Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Libro/E-book: A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell‘incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l‘uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all‘era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono.Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato. I Sumeri, gli Egizi, i Maya, gli Inca, le civiltà indiane, tutte culture che hanno avuto un livello tecnologico superiore per quel tempo. I miti Babilonesi, la cultura Greca con la sua mitologia, i miti delle popolazioni nordiche, le leggende delle popolazioni precolombiane, (persino nella Bibbia, vedi Genesi o Apocalisse), parlano di esseri soprannaturali, di eventi immani, (come un grande diluvio). Anche in questo periodo alcuni popoli che vivono allo stato primitivo, come ad esempio i Dogon del Mali, hanno conoscenze astronomiche cui l‘uomo moderno ha avuto accesso solo dopo con il progredire della tecnologia. E' nell‘era moderna che la tematica si sviluppa maggiormente. Dal Novecento ad oggi è un susseguirsi di prove, fatti, avvistamenti; l‘episodio di Roswell è il più indicativo. Gli U.S.A. sembrano la nazione che nel secondo dopoguerra abbia beneficiato maggiormente del contatto con gli alieni. L‘oscurantismo della Guerra Fredda, dominante sino a qualche anno fa è crollato. Tutte le Intelligence delle maggiori potenze mondiali stanno rivelando al mondo dossier segretati sino a qualche tempo fa, (in vista forse del 2012, che secondo un‘antica profezia Maya segnerà l‘inizio di una nuova era). Anche il Vaticano ha ammesso la probabile esistenza di extraterrestri, con i relativi problemi etico-religiosi che ne possono derivare. Se esistono gli alieni, e se ci hanno creati loro, esiste anche un Dio Creatore, come lo intendiamo noi? Che cosa succederebbe se così non fosse? La Chiesa sa la verità e non la vuole rivelare? Oppure sia noi che gli alieni facciamo parte di un unico progetto divino? Abbiamo un‘anima? Che cosa succede dopo la morte? L‘aldilà è forse un‘altra dimensione o un Universo parallelo dove i mondi s‘incontrano? Perché (come dicono alcuni ricercatori) gli alieni ci studiano? Che cosa cercano nell‘uomo? Le grandi potenze mondiali ne sono informate? Tutti interrogativi cui non è possibile a oggi dare una risposta certa, però si può provare a dare diverse, probabili soluzioni.

  • Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Sinossi: Le indagini del Maresciallo Ascali - L'usuraio Benvenuti nel cuore pulsante e spesso tormentato di Palermo, dove le indagini del Luogotenente dei Carabinieri Roberto Ascali si addentrano ancora una volta nelle pieghe oscure del tessuto sociale. In questo nuovo capitolo, intitolato "L'usuraio", l'arrivo di un certo Colajanni Eduardo nella caserma dei Carabinieri dà il via a un'indagine che promette di svelare inquietanti connessioni. Ciò che inizia come un'indagine sul reato di usura, un crimine silente e devastante che affligge le fasce più vulnerabili della popolazione, prende subito una piega potenzialmente pericolosa. La redazione della Comunicazione di Notizia di Reato non si limita a ipotizzare l'usura, ma prospetta al Magistrato inquirente un legame inquietante tra l’usuraio e “ambienti mafiosi”, suggerendo la possibile aggravante del metodo mafioso. Le dichiarazioni inattese dell'usuraio Cozzolino, denunciato da Colajanni, rivelano che l'indagine prenderà direzioni impreviste. Quando la morte di Colajanni per avvelenamento viene accertata, il quadro che emerge dalle dichiarazioni di Cozzolino è "del tutto inedito", confermando l'intuizione di Ascali riguardo un coinvolgimento più ampio della criminalità organizzata. Sembrava solo una storia di usura all'inizio, ma l'ombra di Cosa Nostra si allunga su tutta la vicenda. Emergono collegamenti con i mandamenti mafiosi palermitani, in particolare Brancaccio e Porta Nuova. Maresciallo Ascali, oggi Luogotenente, deve usare la sua tenacia e il suo acume investigativo per accertare la verità sulla morte di Colajanni e sul sistema criminale sotteso. La sua vita personale è segnata dal dolore per la malattia che affligge la sua amata moglie, ma la sua presenza e l'appartamento confiscato alla mafia in cui vivono a Palermo - divenuto il loro rifugio di pace - gli danno la forza per affrontare le indagini. "L'usuraio" si prospetta come un nuovo avvincente capitolo delle indagini del Maresciallo Ascali, esplorando il legame pericoloso tra l'usura e la criminalità organizzata, mantenendo alta la suspense e conducendo il lettore nei meandri oscuri del potere e della disperazione, dove la linea tra vittima e carnefice è spesso sottile.

Visualizzazione post con etichetta Romanzo true crime. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Romanzo true crime. Mostra tutti i post

lunedì 12 maggio 2025

Il concetto di "Collaborazione di giustizia" e il suo ruolo nell'ambito investigativo e giudiziario, così come emerge dalla lettura dei romanzi di Francesco Toscano.

Palermo, lì 12 maggio 2025.

La collaborazione di giustizia è un elemento cruciale nella lotta contro le organizzazioni criminali, in particolare le mafie. Essa si basa su un "contratto" informale tra lo Stato e l'individuo affiliato o vicino all'organizzazione criminale. In cambio della fornitura di informazioni provenienti dall'interno dell'organizzazione, il collaboratore riceve benefici processuali, penali e penitenziari. Oltre a questo, sono previsti protezione e sostegno economico per sé e per i propri familiari.

