Altofonte Angelina De Luca, “all’incirca la mia età. Per noi, allora ragazzini del paese, la sua scomparsa e poi la morte è sempre stato un trauma incancellabile. Ma è solo andando sul luogo del suo martirio, nel casolare di Giambascio, che ci si rende conto della brutalità e della desolazione di questa immane tragedia”.

Questo è il programma delle iniziative dell’11 gennaio prossimo.
- Ore 10 Salone parrocchiale della Chiesa madre Santa Maria di Altofonte, piazza Falcone e Borsellino
CERIMONIA COMMEMORATIVA
Coordina Pino Nazio, giornalista e autore de “Il bambino che sognava i cavalli”
Partecipano:
Arciprete Vincenzo La Versa, parroco di Santa Maria
Angela De Luca, sindaco di Altofonte
Nicola Di Matteo, fratello di Giuseppe
Roberto La Galla, assessore Istruzione e Formazione professionale Regione Siciliana
Claudio Fava, presidente della Commissione Antimafia dell'Assemblea Regionale Siciliana
Salvatore Graziano, commissario del Comune di San Giuseppe Jato
Nicolò Mannino, presidente del Parlamento della legalità internazionale
Caterina Pellingra, referente Presidio Libera Valle Jato “Giuseppe Di Matteo e Mario Nicosia”
Monica Genovese, legale della famiglia Di Matteo
Iannello Irene, ex preside dell’Istituto comprensivo di Altofonte
In collegamento con il Senato della Repubblica:
Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare antimafia
Cinzia Leone, vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere
Videomessaggi:
Monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale
Leoluca Orlando presidente Anci Sicilia
- Ore 11.30 Giardino della Memoria, San Giuseppe Jato, località Giambascio
     Omaggio floreale al luogo del martirio di Giuseppe Di Matteo
- Ore 12:30 San Giuseppe Jato, piazza Falcone e Borsellino
Scopertura di una mattonella commemorativa con gli insegnanti e gli alunni coinvolti nel campo estivo di Libera dedicato al ricordo di Giuseppe Di Matteo.
Le manifestazioni si terranno nel rispetto delle norme per il contenimento della diffusione del Covid 19.
La partecipazione alla commemorazione nella chiesa di Altofonte è riservata a coloro i quali hanno ricevuto l’invito.

Per informazioni:
Angela De Luca 3339693612
Cesare Graziano 3475468833
Nicolò Mannino 3331635995
Pierluigi Basile 3291026227
Pino Nazio 335476403

Fonte:

Pietro nomade Galluccio

Servizio diffusione comunicati stampa ufficistampa.eu

sabato 27 maggio 2017

A Palazzo Gulì "no mafia memorial". Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia.



a palazzo gulì no mafia memorial
Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia


