ULTIME NEWS DAL BLOG Sicilia, la terra del sole.
venerdì 19 gennaio 2018
Niente diritti autonomi per residenti e lavoratori pendolari dai porti di Trapani e Porto Empedocle - Si lavora al miglioramento dell’offerta ricettiva.
lunedì 6 giugno 2016
“CAMMINANDO CON TULIME”: ALLA SCOPERTA DEL FIUME PLATANI.
Domenica 12 giugno 2016
2. almeno 1,5 litri di acqua
3. cappellino, occhiali da sole, crema solare
4. costume da bagno e scarpette da mare
Materiale/abbigliamento consigliato
1. bastoncini da trekking
2. binocolo
3. indumenti e scarpe di ricambio da tenere in auto
Info e costi
Costo escursione: € 10,00*
Per i soci di Tulime Onlus regolarmente tesserati per l’anno 2016 la prima escursione è gratuita, le successive escursioni avranno un costo di € 6,00. Il costo della tessera annuale a Tulime Onlus è di € 25,00. Bambini 0-10 anni gratuiti; 10-15 anni € 3,00*.
* Tutti i proventi di Camminando con Tulime sono donati all’associazione Tulime Onlus per lo svolgimento dei progetti di cooperazione in Tanzania e Nepal.
Il costo include la copertura assicurativa e la guida.
Pranzo a sacco a carico dei partecipanti.
L’adesione all’escursione dovrà essere confermata entro le ore 18.00 di sabato 11 giugno.
Contatti
Marina Ruisi - M. 328 4611576
Giuseppe Di Giorgio - M. 328 2816254
mercoledì 2 dicembre 2015
Trekking a Pizzo della Rondine.
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lunedì 23 febbraio 2015
Dal 29 marzo 2015 al 15 giugno 2015 a Recalmulto (AG), mostra antologica di Totò Bonanno.
Il castello Chiaramontano di Racalmuto (AG) |
mercoledì 26 novembre 2014
Codici sconto: le vacanze di Natale in Sicilia con advisato.
lunedì 27 ottobre 2014
Autunno, moto, cinema e itinerari nelle bellezze della Sicilia.
L’autunno è una stagione dolce per viaggiare, soprattutto se si viaggia in motocicletta in Sicilia: il sole è sempre alto in cielo qui in Magna Grecia, ma si fa meno forte e meno caldo, la temperatura è un delizioso tepore, il cielo mescola tutte le sfumature dell’azzurro e il mare fa da cornice blu a tutto l’insieme. Prima di partire è fondamentale controllare di essere ben attrezzati e di avere tutti gli accessori moto adatti all’avventura, soprattutto se si prevede di stare in viaggio per un lungo periodo. Infatti, anche se il clima è mite, la velocità e gli acquazzoni improvvisi potrebbero farvi desiderare di aver acquistato guanti tecnici per riparare le mani dall’aria oppure copri-gambe adatti a salvare i pantaloni dal freddo e dall’acqua. Per una vacanza in gruppo, tra amici, con le proprie moto, una buona idea per iniziare è di prendere il traghetto: se siete del nord, è molto comodo il porto di Genova, mentre se siete del centro, quello di Civitavecchia può essere un’ottima soluzione. La nave permette di caricare la propria moto ed essere subito pronti a saltare in sella appena si approda!
Probabilmente lo sbarco sarà a Palermo: da qui, potrete procedere in numerosi percorsi, scegliendo di visitare alcune aree – il suggestivo sud della Sicilia, o la splendida area occidentale – oppure di percorre più strada possibile toccando le città più ricche di paesaggio, storia e cultura. Perché non intraprendere un percorso tematico sulle orme delle pellicole e serie tv più amate?