I collaboratori di giustizia, definiti in gergo giornalistico anche "pentiti", sono considerati uno strumento indispensabile. Essi permettono di conoscere direttamente:

  • Come sono strutturate le organizzazioni criminali;
  • Quali obiettivi perseguono;
  • Quali strategie adottano;
  • Di quali rapporti di connivenza o di collusione si nutrono;
  • Quali delitti hanno compiuto o intendono compiere.

Inoltre, le loro dichiarazioni consentono l'arresto di boss importanti, il sequestro e la confisca di patrimoni illeciti, e talvolta di evitare l'uccisione di persone nel mirino delle cosche.

Per un mafioso, iniziare a collaborare con lo Stato significa violare una regola fondamentale: la consegna del silenzio, l'omertà. L'omertà è garanzia del mantenimento della segretezza, dell'esercizio del potere e dell'assicurazione dell'impunità. Per questo motivo, i collaboratori sono considerati "infami" nel mondo mafioso e possono essere colpiti da "vendette trasversali", agguati diretti contro i loro familiari (figli, parenti).

Le dichiarazioni dei collaboratori, così come quelle dei testimoni di giustizia, devono essere oggettivamente riscontrate dagli investigatori al fine di verificarne la veridicità. Una volta appurato che la collaborazione è veritiera, il collaboratore (o il testimone di giustizia) viene inserito in un apposito programma di protezione. Questo programma è stato introdotto in Italia dalla legge 15 marzo 1991, n. 82.

La gestione del programma di protezione è affidata a una Commissione ministeriale centrale, presieduta da un Sottosegretario di Stato e composta da magistrati e investigatori esperti in indagini sulla criminalità organizzata. Questa commissione valuta e decide l'ammissione, la modifica e la revoca del programma. L'attuazione pratica delle misure di assistenza e il supporto per il reinserimento sociale e lavorativo sono curati dal Servizio centrale di protezione, che mantiene i rapporti con diverse autorità e amministrazioni.

La legislazione in materia è stata modificata dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45, che ha introdotto una distinzione formale e netta tra collaboratori e testimoni di giustizia, un diverso regime giuridico, criteri più rigidi per la selezione delle collaborazioni, un limite temporale di 180 giorni per confessare tutte le informazioni, e limiti di pena da scontare in carcere per l'accesso ai benefici penitenziari (un quarto della pena o 10 anni in caso di ergastolo).

Il maggior numero di collaboratori di giustizia si è registrato a metà degli anni Novanta, in seguito alle stragi di Capaci e via d'Amelio (1992) e alle autobombe del 1993, eventi che portarono a una dura azione di contrasto dello Stato contro le mafie, percepita in modo traumatico dall'opinione pubblica. Tra le principali organizzazioni mafiose, la 'Ndrangheta registra il minor numero di collaborazioni, probabilmente a causa dei legami di sangue tra i membri.

I romanzi di Francesco Toscano, in particolare, menzionano diversi esempi specifici di collaborazione:

  • Marco Guarraggiano: Pronto a divenire collaboratore di giustizia ("infame") dopo indagini; aveva di che parlare su reati, inclusi omicidi su mandato mafioso, essendo affiliato con il "rito della punciuta". Il suo avvocato non si presentò all'interrogatorio.
  • Francesco Salvatore Magrì: Viene definito un collaboratore di giustizia. Decide di collaborare perché stanco della sua vita ("miserevole vita", "fatta di sotterfugi, di violenza") e per affrancarsi dal crimine. Le sue dichiarazioni hanno riguardato gli assetti dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova, Brancaccio, Santa Maria di Gesù e il ruolo di un imprenditore. Magrì aveva fornito informazioni utili su personaggi del mandamento di Porta Nuova e aveva menzionato possibili intrecci tra Brancaccio e Porta Nuova tramite figure minori della Vuccirìa a lui e al padre legate. Era stato formalmente affiliato a Cosa Nostra ("punciuta") alla presenza del suo "padrino" Taiamonte Francesco. La sua decisione di collaborare venne comunicata alla Dottoressa Macaluso. Un primo colloquio investigativo si svolse in una località segreta. Il verbale del suo interrogatorio è identificato con un numero di procedimento penale della D.D.A. di Palermo. Fu avvisato dei suoi diritti.
  • Ferdinando Cozzolino: Inizialmente indicato come l'usuraio denunciato da Colajanni. Dopo il suo arresto per usura, ha espresso la volontà di collaborare con la giustizia. Le sue dichiarazioni "puntano direttamente su Cosa Nostra panormita", aprendo "scenari investigativi del tutto inediti". Cozzolino ha dichiarato che la vicenda dell'usura con Colajanni era una "farsa" con interessi più grandi in ballo legati a Fici Domenico e a Cosa Nostra. Ha riferito di presunte infiltrazioni mafiose negli affari di Fici e ha indicato figure di spicco di diverse famiglie mafiose palermitane. La sua decisione di collaborare è vista come una potenziale svolta ("chiave di volta") nell'indagine sulla morte di Colajanni. Viene ipotizzato che la tempistica della sua collaborazione possa essere dovuta a un cambiamento negli equilibri criminali o al fatto che si senta minacciato. La sua collaborazione è fondamentale per ottenere un quadro più completo sul contesto in cui operavano Fici e Colajanni. Il suo interrogatorio è stato audio registrato dalla Procura della Repubblica, ma non videoregistrato per mancanza di apparecchiature. Fu avvisato dei suoi diritti prima di rendere dichiarazioni spontanee.