Nuova decisiva tappa per no mafia memorial, il Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia. Il Comune di Palermo ha destinato stabilmente gli spazi di Palazzo Gulì al progetto del Centro Impastato che vede tra i partner RAI Radiotelevisione Italiana e Banca Popolare Etica.
“Finalmente si apre la fase operativa per la realizzazione del Memoriale – afferma il Presidente del Centro Impastato Umberto Santino – Avvieremo subito una campagna di informazione e sensibilizzazione che coinvolga istituzioni, associazioni, cittadini che vogliono dare il loro contributo alla creazione di un luogo che rispecchi la volontà della comunità di liberarsi da una tirannia che ha sconvolto la nostra vita. È un'impresa ambiziosa, una sfida culturale e civile, che richiede l'impegno di ciascuno, il reperimento di risorse adeguate, una progettazione corale. Il Centro Impastato, che ha promosso il progetto, ha creato un Gruppo di lavoro formato da soci e collaboratori, tutti professionalmente qualificati e tutti volontari, ma vuole anche stimolare tutte le altre energie disponibili per una impresa collettiva. Partner come la RAI e Banca Etica, le adesioni che abbiamo raccolto, le collaborazioni che ci hanno sostenuto in questi anni, ci fanno pensare che sia possibile portare a compimento il percorso avviato. Abbiamo già avanzato una richiesta di sostegno alla Fondazione con il Sud. Questa iniziativa è un dono che i cittadini fanno a se stessi e a tutti coloro che si riconoscono in un progetto di democrazia partecipata e di libertà come scelta e conquista quotidiana. Questo impegno discende direttamente dal sacrificio di chi ha dedicato la propria vita a combattere la mafia e ogni forma di violenza e di prepotere e a gettare le basi per una società profondamente rinnovata. È dentro questa storia che si costruisce il nostro futuro”.
Palazzo Gulì, di fronte a una importante piazza del centro storico e lungo l’asse urbano che ne costituisce il cardine e attorno a cui si è raggrumata la storia della città, accanto al Museo Regionale di Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Belmonte Riso e in prossimità di altri musei e importanti istituzioni quali Municipio, Università, biblioteche pubbliche, Curia Arcivescovile, si trova all’interno dell’Itinerario arabo normanno palermitano recentemente iscritto nella Lista del Patrimonio Unesco, di cui ospita il visitor center.
Diventerà adesso, come previsto dall’idea progettuale presentata nel giugno scorso all’Auditorium della Rai di Palermo, uno spazio educativo, di informazione e comunicazione, di documentazione e studio, capace di comunicare emozione, ma anche di proporre riflessioni e chiavi interpretative ai palermitani e al pubblico italiano e internazionale che visita la Città. no mafia memorial si discosta dall’idea tradizionale di museo perché si presenta alla comunità locale come un luogo in cui articolare i propri percorsi di ricerca e di confronto e in cui collaborare alla produzione partecipata di senso civico, coinvolgendo gli attori del Terzo Settore, il sistema educativo a tutti i livelli, i centri di studio e ricerca, le imprese che si liberano dal giogo mafioso e chiunque voglia dare il proprio contributo alla costruzione di un percorso verso la coscienza antimafia, il senso civico e dei diritti.
"L'impegno della memoria e la necessità assoluta di non dimenticare impongono a tutti di creare a Palermo, la città che più di tutte ha pagato un prezzo altissimo nella lotta alla criminalità mafiosa un luogo dove si possano ricostruire le vicende del movimento antimafia e si possa tenere alta la coscienza civile sul bisogno di legalità e giustizia – ha affermato il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando - La creazione di questo spazio è parte di un più ampio percorso, fatto in sinergia con tutti coloro che si sono sempre impegnati nella lotta alla mafia, attraverso iniziative concrete ma anche attraverso la raccolta di materiali, documentazione e carteggi. È un impegno che riguarda non solo la memoria ma anche il futuro, la speranza e le giovani generazioni, mi sembra un segno importante di una città che non dimentica ma anzi fa tesoro anche culturale del sacrificio di tanti cittadini, uomini delle Istituzioni e servitori dello Stato per l'affermazione della legalità come principio cardine dell'agire quotidiano di tutta la comunità".
Il percorso storico sarà rappresentato avvalendosi della letteratura più qualificata e delle ricerche del Centro che, per la definizione dei contenuti da presentare al pubblico, affiancherà al suo Gruppo di lavoro un Gruppo di consulenza formato da giornalisti specializzati del quale fanno parte Lirio Abbate, Nino Amadore, Riccardo Arena, Rino Cascio, Salvatore Cusimano, Enrico Del Mercato, Dino Paternostro, Bianca Stancanelli.
L’idea di creare a Palermo un Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia viene lanciata per la prima volta nel giugno del 2005 con il documento “La memoria e il progetto. Per la creazione di un Memoriale-Laboratorio della lotta alla mafia” che ne indica le linee-guida e raccoglie numerose e qualificate adesioni, a livello locale, nazionale e internazionale. Nel 2015 l’Amministrazione Comunale adotta il progetto del Centro Impastato indicando come sede delle attività proprio Palazzo Gulì, la cui destinazione oggi viene definitivamente perfezionata.
Obiettivo di no mafia memorial è raccontare e far rivivere una storia spesso ridotta ad alcuni episodi mediaticamente ricorrenti e con largo impiego di stereotipi, coniugando il duplice profilo dello sviluppo del fenomeno mafioso, fin dalle sue manifestazioni iniziali, e delle lotte contro di esso, sul piano giudiziario-istituzionale e su quello sociale, politico e culturale. L’intento è quello di rileggere correttamente la storia ma soprattutto di offrire una chiave di lettura del presente contribuendo alla progettazione partecipata del futuro con una attenzione costante alla ri-costruzione di una identità della comunità locale.
Per raccogliere le donazioni e le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione del Memoriale è già attivo presso la Filiale di Palermo di Banca Popolare Etica il conto corrente dedicato in via esclusiva e identificato dal codice Iban IT26 E050 1804 6000 0000 0232 761. Sulla trasparenza delle adesioni e dell’utilizzo dei fondi vigilerà un Comitato di Garanti composto da Enzo Campo, Francesco Giambrone, Francesco La Licata, Simona Mafai, Daniele Marannano.

