Antiche cronache arabe narrano che tutto il nord della città era un'oasi di sogno dove si viveva alla raffinata maniera orientale. Testimonianza più fulgida dell'epoca è il Castello della Zisa, (da Aziz, in arabo:splendida) edificata nel 1154, sotto il regno di Guglielmo I, su modello arabo. E' una costruzione rettangolare ornata di arcate e di feritoie. L'interno, che evoca i fasti decorativi dei Palazzi Orientali, ha una sala a volta con stalattiti, preceduta da un atrio. Lungo le pareti corre un fregio in mosaico che rappresenta cacciatori e pavoni. Nelle cripte del Convento dei padri Cappuccini, del XVII secolo, si estende un cimitero noto come le Catacombe dei Cappuccini, che custodisce circa 8.000 salme, imbalsamate fino al 1881. I corpi, appartenenti all'alta borghesia palermitana e al clero, sono divisi per categorie sociali o professionali. In corso Calatafimi, all'ingresso della Caserma Tukory, si scopre un edificio rettangolare chiamato la Cuba, costruito nel 1180 da artisti arabi. Doveva il suo nome alla sua alta cupola ora crollata. La chiesa di S. Spirito, o dei Vespri, è l'armonioso risultato di una contaminazione fra gli stili arabo normanno e gotico. Essa prende il nome per ciò che vi successe il giorno di Pasqua nel 1282, mentre si cantava il Vespro, quando un soldato francese recò offesa all'onore di un giovane siciliana e la reazione dei presenti diede vita alla celeberrima rivolta contro il dominio angioino, conosciuta con il nome di rivolta dei Vespri Siciliani. Ad otto chilometri dalla città, Monreale è il principale centro turistico dei dintorni di Palermo, noto soprattutto per la sua Cattedrale e lo splendido Chiostro. L'interno della Cattedrale presenta la più vasta superficie coperta da mosaici nel mondo, dopo quella di Santa Sofia di Instanbul. Eseguiti tra il XII e il XIII secolo culminano nel Cristo Pantocratore, che occupa tutta la conca dell'abside centrale e rappresenta il punto di convergenza del poema teologico. Il Chiostro benedettino annesso è un quadrato di 47 metri di lato, porticato con una teoria continua di arcate a sesto acuto sostenute da 228 colonnine abbinate e decorate da intarsi moreschi tutti differenti. Diversi l'uno dall'altro sono anche i capitelli, ornati mirabilmente con motivi antropomorfici, fitomorfici e con altri elementi di fantasia tradizionali dell'immaginario medievale. Il corso si trova tra porta Nuova e la strada provinciale. Fa parte del quartiere Palazzo Reale - Monte di Pietà, Mezzomonreale-Villatasca. Il largo si trova nel corso Calatafimi. Chiamato originariamente lo "stradone" di Mezzo Monreale", prese il nome di corso Calatafimi dopo l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia, in onore di Garibaldi, vincitore della battaglia di Calatafimi,che, dopo aver sconfitto le truppe borboniche a Pioppo, venne a Palermo proprio attraverso questa strada. Sulla data di costruzione, il prof. La Duca, nella Città perduta, espone i dubbi tuttora esistenti: infatti Gaspare Palermo, nella sua Guida, annota che ne fu autore il vicerè Marcantonio Colonna, nel 1580, mentre il Villabianca, in Palermo d'oggigiorno, cita come anno di inizio il 1583 e come anno di completamento il 1595. La Duca ritiene che fu Marcantonio Colonna ad avere l'idea di costruire questa strada contemporaneamente al prolungamento del Cassaro sino al mare , e che essa venne realizzata in seguito. Fatto sta che, alla fine del XVI secolo, esisteva già una "via diritta che conduceva dalle falde del Monte Caputo sino al mare, attraversando la città. La strada , larga e ombreggiata dagli alberi fatti piantare dal pretore Aleramo del Carretto per proteggere dal sole i monrealesi che andavano e venivano da Palermo, giungeva sino alla scala di Monreale. Doveva essere bella e grande se i palermitani la chiamavano "lo stradone" e vi si recavano a passeggiare. E se la memoria popolare - che è memoria storica - ne ha conservato per secoli il ricordo, come testimonia un "cantu di carretteri", certamente tramandato da padre in figlio, che dice: "Che bedda chista via di Monriali. / Ci su li chiuppi filari fileri / e 'intra lu mezzu li quattru funtani/ pi l'arrifriscu di li passeggeri. "Li quattru funtani" a cui la nenia popolare si riferisce - e che erano in realtà cinque - furono costruite nel 1630, quando il vicerè Francesco Fernandez, duca di Albuquerque, completò la costruzione della strada e, per il ristoro dei passeggeri, la fece ornare di artistiche fontane di pietra di Billiemi su disegno dell'architetto Mariano Smiriglio. Di esse una sola è sopravvissuta: la seconda, detta "fontana dei Dragoni", che si trova accanto all'Educandato "Maria Adelaide", di fronte all'Albergo delle Povere (e perciò fu detta anche "dell'Albergo"). E' posta al centro di una esedra, chiusa da una provvidenza cancellata in ferro battuto , aggiunta in epoca posteriore. Al di là di questa, circondata da un sedile semicircolare in pietra,l'imponente vasca di forma ovale, adorna ai due lati di due massicci dragoni dalle ali spiegate, che sembrano volersi affrontare. Delle altre si ha solo qualche notizia dalla descrizioni degli storici e da qualche antico disegno. La prima era situata nel piano di Santa Teresa (oggi piazza Indipendenza): aveva nel mezzo una colonna, sostenuta da quattro leoni dalla cui bocca fuoriusciva l'acqua, e terminava con una torre, dalla cima della quale uscivano quattro getti d'acqua. La terza sorgeva accanto al convento della Vittoria (oggi Caserma "Tukory"). Circondata da un anfiteatro, ornata di marmi bianchi e pietre grigie, era strutturata a forma di scalinata,lungo la quale scendeva l'acqua che andava a raccogliersi dentro una conca. La quarta era all'inizio della strada dei Cappuccini (oggi via Pindemonte) contornata da sedili, circondata da pioppi, cipressi e altri alberi ombrosi, offriva frescura e riposo a quanti vi si spingevano nelle loro passeggiate. La quinta, detta "fonte della Scaffa", era quasi al termine della strada.
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venerdì 25 gennaio 2008
Da Corso Calatafimi a Monreale.
Antiche cronache arabe narrano che tutto il nord della città era un'oasi di sogno dove si viveva alla raffinata maniera orientale. Testimonianza più fulgida dell'epoca è il Castello della Zisa, (da Aziz, in arabo:splendida) edificata nel 1154, sotto il regno di Guglielmo I, su modello arabo. E' una costruzione rettangolare ornata di arcate e di feritoie. L'interno, che evoca i fasti decorativi dei Palazzi Orientali, ha una sala a volta con stalattiti, preceduta da un atrio. Lungo le pareti corre un fregio in mosaico che rappresenta cacciatori e pavoni. Nelle cripte del Convento dei padri Cappuccini, del XVII secolo, si estende un cimitero noto come le Catacombe dei Cappuccini, che custodisce circa 8.000 salme, imbalsamate fino al 1881. I corpi, appartenenti all'alta borghesia palermitana e al clero, sono divisi per categorie sociali o professionali. In corso Calatafimi, all'ingresso della Caserma Tukory, si scopre un edificio rettangolare chiamato la Cuba, costruito nel 1180 da artisti arabi. Doveva il suo nome alla sua alta cupola ora crollata. La chiesa di S. Spirito, o dei Vespri, è l'armonioso risultato di una contaminazione fra gli stili arabo normanno e gotico. Essa prende il nome per ciò che vi successe il giorno di Pasqua nel 1282, mentre si cantava il Vespro, quando un soldato francese recò offesa all'onore di un giovane siciliana e la reazione dei presenti diede vita alla celeberrima rivolta contro il dominio angioino, conosciuta con il nome di rivolta dei Vespri Siciliani. Ad otto chilometri dalla città, Monreale è il principale centro turistico dei dintorni di Palermo, noto soprattutto per la sua Cattedrale e lo splendido Chiostro. L'interno della Cattedrale presenta la più vasta superficie coperta da mosaici nel mondo, dopo quella di Santa Sofia di Instanbul. Eseguiti tra il XII e il XIII secolo culminano nel Cristo Pantocratore, che occupa tutta la conca dell'abside centrale e rappresenta il punto di convergenza del poema teologico. Il Chiostro