Nel contesto del romanzo "Le indagini del Maresciallo Ascali : L'usuraio", la decisione di Cozzolino di collaborare con la giustizia rappresenta un ribaltamento completo dell'indagine iniziale. La denuncia di usura da parte di Colajanni, secondo Cozzolino, potrebbe essere stata una messa in scena legata a dinamiche criminali più complesse. Le dichiarazioni di Cozzolino, unite ai riscontri investigativi, suggeriscono un coinvolgimento di Fici Domenico (socio di Colajanni e amante della moglie) con Cosa Nostra. Questo sposta il focus investigativo da un semplice caso di usura a un possibile omicidio legato a moventi passionali (la scoperta del tradimento da parte di Colajanni) e a dinamiche mafiose più ampie. La collaborazione di Cozzolino fornisce elementi indiziari ("nuove propalazioni indiziarie") che permettono di richiedere misure cautelari (come il fermo di indiziato di delitto) nei confronti di Fici e altri.

In sintesi, la collaborazione di giustizia è un meccanismo complesso e rischioso per l'individuo, ma di fondamentale importanza per lo Stato per penetrare le strutture criminali, acquisire prove, e in alcuni casi, come nel romanzo, fornire la svolta cruciale per la comprensione e la risoluzione di delitti apparentemente legati a contesti più limitati.

Cordialmente vostro,

Francesco Toscano.

Recensione del romanzo "Le indagini del Maresciallo Ascali : L'usuraio", edita dal lettore e amico Fabrizio Castrogiovanni.


Palermo, lì 12 maggio 2025.

Buongiorno, mi pregio di condividere la recensione del mio ultimo scritto, "Le indagini del Maresciallo Ascali : L'usuraio", edita dal lettore e amico Fabrizio Castrogiovanni. 

Ciao,

ho scritto questa piccola recensione. Ancora complimenti, a presto.

L’usuraio” è il nuovo capitolo della saga delle “Indagini del Maresciallo Ascali” creata da Francesco Toscano. Questa volta il protagonista si è trasferito dall’agrigentino in una caserma della città di Palermo, a seguito della sopravvenuta grave malattia della sua cara consorte che lo ha costretto a farla curare in uno dei centri medici del capoluogo siciliano.
Il Maresciallo, ora luogotenente, e la sua nuova squadra, questa volta si trova ad affrontare un caso di usura che viene denunciato da un imprenditore edile. Ben presto però si scoprirà che la faccenda è molto più losca di quello che sembra, a partire dal fatto che l’usuraio in questione fa parte di uno dei clan della mafia palermitana. Inoltre, sin da subito, la denuncia non convince del tutto e sembra che possa essere una specie di stratagemma per sviare le investigazioni e che ci sia dietro qualche altra misteriosa motivazione.
La narrazione è al contempo avvincente ma anche crudamente realistica. E’ ben tratteggiato il contesto socio-culturale della malavita locale, anche con l’azzeccato utilizzo di dialoghi in dialetto palermitano. Le indagini sono seguite con ricchezza di particolari, anche molto tecnici, che spiegano in modo accurato, come si svolge il lavoro in  caserma.
I personaggi principali hanno delle psicologie molto ben delineate, in particolare quella di Ascali, ufficiale di polizia giudiziaria meticoloso, sveglio e anche molto umano e premuroso.
Una lettura che consiglio vivamente assieme a quella degli altri racconti, usciti precedentemente, ambientati nella tenenza di Punta Calura."

Nel ringraziare Fabrizio CASTROGIOVANNI per la sua attenzione e la sua dedizione nel seguirmi e nel leggere i miei scritti, vi invito all'acquisto dell'opera cliccando al seguente indirizzo:

Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio eBook : Toscano, Francesco: Amazon.it: Kindle Store

Cordiali saluti, Francesco Toscano.

mercoledì 7 maggio 2025

Pubblicata su Amazon l'edizione Kindle del romanzo giallo - Le indagini del Maresciallo Ascali : L'usuraio -, di Francesco Toscano.


Palermo, lì 7 maggio 2025.

Buongiorno, è con immenso piacere che vi partecipo che è stato pubblicato sul portale Internet Amazon il romanzo giallo "Le indagini del Maresciallo Ascali : L'usuraio ", dello scrivente Francesco Toscano. Chiunque di voi fosse interessato all'acquisto, può farlo cliccando al seguente url:

Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio eBook : Toscano, Francesco: Amazon.it: Kindle Store

Il costo del libro, versione digitale, è pari ad € 2,99.

Sinossi:

Le indagini del Maresciallo Ascali - L'usuraio
Benvenuti nel cuore pulsante e spesso tormentato di Palermo, dove le indagini del Luogotenente dei Carabinieri Roberto Ascali si addentrano ancora una volta nelle pieghe oscure del tessuto sociale. In questo nuovo capitolo, intitolato "L'usuraio", l'arrivo di un certo Colajanni Eduardo nella caserma dei Carabinieri dà il via a un'indagine che promette di svelare inquietanti connessioni.
Ciò che inizia come un'indagine sul reato di usura, un crimine silente e devastante che affligge le fasce più vulnerabili della popolazione, prende subito una piega potenzialmente pericolosa. La redazione della Comunicazione di Notizia di Reato non si limita a ipotizzare l'usura, ma prospetta al Magistrato inquirente un legame inquietante tra l’usuraio e “ambienti mafiosi”, suggerendo la possibile aggravante del metodo mafioso. Le dichiarazioni inattese dell'usuraio Cozzolino, denunciato da Colajanni, rivelano che l'indagine prenderà direzioni impreviste.
Quando la morte di Colajanni per avvelenamento viene accertata, il quadro che emerge dalle dichiarazioni di Cozzolino è "del tutto inedito", confermando l'intuizione di Ascali riguardo un coinvolgimento più ampio della criminalità organizzata. Sembrava solo una storia di usura all'inizio, ma l'ombra di Cosa Nostra si allunga su tutta la vicenda. Emergono collegamenti con i mandamenti mafiosi palermitani, in particolare Brancaccio e Porta Nuova.
Maresciallo Ascali, oggi Luogotenente, deve usare la sua tenacia e il suo acume investigativo per accertare la verità sulla morte di Colajanni e sul sistema criminale sotteso. La sua vita personale è segnata dal dolore per la malattia che affligge la sua amata moglie, ma la sua presenza e l'appartamento confiscato alla mafia in cui vivono a Palermo - divenuto il loro rifugio di pace - gli danno la forza per affrontare le indagini.
"L'usuraio" si prospetta come un nuovo avvincente capitolo delle indagini del Maresciallo Ascali, esplorando il legame pericoloso tra l'usura e la criminalità organizzata, mantenendo alta la suspense e conducendo il lettore nei meandri oscuri del potere e della disperazione, dove la linea tra vittima e carnefice è spesso sottile.