ufficio stampa centro impastato
Antonio Gerbino
335 413512 – press@nomafiamemorial.org

Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"
091.6259789, csdgi@tin.it, www.centroimpastato.com

giovedì 6 aprile 2017

Il giornalismo di Mario Francese e l’informazione oggi: l’importanza dell’inchiesta spiegata ai giovani dell’I.P.S.S.A.R. Borsellino.

Palermo, 5 aprile 2017. Il giornalismo di Mario Francese e l’informazione oggi: l’importanza dell’inchiesta spiegata ai giovani dell’I.P.S.S.A.R. Borsellino La legge della mafia è quella del silenzio. Ecco perché in Sicilia, già dagli anni ’60, la mafia ha punito chi, per professione, ha raccontato fatti scomodi a molti. Otto i giornalisti siciliani uccisi dal piombo mafioso, ma è con l’omicidio di Mario Francese nel ’79 che il gruppo di fuoco dei corleonesi ha inaugurato quella strategia di guerra sanguinaria - rivolta non solo agli uomini delle istituzioni - che avrà il suo epilogo con l’assassinio del giudice Borsellino. Stamane la memoria di Francese e Borsellino si sono ‘incontrate’ nell’aula magna dell’I.P.S.S.A.R. di Palermo intitolato al magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio, in occasione di un incontro sulla memoria e l’esempio di giornalismo di Mario Francese. È stato Giulio Francese, figlio del giornalista del Giornale di Sicilia, a raccontare ai giovani l’impegno, il coraggio e il senso del dovere del padre. “Mio padre e altri civili uccisi dalla mafia – ha precisato Francese - non stavano conducendo una guerra, semplicemente portavano avanti in modo coerente il loro essere uomini coraggiosi”. E di coraggio Mario Francese ne aveva tanto perché non si è sottratto al suo dovere di cronista quando scoprì gli intrecci di mafia e politica attorno alla costruzione della diga Garcia, quando intuì gli interessi della mafia dei corleonesi Riina e Provenzano in ascesa negli anni ‘70. E infatti, citando i giudici che si sono occupati del l’omicidio del padre, Giulio Francese ha puntualizzato che “lo hanno ucciso per quello che ha aveva scritto, per quello che rappresentava – era l’unico, in quel tempo, in grado di leggere le manovre della mafia di Corleone – e per dare una lezione alla stampa”. Mario Francese ha, dunque, pagato con la vita le sue audaci inchieste, come audace è stata la sete di giustizia del figlio Giuseppe che lo ha portato a documentare e a dimostrare, anche grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Mutolo, la matrice mafiosa di quel delitto per molti anni dimenticato. Anche Giuseppe è stato un giornalista che, con il suo lavoro di inchiesta e di ricerca sull’omicidio del padre, ha restituito dignità alla figura umana e professionale del cronista del Giornale di Sicilia barbaramente ucciso. E allora, ha domandato un alunno dell’I.P.S.S.A.R. Borsellino, “perché avete assegnato il premio Mario e Giuseppe Francese alle Iene?”. “Va premiata la buona informazione a prescindere da chi la fa - ha spiegato Giulio Francese. Le Iene fanno informazione anche se non sono giornalisti. I giornalisti, invece, che hanno gli strumenti per fare inchieste, non le fanno”. L’informazione, dunque, quale valore supremo al di là dei ruoli. L’iniziativa di oggi, moderata da Giovanni Frazzica, si inserisce nelle attività del progetto “Giovani cittadini attivi e consapevoli”, promosso dall’associazione P.A.R.S. nell'ambito dell’avviso pubblico ‘Giovani protagonisti di sé e del territorio - CreAZIONI Giovani’ dell'Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali e avente come obiettivo il consolidamento nei giovani dei valori civici.

