Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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giovedì 14 febbraio 2008

Chiesa di S. Giovanni degli Eremiti (Chiese di Palermo)

Nei pressi del Palazzo dei Normanni, che è diventato oggi la sede del Parlamento Siciliano, è collocata la chiesa di San Giovanni degli Eremiti che con le sue caratteristiche cupole rosse è diventata uno dei simboli della città. Giulio Carlo Argan scrive: “I Normanni che instaurarono la loro dinastia in Sicilia nel 1072, distruggono i monumenti, non la tradizione dell’architettura bizantina e araba. San Giovanni degli Eremiti a Palermo (1132) è araba nel nitido rapporto tra i corpi cubici e le cupole emisferiche”. Certamente più che a quella di una chiesa cristiana questa chiesa rimanda alla concezione spaziale delle moschee islamiche e tale richiamo all’Oriente viene ancor più enfatizzato dalle cupole di colore rosso acceso. La chiesa, le cui origini risalgono al VI secolo, subì la trasformazione in moschea prima di essere ricondotta all’antico culto da Ruggero II che, intorno al 1136, affidò la costruzione ai discepoli di San Guglielmo da Vercelli. Pesantemente manomessa nel corso dei secoli è stata ripristinata intorno al 1880, dall’architetto Giuseppe Patricolo. La chiesa, a tutti nota per le sue caratteristiche cupole di colore rosso, appoggiata con un fianco ad un corpo quadrato anteriore (forse una moschea) e realizzata a croce divisa in campate quadrate su ciascuna delle quali poggia una semisfera. Il presbiterio, terminante in nicchia, è sormontato da una cupola, come quella dei due corpi quadrangolari che la fiancheggiano e di cui quello di sinistra si eleva a campanile. Il chiostro, abbellito da un lussureggiante giardino, è la parte meglio conservata del convento antico; spiccano per bellezza e leggerezza le colonnine binate con capitelli a foglie d’acanto che reggono archi ogivali a doppia ghiera. Vi si trova inoltre una cisterna araba. F. Elliot – in Diary of an Idle Woman in Sicily (1881) – descrive San Giovanni degli Eremiti come “una chiesa normanna vicino al palazzo reale e alla Porta di Castro… riparata in un incavo, è del tutto orientale, e con le sue cinque cupole starebbe benissimo a Baghdad o a Damasco. Accanto, il campanile gotico a quattro ordini di logge è sormontato da un’altra cupola, singolare adattamento di costruzione araba ad un costume cristiano. La pianta della chiesa è a croce latina con tre absidi, la navata è divisa in tre campate ognuna delle quali è sormontata da una cupola con pennacchi, necessari perché la torre su cui poggiano è quadrata, le pareti sono in pietra intagliata come spesso se ne vedono nei monumenti arabi senza decorazione alcuna e l’insieme è illuminato da finestre ad arco acuto”. Oggi l’edificio presenta, invece, una nuda cortina muraria fatta con conci di tufo squadrati; l’interno ha tre absidi semicircolari ed è suddiviso in cinque campate quadrate coperte da cupolette che si raccordano alle pareti tramite nicchie.

La Zisa(Monumenti arabo-normanni di Palermo)

Novecento anni fa, quando Palermo era la capitale più raffinata del Mediterraneo, i re normanni costruirono su mandato papale le grandi cattedrali cristiane. Ma per i propri piaceri copiarono l’arte dei mussulmani sconfitti. Sorse così el Aziz, la Splendida, che oggi torna con le sue vie d'acqua e d’ombra, i profumi delle erbe, i fantasmi dei suoi harem.

Gli emiri che venivano dall'altra parte del mare lo chiamavano gennat alard, il Paradiso della Terra. E lo trovarono anche a Palermo. Ma gli abitanti di quella città, magnifica come lo era solo Bagdad per i suoi giardini e Cordova per le sue moschee, dieci secoli dopo seppellirono quel paradiso sotto i loro rifiuti. Dove c'erano fontane e palme da datteri e melograni ci portarono sozzure, veleni, carcasse di animali e di automobili. Dove crescevano le piante degli odori ci costruirono case deformi e giganteschi palazzi, rovesciarono cemento sugli agri più fertili della Conca d'Oro, nascosero castelli, coprirono tesori. I parchi di Palermo diventarono i suoi orrori urbani. E anche la Zisa, in arabo la Splendida, fu sotterrata con la sua memoria. Dimenticata, lasciata nelle mani dei nuovi califfi mafiosi, abbandonata nel suo sfacelo.