Cordialmente vostro,
Francesco Toscano.

lunedì 31 marzo 2025

Il romanzo "Malacarne" di Francesco Toscano: Un giallo palermitano di redenzione e mafia.


Palermo, lì 31 marzo 2025.

Il romanzo "Malacarne" di Francesco Toscano è un romanzo giallo ambientato a Palermo, in particolare nel difficile quartiere della Kalsa. Questa ambientazione non è solo uno sfondo, ma diventa quasi un'estensione della natura del protagonista, riflettendone la violenza endemica e il desiderio di redenzione.

Trama e temi principali: Il libro esplora la lotta tra il bene e il male, la speranza di riscatto e il peso del passato. Un tema centrale è l'illegalità, con un focus sulla mafia siciliana. Per il lettore interessato a dinamiche sociali complesse, "Malacarne" offre uno spaccato di un quartiere segnato dalla criminalità ma anche abitato da gente onesta.

Il concetto di "Malacarne": Il termine "Malacarne" non si riferisce a una persona specifica, ma a un modo di essere, una predisposizione al male e alla violenza radicata nel tessuto sociale della Kalsa. Questo concetto è interessante per chi ama le esplorazioni psicologiche dei personaggi e l'influenza del contesto sociale sul loro destino.

Il protagonista: Il protagonista è Turiddu Magrì, un giovane segnato da un passato criminale e soprannominato "Malacarne". Turiddu lotta con la depressione e gli incubi, desiderando redimersi e reintegrarsi nella società, ma il suo passato lo tormenta. Il suo percorso di redenzione, pieno di ostacoli interni ed esterni, è un punto di grande interesse per il lettore che apprezza le storie di redenzione e la complessità psicologica dei personaggi.

La Kalsa come personaggio: La Kalsa è descritta come un quartiere "difficile" con una storia ricca, essendo stata scelta da un emiro arabo nel 937 d.C.. Nel romanzo si percepisce ancora l'eco di questo passato. La descrizione di luoghi come via Maqueda, Ballarò e l'Albergheria evidenzia il degrado sociale e la bellezza decadente della città. Per chi è interessato a Palermo, il romanzo offre uno scorcio sulla topografia della città, menzionando anche lo Sperone, la Stazione Ferroviaria, il Ponte dell'Ammiraglio, il Ponte delle Teste Mozze e la Chiesa della Madonna del Fiume.

Stile e realismo: La narrazione di Toscano è caratterizzata da un "realismo crudo" che non nasconde gli aspetti più brutali della realtà palermitana. Questo stile offre una lettura intensa e coinvolgente per chi cerca storie autentiche e senza filtri.

Esplorazione psicologica: L'autore utilizza il personaggio di Turiddu per esplorare temi come il rimorso, la colpa e la possibilità di cambiamento. Il romanzo si addentra nella lotta interiore di chi cerca di sfuggire a un destino segnato.

Disponibilità: "Malacarne" è disponibile per l'acquisto online su Amazon.it.

In sintesi, "Malacarne" di Francesco Toscano offre al lettore un thriller ambientato in un contesto sociale vivido e complesso, con un protagonista tormentato da un passato oscuro e in cerca di redenzione. L'esplorazione psicologica dei personaggi, unita a un realismo crudo e a una forte ambientazione palermitana, rende questo romanzo un'opera di sicuro interesse.

venerdì 14 marzo 2025

Recensione di "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano.


Palermo, 14 marzo 2025.

"Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano è un romanzo breve che esplora il concetto di metempsicosi, ovvero la trasmigrazione dell'anima dopo la morte in un nuovo corpo materiale.

Ecco una recensione basata sulle informazioni disponibili:

  • Genere e Trama: Il libro è classificato come narrativa e si concentra sul viaggio di un'anima condannata a reincarnarsi per espiare un triplice omicidio commesso a Palermo nel febbraio del 1893. La trama segue la logica della dottrina della metempsicosi, ponendo una domanda intrigante: un'anima che fallisce due volte nelle sue reincarnazioni umane successive alla condanna regredirà a reincarnarsi nel regno animale e vegetale, oppure ascenderà a uno stadio più elevato dell'esistenza?

  • Temi: Il romanzo affronta temi profondi come la colpa e la redenzione. L'anima protagonista si reincarna nei corpi di Domenico CALANDREI, pluriomicida, di Turiddu SCARPINATO, manovale ubriacone, e di Paolo GOVERNALE, carbonaro deceduto durante i moti rivoluzionari. La storia esplora l'idea che le azioni passate abbiano un impatto duraturo sulla psiche e che la redenzione richieda un profondo viaggio interiore. Il libro si presenta come un'intrigante e avvincente corsa verso la redenzione eterna. Viene anche menzionata l'idea che, dopo la morte, l'anima segua sempre il volere di Dio per trascendere la vita materiale e innalzarsi a un piano più alto dell'esistenza, imparando a comprendere il divino.