Ad esempio, gli appassionati di Al Pacino potrebbero desiderare di vistare Corleone, la città resa celebre dal film “Il padrino”: stradine strette in centro, campi di grano appena mietuto nella zona circostante… e una deliziosa brioche con granita al caffè per ristorarsi prima di partire. Se invece leggete i romanzi di Camilleri dovete visitare la sua città natale, Porto Empedocle, e l’area intorno a Ragusa, set della serie tv di “Il commissario Montalbano”. Per ulteriori info sugli accessori moto, clicca qui.
venerdì 16 maggio 2014
"I ru viddrani" di Francesco Toscano. Capitolo Due.
I ru viddrani
Due.
"I ru viddrani" di Francesco Toscano - Capitolo Uno.
I ru viddrani
Uno.
Il sole a quell’ora
del giorno si stagliava alto nel cielo terso del paese natio della zia Pina
Modica e dello zio
Peppino Fiorenza, oramai
avanti negli anni, splendendo fulgidamente come non mai.
La nostra stella era
giunta, avevano notato i due anziani consorti mentre erano seduti davanti
all’uscio della porta della loro modesta abitazione, intenti a contare quanti
cristiani passassero di lì, quasi allo Zenit.
Si faceva fatica a
camminare per le vie del centro abitato, tanto che era necessario proteggersi
gli occhi; gli abitanti del posto erano avvezzi a proteggersi gli occhi,
accecati dai raggi del sole di mezzogiorno, con il dorso della mano,
possibilmente la mancina, in modo tale da avere sempre la mano destra libera
per prendere qualcosa o per afferrare qualcuno. Questa era la loro filosofia di
vita: stai sempre in guardia se non vuoi soccombere.
Nessun “viddrano”, così com’erano soliti
chiamare i loro mesti compaesani Pina e Peppino, si aggirava in quel momento
per le vie del piccolo centro agricolo dell’agrigentino, un pugno di case in un
territorio brullo, forse per paura di procurarsi delle ustioni, preferendo
oziare all’ombra di qualche olmo ombroso o di qualche pensilina che sporgeva
dai muri poco intonacati delle case che davano su Corso Italia o su altre vie.
L’aria era afosa,
come spesso accade in Sicilia nei mesi estivi, e si faceva fatica ad alzare le
gambe da terra: si boccheggiava.
Una vita di stenti
quella vissuta dai Fiorenza; entrambi agricoltori, da qualche anno pensionati,
non avevano avuto figli, benché, se fosse stato per loro, avrebbero voluto
adottare tutti “gli addrevi ru paisi….”.
Il buon Dio,
sostenevano i due anziani coniugi, aveva deciso di non dover dare a lei la
gioia della maternità e a lui l’onore e l’onere di crescere un figlio cui, un
giorno, avrebbe lasciato quanto nel corso dei suoi settantacinque anni era
riuscito a racimolare.
Per Peppino era tanta
roba: una casa; tre appezzamenti di terreno, uno dei quali dato in gabella, e
da cui ricavava la metà del raccolto durante l’anno solare; una somma di denaro
superiore ai trentamila euro, depositata in un conto corrente bancario, acceso
pochi anni prima.
I due coniugi non
erano avvezzi a sperperare i loro averi, preferendo spendere il necessario per
la loro sopravvivenza. Mai un acquisto fuori luogo o avventato, mai una cena
con amici, mai niente che potesse essere ritenuto superfluo. I due vecchi
compravano solo quello che fosse veramente necessario per il loro fabbisogno
giornaliero.
Parlavano poco fra
loro Pina e Peppino, prediligendo assaporare le parole prima che fossero
proferite dalla loro bocca, ponderando, di volta in volta, le frasi che il loro
cervello ideava, componeva, e infine consegnava alla lingua e alle corde vocali
per essere vocalizzate.
“I ru viddrani” si conoscevano così bene che ogni parola era
superflua.
La loro vita
quotidiana si svolgeva con tempi cadenzati, quasi le ore fossero regolate da un
orologio svizzero di ottima manifattura, che un buontempone di orologiaio s’era
impegnato a realizzare per loro. Ogni ingranaggio di quel meccanismo
multiforme, che regolava il loro tempo biologico, scorreva sereno e senza alcun
intoppo.