benedettino annesso è un quadrato di 47 metri di lato, porticato con una teoria continua di arcate a sesto acuto sostenute da 228 colonnine abbinate e decorate da intarsi moreschi tutti differenti. Diversi l'uno dall'altro sono anche i capitelli, ornati mirabilmente con motivi antropomorfici, fitomorfici e con altri elementi di fantasia tradizionali dell'immaginario medievale. Il corso si trova tra porta Nuova e la strada provinciale. Fa parte del quartiere Palazzo Reale - Monte di Pietà, Mezzomonreale-Villatasca. Il largo si trova nel corso Calatafimi. Chiamato originariamente lo "stradone" di Mezzo Monreale", prese il nome di corso Calatafimi dopo l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia, in onore di Garibaldi, vincitore della battaglia di Calatafimi,che, dopo aver sconfitto le truppe borboniche a Pioppo, venne a Palermo proprio attraverso questa strada. Sulla data di costruzione, il prof. La Duca, nella Città perduta, espone i dubbi tuttora esistenti: infatti Gaspare Palermo, nella sua Guida, annota che ne fu autore il vicerè Marcantonio Colonna, nel 1580, mentre il Villabianca, in Palermo d'oggigiorno, cita come anno di inizio il 1583 e come anno di completamento il 1595. La Duca ritiene che fu Marcantonio Colonna ad avere l'idea di costruire questa strada contemporaneamente al prolungamento del Cassaro sino al mare , e che essa venne realizzata in seguito. Fatto sta che, alla fine del XVI secolo, esisteva già una "via diritta che conduceva dalle falde del Monte Caputo sino al mare, attraversando la città. La strada , larga e ombreggiata dagli alberi fatti piantare dal pretore Aleramo del Carretto per proteggere dal sole i monrealesi che andavano e venivano da Palermo, giungeva sino alla scala di Monreale. Doveva essere bella e grande se i palermitani la chiamavano "lo stradone" e vi si recavano a passeggiare. E se la memoria popolare - che è memoria storica - ne ha conservato per secoli il ricordo, come testimonia un "cantu di carretteri", certamente tramandato da padre in figlio, che dice: "Che bedda chista via di Monriali. / Ci su li chiuppi filari fileri / e 'intra lu mezzu li quattru funtani/ pi l'arrifriscu di li passeggeri. "Li quattru funtani" a cui la nenia popolare si riferisce - e che erano in realtà cinque - furono costruite nel 1630, quando il vicerè Francesco Fernandez, duca di Albuquerque, completò la costruzione della strada e, per il ristoro dei passeggeri, la fece ornare di artistiche fontane di pietra di Billiemi su disegno dell'architetto Mariano Smiriglio. Di esse una sola è sopravvissuta: la seconda, detta "fontana dei Dragoni", che si trova accanto all'Educandato "Maria Adelaide", di fronte all'Albergo delle Povere (e perciò fu detta anche "dell'Albergo"). E' posta al centro di una esedra, chiusa da una provvidenza cancellata in ferro battuto , aggiunta in epoca posteriore. Al di là di questa, circondata da un sedile semicircolare in pietra,l'imponente vasca di forma ovale, adorna ai due lati di due massicci dragoni dalle ali spiegate, che sembrano volersi affrontare. Delle altre si ha solo qualche notizia dalla descrizioni degli storici e da qualche antico disegno. La prima era situata nel piano di Santa Teresa (oggi piazza Indipendenza): aveva nel mezzo una colonna, sostenuta da quattro leoni dalla cui bocca fuoriusciva l'acqua, e terminava con una torre, dalla cima della quale uscivano quattro getti d'acqua. La terza sorgeva accanto al convento della Vittoria (oggi Caserma "Tukory"). Circondata da un anfiteatro, ornata di marmi bianchi e pietre grigie, era strutturata a forma di scalinata,lungo la quale scendeva l'acqua che andava a raccogliersi dentro una conca. La quarta era all'inizio della strada dei Cappuccini (oggi via Pindemonte) contornata da sedili, circondata da pioppi, cipressi e altri alberi ombrosi, offriva frescura e riposo a quanti vi si spingevano nelle loro passeggiate. La quinta, detta "fonte della Scaffa", era quasi al termine della strada.
L’opera dei Pupi è la forma più visitata del Teatro di Figura.