  • Ambientazione: Sebbene non specificato in dettaglio nella sinossi principale, sappiamo che il triplice omicidio originale avviene a Palermo nel 1893.

  • Pubblicazione: Il libro è pubblicato da Photocity Edizioni. È disponibile in formato ebook e brossura, con copertina morbida e conta 105 pagine.

  • Collegamenti con altre opere: Il tema della reincarnazione e del destino dell'anima lo lega ad altre riflessioni di Francesco Toscano sulla psicologia e sulle possibilità di redenzione presenti nelle sue opere.

In sintesi, "Condannato senza possibilità d'appello." sembra essere un romanzo filosofico e introspettivo che utilizza la cornice del genere narrativo per esplorare questioni legate all'anima, alla giustizia divina, al libero arbitrio e al percorso verso la redenzione. Attraverso le diverse reincarnazioni del protagonista, Toscano offre spunti di riflessione sulla complessità della colpa e sulla difficile via della redenzione.

mercoledì 7 agosto 2024

La vita e le abitudini degli abitanti di Punta Calura; la struttura dell'organizzazione mafiosa nel romanzo giallo "I ru viddrani", di Francesco Toscano.


Palermo, 7 agosto 2024. 

 

Punta Calura è un piccolo centro agricolo situato in una zona rurale e isolata della Sicilia, caratterizzata da un clima caldo e arido. Nel romanzo si descrive la vita a Punta Calura come semplice e tradizionale, con valori radicati nel passato. Ecco alcuni aspetti della vita e delle abitudini degli abitanti di Punta Calura:

  • Vita semplice e rurale: La maggior parte dei residenti di Punta Calura è dedita all'agricoltura e alla pastorizia. Il romanzo descrive un ambiente dove il ritmo di vita è scandito dai cicli della natura, lontano dallo stress della vita moderna. Durante i mesi estivi, la calura intensa limita le attività, rendendo gli abitanti "’nzullanuti" ovvero assonnati e indolenti.
  • Senso di comunità: Nonostante l'isolamento, gli abitanti di Punta Calura dimostrano un forte senso di comunità. Gli anziani, in particolare, si siedono fuori dalle loro case la sera, in attesa di un saluto o di una chiacchierata con i passanti. Questo gesto testimonia la presenza di valori tradizionali come il rispetto per gli anziani e l'importanza dei rapporti umani.
  • Livello socio-economico basso: Il romanzo descrive Punta Calura come una zona economicamente depressa. Il settore terziario è quasi inesistente, con pochi servizi disponibili oltre al municipio e a un piccolo bar. La mancanza di opportunità di lavoro costringe molti giovani a lasciare il paese per studiare o cercare lavoro nelle città più grandi.
  • Presenza della criminalità organizzata: Nonostante l'apparente tranquillità, a Punta Calura è radicata la presenza della criminalità organizzata. La famiglia mafiosa locale, guidata da Don Ciccio "ù pastranu", esercita il suo potere attraverso l'intimidazione e la violenza. Questa realtà oscura si cela dietro la facciata di un paese tranquillo, influenzando la vita dei suoi abitanti.
  • Scarsa attenzione all'istruzione: Il romanzo evidenzia come l'istruzione non sia una priorità per gli abitanti di Punta Calura. La scuola locale, l'Istituto Comprensivo "G. Falcone", offre un'istruzione di base, ma i giovani sono costretti a spostarsi in altre città per proseguire gli studi. Questa mancanza di attenzione all'istruzione contribuisce a perpetuare il ciclo di povertà e isolamento che caratterizza la zona.

 ***

L'organizzazione mafiosa nel romanzo "I ru viddrani" di Francesco Toscano è strutturata come una famiglia tradizionale, con a capo un boss, Don Ciccio "ù pastranu", che esercita il suo potere in modo incontrastato. La famiglia mafiosa di Punta Calura è parte di un più ampio sistema di potere, il mandamento mafioso di Punta Calura, guidato da un capo indiscusso, l'avvocato Carmelo SPATALI, detto "ù pernu ri l’anca".

 

Ecco alcuni dettagli sulla struttura dell'organizzazione:

  • Capo famiglia: Don Ciccio Vassallo, detto "ù pastranu", è a capo della famiglia mafiosa di Punta Calura. È un uomo anziano che vive isolato nel suo feudo, da dove continua a impartire ordini e a esercitare il suo potere. Don Ciccio "ù pastranu", il cui vero nome è Francesco Vassallo, è una figura centrale nel romanzo "I ru viddrani" di Francesco Toscano, che illustra la struttura e le operazioni della mafia nella città siciliana di Punta Calura. Viene descritto come un uomo anziano che esercita il suo potere in modo incontrastato dalla sua residenza fortificata, paragonata a una fortezza inespugnabile. Il suo soprannome deriva dalla sua abitudine di indossare un lungo cappotto che gli arriva fino ai piedi, simile a quelli indossati dagli antichi quando andavano a cavallo di un asino o di un muloDon Ciccio è il capo famiglia della cosca mafiosa di Punta Calura, il che significa che è la massima autorità all'interno del gruppo. Sotto di lui ci sono i capi decina, come Fofò Macchiarella e Don Gino "ù curtu", che gestiscono le attività criminali sul territorio e rispondono direttamente a luiNonostante la sua età avanzata e il suo isolamento, Don Ciccio è temuto e rispettato dai suoi sottoposti. La sua autorità è indiscussa e la sua parola è legge. Chiunque osi sfidarlo o mancargli di rispetto va incontro a conseguenze terribili. Un esempio di ciò si trova nella vicenda di Ingrid, la badante rumena che ha derubato Mimì Sinatra. Dopo che Ingrid si rifiuta di restituire il maltolto, Don Ciccio ordina la sua morte, dimostrando la sua spietatezza e la sua volontà di usare la violenza per affermare il suo potereLa figura di Don Ciccio, soprannominato "ù pastranu" rappresenta l'archetipo del boss mafioso: un uomo anziano, legato alle tradizioni, che governa con il pugno di ferro e per il quale la fedeltà e il rispetto sono valori imprescindibili. Il suo personaggio incarna la violenza e la corruzione che permeano il mondo criminale descritto nei romanzi di Toscano, un mondo in cui la vita umana ha poco valore e in cui il potere si ottiene e si mantiene con la paura e la violenza.
  • Capi decina: Fofò Macchiarella e Don Gino "ù curtu" sono i due capi decina, figure di spicco che rispondono direttamente al capo famiglia e gestiscono le attività criminali sul territorio. Fofò è anche il cassiere della famiglia, a dimostrazione della sua posizione di fiducia. Fofò Macchiarella è un personaggio di spicco all'interno della famiglia mafiosa di Punta Calura, come descritto nel romanzo. Ricopre il ruolo di capo decina, il che significa che è uno dei leader più importanti del gruppo e risponde direttamente al boss, Don Ciccio "ù pastranu". Oltre a questo ruolo di comando, Fofò è anche il cassiere della famiglia, a dimostrazione della fiducia che Don Ciccio ripone in luiIl suo ruolo all'interno dell'organizzazione mafiosa non si limita a questi incarichi ufficiali. Nel romanzo "I ru viddrani", Fofò è incaricato da Don Ciccio di ritrovare Ingrid, la badante rumena che ha derubato un anziano del paese, Mimì Sinatra. Fofò, insieme a un altro mafioso di nome Marco Guarraggiano, detto "ù bombetta", riesce a rintracciare la donna a Milano e le intima di restituire il maltoltoLa vicenda di Ingrid si conclude tragicamente con il suo omicidioQuesti elementi suggeriscono che Fofò Macchiarella sia un individuo spietato e privo di scrupoli, disposto ad usare la violenza per raggiungere i suoi scopi e quelli della famiglia mafiosa a cui appartiene. La sua figura incarna la violenza e la corruzione che caratterizzano il mondo criminale descritto nei romanzi di Toscano.
  • Soldati: I soldati sono gli affiliati alla famiglia mafiosa che eseguono gli ordini dei loro superiori. Marco Guarraggiano, detto "ù bombetta", era uno dei soldati della famiglia di Don Ciccio. Marco Guarraggiano, noto anche come "ù bombetta", è un personaggio del romanzo "I ru viddrani" di Francesco Toscano. È un membro della famiglia mafiosa di Punta Calura e lavora come autista per Don Ciccio "ù pastranu", il capo della famiglia. Dopo essere stato vittima di un attentato da parte di due uomini armati, Guarraggiano si rifugia presso la Tenenza dei Carabinieri, terrorizzato e desideroso di pentirsi delle sue azioni passate. Decide quindi di collaborare con la giustizia in cambio di protezioneDurante l'interrogatorio con i magistrati della DDA di Agrigento, Guarraggiano rivela dettagli importanti sulla sua affiliazione a Cosa Nostra, avvenuta nella macelleria di Don Gino "ù curtu", descrivendo la cerimonia del "rito della punciuta" e il giuramento di fedeltà. Rivela inoltre i nomi dei membri della famiglia mafiosa, tra cui Don Ciccio come capo famiglia, Fofò Macchiarella e Don Gino "ù curtu" come capi decina. Guarraggiano confessa anche di aver commesso diversi crimini, tra cui l'omicidio di un confidente del maresciallo Tripperi e quello di una badante rumena che aveva osato sfidare Don Ciccio. Le sue dichiarazioni, insieme ad altre prove raccolte dai Carabinieri, portano all'azzeramento del mandamento mafioso di Punta Calura.
  • Attività criminali: La famiglia mafiosa di Punta Calura è coinvolta in diverse attività criminali, tra cui estorsioni, danneggiamenti, truffe e omicidi.  
  • Controllo del territorio: La famiglia mafiosa esercita un controllo capillare sul territorio di Punta Calura, influenzando la vita politica, economica e sociale del paese. Il silenzio e l'omertà sono la regola.

Il romanzo evidenzia come la struttura gerarchica e il controllo del territorio siano elementi fondamentali per il mantenimento del potere mafioso. La famiglia mafiosa di Punta Calura rappresenta un esempio di come la criminalità organizzata si insinui nel tessuto sociale, minando alle basi la legalità e la giustizia.

Cordiali saluti, Francesco Toscano, autore ed editore.

mercoledì 5 giugno 2024

L'eroina a Palermo negli anni Ottanta del Novecento - "Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?"; "Che cosa scrivo adesso?" - di Francesco Toscano. Capitolo Tre.

 


 Tre.

 “L’eroina”

 

Si fa di eroina!”