Oramai gli anni bui,
quelli fatti di stenti e di sofferenze, erano passati e i due anziani si
auspicavano che non ne dovessero vivere più.
Lo avevano avuto un
figlio da crescere i due consorti, pur tuttavia, ma non era stato il loro
bambino, solo il figlio della sorella di lui: il più grande dei suoi tre
nipoti.
Questo fanciullo,
oggi cinquantenne, cui suo padre aveva imposto il nome di battesimo Carmelo, i
due anziani coniugi lo avevano cresciuto e gli avevano voluto bene davvero
tanto, così dedicandogli gran parte dei loro primi anni di matrimonio e dei
loro averi.
Lo avevano allevato
come e meglio di un figlio, facendolo studiare e viziandolo senza alcun
riserbo. Carmelo, per tutta risposta, dopo la laurea, si era dimenticato dei
suoi due benefattori, prediligendo vantarsi con gli amici e con i colleghi di
lavoro che erano stati i suoi genitori, e non gli zii, a dargli gli strumenti
necessari per imporsi nella società del suo tempo, divenendo, a soli trentadue
anni, un affermato avvocato, e riuscendo, con i soldi che gli zii “ru paisi ru suli”gli facevano recapitare
con vaglia mensile, ad avviare uno studio legale in un piccolo centro limitrofo
a quello in cui la zia Pina e lo zio Peppino vivevano.
«Talè a mugghieri, pigghiami a sarsa ca c’è ddà! Supra u stipettu..»
disse lo zio Peppino alla sua amata consorte, di lui più giovane di due anni.
«Ma cà a fari?» disse la zia Pina, sorpresa per quella domanda
formulatale da suo marito.
«Vogghiù ‘nca sta jurnata m’ha cuociri a pasta cui maccheroni, salsa
fresca e basilicò.»
«Comu scassi i cabbasisi tu, nuddu o munnu!» concluse Pina.
La salsa era davvero
fresca.
L’avevano fatta loro
due, con le loro mani, così com’erano soliti fare in paese nei mesi estivi
tutti i loro compaesani, allorquando in pentoloni d’acqua calda si lasciano
bollire chili di pomodori rossi, da poco raccolti, maturi e profumati, i quali
poi saranno passati, versati in bottiglie lavate con cura che saranno a suo
tempo tappate, e infine messe in una bacinella di plastica, a testa in giù, su
cui una mano sicura farà calare un canovaccio.
Il calore prodotto
dal canovaccio poggiato sulla bacinella di plastica, nonché il tempo di posa
delle bottiglie in vetro al suo interno, avrebbe consentito alla salsa liquida
contenuta all’interno delle bottiglie di pastorizzarsi, divenendo dopo qualche
mese di conservazione, all’ombra della dispensa ricavata ad hoc per
l’occasione, un prodotto gastronomico per palati sopraffini.
L’orologio a pendolo
affisso alla parete laterale destra della cucina suonò mezzogiorno.
Svegli dalle cinque
del mattino, come ogni giorno d’altronde, i due anziani si erano lasciati
cullare dalla brezza mattutina, che entrava dall’anta di destra della finestra
della stanza da letto sovente semichiusa, sino alle ore sei. “Ammuttami tu ‘nca t’ammuttu iu..” alla
fine si erano alzati, pronti ad affrontare le insidie del nuovo giorno.
Lui si era lavato,
rasato e profumato; era poi uscito dalla sua abitazione; aveva raggiunto gli
amici alla “casa del lavoratore”,
restando a scambiare due chiacchiere con alcuni di loro, che come lui avevano
superato la settantina d’anni, sino alle dieci e mezzo.