Ci sono voluti gli ultimi vent'anni e tanta fatica per seguire una traccia che forse, prima o poi, ci farà ritrovare la strada che conduce ancora al Paradiso della Terra. Vi hanno piantato aranci amari e cedri, bacche, arbusti, la lavanda, i carrubi, il gelsomino e la menta, le rose e i pistacchi. Vi hanno scavato tra le sterpaglie e i cumuli di fango una vasca lunga centotrentacinque metri e larga quattro, una «via dell'acqua» con luci e spruzzi. Vi hanno disegnato aiuole, poggiato marmi e restaurato pozzi, mosaici, colonne. In una delle borgate più devastate e putrefatte stanno facendo rinascere un frammento di quell'eden che dopo gli arabi fu dimora dei normanni, grande riserva reale di caccia che si estendeva da Altofonte fino quasi al mare, territorio che elevò Palermo a capitale. Una delle più grandiose del Mediterraneo.


Erano centomila e qualcuno dice anche duecentocinquantamila quelli che vivevano sotto il Montepellegrino quando gli arabi persero il dominio dell’isola e, dopo due secoli e mezzo, arrivò un manipolo di audaci. Erano condottieri «fedeli di Dio e cavalieri di Cristo» con a capo i fratelli Roberto e Ruggero d'Altavilla, dovevano sottomettere i greci, cacciare i saraceni e riportare la Sicilia «in grembo alla cristianità».


L'avventura però fu anche un'altra. E i signori normanni dal 1071 e per più di cento anni vissero a Palermo come «i più orientali» dei sovrani. Fu allora che il gennat alard divenne il Genoardo. Fu allora che il mecenatismo illuminato dei cavalieri di lontane origini scandinave assecondò la fusione di culture, di popoli, di tendenze. Una Palermo multietnica dove cupole islamiche svettavano sulle basiliche latine, dove artigiani magrebini e bizantini decoravano chiese cristiane, dove per le vie si incontravano mercanti e geografi e matematici di ogni razza e ogni provenienza. Longobardi, ebrei, slavi, berberi, persiani, tartari. E, come annotava uno dei tanti poeti a quel tempo partiti dall'altra sponda del Mediterraneo, «le donne di questa città all'aspetto sembrano musulmane, parlano arabo correttamente, si ammantano e si velano come quelle».


Fu proprio in quegli anni che dalle maestranze di Sousse e di Kairouan i normanni si fecero progettare e realizzare quelle che il viaggiatore arabo andaluso Ibn Giubair descriveva come «le perle di un monile», la piccola Cuba, la Cuba Sopraha, il palazzo dell'Uscibene. E soprattutto el Aziz, la Zisa. Palazzi che uno dopo l'altro ricadevano nel Paradiso della Terra, luogo di delizie, culla di ozi e sollazzi di corte. Su mandato papale i normanni edificarono le grandi cattedrali cristiane — a Palermo, a Monreale, a Cefalù — ma nel privato scelsero di trascorrere la loro esistenza come i vinti, quei sultani che passavano le giornate a sentire il cinguettio degli uccelli e i profumi delle erbe nei giardini ispirati al disegno islamico, che godevano di quelle grandi sale per il riposo e per le feste, per gli incontri con le concubine.


«La Zisa era il palazzo dei piaceri, costruita da un re cristiano ma araba nella sua concezione: è stato un riconoscimento dei trionfatori agli sconfitti», spiega Salvo Lo Nardo, uno degli architetti — gli altri sono Pippo Caronia e Luigi Trupia — che hanno fatto rivivere a Palermo questo ritaglio di Genoardo. L'idea la ebbero nel 1986 e trovarono in quella inquieta stagione politica siciliana un'entusiastica sponsorizzazione trasversale, il sindaco democristiano ribelle Leoluca Orlando e l'assessore socialista Turi Lombardo. Progetto approvato nel 1990 e finanziato dal Comune nel 1996, nel 1997 iniziarono i lavori ma poi la ditta fallì e il cantiere rimase chiuso per anni. Ha riaperto l'anno scorso. Nell'estate del 2005 i giardini della Zisa sono stati finalmente offerti alla città che li aveva occultati.


