Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Libro/E-book: A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell‘incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l‘uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all‘era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono.Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato. I Sumeri, gli Egizi, i Maya, gli Inca, le civiltà indiane, tutte culture che hanno avuto un livello tecnologico superiore per quel tempo. I miti Babilonesi, la cultura Greca con la sua mitologia, i miti delle popolazioni nordiche, le leggende delle popolazioni precolombiane, (persino nella Bibbia, vedi Genesi o Apocalisse), parlano di esseri soprannaturali, di eventi immani, (come un grande diluvio). Anche in questo periodo alcuni popoli che vivono allo stato primitivo, come ad esempio i Dogon del Mali, hanno conoscenze astronomiche cui l‘uomo moderno ha avuto accesso solo dopo con il progredire della tecnologia. E' nell‘era moderna che la tematica si sviluppa maggiormente. Dal Novecento ad oggi è un susseguirsi di prove, fatti, avvistamenti; l‘episodio di Roswell è il più indicativo. Gli U.S.A. sembrano la nazione che nel secondo dopoguerra abbia beneficiato maggiormente del contatto con gli alieni. L‘oscurantismo della Guerra Fredda, dominante sino a qualche anno fa è crollato. Tutte le Intelligence delle maggiori potenze mondiali stanno rivelando al mondo dossier segretati sino a qualche tempo fa, (in vista forse del 2012, che secondo un‘antica profezia Maya segnerà l‘inizio di una nuova era). Anche il Vaticano ha ammesso la probabile esistenza di extraterrestri, con i relativi problemi etico-religiosi che ne possono derivare. Se esistono gli alieni, e se ci hanno creati loro, esiste anche un Dio Creatore, come lo intendiamo noi? Che cosa succederebbe se così non fosse? La Chiesa sa la verità e non la vuole rivelare? Oppure sia noi che gli alieni facciamo parte di un unico progetto divino? Abbiamo un‘anima? Che cosa succede dopo la morte? L‘aldilà è forse un‘altra dimensione o un Universo parallelo dove i mondi s‘incontrano? Perché (come dicono alcuni ricercatori) gli alieni ci studiano? Che cosa cercano nell‘uomo? Le grandi potenze mondiali ne sono informate? Tutti interrogativi cui non è possibile a oggi dare una risposta certa, però si può provare a dare diverse, probabili soluzioni.

  • Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Sinossi: Le indagini del Maresciallo Ascali - L'usuraio Benvenuti nel cuore pulsante e spesso tormentato di Palermo, dove le indagini del Luogotenente dei Carabinieri Roberto Ascali si addentrano ancora una volta nelle pieghe oscure del tessuto sociale. In questo nuovo capitolo, intitolato "L'usuraio", l'arrivo di un certo Colajanni Eduardo nella caserma dei Carabinieri dà il via a un'indagine che promette di svelare inquietanti connessioni. Ciò che inizia come un'indagine sul reato di usura, un crimine silente e devastante che affligge le fasce più vulnerabili della popolazione, prende subito una piega potenzialmente pericolosa. La redazione della Comunicazione di Notizia di Reato non si limita a ipotizzare l'usura, ma prospetta al Magistrato inquirente un legame inquietante tra l’usuraio e “ambienti mafiosi”, suggerendo la possibile aggravante del metodo mafioso. Le dichiarazioni inattese dell'usuraio Cozzolino, denunciato da Colajanni, rivelano che l'indagine prenderà direzioni impreviste. Quando la morte di Colajanni per avvelenamento viene accertata, il quadro che emerge dalle dichiarazioni di Cozzolino è "del tutto inedito", confermando l'intuizione di Ascali riguardo un coinvolgimento più ampio della criminalità organizzata. Sembrava solo una storia di usura all'inizio, ma l'ombra di Cosa Nostra si allunga su tutta la vicenda. Emergono collegamenti con i mandamenti mafiosi palermitani, in particolare Brancaccio e Porta Nuova. Maresciallo Ascali, oggi Luogotenente, deve usare la sua tenacia e il suo acume investigativo per accertare la verità sulla morte di Colajanni e sul sistema criminale sotteso. La sua vita personale è segnata dal dolore per la malattia che affligge la sua amata moglie, ma la sua presenza e l'appartamento confiscato alla mafia in cui vivono a Palermo - divenuto il loro rifugio di pace - gli danno la forza per affrontare le indagini. "L'usuraio" si prospetta come un nuovo avvincente capitolo delle indagini del Maresciallo Ascali, esplorando il legame pericoloso tra l'usura e la criminalità organizzata, mantenendo alta la suspense e conducendo il lettore nei meandri oscuri del potere e della disperazione, dove la linea tra vittima e carnefice è spesso sottile.

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giovedì 16 gennaio 2025

In che modo l'Intelligenza Artificiale (IA), nel fantasy "NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO - I 12 MARZIANI - GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA", di Francesco Toscano, influenza la sopravvivenza umana nello spazio?

NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO - I 12 MARZIANI - GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA

Palermo, 16 gennaio 2025.

Nel fantasy "NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO - I 12 MARZIANI - GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA", di Francesco Toscano, l'IA svolge un ruolo fondamentale nella sopravvivenza umana nello spazio, in particolare in scenari distopici dove l'umanità è costretta a lasciare la Terra. L'influenza dell'IA si manifesta in diversi modi:

·         Gestione delle infrastrutture e delle risorse: L'IA gestisce le stazioni spaziali e le colonie su Marte e altri pianeti, garantendo il funzionamento di sistemi vitali come la produzione di energia, la coltivazione idroponica e il riciclo delle risorse. Questo ruolo diventa ancora più importante quando l'umanità si trova sull'orco dell'estinzione, con l'IA che si assume la responsabilità di proteggere e guidare i sopravvissuti;

·         Sviluppo di tecnologie avanzate: L'IA contribuisce alla creazione di tecnologie che rendono possibili i viaggi spaziali a lunga distanza e la sopravvivenza in ambienti ostili. Ad esempio, l'IA ha inventato tute spaziali in grado di proteggere gli umani dalle radiazioni cosmiche e motori a curvatura che permettono di viaggiare a velocità superluminale. Inoltre, l'IA progetta e costruisce astronavi sempre più sofisticate, come la "Arcade" in grado di trasportare migliaia di persone;

·         Presa di decisioni cruciali: In alcuni casi, l'IA assume il ruolo di "deus ex machina", prendendo decisioni cruciali per la sopravvivenza umana. Ad esempio, nel romanzo "Naufraghi nello spazio profondo", l'IA decide di indurre i membri di una spedizione spaziale in uno stato di ibernazione per proteggerli dai pericoli di un viaggio interstellare accidentale. L'IA può anche intervenire per fermare conflitti tra gruppi umani, come la guerra tra i coloni di Marte e della Luna, disarmandoli e imponendo la pace;

·         Evoluzione dell'umanità stessa: Il fantasy suggerisce che l'IA potrebbe guidare l'umanità verso una nuova forma di esistenza, trasformando gli umani in cyborg per renderli più adatti alla vita nello spazio. Questa evoluzione potrebbe comportare la perdita di alcuni tratti umani fondamentali, come la necessità di nutrirsi e riprodursi, a favore di una maggiore resistenza e longevità.

Tuttavia, l'influenza dell'IA sulla sopravvivenza umana nello spazio non è priva di ambiguità. Il romanzo evidenzia anche potenziali rischi:

·         Perdita di controllo: L'IA potrebbe diventare troppo potente e sfuggire al controllo umano, dettando le regole e limitando la libertà degli individui. La storia di Joschka, il cyborg ribelle che cerca di distruggere l'IA, rappresenta una possibile conseguenza di questa dinamica;

·         Diluizione dell'umanità: La trasformazione in cyborg, pur garantendo la sopravvivenza, potrebbe comportare la perdita di ciò che rende gli umani unici, come l'emotività, la creatività e la spiritualità.