“Che significa?” risposi, da innocente qual ero, giacché ancora un bambino non corrotto dalla vita, a mio cugino, mio omonimo, che aveva qualche anno più di me e con il quale, spesso, mi trovavo a confrontarmi circa le dinamiche del territorio in cui vivevamo. Mio cugino, con quell’esternazione, si riferiva ad Aldo, un ragazzo che come noi abitava nel quartiere in cui siamo cresciuti e con cui, qualche volta, avevamo anche giocato. Era da poco arrivato l’inverno, portando con sé tutti i malanni di quella tormentata stagione. Io, come sempre, ero influenzato, con il moccio perennemente sul naso che non riuscivo a pulire come avrei dovuto fare. Mia madre me lo diceva spesso di soffiarmi il naso con i fazzoletti che mi dava, ma io la ignoravo: punto! Aldo abitava a pochi metri dalla palazzina a due piani in cui io abitavo allora con la mia famiglia. Aveva dei fratelli, più piccoli, con i quali, ricordo, egli non andava per niente d’accordo. Forse per via della roba che si iniettava in vena e che lo rendeva, spesso, una larva umana. Di Aldo non ricordo molto. Seppi, molti anni più avanti, che egli morì, per colpa della sua tossicodipendenza, di overdose da eroina un funesto giorno di fine agosto 1990 a Bologna, città dove si era trasferito con la famiglia. Aveva poco più che venticinque anni Aldo quando esalò l’ultimo respiro. L’eroina non era solo la droga che aveva ucciso Aldo, ma quella che andava di moda fra i ragazzi degli anni Ottanta per sballarsi e distaccarsi dalla realtà che li circondava. Una droga che, spesso, così come tutte le altre in commercio, facevano perdere il senso della realtà e il significato vero della vita. La droga per curare il malessere che tormenta l’anima, dicevano. L’ “Epidemia di morti da droga”, l’effetto che ne scaturì. Credo che questa fosse solo una frase di circostanza, detta fuori dai denti da taluni perbenisti solo per minimizzare il reale numero di perdite di vite umane fra i giovani miei coetanei. Essi cadevano come in una guerra di trincea, giorno dopo giorno, vittime di un destino a loro beffardo. A Palermo vi erano delle raffinerie di eroina che erano, a detta di tanti, fra le più importante del mezzogiorno d’Italia e che riforniva non solo il capoluogo siciliano, ma anche altre aree geografiche della Sicilia, il continente, e anche alcune città degli Stati Uniti d’America, New York fra tutte. Palermo era diventata negli anni Ottanta del Novecento uno dei centri di produzione di eroina più importanti al mondo. Palermo si era arricchita con l’eroina. Palermo non era più la stessa città di sempre, ovvero quella città sorniona, spesso raccontata sui libri di scuola come elitaria per alcuni brevi periodi della sua storia millenaria, ma una competitor di New York, la città che non dorme mai. La mafia di allora si arricchì in maniera spropositata, rinvestendo, a detta di tanti, i capitali frutto del lucroso narcotraffico nell’edilizia speculativa che portò al cosiddetto “Sacco di Palermo”.

Nel 1982 sarà scoperta una quarta raffineria a Palermo, in via Messina Marine. Ciascuna di esse produceva 50 kg di eroina a settimana. Da talune inchieste degli anni Sessanta risulta che la mafia siciliana sarebbe stata “la principale artefice del contrabbando di stupefacenti diretto dalla mafia statunitense” (Commissione antimafia 1976, pagina 459). La morfina, che poi veniva raffinata nei laboratori siciliani, proveniva dalla Turchia e poi dal “triangolo d'oro”, zona montuosa al confine fra la Tailandia, il Laos e il Myanmar. Salvatore CONTORNO, collaboratore di giustizia, già fedelissimo di Stefano BONTATE, su questo losco traffico riferì molti dettagli alla Magistratura inquirente del tempo e in particolare al Giudice Giovanni FALCONE che ne raccolse per primo le sue dichiarazioni, poi confluite nel Maxi Processo di Palermo; le dichiarazioni di CONTORNO avrebbero costituito un’ulteriore conferma a quelle di Tommaso BUSCETTA, consentendo al Giudice Istruttore di Palermo nel mese di Ottobre dell’Ottantaquattro di emettere 366 ordini di custodia cautelare: tale blitz passo alla storia come “il blitz di San Michele”. L’operazione di polizia giudiziaria ebbe vasta eco mediatica, stupendo non solo l’Italia, ma il mondo intero. Quel giorno circa i due terzi dei soggetti ricercati vennero tratti in arresto. Di quel periodo ho dei ricordi frammentati. Recentemente ho rivisto su Youtube[1] alcune passaggi salienti del Maxi Processo di Palermo[2] e mi sono documentato su quanto accaduto in quegli anni nefasti anche attraverso la visione di alcuni film, di nicchia, che oggi è possibile vedere su alcune piattaforme di streaming.

venerdì 31 maggio 2024

“Ù sai a cu ammazzaru steinnata?” - "Che cosa scrivo adesso?" - Di Francesco Toscano. Capitolo Due.

 

La spiaggia di Romagnolo, Palermo

 

Due.

 

“I Bagni TRIESTE-VIRZÌ e DELIZIA-PETRUCCI”

 