mercoledì 11 gennaio 2017

XXI anniversario dell'omicidio Di Matteo, le celebrazioni a San Giuseppe Jato.

Palermo, 11 gennaio 2017.


LIBERA E IL COMUNE DI SAN GIUSEPPE JATO RICORDANO
GIUSEPPE DI MATTEO, UCCISO 21 ANNI FA DALLA MAFIA
TESTIMONIANZE E LABORATORI CON SCUOLE E VOLONTARI



Al Giardino della Memoria di contrada Giambascio le celebrazioni nell’anniversario dell’omicidio con studenti, amministratori, autorità e rappresentanti delle associazioni e delle realtà localiIeri in piazza Falcone e Borsellino scoperta una targa commemorativa.


“A Giuseppe che non ha chiuso gli occhi… perché li ha aperti a noi”: è stato questo il titolo delle celebrazioni del XXI anniversario dell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, ucciso dalla mafia  lì dove sorge oggi il Giardino della Memoria. Studenti, amministratori locali e di Prato, rappresentanti delle associazioni di categoria e delle realtà locali, autorità e forze dell’ordine, volontari ed ex campisti di Estate Liberi si sono ritrovati questa mattina tutti insieme per ricordare il piccolo Giuseppe, nell’ambito del programma di iniziative messo a punto da Libera Palermo e dal Comune di San Giuseppe Jato.

“Questa data evoca una delle pagine peggiori della storia della nostra Isola – dice Giovanni Pagano, coordinatore provinciale di ‘Libera, Associazioni nomi e numeri contro le mafie’ - La barbarie mafiosa si è accanita contro un bambino, sono più di cento i bambini vittime innocenti delle mafie e ricordare Giuseppe significa anche palesare l'infondatezza di assurdi teoremi su una mafia buona e attenta a non colpire bambini. La storia di Giuseppe Di Matteo va ricordata ogni giorno anche perché aiuta le nuove generazioni a conoscere i mali della nostra terra, e vanno in questa direzione il recupero e la piena fruizione del Giardino della Memoria”.

Questa mattina al Giardino della Memoria di contrada Giambascio, a San Giuseppe Jato, autorità civili e militari, studenti di Altofonte e San Cipirello e volontari hanno ricordato il piccolo Giuseppe visitando il bene confiscato e ascoltando le testimonianze sulla sua storia dei giovani jatini soci dell’associazione LiberEssenze. E’ stato inoltre presentato in anteprima nazionale il romanzo "Il giardino della memoria" di Martino Lo Cascio, edito da Mesogea e dedicato al piccolo Giuseppe Di Matteo.