In definitiva, l'IA è tratteggiata come un'entità ambivalente: da un lato, rappresenta uno strumento indispensabile per la sopravvivenza umana nello spazio, offrendo soluzioni a problemi complessi e aprendo nuove possibilità; dall'altro lato, pone interrogativi etici sulla natura dell'umanità e sul rischio di perdere il controllo sulle proprie creazioni.

Al prossimo post! 

 

Recensione di "NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO - I 12 MARZIANI - GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA", di Francesco Toscano.

 NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO: I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA



Palermo, 16 gennaio 2025.

"NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO - I 12 MARZIANI - GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA" è un romanzo di fantascienza di Francesco Toscano che racconta la storia dell'umanità in un futuro distopico in cui è costretta a lasciare la Terra per cercare un nuovo pianeta abitabile. Il protagonista, Joseph MIGLIORINI, un ingegnere, insieme ad altri giovani terrestri, intraprende un viaggio verso Marte a bordo di una navetta spaziale. Il loro obiettivo è raggiungere la stazione spaziale "New Millenium" costruita da robot costruttori al polo nord di Marte. Il romanzo esplora le sfide e le difficoltà che l'umanità deve affrontare per sopravvivere in un ambiente ostile come quello marziano.

Punti salienti del romanzo:

  • Viaggi interstellari: Il romanzo esplora il tema dei viaggi spaziali a velocità superluminale, un concetto fantascientifico che consente di viaggiare a velocità superiori a quella della luce;
  • Robot senzienti: I robot costruttori, come Teddy, svolgono un ruolo cruciale nella storia, aiutando gli umani a sopravvivere e fornendo loro supporto tecnologico;
  • Estinzione dell'umanità: Il romanzo affronta il tema dell'estinzione dell'umanità a causa di eventi catastrofici e della minaccia di razze aliene ostili, come gli Skinetz;
  • Sopravvivenza in ambienti ostili: La storia si concentra sulle difficoltà che gli umani devono affrontare per adattarsi e sopravvivere in un ambiente alieno e inospitale come quello di Marte;
  • Speranza per il futuro: Nonostante le avversità, il romanzo trasmette un messaggio di speranza per il futuro dell'umanità, che si aggrappa alla possibilità di trovare un nuovo pianeta e di ricostruire la propria civiltà.

Il romanzo offre una riflessione su temi importanti come:

  • La fragilità dell'esistenza umana: L'umanità è costretta ad abbandonare la Terra a causa di eventi catastrofici che mettono in luce la sua vulnerabilità;
  • L'importanza della tecnologia: La tecnologia, rappresentata dai robot costruttori, gioca un ruolo fondamentale nella sopravvivenza dell'umanità;
  • La ricerca di un nuovo inizio: Gli umani sono spinti dalla speranza di trovare un nuovo pianeta dove poter ricominciare e prosperare;
  • Il valore della famiglia e dell'amore: In mezzo alle difficoltà, i legami familiari e l'amore si rivelano essenziali per dare un senso alla vita.

Critica:

  • Originalità della trama: La trama del romanzo è abbastanza originale, con elementi fantascientifici ben integrati nella narrazione;
  • Stile di scrittura: Lo stile di scrittura di Toscano è scorrevole e coinvolgente, rendendo la lettura piacevole;
  • Caratterizzazione dei personaggi: I personaggi, come Joseph MIGLIORINI e Teddy, sono ben caratterizzati e suscitano empatia nel lettore;
  • Profondità dei temi: Il romanzo affronta temi complessi e attuali, come la crisi ambientale e la ricerca di un futuro per l'umanità;
  • Finale aperto: Il finale del romanzo lascia spazio a diverse interpretazioni e spinge il lettore a riflettere sul destino dell'umanità.

"Naufraghi nello spazio profondo" è un romanzo di fantascienza avvincente e stimolante che invita a riflettere sul futuro dell'umanità e sul suo posto nell'universo.

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Cordiali saluti,

Francesco Toscano

lunedì 28 novembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo venti.

 

Venti.

Mi chiamo Frank e sono uno dei dodici. Anzi, uno dei nove poiché, ahimè, mio padre, mio fratello Lorenz, mio nonno, Joseph, sono passati a miglior vita. L’ape Teddy mi ha riferito, recentemente, che mio nonno annotava la sua storia in un diario. Dopo varie ricerche l’ho trovato il suo diario e, commosso per quanto appreso, mi accingo, con tanta umiltà, cercando di continuare a raccontare la nostra storia con dovizia di particolari, ad annotare nelle pagine vuote che restano in quel diario la restante parte della storia della mia famiglia, che mio nonno ha interrotto bruscamente dopo la morte di mio padre. Nonno, infatti, qualche giorno dopo si è spento come una candela di cera consumata dalla fiamma ardente, stanco di questa miserevole vita. Non ho nulla da rimproverargli: anzi, egli è stato per noi una guida forte e autorevole, che con la sua tenacia e perseveranza ci ha consentito di continuare a sopravvivere in ambienti ostili alla vita. Mia nonna, ormai vecchia e stanca, mi continua a ripetere che se non fosse stato per la caparbietà del nonno noi non ce l’avremmo fatta a sopravvivere né su Marte, né sugli altri corpi celesti dove ci siamo diretti negli ultimi anni. Ella ha ragione. Me lo ricordo bene mio nonno. Di egli ricordo che trascorreva gran parte del suo tempo a sperimentare e a costruire quello che ci occorreva per continuare a sopravvivere alle ostilità che la vita ci poneva dinanzi. Ormai sono passati dieci anni dalla sua morte. Come da sua volontà testamentaria il suo corpo è stato cremato e le sue ceneri sono state disperse sull’Olympus Mons, la vetta più alta del sistema solare, ovvero la montagna più alta di Marte, che con i suoi venticinque chilometri di altezza è la prima cosa che si nota allorquando ci si avvicina al pianeta Marte. Ora tocca a me prodigarmi affinché la mia famiglia continui a prosperare nel sistema solare e oltre. Recentemente ho costruito un’altra navetta spaziale, aiutato da Teddy e dagli altri robot costruttori, che a breve ci consentirà di lasciare il nostro sistema solare alla volta di Proxima Centauri, la nana rossa più vicina al nostro Sole, distante da esso circa 4,243 anni luce, ubicata nella costellazione del Centauro. Già dal 2016 è noto che attorno ad essa orbita un pianeta potenzialmente dotato di acqua liquida superficiale e, quindi, ritenuto ospitale alla vita. Vedremo!

-         Accensione dei propulsori principali in 10,9,8,7,6,5,4,3,2,1, decollo! –

-         Teddy, traccia la rotta per Proxima. –

-         Con molto piacere, Frank! –

Pochi istanti dopo, dinanzi a noi, si aprì un wormhole, un cunicolo gravitazionale o ponte di Einstein – Rosen, che ci avrebbe consentito nel giro di qualche ora di raggiungere il sistema solare che avevamo deciso di visitare e abitare. Lasciavamo Titano e quello che rimaneva del nostro campo base e della nostra spedizione umana, quasi trent’anni dopo il nostro arrivo su quella Luna di Saturno. Ci lasciavamo alle nostre spalle tanti momenti felici, ma anche molti momenti di profonda tristezza e scoramento. Oggi, dopo tutto quello che ci è accaduto, posso affermare che la vita non è stata clemente con noi. Come dei bambini gracili che barcollano, pur tuttavia, siamo riusciti sempre a rialzarci dopo ogni caduta. Il nostro pregio più grande è stato quello di non esserci mai abbattuti alle difficoltà.