Teatro di marionette popolari siciliane che rappresenta le gesta eroiche dei paladini di Francia e in genere dei personaggi del mondo cavalleresco comuni al repertorio dei cantastorie. Le marionette sono alte sino a un metro e più, indossano vivacissimi costumi e rutilanti armature e vengono mosse non solo con i fili, ma, nei duelli a colpi di spada, con un'asta di ferro. I p., forse di origine spagnola, arrivarono nell'isola da Napoli verso la metà del sec. XIX, raggiungendo enorme popolarità prima a Catania e a Palermo, poi anche nelle città e nei villaggi della provincia. I copioni erano tratti da pubblicazioni popolaresche e fornivano al “parlatore” soltanto un canovaccio, da riempire con battute e dialoghi in versi improvvisati. Le rappresentazioni avvenivano a cicli e potevano durare anche cinque o sei mesi. Il ciclo carolingio con Orlando, Rinaldo, Carlo Magno e Ruggiero era il tema principale, ma i p. presentavano anche altre storie, quelle p. es. di Garibaldi o di Petrosino e, per Natale, vicende imperniate sul Bambino Gesù. Le più famose dinastie di pupari furono quelle dei Grasso a Catania e dei Greco a Palermo. Il genere sopravvive in appositi teatrini sia nei centri urbani sia in periferia.
» Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè di Palermo
» Piccolo Teatro dei Pupi e delle Figure di Siracusa
» La Bottega del Puparo, via della Giudecca, 19 - Siracusa (si dedica anche al restauro ed alla realizzazione di pupi, marionette, burattini, pupazzi, tamburelli, portachiavi e maschere della tradizione siciliana - telefono 0931 465540)
Monreale.
Se Palermo è, nel panorama artistico della provincia (e dell'intera Sicilia), il centro urbano eminente, altri luoghi, altri centri abitati nello stesso territorio provinciale propongono - nella diversità delle testimonianze custodite -depositi d'arte d'alto spessore, che ne fanno preziosi archivi di immagini estetiche. Per esse il vivace mondo espressivo dei centri minori offre la rappresentazione della comune civiltà artistica, squisito apparato di bellezze che partecipano alla composizione dell'articolato mosaico dell'Arte e della Storia. Movendo all'osservazione di un tale composito retablo di forme del passato, il visitatore sperimenterà allora nuove immagini del bello, raccoglierà altre interessanti espressioni figurative che ne soddisferanno umanisticamente l'impegno culturale. Scontato sarà iniziare la scorribanda alla conoscenza artistica della provincia palermitana da Monreale, la cittadina di origine normanna che , ormai conurbata con Palermo, dalle pendici del monte Caputo pittorescamente domina la Conca d'Oro e la stessa capitale. Qui capolavoro esclusivo, che vale da solo un viaggio in Sicilia, è il duomo normanno, struttura di compatto impianto romanico, fondato (1174-1176) dal re Guglielmo il Buono. La maestosa mole dell'edificio severamente prospetta nella marcata imponenza delle due torri angolari che serrano il settecentesco portico a tre arcate, al cui interno la splendida porta bronzea di Bonanno Pisano (1186) immette nel tempio; sul fianco destro è un'altra porta preziosamente scolpita da Barisano di Trani (1179); all'esterno, le absidi propongono una festosa decorazione policroma ad archi acuti intrecciati a tarsie di lava e calcare.Il miracolo è all'interno. Rifulge nella spaziosa aula basilicale l'aurea gloria dell'intenso addobbo musivo, che per una superficie di ben 6340 mq. riveste le pareti, svolgendo in una luminosa narrazione ricca di vividi cromatismi i cicli dell'Antico Testamento nella navata centrale, della vita di Cristo nelle navi minori, ed episodi seguiti all'Incarnazione del Verbo nelle pareti delle absidi, dominate nell'alto del cappellone dalla possente figura del Cristo Pantocratore. Sulla destra dell'edificio, lo squisito chiostro dell'antica abbazia benedettina, opera dalle fascinose evocazioni orientali, si offre con la ritmata sequenza delle sue cento arcate gotiche sorrette da 228 leggiadre colonnine binate, tutte di diverso ornato. Il chiostro fu costruito da artigiani borgognoni che erano di passaggio per andare in Terrasanta. Centoquattordici coppie di colonnine binate, con capitelli diversi l'uno dall'altro, raffiguranti storie sacre e profane o allegoriche per indurre alla meditazione. " O dives, dives non multo tempore vives". Sulla torre sinistra