Tre ettari di verde, sessanta varietà di piante sapientemente sparse in otto campi, poco più di cinque milioni di euro il costo dell'opera. «Noi palermitani siamo lenti nel fare le cose ma poi, alla fine, riusciamo a sentirle profondamente nostre», dice la Sovrintendente ai beni culturali di Palermo Adele Mormino quando ci mostra in un bellissimo tramonto il «luogo delle delizie».


Eccoli i giardini della Zisa con i suoi tre percorsi, la «via dell'acqua», la «via del verde» e la «via dell'ombra», un reticolato metallico che sarà coperto da bouganville e da glicine e da gelsomini. In mezzo la lunga vasca con le ceramiche lavorate dai mastri di Santo Stefano di Camastra, gli zampilli, il marmo bianco delle cave di Alcamo e di Castellammare, un proseguimento ideale del tracciato d'acqua della sala della fontana, quella che si apre oltre le porte del palazzo della Zisa. E fuori dalle sue mura c'è ancora la «senia», una piattaforma di pietra circolare con al centro un pozzo e una macchina dentata. Una volta un asinello legato e bendato vi girava all'infinito intorno, con il suo andare le pale tiravano su dal pozzo l'acqua che finiva poi in una cisterna e scivolava nei canali che irrigavano il giardino. Ci vorrà del tempo e tanta pazienza per vederlo rigoglioso come mille anni fa questo parco circondato ancora dalle mostruosità della Palermo più «ruggente», sfregi lasciati nel quartiere della Zisa dai Moncada, dai Corvaia, dai Carini, palazzoni tutti uguali, edilizia di rapina, licenze regalate “dall'Anonima Impresa Ciancimino" agli amici, ai prestanome, a pensionati nullatenenti. Una Palermo infetta che guarda ancora oggi quella che era la Palermo più regale e superba. È in fondo, imponente e maestoso, che si staglia il palazzo che i palermitani chiamano castello ma castello non è mai stato. Un parallelepipedo di tufo, alto più di 25 metri e largo più di 35 con un'iscrizione in versi sull'arcata di accesso alla sala della fontana: «Quantunque volte vorrai, tu vedrai il più bel possesso del più splendido tra i reami del mondo: dei mari e la montagna che li domina le cui cime sono tinte di narciso e vedrai il gran re del secolo in bel soggiorno ché a lui conviensi la magnificenza e la letizia. Questo è il paradiso terrestre che si apre agli sguardi. Questi è il Musta’izz e questo palazzo l'Aziz».