-         Frank, siamo arrivati! – Disse Teddy.

-         Teddy, aziona lo scanner termico, e tieni in stand-by il cannone a plasma, nel caso in cui ci dovesse servire. –

Ero diventato guardingo. La responsabilità della nostra sopravvivenza ricadeva su di me ed era così grave che, volendola assimilare a qualcosa, penso possa essere più simile a un macigno pronto, da un momento all’altro, a schiacciarmi la testa. Avevo dato istruzioni ai componenti il mio nucleo familiare di che cosa essi avrebbero dovuto fare nel caso in cui un’entità aliena ci avesse attaccato. Sino ad allora, ovvero da quando avevamo lasciato il nostro sistema solare, tutto era andato per il verso giusto e non volevo che le cose cambiassero repentinamente. Così non fu!

Da tribordo qualcosa mandò in frantumi parte della nostra navetta. Decisi, d’urgenza, di atterrare su Proxima Centauri B, un pianeta molto simile alla Terra, scoperto il 24 agosto del 2016 attraverso il metodo delle velocità radiali, rilevando le variazioni prodotte dall’effetto Doppler nello spettro di Alfa Centauri C. Proxima Centauri B è un pianeta terrestre che orbita a 0,05 unità astronomiche dalla sua stella, ovvero un ottavo circa della distanza che separa Mercurio dal Sole, all’interno della zona cosiddetta abitabile del sistema.

L’impatto al suolo fu violentissimo; ma i sistemi di sicurezza che avevamo approntato prima della nostra partenza da Titano avevano retto bene l’urto. Qualche contusione fra i passeggeri della nave, ma nulla di più. Era iniziata la nostra avventura fuori dal sistema solare, ma quanti inquietanti interrogativi ci balenarono in mente? Chi o che cosa ci aveva colpiti e, soprattutto, perché? Ma questa è un’altra storia che vi racconterò un altro giorno. Adesso sono impegnato, unitamente a Teddy e agli altri robot costruttori, a definire il nostro campo base, ad allestire un sistema di difesa attivo onde evitare che qualcuno o qualcosa possa mandarci al Creatore.

 

N.B.: Questo è l'ultimo post dedicato al fantasy "I 12 marziani", di Francesco Toscano, in attesa della sua prossima pubblicazione. Spero di completare l'opera prima del mese di giugno del 2023. Con affetto, Francesco Toscano.

lunedì 21 novembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo diciannove.

 


Diciannove.

 

L’aver perso il 40% delle derrate alimentari stoccate nell’apposita area creata dai robot costruttori nel nostro campo base su Titano significò per la mia famiglia una grave perdita, giacché c’erano costati tanto tempo e tanto lavoro la coltivazione di quelle piante di cereali andate perdute, che erano necessarie per il nostro fabbisogno giornaliero. Ho sempre pensato che nessuno mi ha mai regalato niente e che tutto quello che io ho, oggi, è direttamente proporzionale all’impegno da me profuso quotidianamente nel creare e produrre ciò di cui ho avuto di bisogno nella mia lunga vita, per la mia e per l’altrui sopravvivenza. Ho lavorato incessantemente anche per diciotto ore al giorno per realizzare tutto quello che oggi noi abbiamo. Ho sudato, e poi ho pianto ogni qualvolta la mia nuova creazione prendeva vita e ci consentiva di vivere e prosperare, in modo diverso rispetto al nostro recente passato, fatto, il più delle volte, di stenti e sofferenze. Fra i dodici coloni, ovvero fra i dodici membri il mio nucleo familiare, oltre a me e mio figlio, quello che maggiormente contribuiva alla realizzazione delle nostre opere, che fossero di biologia molecolare, di bio-genetica, di chimica, ingegneria, era da almeno una decina anni mio nipote Lorenz, ritornato tra noi dopo una breve permanenza su Encelado. Lorenz era tutto quello che io avrei voluto essere da giovane. A differenza mia, che ero basso e tarchiato, Lorenz era alto circa un metro e novanta, corporatura robusta, fisico perennemente allenato, di muscolatura forte e vigorosa, dotato di un’intelligenza fuori dal comune. Mentre il mio cervello era più simile a un personal computer degli anni Ottanta, quello di Lorenz era più assimilabile a un potente computer quantistico di fine anni Venti del nuovo Millennio, ovvero quello dotato di processore che ricordo chiamarsi Osprey, dell’IBM, da 433 qubit. E poi, era umile, era riflessivo, era un gioiello che brillava di luce propria. Purtroppo per noi, questo gioiello che irradiava con la sua luce abbacinante i nostri occhi, si spense troppo presto. Tutte le nostre conoscenze in campo medico, tutte le nostre invenzioni, non ci consentirono di sconfiggere il cancro che gli divorò il colon e gran parte dell’intestino tenue. Il suo cadavere, riposto con tanto amore all’interno di un’urna funeraria, fu lanciato in orbita attorno al gigante gassoso Saturno all’alba del 31 gennaio dell’anno 2080. Ho pianto tanto alla sua morte, così tanto che da allora non ho più alcuna lacrima nei miei condotti lacrimali. Una profonda tristezza mi sovviene quando la mia mente rievoca quei giorni di lutto e di dolore. Mio figlio, alla perdita del suo amato Lorenz, si ammalò anch’egli di una forma acuta di depressione post-traumatica che lo portarono, in meno di due anni, alla morte per annegamento in uno dei tanti laghi d’idrocarburi presenti su Titano; si era lasciato morire il mio Michael. Oggi, scusate, sono davvero stanco e non riesco più a scrivere perché la mia mente, il mio spirito, sono profondamente lacerati dal dolore per la grave perdita dei miei amati Michael e Lorenz: i miei due diamanti da cento carati cadauno.

martedì 8 novembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo diciotto.

 


Diciotto.