Peppino, poi, prima
di rientrare a casa, aveva comprato il pane dal fornaio di fiducia, tale Don
Giovanni u luongo, il cui panificio si trovava all’angolo fra il Corso Italia e
la via Manzoni, e due fettine di carne dall’unico macellaio di cui si fidava,
tale Don Gino u curtu, che aveva bottega da circa venti anni in Corso Italia.
Peppino aveva pensato di cucinare la carne, che aveva da poco acquistato, in
padella, così com’era solito fare, ma solo dopo averla impanata e bagnata
nell’albume e nel tuorlo di un uovo fresco che una delle due galline ovaiole
che possedeva, che erano rinchiuse all’interno di un nido collettivo posto sul
retro di casa sua, aveva fatto nelle prime ore del giorno.
Pina, quel giorno,
dopo la pulizia personale mattutina, si era dedicata ad annaffiare le piante,
arse dall’aria resa infuocata dal sole rovente, ed era rimasta in casa a
sbrigare le faccende domestiche in attesa che rientrasse il suo amato Peppino.
Peppino era da poco
rientrato a casa, quando qualcuno bussò alla porta d’ingresso della loro umile
dimora.
«Pè! Pè! Va rapi a puorta e viri cu è!» disse Peppino alla moglie.
«Ma che è stamatina? Peppì cu può essiri? Viri ‘nca è u postino.
Sicuramenti nnì puirtò o a bulletta ra luci o chidda ri l’acqua.»
Peppino, da
galantuomo qual era, si decise ad andare ad aprire lui la porta, lasciando che
sua moglie continuasse a disbrigare le faccende domestiche; aprì l’anta di
destra della porta d’ingresso e, sull’uscio della porta di casa, scorse nella
penombra la sagoma di cumpari Mimì, suo coetaneo.
«Ma quali postino e postino, è Mimì! Trasiti, trasiti Don Mimì… chi ci
faciti ca?»
«Pozzu trasiri? Non è ‘nca risturbu? Stati manciannu?» Disse Don
Mimì “’mparpagliatu”, e quasi
spaventato di quello che gli potesse succedere, giacché consapevole che la sua
presenza lì, e soprattutto quello che avrebbe detto loro da lì a pochi minuti,
erano forieri di sventura che si stava per abbattere come una palla di cannone
su quell’umile casa.
Francesco Toscano
Francesco Toscano
mercoledì 5 settembre 2012
Tour tra i vigneti a Mandrarossa, nel territorio di Menfi (Ag).
La Provincia di Agrigento |
sabato 1 settembre 2012
Naro (AG) fra miti e leggende.
Situata in una posizione scenograficamente attraente, sul pendio di un colle ameno, a quota prossima ai 600 m. s. m., Naro è uno dei belvedere di Sicilia, di rara bellezza, che ne fa un centro alternativo alle località balneari, la cui veduta si estende fino all'Etna, alle Madonie, al mare di Licata e Sciacca. La sua posizione elevata, naturalmente protetta, la hanno resa un luogo particolarmente ambito. Le sue origini millenarie hanno dato vita, nel corso dei secoli, alla leggenda ed al mito.
Il castello chiaramontano di Naro. |
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IL COMUNE DI REALMONTE (AG) E LA SCALA DEI TURCHI.
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Post in evidenza
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Buonasera! Oggi mi pregio di pubblicare la recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", dello scrivente Francesco ...
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20 Sett. 2023. Buongiorno, con il presente post mi pregio di informarvi che nei giorni 23, 24, 29 e 30 settembre e 1 ottobre 2023 saranno al...
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E tu a cosa senti di dover fare il funerale? È questo il file rouge che unisce The Funeral Party, il libro di Francesco Piazza, edito da P...
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9 sett. 2023. Di recente è stato auto pubblicato dall'autore Francesco Toscano , attraverso il portale internet Amazon.it, il romanzo gi...
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2 giugno 2013. La donna nel Cinquecento In Italia tra il XIV e il XVI sec. la d onna occupa un posto privilegiato e gode di quell...
Il blogroll dei miei blog preferiti
La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."
La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.