Il Musta’izz, «bramoso di gloria», era re Guglielmo II. L'Aziz fu iniziato nel 1165 da Guglielmo I il Malo. E ultimato nel 1167 da Guglielmo II il Buono, che al trono salì appena adolescente, quando aveva solo tredici anni. Così lo storico Michele Amari ricorda la nascita della Zisa nella sua ricostruzione dell'epoca musulmana in Sicilia: «Guglielmo, rivaleggiando col padre ne' passatempi soli, ei si messe a fabbricare tal palagio che fosse più splendido e sontuoso di que’ lasciatigli da Ruggiero. Fu murato in brevissimo tempo, con grande spesa, il nuovo palagio e postogli il nome di El Aziz che in bocche italiane diventò la Zisa e così diciamo fin oggi». Un gioiello di architettura araba e di monumentalità normanna. La perfetta sintesi della mescolanza tra dominatori e dominati, la Zisa come simbolo di una Sicilia felicissima. Scrive Giuseppe Bellafiore, professore ordinario di storia dell' arte e autore di un testo sulla Zisa dato alle stampe una decina di anni fa dall'editore palermitano Flaccovio: «A volere meglio specificare le caratteristiche funzionali del palazzo, c'è da dire innanzitutto che esso era una dimora destinata prevalentemente al soggiorno estivo. Non si trattava tuttavia di un precario soggiorno diurno … Era questo rivolto ed aperto a nord-ovest verso il mare, cioè verso la zona panoramica più attraente e più fresca della pianura palermitana». Aggiunge ancora Bellafiore: «Da quella parte, giungevano le brezze più temperate e specialmente quelle notturne, che potevano essere accolte entro lo stesso palazzo attraverso l'ampio varco dei tre fornici di facciata e della grande finestra belvedere del piano alto». Spazi, finestre, atri, un mirabile sistema di ventilazione per assorbire ed espellere l'aria calda. Per affrontare le giornate di scirocco. Per trovare riparo alle lunghe estati palermitane. E concedersi sollievi più intimi. «Era proprio lì dentro che i nuovi conquistatori si dedicavano alle gioie dell'anima e soprattutto a quelle del corpo», racconta Matteo Scognamiglio, direttore del servizio beni architettonici della Sovrintendenza, che spiega come da alcuni mesi stanno completando il recupero della sala della fontana. Era al primo piano l'harem della Zisa, nelle sale che si inseguono nelle due ali del palazzo. Aspettavano là le donne dei sovrani, distese sui loro soffici diwan e nella penombra delle nicchie. Un'atmosfera fiabesca, da Mille e una notte. Alla Zisa ma anche alla Cuba e in tutti gli altri «sollazzi» dei giardini delizia musulmani, quelli che si richiamavano al paradiso coranico. Era il Genoardo voluto dai normanni. E non fu certamente un caso che proprio lì, alla Cuba, tra le acque e gli alberi che circondavano un altro parallelepipedo — di dimensioni appena più piccole della Zisa — Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron. La sesta della quinta giornata. È la vicenda d'amore tra Gian di Procida e Restituta, una ragazzina bellissima di Ischia rapita da «giovani ciciliani» per offrirla in dono a Federico II d'Aragona. Il re comandò «che ella fosse messa in certe case bellissime di un suo giardino, il quale chiamavan Cuba, e quivi servita, e così fu fatto». Lieto il finale della storia. I due amanti si ritrovarono dopo il rapimento ma una notte vennero scoperti mentre dormivano abbracciati, il re li fece trascinare nudi sul rogo. In loro favore intercedette però Ruggieri de Loria, che ricordò al sovrano cosa fecero i Procidani nella guerra del Vespro. E fu così che «Gian di Procida campa e divien marito di lei». Quando Giovanni Boccaccio scrisse il Decameron, era già cominciato il declino del parco reale e anche di quella Palermo che per il geografo arabo Al-Idrisi era allora «la più grande e la più bella metropoli del mondo». Un decadimento che subì anno dopo anno pure la Zisa. Nel Trecento fu realizzata una merlatura che soffocò una scritta in arabo alla sommità dell'edificio, poi il «sollazzo» fu trasformato in una fortificazione. Narra Nicolo Speciale, cronista del quindicesimo secolo, di quel che accadeva anche nel passato più lontano nella Conca d'Oro: «Tutto ciò che c'era di verde veniva distrutto e nessuno aveva pietà». Gli aragonesi e i vicerè spagnoli assegnarono la Zisa di volta in volta a nobili famiglie. Nel Cinquecento diventò un baglio, nel Seicento l'acquistò per poche once Don Giovanni di Sandoval, nel 1808 la Zisa passò ai Notarbartolo principi di Sciara. La tennero loro fino al 1951, quando fu espropriata dalla Regione. Cominciarono allora i primi lavori di restauro. Ma alla vecchia maniera siciliana. Interventi saltuari e approssimativi. Tra il 1956 e il 1957 furono perfino buttati giù alcuni muri, i solai e anche i pavimenti che avevano abilmente sistemato quelle maestranze arabe venute da Sousse e da Kairouan per desiderio dei nuovi signori. Nell'ottobre del 1971 il più bel palazzo del Paradiso della Terra cedette per l'incuria: il primo piano precipitò. E cominciarono anche i saccheggi della Zisa la Splendida, luogo per le scorrerie di vandali e rifugio di tossici. Il vero restauro statico e architettonico ebbe inizio l'anno dopo il crollo, nel 1972. Ma dentro e intorno a quel poco che restava del mitico Genoardo ormai era arrivato il palermitano più predatore e impunito. Aprirono una fossa per una discarica abusiva. E poi comparve un'officina. E poi ancora uno sfasciacarrozze. Ci trasferirono lì, proprio lì nel Paradiso della Terra, anche un deposito dell'Amnu, l'azienda municipalizzata dei rifiuti. E davanti e dietro al palazzo dei piaceri intanto il nuovo potere aveva lasciato già le sue impronte, i cantieri e il calcestruzzo degli ultimi re di Palermo, i boss.
 

Tratto da: La Zisa e il Paradiso Perduto di Attilio BOLZONIAttilio BOLZONI, La Domenica di Repubblica, 14 agosto 2005.