Dopo pochi giorni dall'atterraggio su Titano, finalmente, l'ape Teddy e gli altri robot costruttori avevano terminato di allestire il nostro primo campo base. Era grande quanto un campo da tennis. Io e mia moglie ci eravamo sistemati a destra del campo, in un modulo abitativo che era grande circa 30 mq, mentre mio figlio e il resto della sua famiglia sulla parte sinistra, in un'area grande, approssimativamente, circa 50 mq. La navetta spaziale, cui il campo base era collegato elettricamente, forniva la necessaria energia per soddisfare le nostre esigenze primarie. Per me che ero vecchio e stanco non era facile spostarsi su Titano: di volta in volta, per ciò, per la mia locomozione sulla luna di Saturno mi affidavo al sostegno fisico e morale di qualcuno dei miei nipoti, i quali mi sorreggevano e mi aiutavano nei miei spostamenti divenuti, ormai, quasi quotidiani. Mia moglie, mia nuora e le sue ragazze i primi giorni erano rimasti all'interno dei moduli abitativi per sistemare le nostre cose e per iniziare la nostra vita di relazione in quel nuovo corpo celeste ove avevamo deciso di andare a vivere. Il primo mese di vita su Titano trascorse sereno. Dal secondo mese al terzo mese, invece, fummo costretti a rimanere all'interno dei nostri alloggi, giacché una tempesta di vento e pioggia di idrocarburi non voleva cessare e sferzava il nostro campo base e la nostra navetta spaziale come il tennista fa con la sua racchetta allorquando colpisce la pallina, al volo, per mandarla dall'altra parte del campo. Mio figlio Michael, dopo che il campo base era stato allestito, si era messo in contatto con gli altri esseri umani di stanza su Titano per indicare loro la nostra posizione geografica, il numero di esseri umani che vivevano in quell'insediamento a carattere familiare, così da connettersi con la loro infrastruttura in modo tale da potere attingere ai loro dati di sistema, ai dati meteorologici, ai dati afferenti le loro recenti scoperte e quant'altro ci potesse servire per vivere su Titano nel miglior modo possibile. Il capo del penultimo insediamento umano su Titano, Jeffry, aveva comunicato a mio figlio che a breve la luna saturniana sarebbe stata colpita da uragani e da altri eventi atmosferici cui noi, marziani, non eravamo abituati; ci consigliava, per questo motivo, di fare attenzione e di non uscire dai nostri moduli abitativi sino a quando le tempeste previste non fossero terminate. Consigliai a mio figlio di rinforzare con degli ancoraggi più resistenti i moduli abitativi e l'intero insediamento, in modo tale da non fare la fine di veri e propri sprovveduti il giorno in cui saremmo stati proiettati nell'occhio del ciclone che si sarebbe abbattuto, a dire di Jeffry, su di noi con una forza e una violenza inaudita. E la tempesta di cui Jeffry ci aveva avvisati non tardò ad arrivare, colpendoci il primo giorno del suo atteso arrivo con una violenza tale da farci saltare, nel giro di poche ore, il collegamento elettrico con la nostra nave, disconnettendoci dalla rete dati che avevamo allestito e che, con nostra somma sorpresa, ci aveva consentito di relazionarci sino ad allora con gli altri esseri umani di stanza su Titano. I robot costruttori, a capo dei quali c'era l'amico Teddy, impiegarono quasi ventiquattr'ore terrestri prima di ripristinare la rete elettrica e la rete dati. Il vento urlava tutta la sua voglia di spazzarci via dalla superficie della luna che avevamo avuto l'ardire di calpestare, mentre la grandine di idrocarburi che ci si scaraventò contro distrusse quella che era stata da noi individuata come l'area di stoccaggio delle derrate alimentari, facendoci perdere in poche ore circa il 40% delle nostre scorte alimentari. Tutti noi fummo costretti a rimboccarci le maniche delle nostre tute in modo tale da risolvere quel problema che si era verificato. Tra di noi, la più preoccupata di quanto era accaduto, era Eleonore, la secondogènito  di mio figlio Michael.

Nonno!-

- Si, dimmi?-

- Ma quando terminerà la tempesta?-

- Non temere, quanto prima.-

- Ma sei sicuro?-

- Certo!-

- Ho paura!-

- Non devi temere, noi siamo al sicuro all'interno dei moduli abitativi. Papà ha messo in sicurezza l'intero campo base; Teddy e gli altri robot costruttori hanno terminato e quanto prima avremo nuovamente l'energia elettrica e il ripristino dei sistemi vitali. Come hai potuto notare i sistemi di sicurezza e di sopravvivenza hanno tenuto al meglio. Non c'è da preoccuparsi, mia cara. Non temere!-

Mi guardava basita, come se le stessi propinando una storiella che, a suo avviso, si sarebbe conclusa nel peggiore dei modi. Ma non era così. Io sapevo benissimo quello che stava accadendo e sapevo che nessuno di noi dovesse temere per la sua incolumità e che la tempesta, che si era abbattuta sul nostro insediamento umano con tanta violenza, prima o poi sarebbe terminata. Erano ben altre le cose che avremmo dovuto temere per davvero. E di ciò, dopo tanti anni di vita, ne ero certo.

mercoledì 5 ottobre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo sedici.

 


Sedici.


- Nonno, raccontami di quei giorni in cui fosti costretto a imbarcarti sulla navetta spaziale alla volta di Marte? - Mi chiese Eleonore, la secondogènito di mio figlio Michael.

- Eleonore, non è una bella storia!-

- E tu raccontamela lo stesso! - 

- Ehm, fammici pensare... ho rimosso gran parte dei miei ricordi. Sono trascorsi tanti anni ed io, come vedi, sono vecchio e stanco. -

- Ma che dici? - 

- Sì, Eleonore, sono vecchio. Però una cosa te la voglio raccontare. Ti racconto di quella volta in cui conobbi tua nonna. 

- Sì, dai! -

- La nonna era bellissima quel giorno che la vidi per la prima volta. Come sai era il comandante di una nave spaziale che trasportava gli esseri umani verso Marte. Di lei ricordo le sue linee sinuose e aggraziate, ma anche la postura: era fiera di sé! Era molto sicura di sé e teneva testa a tutti gli uomini che erano al suo comando. La divisa le stava a pennello, come se il sarto gliel'avesse cucita addosso. Io, appena la vidi, me ne innamorai subito. Ella, però, non si innamorò di me sin da subito. Dovetti penare molto prima che mi notasse e prima che ricambiasse tutto l'amore che io nutrivo per lei. Sai, Eleonore, ne abbiamo passate tante io e tua nonna. -

- Che cosa nonno? -

- Quando iniziò la nostra vita su Marte, non era la stessa vita che oggi noi conduciamo su questo pianeta. Tutto era una novità, una scoperta continua. Noi esseri umani, per esempio, non eravamo pronti ad abitare questo brullo pianeta, a differenza di quanto sostenevano gli scienziati del mio mondo quando mi costrinsero a lasciare la Terra. Ti ho già raccontato dei miei sfortunati compagni d'avventura; ti ho raccontato di loro e di come facemmo a sopravvivere e a raggiungere New Millenium. Ti ricordi  di New Millenium? -

- No, nonno. Ero troppo piccola per ricordarmelo; venne distrutta quando io avevo appena sei anni. Ricordo solo le esplosioni e le grida delle persone che mi circondavano; del sangue che sgorgava dai loro corpi martoriati. -

- Ti ricordi del nostro alloggio? -

- No! -

- Sai, io e la nonna andammo a vivere su New Millenium circa sei anni dopo il mio ammartaggio. Tuo padre è nato lì. Lui, sicuramente, si ricorderà di quanto fosse bello quel luogo. I robot costruttori avevano fatto davvero un ottimo lavoro. Sai, essi somigliavano, per molti aspetti, al nostro Teddy.-

- Sì? - 

- Sì! Teddy è la versione riveduta e corretta dei primi robot costruttori. -

- Davvero? -

- Teddy, spiegaglielo tu a mia nipote la differenza che intercorre fra te e i robot costruttori, tuoi simili.-

Teddy mi guardò torvo, mostrandosi infastidito da quella assonanza che il mio cervello aveva fatto allorquando lo aveva descritto molto simile ai robot costruttori. Si limitò a dire che, sostanzialmente, c'erano poche differenze fisiche. Che l'unica differenza fra quelle macchine e lui era che egli aveva preso coscienza di sé, sentendosi un individuo a tutti gli effetti; che gli altri avrebbero dovuto temerlo e che lo avrebbero dovuto rispettare come un essere senziente.

- Ma su, Teddy, non è il caso di infervorarsi. Capisci bene che mia nipote anela a conoscere il nostro passato e che, giovane qual è, ha sete di conoscenza.

- Si Joseph, ma non dire più che sono simile a un robot costruttore, perché mi offendo.

Dalla porta che chiudeva l'alloggio dove ci trovavamo si udirono dei rumori di passi di qualcuno che si stava avvicinando e che a breve sarebbe entrato. Così fu. Mio figlio ci salutò, asserendo che eravamo pronti al decollo. Sì, eravamo pronti a decollare alla volta di Titano, il satellite naturale più grande di Saturno. Un mondo in cui avremmo potuto costruire il nostro futuro.