“L'11 gennaio di ogni anno per San Giuseppe Jato e la sua comunità si riapre una ferita - dichiara il sindaco di San Giuseppe Jato, Davide Licari -  La barbara uccisione di Giuseppe Di Matteo e la drammatica prigionia lunga 779 giorni a cui lo hanno costretto i suoi carnefici, hanno rivelato il vero volto orribile della mafia e svelato anche ai miei concittadini lo spessore criminale dei ‘suoi’ capimafia di un tempo. Ritengo una vittoria essere tornati a ricordare Giuseppe, nel 21° anniversario, nel Giardino della Memoria a lui dedicato, sorto nel casolare dove è stato ucciso. Ciò è stato possibile grazie alla realizzazione della strada di accesso alla struttura negli ultimi anni rimasta impraticabile, i cui lavori saranno ultimati nei prossimi giorni. Un impegno, questo, che l'attuale Amministrazione Comunale è felicissima di avere mantenuto, che consentirà finalmente le visite delle scolaresche e lo svolgimento di attività e laboratori culturali. Oggi il nostro impegno,insieme a Libera e ad altre associazione impegnate nel sociale, è volto a far nascere da questa storia triste esperienze positive di riscatto per la nostra città e per i suoi cittadini. Ne sono stati alcuni esempi il racconto del progetto ‘Chi Semina Racconta’ che ha coinvolto dieci donne del nostro territorio e la presenza di una importante delegazione dell'Amministrazione Comunale di Prato in segno di vicinanza e amicizia alla nostra comunità”. Ieri alle 19 è stata inoltre scoperta una targa commemorativa del piccolo Giuseppe in piazza Falcone e Borsellino a San Giuseppe Jato.

Alle celebrazioni di oggi erano presenti il Vicario del Prefetto di Palermo Giuseppa Scaduto, il colonnello dei Carabinieri di Monreale Piero Sutera, rappresentanti della Polizia di Stato, il sindaco di Villabate ed ex giudice Vincenzo Oliveri, i rappresentanti dei comuni di Camporeale, San Cipirello, Monreale e Palermo, il direttore del Consorzio Sviluppo e Legalità Lucio Guarino, il direttore dell’Ente di sviluppo agricolo Fabio Marino, Valentina Fiore dell’ufficio di presidenza nazionale di Libera, i rappresentanti di associazioni di categoria e di realtà locali. Il vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, ha  inviato una missiva che è stata letta nel corso delle celebrazioni.

Presenti anche molti dei familiari delle vittime di mafia, che fanno parte del settore Memoria di Libera, come la famiglia Agostino, Graziella Accetta, mamma di Claudio Domino, Antonio Zangara e Massimo Sole. “Memoria e impegno sono le parole che da più di 20 anni saldano le testimonianze dei familiari delle vittime innocenti di mafia in un grande racconto collettivo – dice il referente provinciale di Libera per la Memoria, Antonio Zangara – Libera, tra le tante storie di mafia, ha preso a cuore quella del piccolo Giuseppe Di Matteo. Storia che sconfessa il presunto riguardo mafioso verso le giovani vite, luogo comune secondo cui la mafia non uccide donne e bambini: Di Matteo a soli 12 anni è stato rapito e dopo 779 giorni di prigionia strangolato e sciolto nell’acido. Oggi più che mai restituire questa storia alla cittadinanza è di straordinaria importanza. Storia che, come tutte le storie di vittime innocenti, contribuisce a illuminare le coscienze, trasformando il momento di memoria in impegno”.

Alle attività hanno preso parte anche una delegazione del comune di Prato, composta da alcuni assessori e dal presidente del consiglio comunale, in segno di amicizia nei confronti di San Giuseppe Jato, e alcuni rappresentanti dei coordinamenti di Libera a Prato e a Bolzano e dei dipendenti della Coop Alleanza 3.0 di Rimini, ex campisti di Estate Liberi. Al termine della giornata si è tenuta la benedizione solenne di don Marco Natali.

Fonte:
Ufficio Stampa Libera Palermo 
stampa@liberapalermo.it








martedì 10 gennaio 2017

XXI anniversario dell'omicidio Di Matteo, 10 e 11 gennaio le celebrazioni a San Giuseppe Jato.