del Duomo di Monreale, proprio sopra il quadrante dell'orologio è scritto: "Tuam nescis". Proprio così: "Non conosci la tua ora". Questo senso dell'uomo, perituro figlio dello spazio-tempo, domina quella cultura che aveva elevattisimo il senso del trascendente. L'interno del Duomo è un fantastico miracolo di oreficeria. Non v'è centimetro di muro che non sia rivestito di mosaici su fondo d'oro. La visione del folgorante sole di Sicilia, che non si limita ad entrare dalle alte e lanceolate finestre delle pareti e dalle absidi che guardano ad Oriente, ma ritrova il suo mirabile riflesso dorato nel tempio, dove i mosaici che raccontano la storia del cristianesimo, dall'antico Testamento ai fatti principali della vita di Cristo, e quelli che attraverso la rappresentazione di angeli, profeti e patriarchi e santi magnificano i trionfi della Chiesa, sono un inno al trascendente. Dentro il tempio le tombe di Guglielmo I in porfido, e quella di Guglielmo II in marmo bianco, scolpito e dorato solo nell'ala sinistra. Ma l'occhio si abbaglia alla vista della gigantesca raffigurazione del Cristo Onnipotente, con la mano destra in atto di benedire e con un libro nella mano sinistra dove è scritto, in greco e in latino: " Io sono la luce del mondo: chi segue me non va per le tenebre". Questa grande figura che sembra abbracciare tutto il tempio, visbile da ogni parte, sembrare ovunque si sia, con dolci occhi a mandorla. Sotto, nella parte centrale dell'abside maggiore spicca la figura di Maria, seduta in un seggio, che tiene in ginocchio il bambino, in un abito azzurro e ai lati del suo capo una scritta in greco: " Tutta Immacolata ". Fra le cappelle va ricordata quella che conservò il corpo di San Luigi, prima che fosse portato in Francia, e quella di San Benedetto, di un fastoso Barocco. Le porte in bronzo sono di Barisano da Trani e di Bonanno da Pisa, il tetto del Duomo in forma di carena di nave è in legno scolpito e fregiato in oro. Il Duomo è architettonicamente tracciato a croce latina, proprio per una scelta culturale occidentale dell'ultimo dei re normanni, Guglielmo II detto il "Buono". Da visitare, oltre ai sarcofagi in porfido di Guglielmo I e II , la Cappella cinquecentesca di San Benedetto e la secentesca Cappella del Crocifisso attraverso la quale si accede al ricco tesoro del Duomo. Tel. 0916404413 - orario visite: 8.00-18.00 tutti i giorni. Da vedere anche i resti del Palazzo reale normanno, il Seminario dei Chierici, la chiesa del Monte decorata da stucchi del Serpotta, la chiesa del Collegio di Maria, e gli edifici civili sei-settecenteschi che arricchiscono il tessuto urbano.Lasciando Monreale, in direzione Pioppo (frazione del Comune di Monreale), si raggiunge l'area boschiva di Casaboli e si può visitare un'area faunistica che ospita cinghiali, daini e capre tibetane. Oltre ai monumenti più celebri è possibile visitare: la chiesa della Collegiata, il Belvedere, la Galleria d'arte moderna G. Sciortino - tel. 0916405443 da lun. a sab. 9.00 - 13.00/15.00-19.00 - dom. 9.00 - 13.00; il Santuario di Tagliavia. Da non perdere, a novembre: la "Settimana di musica Sacra", tra le più importanti rassegne dedicate a questo genere e a maggio la festa del Santissimo Crocifisso.Da vedere: la frazione di San Martino delle Scale che prende il nome dall'antico e prodigioso complesso Abbaziale Benedettino, fondato da Papa San Gregorio Magno nel VI sec., distrutto nell'830 dagli arabi venne riedificato nel 1347 dal benedettino Angelo Senisio e dedicato a San Martino, vescovo di Tours e rimaneggiato in età neoclassica da Venanzio Marvuglia. La chiesa ospita numerose opere d'arte tra le quali le tele di Pietro Novelli, Filippo Paladini, Zoppo di Gangi, Paolo de Matteis e marmi raffinati di altre età. Monumentale e spettacolare è l'immenso Coro ligneo ad intarsi opera cinquecentesca napoletana. Da vedere: la Cappella delle Reliquie custodite nell'abbazia, la monumentale Fontana dell'Oreto, ricchissima e sorprendente per preziosità e varietà, la dotazione di parametri sacri e anche un meraviglioso organo cinquecentesco restaurato e restituito al suo originario splendore.
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Il blogroll dei miei blog preferiti
La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."
La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.