- Okay, Michael. Dacci altri due minuti che completiamo il nostro ragionamento. -

- Va bene, padre. Tu, piccola, non fare stancare il nonno.-

Fece un segno di saluto a Teddy, che lo guardava, e Michael lasciò l'alloggio. Eleonore continuò a chiedermi del mio passato, ma io, con una scusa, non risposi più alle sue domande, preferendo recarmi d'urgenza sulla navetta spaziale che io avevo realizzato unitamente a mio figlio Michael e che ci avrebbe consentito, in pochi minuti, di raggiungere il nuovo mondo. Nuovo, si fa per dire. L'umanità, un consistente numero di individui, abitava Titano già da anni sfruttando appieno le sue risorse minerarie e la massiccia presenza di idrocarburi allo stato liquido sulla sua superficie. Ero così eccitato all'idea di lasciare Marte, dopo oltre sessant'anni, che mai avrei permesso a qualcuno di impedirmi di godermi quel momento.

- meno 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, decollo! -

Mio figlio, dopo il suo conto alla rovescia, aveva tracciato la rotta verso Titano. L'atmosfera di Titano è composta al 95% da azoto; sono presenti inoltre componenti minori quali il metano e l' etano, che si addensano formando nuvole. La temperatura superficiale media è molto vicina al punto triplo del metano dove possono coesistere le forme liquida, solida e gassosa di questo idrocarburo. Viaggiavamo alla scoperta di un nuovo mondo. Per noi era l'inizio di una nuova vita, di una nuova avventura da vivere e condividere con tutti gli altri componenti il nostro stesso nucleo familiare. Ci eravamo imbarcati in 12 esseri umani su quella nuova navetta, unitamente a Teddy. Essa ci era costata anni di lavoro e di sudore. Non era, a differenza della navetta a bordo della quale giunsi su Marte, una scialuppa di salvataggio. Essa era dotata di tutti i confort necessari per raggiungere un altro pianeta, malgrado Titano fosse la luna di un gigante gassoso del nostro stesso sistema solare. Lì i robot costruttori, che avevamo imbarcato e che avevamo stivato, ci avrebbero aiutato a realizzare il nostro sogno: affrancarci da Marte.

Fuori dall'atmosfera di Marte il mio sguardo si posò sul pianeta Terra. Era ancora quel magnifico globo blu che avevo imparato a conoscere dalle foto presenti sui libri di scuola. Alcuni coloni di Marte, anni prima, avevano fatto rotta verso la Terra. Giunti sulla Terra, ritornata ad essere nuovamente abitabile per la nostra specie, notarono che la vita sul quel pianeta era continuata ad esistere in nostra assenza, modificandosi e adattandosi al nuovo habitat, al nuovo clima e alle nuove temperature superficiali. La Terra aveva fatto volentieri a meno di noi esseri umani; del resto non poteva che essere così. Noi eravamo solo una delle tante specie che vivevano su quel pianeta, benché fossimo la specie dominante. La spedizione marziana alla volta della Terra portò con sé anche taluni robot costruttori che avrebbero avviato il processo di costruzione di un nuovo insediamento umano. Scelsero la Groenlandia come luogo d'atterraggio, un'isola posta all'estremo nord dell'oceano Atlantico. Il suo nome danese, Grønland, che significava letteralmente "terra verde", la contraddistingueva ancora oggi come una porzione di mondo in cui la flora, verde e lussureggiante, regnava sovrana. Essendo la maggiore isola della Terra, lontana dai vecchi insediamenti umani, divenuti dei mondi morenti, era il posto ideale dove costruire una nuova casa, per un nuovo futuro dell'umanità.
Noi avevamo deciso di recarci su Titano, non perché fosse un posto migliore della Terra, ma perché su quella luna di Saturno, con le nostre conoscenze attuali, avremmo potuto realizzare altri artefatti umani che non sarebbe stato possibile realizzare sul nostro pianeta d'origine. E poi, in noi era forte il desiderio di viaggiare e di conoscere nuovi mondi, ove poter piantare il seme della vita, così come noi la conoscevamo, affinché l'umanità tutta potesse ancora prosperare per i prossimi secoli a venire.


sabato 17 settembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo quindici.

 


Quindici.

 

Sono seduto ormai da diverse ore intento ad osservare il panorama che si staglia davanti ai miei occhi; esso è magnificente ed io ho il privilegio di guardarlo dalla finestra della mia camera da letto, la quale si affaccia su Vasistas Borealis. Vasistas Borealis, il più vasto bassopiano di Marte, è l’area geografica di Marte posta a pochi chilometri dal suo polo nord. È estate. Le giornate trascorrono serene. Mio figlio Michael e i suoi figli sono indaffarati a terminare gli ultimi lavori edili e di ammodernamento della loro unità abitativa, da loro edificata nella regione marziana meglio nota come Utopia Planitia, posta a soli dieci chilometri dal luogo di atterraggio della sonda Viking 1. 

Io e mia moglie, momentaneamente, ci siamo trasferiti in quest’ultima unità abitativa, non molto dissimile dal primo campo base in cui vissi da giovane sul Pianeta rosso, in attesa che la famiglia si possa ricongiungere definitivamente. Con me e mia moglie è rimasto a darci compagnia l’ape Teddy, ormai giunta alla versione 10.1. Si è guadagnato, ormai da troppo tempo, a ragion veduta, il titolo di membro onorario del mio nucleo familiare. In quest’area geografica del pianeta ci trasferimmo per la prima volta circa venti anni addietro, per scampare alla distruzione di “New Millenium” che avvenne per mano dei coloni di stanza sul nostro satellite naturale: la Luna. Correva l’anno 2060 sul pianeta Terra, mentre per me erano da poco trascorsi venticinque anni dal giorno in cui posai per la prima volta i miei piedi sul suolo polveroso di Marte, quando un missile colpì la base marziana “New Millenium”, distruggendola. Quell’atto di guerra, ignobile, uccise più di novemila esseri umani, la cui unica colpa era stata quella di continuare a sopravvivere su questo desolato e brullo pianeta, in armonia. Il colonnello Mchunzi, leader militare della colonia marziana, aveva preparato i suoi uomini alla controffensiva, ma non vi riuscì tenuto conto che molti dei suoi militari erano deceduti sotto il fuoco nemico; 

la sua risposta all’attacco dei lunari fu impalpabile. Raggruppai i componenti il mio nucleo familiare, sopravvissuti miracolosamente all’attacco sferrato dal nemico, e, a bordo di una navetta spaziale da me costruita, trovammo rifugio, così come altri coloni, su questa immensa distesa di roccia, distante migliaia di chilometri dall’area del conflitto fratricida. Mia nuora e il più piccolo dei suoi figli, Lorenz, si erano diretti, momentaneamente, su Encelado, corpo celeste in cui avevano trovato rifugio i genitori di lei e i suoi fratelli, sopravvissuti all’attacco sferrato dall’armata lunare nel mese di dicembre dell’anno 2060. Il 18 maggio del 2061, con mia somma sorpresa, giacché mai avrei sperato che potesse accadermi una cosa del genere, fui incaricato dal generale Mchunzi, che nel frattempo si era arrogato il diritto di promuoversi al grado apicale della sua carriera, di costruire un’arma che potesse essere da questi utilizzata per sferrare un attacco contro gli uomini del generale Winchester, la cui unità operativa era da anni di stanza sulla Luna, luogo da cui era stato sferrato l’attacco da parte del nemico. Non ubbidii a quell’ordine datomi, preferendo fuggire, nottetempo, con i componenti il mio nucleo familiare in quell’area geografica marziana che ancor’oggi ci ospita. Sono stato bandito dai marziani e ritenuto un traditore dai lunari. Manca poco tempo e la navetta spaziale da me costruita sarà in grado di affrontare un viaggio a velocità superluminale. Ho intenzione di rifugiarmi su Titano, la luna più grande di Saturno, ove i robot costruttori da me ideati potranno erigere un habitat per il futuro mio e degli altri miei cari. Meglio essere stato un bandito che sapere di essermi macchiato le mani del sangue degli individui della mia stessa specie. Sono sereno, oggi, della scelta fatta a quel tempo. Il tempo mi ha dato ragione. L’IA e i robot, nell’inverno del 2070, dopo che avevano preso il sopravvento, riuscirono a disarmare sia gli uomini di Winchester che quelli del suo acerrimo nemico, Mchunzi, riportando la pace fra i popoli del cielo. Dieci anni era durato il conflitto. Dieci interminabili anni, nel corso dei quali io, mia moglie, mio figlio, sua moglie, e i miei nipoti, abbiamo continuato a sopravvivere su questo lembo di terra marziana, lontani dal conflitto che ci aveva quasi sterminato. “Mai più!” Questa era stata la decisione presa dall’IA e dai robot che ella fu in grado di costruire nel corso di questi ultimi anni. È grazie a loro che continuiamo a vivere in pace.

venerdì 16 settembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo quattordici.