Le trasformazioni nei secoli

 
La Zisa delle origini subì nei secoli numerose trasformazioni. Nel Trecento, tra le altre modifiche apportate, fu realizzata una merlatura, distruggendo parte dell'iscrizione in lingua araba (a caratteri cufici) che faceva da coronamento all'edificio. Radicali furono le trasformazioni seicentesche intervenute quando il palazzo, in pessime condizioni, venne rilevato da Don Giovanni di Sandoval, a cui risale lo stemma marmoreo con i due leoni, oggi posto sopra il fornice di ingresso. Per le mutate esigenze residenziali dei nuovi propri etari furono modificati alcuni ambienti interni, soprattutto all'ultima elevazione, furono realizzati nuovi vani sul tetto a terrazza, fu costruito un grande scalone e vennero modificate le finestre sui prospetti esterni. Nel 1808, con la morte dell'ultimo Sandoval, la Zisa passò ai Notarbartolo, principi di Sciara, che la utilizzarono per usi residenziali fino agli anni '50, quando la Regione Siciliana la espropriò. Il restauro della fine degli anni '70 ed '80 ha restituito la Zisa alla pubblica fruizione. Nella parte dell'ala Nord crollata nel 1971 si è proceduto alla ricostruzione delle volumetrie originarie, adoperando, per una piena riconoscibilità dell'intervento, cemento e mattoni in cotto, materiali differenti dalla originaria pietra arenaria.

L'esposizione

 
Nelle sale sono esposti alcuni significativi manufatti di matrice artistica islamica provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo. Tra questi sono di particolare rilevanza le eleganti musciarabia (dall'arabo masrabiyya), paraventi lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati fra di loro a formare, come merletti, disegni e motivi ornamentali raffinati e leggeri) e gli utensili di uso comune o talvolta di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in ottone con decorazioni incise e spesso impreziosite da agemine (fili e lamine sottili) in oro e argento. 

RUGBY: SEI NAZIONI, MALLETT CONVOCA BUSO E NITOGLIA PER IL GALLES

Roma, 14 feb. - (Adnkronos) - L'ala del Montepaschi Viadana Kaine Robertson e l'estremo del Montpellier David Bortolussi non saranno a disposizione della Squadra Nazionale per il test-match di sabato 23 febbraio al Millennium Stadium di Cardiff contro il Galles, terza giornata dell'RBS 6 Nazioni 2008. Gli esami strumentali a cui gli atleti sono stati sottoposti hanno evidenziato per Kaine Robertson una lesione muscolare di primo grado al terzo distale del bicipite femorale destro, giudicata guaribile in un periodo compreso tra le due e le tre settimane, mentre per David Bortolussi la diagnosi provvisoria e' di sospetta infrazione della spina della scapola destra. Per conoscere i tempi di recupero dell'estremo azzurro e del Montpellier sara' necessario attendere ulteriori accertamenti. Nick Mallett, Commissario Tecnico della Nazionale Italiana Rugby, ha convocato in loro sostituzione l'esordiente estremo e mediano d'apertura Paolo Buso e l'ala Ludovico Nitoglia (17 caps), entrambi in forza al Cammi Calvisano in campo sabato a Ragusa con l'Italia ''A'' nella partita persa 15-38 contro gli England Saxons.

CICLISMO: DEDICATA A CAMILLERI E MONTANTE LA SECONDA TAPPA GIRO D'ITALIA


Palermo, 13 feb. - (Adnkronos) - La Cefalu'-Agrigento, seconda tappa del Giro d'Italia, in programma domenica 11 maggio, sara' dedicata a due siciliani di spicco, e Calogero Montante, nonno del vicepresidente vicario di Confindustria Sicilia, Antonello, e lo scrittore Andrea Camilleri, il 'padre' del commissario Montalbano. Era il 1926 quando Calogero Montante, spinto da un viscerale amore per il ciclismo, costruiva a Serradifalco, a pochi chilometri da Caltanissetta, la sua prima bicicletta da corsa, naturalmente su misura. Da li' a poco Montante dara' vita alla prima squadra di ciclismo agonistico di tutto il Sud Italia.Il giovane Andrea Camilleri, dal canto suo, proprio nel 1943 in sella a una bici Montante riusci' a percorrere, senza alcun intoppo, i 55 chilometri che separano Serradifalco, dov'era sfollato con la madre per sfuggire ai bombardamenti alleati, da Porto Empedocle.

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La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."

Cenni storici sul Comune di Palermo,Monreale, la Sicilia in genere.News su società e cultura. News dalle Province Siciliane. Storia di Palermo e della Sicilia dalla preistoria ai giorni nostri. Elementi di archeologia misteriosa,della teoria del paleocontatto.


La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.