Palermo, 9 gennaio 2017


XXI ANNIVERSARIO DELL’OMICIDIO DI MATTEO

10 E 11 GENNAIO CELEBRAZIONI A SAN GIUSEPPE JATO

Due giorni di appuntamenti organizzati da Libera Palermo e dal Comune di San Giuseppe Jato 
Martedì presentazione dei risultati di “Chi semina racconta”, mercoledì testimonianze e laboratori

In piazza Falcone e Borsellino sarà scoperta una targa in memoria del piccolo Giuseppe




Dall’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo al riscatto di 10 giovani donne che hanno imparato l’agricoltura sociale e trasmesso valori di legalità e inclusione a oltre 120 minori ospiti di case famiglia, comunità alloggio, disabili o autori di reato. Sarà questo il filo conduttore delle iniziative organizzate in occasione del ventunesimo anniversario dell’omicidio Di Matteo da Libera Palermo e dal comune di San Giuseppe Jato, dal titolo “A Giuseppe che non ha chiuso gli occhi… perché li ha aperti a noi”.



Nel bene confiscato al boss Giovanni Brusca in contrada Giambascio, dove fu ucciso il piccolo Giuseppe, oggi sorge il Giardino della Memoria e in contrada Ginestra, a pochi passi dal Memoriale della strage del primo maggio 1947, su un bene riconducibile ai Brusca, sorge il centro Di Matteo. I due beni sono stati sede del progetto “Chi Semina Racconta”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e realizzato dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto (capofila), da Libera Palermo, da Orizzonte Donna onlus e dalla Rete delle Fattorie sociali Sicilia. Qui 10 giovani donne sono diventate operatrici di Biofattoria Sociale nell’ambito di un programma che ha coinvolto anche 120 minori in difficoltà, disabili o autori di reato.



Martedì 10 gennaio alle 10,30, presso l’Aula consiliare del Comune di San Giuseppe Jato e alla presenza delle associazioni locali e delle scuole, l’amministrazione comunale e quella di Prato firmeranno una lettera d’intenti per la promozione di percorsi comuni all’insegna della legalità, della collaborazione e dell’amicizia; alle 16, presso l’Aula Pio La Torre dell’ex Casa del Fanciullo di via Vittorio Emanuele, a San Giuseppe Jato, si terrà l’evento conclusivo di “Chi Semina Racconta” con la presentazione dei risultati; alle 19 sarà invece scoperta una targa commemorativa del piccolo Giuseppe in piazza Falcone e Borsellino a San Giuseppe Jato.



Mercoledì 11 gennaio alle 10, presso il Giardino della Memoria di contrada Giambascio a San Giuseppe Jato, autorità civili e militari, studenti di Altofonte, Palermo, San Cipirello e San Giuseppe Jato e volontari ricorderanno il piccolo Giuseppe visitando il bene confiscato e ascoltando le testimonianze sulla sua storia dei giovani jatini soci dell’associazione LiberEssenze. E’ prevista la presenza del Prefetto di Palermo, di rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, dei sindaci dei comuni del Consorzio Sviluppo e Legalità e del direttore Lucio Guarino, oltre ai rappresentanti di associazioni di categoria e di realtà locali. In questa occasione si terrà anche un laboratorio espressivo e verrà presentato in anteprima nazionale il romanzo "Il giardino della memoria" di Martino Lo Cascio, edito da Mesogea e dedicato al piccolo Giuseppe Di Matteo.



Nel corso delle celebrazioni saranno presenti inoltre una delegazione del comune di Prato, composta da alcuni assessori e dal presidente del consiglio comunale, in segno di amicizia nei confronti di San Giuseppe Jato, e alcuni rappresentanti dei coordinamenti di Libera a Prato e a Bolzano e dei dipendenti della Coop Alleanza 3.0 di Rimini, ex campisti di Estate Liberi.



Fonte: Ufficio stampa: Roberto Immesi – 328/8881065 - robertoimmesi@gmail.com

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