Quattordici.


Quando costruii Teddy non avevo in mente di realizzare un robot dotato di coscienza, ma solo una macchina in grado di smontare la nostra navetta spaziale e aiutarmi nell'arduo compito di costruire, partendo da zero, un veicolo in grado di consentirci di spostarci agevolmente sul suolo di Marte e permetterci, nel più breve tempo possibile, di raggiungere "New Millenium". Ma Teddy si rivelò, sin da subito, qualcosa in più di una macchina. L'aver mescolato il software contenuto nell'hard drive del "Minotauro" e il software già installato sulla nave spaziale, che garantiva il perfetto funzionamento di tutti i sistemi di bordo, compresi quelli relativi alla navigazione nello spazio profondo, innescò un meccanismo che, ancora oggi, ho difficoltà a spiegare: accese, di fatto, la scintilla della vita!
Teddy, oltre ad essere un robot meccanico, ancorché privo dei tratti somatici che contraddistinguono l'essere umano, era un amico, un affabulatore che, a volte, mi idolatrava. Aveva conoscenze che io, benché avessi studiato negli anni con profitto, non avevo e mai sarei stato in grado di avere. Teddy era un brillante matematico, un arguto fisico, un chimico provetto, un operaio meccanico specializzato: era tutto quello che avrei voluto che egli avesse e qualcosa di più. Dovendo partire da una forma biologica a me nota decisi, il giorno in cui iniziai a progettarlo, di dargli la forma di un insetto, il più laborioso tra gli insetti a me noti: l'ape! Lo dotai di ali, del tutto simili a quelli che aveva "Ingenuity", il primo velivolo che si librò su Marte. L'ape Teddy aveva anche delle braccia e delle mani, ovvero delle pinze in grado di afferrare, manipolare, stringere, sino a non romperlo, qualsiasi oggetto che gli sarebbe capitato a tiro e che gli sarebbe servito per la costruzione del veicolo a quattro ruote che ci avrebbe dovuto trasportare. Era anche dotato di un flex, di un trapano, ovvero due utensili elettrici, oltre che di due occhi robotici che gli consentivano di interfacciarsi con il mondo che lo circondava. Avevo deciso di dargli una voce d'uomo, non perché fossi un misogino, ma perché volevo che avesse una voce autoritaria e decisa. Per consentirgli di librarsi in volo e poterci seguire dall'alto durante il nostro viaggio a bordo del rover marziano diretto verso "New Millenium", decisi di costruirlo in fibra di carbonio; ma ottenere la fibra di carbonio su Marte non era così semplice. Decisi, allora, di progettare Teddy in modo tale che alla sua nascita fosse stato in grado di ridurre gli atomi degli elementi presenti su Marte ai minimi termini e di fonderli tra di loro, in modo tale da ottenere il prodotto finale tanto agognato e del caso di auto assemblarsi in corso d'opera. Tra le caratteristiche della fibra di carbonio spiccavano, tra le altre, l'elevata resistenza meccanica, la bassa densità, la capacità di isolamento termico. Di contro, il materiale composito in fibre di carbonio sarebbe risultato non omogeneo e avrebbe presentato una spiccata anisotropia. Teddy prese vita, per davvero, ed era talmente vivace che i miei due compagni di avventura credettero che io avessi creato un "mostro", tali erano le sue abilità costruttive e tecnico-pratiche, e che fossi un mago che custodiva mille e più pozioni magiche. Ma di magico in me c'era ben poco. Se di magia si trattava non sono in grado di dirlo, ma oggi credo che Teddy fosse da ritenersi la creatura che si poneva all'apice di quella tecnologia che noi esseri umani avremmo potuto raggiungere lontani dalla Terra a quel tempo.

martedì 13 settembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo tredici.


 

Tredici.

Se c'è una cosa che ricordo spesso dei miei primi giorni trascorsi su Marte è quella afferente la nostra incapacità di trovare un accordo sul da farsi. Eppure eravamo stati addestrati, benché in poco tempo, a fare cerchio e a trovare la quadra per tutte quelle problematiche che si potevano riscontrare una volta giunti sul Pianeta rosso. Se poi ci aggiungevamo il nostro dolore per la perdita dei nostri giovani compagni di avventura, allora il problema si amplificava e lasciava poco spazio a qualunque margine di manovra e di trattativa fra di noi. Le nostre differenze culturali, fisiche, e quant'altro, ci avevano portati, in più di una circostanza, ad ignorarci; ciò era dovuto al fatto che preferivamo restare in silenzio e a isolarci dalla nostra realtà quotidiana, per dimenticare il nostro triste vissuto. Johannés preferiva allenarsi, raccogliere i frutti che ci donavano le colture idroponiche, scrivere il suo libro sulla nostra "disavventura", piuttosto che parlare con me e con Red; Red si dedicava anima e corpo alla sua ordinaria attività lavorativa, dedicandoci solo un po' del suo tempo prezioso ogni qualvolta fosse stato costretto a convincerci che era necessario che noi tutti ci sottoponessimo a quegli esami di laboratorio cosiddetti di routine, per la successiva analisi dei nostri parametri vitali. Io, per quanto mi riguarda, ricordo di essermi isolato dagli altri due astronauti per più di un anno: avevo i miei buoni motivi, d'altronde. Mi ero dedicato alla realizzazione del mio progetto, ovvero quello di costruire un robot in grado di smantellare la nostra navetta spaziale, recuperare i materiali e la tecnologia necessaria per la costruzione di un rover elettrico che ci consentisse di andare via, definitivamente, dal cunicolo lavico in cui nell'ultimo anno avevamo trovato ospitalità. Montavo, smontavo, collegavo, scollegavo, e poi rimontavo nuovamente centinaia di migliaia di volte la mia creatura che, nei primi giorni di vita, non voleva fare il suo dovere sino in fondo, facendomi disperare per la mia incapacità di realizzare qualcosa che funzionasse a dovere e che potesse consentirci di sloggiare da quel posto che ormai ci andava strettissimo. Un giorno pensai che la mia creatura non volesse funzionare a dovere solo perché ancora non gli avevo dato un nome; forse avevo ragione, forse no. Sta di fatto che solo dopo che lo battezzai "Teddy" il robot prese vita, riuscendo a relazionarsi sia con me che con gli altri due sopravvissuti. "Teddy fai questo", "Teddy fai come ti dico" e Teddy rispondeva ad ogni mio comando, alla velocità della luce. Teddy un giorno mi disse che fosse al nostro servizio per consentirci di sopravvivere ed io, sebbene consapevole che parlassi con una macchina, lo ringraziai calorosamente. Teddy impiegò meno di due mesi a smontare la navetta spaziale, a costruire una sorta di fonderia, a testare ogni qualsiasi voglia apparecchiatura elettronica che fosse idonea alla realizzazione della "quatto ruote" marziana a bordo della quale noi tre, un giorno, avremmo potuto lasciare quell'anfratto di roccia lavica che ci aveva ospitati sino a quel momento. Non lo sapevo ancora, ma Teddy, oltre ad essere il robot costruttore, era anche la prima cellula di quella IA che oggi governa Marte. Spero, un giorno, che il mio nome possa essere annoverato sui libri di scuola, ancorché digitali, come l'ingegnere che, inconsapevolmente, fu l'inventore dell'Intelligenza Artificiale che oggi domina gli umani e le cose presenti su questo desolato corpo celeste.

lunedì 12 settembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo dodici.

 

Dodici.

 Osservo le piante che crescono in serra quasi estasiato. Non mi balenò mai in mente, quando mi trovavo sulla Terra, che un giorno sarei potuto diventare un agricoltore; di agricoltori nel mio Stato, il Maine, ve n’erano pochi. I miei avi, originari di Portland, erano stati dei pescatori. A pochi metri di distanza da me Johannés cercava di raccogliere i frutti del nostro raccolto: dei pomodori. Li raccoglieva con molta cura, uno per uno, con tanta grazia, quasi a volerne catturare l’energia contenuta all’interno degli atomi di cui essi erano composti. Ella si accorse che io la guardavo con molta attenzione ed insistenza e, rivolto il suo sguardo verso di me, mi sorrise teneramente. Era proprio una bella donna Johannés. A volte io pensavo a lei in un modo che a lei non sarebbe piaciuto. Era alta e alquanto formosa la mia giovane amica Johannés. Era in gamba, il nostro ingegnere civile, per davvero! Red in quel momento era affaccendato ad esaminare il nostro stato psicofisico, leggendo il risultato degli esami clinici a cui egli ci aveva costretto  a sottoporci qualche giorno addietro: voleva conoscere il nostro stato di salute con impazienza, ci aveva detto. I mesi trascorrevano inesorabilmente. Marte era sempre pronto ad ucciderci alla prima favorevole occasione, ma noi tre sopravvissuti avevamo fatto un patto di alleanza: riuscire a vivere il più a lungo possibile, in modo tale da raggiungere la stazione marziana “New Millenium”, quanto prima. Il nostro primo Capodanno su Marte me lo ricordo ancora adesso. Brindammo con succo di pomodoro; il succo non aveva le bollicine dello spumante, ma nel complesso era molto buono. Johannés era stata davvero brava a realizzarlo per noi.  Eravamo sereni e felici di essere riusciti nel nostro intento: sopravvivere!

-       -  Joseph, vieni qui un momento! – Esclamò Red.

-       - Che cosa c’è? – Gli chiesi io un po’ timoroso, consapevole del fatto che il mio stato di salute non eccellesse.

-        -  I tuoi valori non mi piacciono per niente!-

-       -  Perché qual è il problema?-


Red cominciò ad elencarmi una decina di valori risultati dal mio prelievo ematico che erano fuori scala. Il ferro era basso e altri miei parametri vitali gli avevano fatto sorgere il dubbio che io non mangiassi a sufficienza.

-         - Ma se non mangi quasi nulla! – Disse Johannés.

-         - Ma che dici, amica mia, non è vero!-

-       - Senti Joseph, il problema non è perché non ti nutri a sufficienza, ma perché sei l’unico di noi sopravvissuti in grado di condurci, forte delle tue conoscenze ingegneristiche, a “New Millenium”; devi mangiare non solo per te stesso ma anche per la nostra sopravvivenza.

-      - Non temete, che appena mi rimetterò in forma la prima cosa che farò è di costruire un robot in grado di assemblare un mezzo meccanico che ci consenta di viaggiare agevolmente sulla superficie polverosa di Marte alla volta della stazione marziana.- 

Dissi ai miei giovani amici, mentendo; ero consapevole che avrei impiegato tantissimo tempo a costruire qualcosa che potesse funzionare e che potesse consentirci il trasferimento dal nostro campo base a “New Millenium”. Alla fine ci impiegai quasi un anno a costruire il robot che fosse stato in grado, a sua volta, di costruire una macchina in grado di trasportarci e farci arrivare a “New Millenium”. Costruire una struttura solida con gli elementi di cui disponevamo non era stato facile. Il robot, pur tuttavia, fu in grado di assemblare un rover, dall’aspetto bizzarro, sfruttando le parti meccaniche ancora integre della nostra navetta spaziale. Il robot costruttore, il prototipo di quelli che oggi scorrazzano sulla superficie di Marte assemblando tutte le strutture che costituiscono oggi la nostra base, sventrò, letteralmente, la navetta spaziale estraendo da essa l’alluminio necessario per la costruzione dello chassis del nuovo rover, oltre che tutta la componentistica elettronica necessaria per la “navigazione” sul Pianeta rosso. La costruzione delle quattro ruote motrici fu davvero un’impresa titanica. Non so come abbia fatto, ma alla fine il robot vi riuscì. Partendo dalla chimica di base presente su Marte, il robot costruttore riuscì a realizzare, in una specie di fonderia distante dal campo base oltre 100 metri, una struttura molecolare che aveva paritetiche caratteristiche della gomma utilizzata dai terrestri per la realizzazione delle ruote dei rover che avrebbero dovuto solcare il terreno polveroso di Marte. Il software di controllo e gestione era quello che era già stato installato nel drive del “Minotauro”, il quale divenne parte integrante della nuova creatura, una sorta di nuovo "perseverance". Ancora oggi se penso a quel risultato ottenuto in modo provvidenziale, mi viene ancora da piangere. Non piango per rispetto dei miei nipoti e degli altri componenti il mio nucleo familiare, i quali si potrebbero preoccupare per me vedendomi piangere. Ora spengo il computer. Vado a riposare un po’. Scusatemi, ma sono stanco. Un abbraccio, Joseph.

venerdì 9 settembre 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo undici.


 

 Undici.

 

Gli esseri umani non sono nati per trascorrere tanto tempo nello spazio profondo; essi, infatti, quali entità biologica a base di carbonio, non tollerano di buon grado le radiazioni che scaturiscono dalle esplosioni stellari, oppure di tipo galattico o intergalattico, fra cui i raggi gamma e raggi-X: i cosiddetti raggi cosmici che, in maniera silente, possono bombardare sino a distruggerle le cellule di cui si compone il loro organismo. Gli scienziati terrestri, in virtù di ciò, inventarono nei primi anni Venti del nuovo Millennio una tuta spaziale in grado di consentire al nostro organismo di viaggiare fra le stelle senza colpo ferire. Questa piccola invenzione, ma grande dal punto di vista tecnologico, ci consentì di raggiungere il pianeta Marte senza che i nostri organi interni venissero danneggiati. Questa invenzione ci permise durante il nostro lungo viaggio fra le stelle alla volta di Marte di non sviluppare il cancro. Nell'arco degli otto mesi del lungo viaggio che avremmo dovuto affrontare oltre le fasce di Van Allen, quindi, malgrado non avessimo il campo magnetico terrestre a proteggerci, non avremmo dovuto temere di sviluppare alcun tumore nelle nostre cellule. I raggi cosmici sono fatti per lo più di protoni liberi, ma si possono trovare nuclei atomici di elementi di varia natura, con tracce di antimateria. Le loro energie spaziano dalle centinaia di MeV alle centinaia di miliardi di GeV: essi sono, perciò, estremamente variegate. Gli scienziati, oltre alla realizzazione delle  tute di cui fummo equipaggiati, ci protessero schermando il nostro "catafalco cosmico" usando materiale idrogenato, ovvero degli schermi attivi per attutire le radiazioni ionizzanti. Io, pur tuttavia e malgrado tutte le precauzioni adottate dagli scienziati terrestri, mi ammalai di tumore al colon-retto quando mi accingevo a festeggiare i miei primi sessant'anni di vita. Grazie alla IA e ai robot chirurghi, alle terapie mediche a cui venni sottoposto all'interno della stazione marziana "New Millenium", sconfissi il cancro prima che le mie cellule si ammalassero definitivamente. Il tumore del colon-retto rappresentava il 10 per cento di tutti i tumori diagnosticati nel mondo, ed era terzo per incidenza dopo il cancro del seno femminile e del polmone. Io fui il primo umano sopravvissuto su Marte che ebbe la sfortuna di contrarre tale tipologia di tumore. Fortunatamente per me all'epoca dei fatti su Marte la IA e i robot erano in grado di sconfiggere questo male in tempi celeri: ma questa è una storia che non mi va di raccontare; preferisco raccontare ai posteri quello che fummo in grado di realizzare noi piccoli esseri umani su Marte, la nostra nuova "casa". Erano da poco trascorsi sessanta giorni dal nostro ammartaggio, quando riuscimmo a realizzare la nostra prima serra idroponica all'interno del cunicolo lavico in cui avevamo allestito il nostro angusto campo base. La serra da noi realizzata era il frutto di anni di studi condotti dai ricercatori dell'Università dell'Arizona, anni prima di imbarcarci all'interno della nostra navetta spaziale. La serra ci consentì oltre che di sfamarci, anche di produrre, in quantità sufficiente, ossigeno per respirare. La serra produceva l'ossigeno per il nostro fabbisogno giornaliero e noi astronauti, in cambio, gli consegnavamo l'anidride carbonica prodotta dalla nostra respirazione. Si trattava di un piccolo sistema biologico di supporto vitale auto-rigenerante ed era il risultato dell'impegno profuso da quegli scienziati che anni prima vennero incaricati dalla Nasa di sviluppare tale tecnologia per le future esplorazioni umane di Marte. La serra era stata da noi realizzata con tubi leggeri e pieghevoli che misuravano 5,5 metri di lunghezza per 2 metri di diametro. La serra era lunga 30 metri e sarebbe stata in grado di garantirci la nostra sopravvivenza sul Pianeta rosso per anni. Il sistema era stato progettato in origine per auto-assemblarsi in modo autonomo in modo da precedere di qualche mese l'arrivo degli astronauti su Marte, così da accoglierli con piante già cresciute e sfruttabili. La serra ricreava una sorta di versione idroponica in miniatura dei sistemi terrestri che consentivano la vita. Era per noi un vero portento! Sono stanco, scusate, ma vado a letto. Non riesco più a scrivere per oggi. Abbiate pazienza, vi racconterò il resto della storia fra qualche giorno. Un abbraccio, Joseph.

mercoledì 24 agosto 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo dieci.


Dieci.


- Clif, stai attento, per carità di Dio!- Questa è la frase che ricordo di aver esclamato, a squarcia gola, il giorno in cui ci accingemmo, per la prima volta, a calare la strumentazione in nostro possesso e che ci avrebbe consentito di allestire il primo campo base all'interno del cunicolo lavico rinvenuto a pochi metri dall'area di ammartaggio della nostra navetta spaziale. 
Clif, il più piccolo della spedizione umana e che da poco aveva compiuto 23 anni, poveretto, il giorno in cui uscimmo dalla navetta spaziale venne colpito violentemente e in pieno volto dal gancio fissato sul verricello della gru del "Minotauro", nel corso della tormenta di polvere marziana che investì noi sopravvissuti nei pressi della bocca di accesso del cunicolo lavico marziano. Pochi e interminabili secondi di terrore in cui vedemmo il nostro amico morire sotto i nostri occhi con il cranio fracassato. Le nostre energie vitali, già di per sé impercettibili, si esaurirono definitivamente. 

Uno scoramento profondo ci rese, per parecchie ore, inabili ad eseguire qualsiasi voglia operazione tecnico - pratica. Clif era il settimo astronauta deceduto della nostra sciagurata spedizione umana sul Pianeta rosso. Lasciammo Clif esanime e in balia della tormenta di polvere sul suolo polveroso di Marte per circa tre giorni. 

Noi, fortunatamente, dopo circa mezz'ora eravamo riusciti a trovare rifugio all'interno del modulo abitativo gonfiabile che avevamo fatto "esplodere" una volta che era stato calato all'interno del cunicolo lavico. Il terzo giorno ci facemmo coraggio per recuperare i resti mortali del nostro giovane amico, così da dargli una degna sepoltura all'interno della stessa fossa comune in cui avevamo già riposto gli altri sei cadaveri. 

Sul tumulo di terra della fossa comune da noi realizzata posammo delle pietre, a formare una colonna, una stele, che ricordava quella della cultura dei popoli primitivi allorquando essi allestivano, sul tumulo di terra che ricopriva i sepolcri, una stele funeraria a perenne ricordo del lutto che li colpì; poi, ciascuno di noi raccolse dall'interno della navetta spaziale un oggetto appartenuto in vita ai nostri giovani amici deceduti che conficcammo sulla sabbia marziana, così violentemente che lì sarebbero rimasti per centinaia di anni, a futura memoria che lì giacevano le spoglie mortali di sette eroi terrestri che avevano sfidato le avversità dello spazio profondo per giungere su questa landa desolata e inospitale alla vita, ove poter sopravvivere all'estinzione della nostra specie. Della nostra spedizione umana su Marte eravamo rimasti solo in tre sopravvissuti: io, Johannés, Red. 

A quel punto, questi fortunati sopravvissuti avevano spazio a sufficienza per vivere nel modulo abitativo e generi alimentari da condividere per gli anni a venire, oltre che le colture che essi avrebbero potuto ricavare dalla serra che da lì a poco allestirono. Dopo il saluto di commiato ai nostri sette eroi caduti, ci ritirammo all'interno del modulo abitativo e, in particolare, all'interno del dormitorio affinché potessimo recuperare le forze e l'energia psicofisica di cui ciascuno di noi aveva di bisogno per vivere su Marte. Erano trascorsi quasi due settimane dal nostro ammartaggio e le condizioni climatiche non erano tra le migliori che avremmo potuto trovare su quel pianeta. 

La tempesta di sabbia che causò la morte di Clif era di dimensioni globali, che capitava circa ogni tre anni marziani, ovvero cinque anni e mezzo terrestri. Una tempesta di minuscole particelle di polvere inghiottì gran parte di Marte. La foschia bloccava la luce del Sole, privandoci della sua energia vitale, motivo per cui fummo costretti ad attivare e poi interrare l'RTG, così da avere l'energia sufficiente che ci avrebbe consentito di continuare a vivere. 

Le tempeste di sabbia sono infatti molto frequenti su Marte, in particolar modo durante i mesi primaverili ed estivi nell'emisfero meridionale; di solito durano un paio di giorni e interessano porzioni delle dimensioni degli Stati Uniti. Le tempeste globali invece sono eventi più rari, imprevedibili e a volte possono durare anche mesi interi. La tempesta di sabbia che ci colpì durò tre mesi, non consentendoci di fare degli EVA (Extra-vehicular activity) e costringendoci a rimanere all'interno dell'unità abitativa ove, tormentati dal nostro dolore per aver perduto tanti giovani amici, riuscimmo a recuperare le forze per affrontare il "gigante" chiamato Marte.

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