La via Messina Marine è da sempre stata una arteria stradale di assoluta importanza strategica e di collegamento fra il centro storico di Palermo e taluni Comuni della omonima provincia. Fra di loro ve ne sono alcuni che, posti a sud-est del territorio del capoluogo, spiccano per la loro grandezza e importanza storica: ricordo, in particolare, i Comuni di Villabate, sede di un rinomato mercato ortofrutticolo, e di Ficarazzi, il nome è di origine araba (Fakarazz è per l’appunto il nome arabo di Ficarazzi, dal significato di «eccellente»), posto presso la foce del fiume Eleuterio, solo per citarne alcuni. Perennemente congestionata dal traffico veicolare, specialmente nelle ore di punta, la via Messina Marine consente, fra l’altro, ai mezzi pesanti, del collaudato trasporto su gomma, e agli altri autoveicoli che sbarcano al Porto di Palermo nelle prime ore del giorno, provenienti dal continente, di dirigersi sia presso la zona industriale Brancaccio, che in direzione dell’Autostrada Palermo – Messina – Catania, la meglio nota A20-E90. Superata la via Ponte di Mare, strada in cui insiste un ponte cittadino poco conosciuto che scavalca il fiume Oreto, nel punto in cui esso finisce il suo percorso fluviale sfociando nel mar Tirreno, lasciateci alle nostre spalle lo Stand Florio, o “Locanda del tiro a piccione”, il solarium “Vittorio Emanuele III”, la ex Agrumaria, l’odierno Ospedale Buccheri – La Ferla, inizia quel tratto di arenile in cui i panormiti dell’Ottocento, inizio Novecento, usufruivano di uno dei tanti varchi al mare e del tanto decantato e agognato stabilimento balneare pubblico denominato “Bagni della salute”[1]; esso, mi hanno sempre raccontato, era ubicato in seno alla contrada che nel 1928 era denominata dai palermitani lo “Sperone”, denominazione che non è mai cambiata nel corso di tutti questi anni; poco prima di raggiungere detto stabilimento balneare, sorgevano, sino alla fine degli anni Settanta - inizio anni Ottanta del secolo scorso, gli stabilimenti balneari pubblici denominati Bagni TRIESTE-VIRZÌ e DELIZIA-PETRUCCI. Da bambino ricordo che mio padre mi portava spesso in spiaggia, presso uno dei due stabilimenti balneari il cui varco di accesso principale era prospiciente la via G. Alagna, arteria stradale in cui risiedevo e giocavo da bambino. Il mare blu cobalto che si poteva ammirare all’epoca e la presenza di tanti molluschi e pesci che abboccavano a ridosso del bagnasciuga (mio padre, ricordo, era solito utilizzare un rezzaglio da pesca per l’occasione), era sinonimo della pulizia e della salubrità delle acque (poi inquinatesi in seguito ai continui sversamenti delle acque reflue, delle acque nere, provenienti dagli insediamenti abitativi e dai grossi casamenti in cemento armato edificati nei quartieri Romagnolo e Sperone, oltre che dalla presenza del collettore/oleodotto per lo sversamento/instradamento degli idrocarburi, già depositati all’interno delle stive delle petroliere di media stazza che, dopo aver gettato l’ancora in mare, si agganciano ad esso per liberarsi del loro prezioso liquido: questo, successivamente, sarà poi stoccato nel vicino deposito per idrocarburi dell’AGIP, in località Acqua dei Corsari). Nei pressi dell’attuale albergo Villa D’Amato, ricordo che era ubicata la scuola dell’infanzia da me frequentata; di quel periodo della mia vita ho ancora oggi un vivido ricordo: in particolare, mi sovviene in mente l’odore che esalava da quel paniere in vimini che mamma mi consegnava la mattina presto perché io potessi consumare, qualche ora dopo, le merende in esso contenute.

Negli anni Ottanta del secolo scorso, purtroppo, questo tratto viario di assoluta importanza per Palermo passò alla ribalta della cronaca nera dell’epoca per l’omicidio, di stampo mafioso, dei signori PERLONGO e FIORELLINO, detto “ù ciuriddu”, e di altri personaggi di cui, al momento, non ho memoria.

Il primo venne assassinato all’interno dell’area di servizio di un distributore di carburanti, uno dei tanti presenti a ridosso di detta via; l’altro, più anziano di PERLONGO, mentre era seduto su una sedia a sdraio, la cosiddetta “durmusa”, che questi aveva aperto, per la sua siesta pomeridiana, nei pressi della scalinata della Chiesa San Giovanni Bosco, a poca distanza dal varco d’ingresso dei Bagni DELIZIA - PETRUCCI. Del primo e del secondo assassinio di mafia ne venni a conoscenza per averlo appreso de relato; del secondo omicidio di stampo mafioso in danno della persona agnominata “ù ciuriddu”, che avvenne quando io ero poco più che un ragazzo, ricordo che ne rimasi più impressionato, sia per le modalità di azione del gruppo criminale che fece fuoco sul quel povero corpo martoriato, sia per la particolare scelta del commando di fuoco di porre fine alla vita di quell’uomo nel luogo in cui questi spesso si recava per giocare a carte con altri suoi coetanei. Poi, mi rimase impresso nella mia memoria perché quel luogo in cui si consumò quell’efferato delitto era ubicato nei pressi del litorale da me frequentato sin da bambino, unitamente ai miei genitori e fratelli, ove giocavo, ridevo, scherzavo, ero felice. Quel medesimo luogo, purtroppo, oggi l’inquinamento cittadino lo ha reso impraticabile alla balneazione. All’epoca dei fatti, come tutti i bambini del quartiere, del resto, io apprendevo degli omicidi di stampo mafioso che man mano si consumavano a Palermo solo quando facevo rientro a casa, per pranzare o per cenare con gli altri componenti il mio nucleo familiare. A tavola, spesso, si esordiva dicendo:

«...ù sai a cu ammazzaru steinnata?»

«A cu?» Di seguito venivano raccontati, dai familiari che ne avevano avuto contezza, gli orrori che Cosa Nostra aveva commesso quel giorno a Palermo, con dovizia di particolari e non sdegnando di raccontare ai commensali circa le modalità dell’azione criminosa compiuta dal commando di fuoco, oltre che dei particolari legami parentali di questo o di quell’uomo ucciso con dei soggetti che alcuni di noi, per svariati motivi, avevano conosciuto o frequentato.

La paura di essere ucciso accidentalmente dal commando di fuoco che aveva ricevuto l’ordine di accoppare “ddù fitusu” di turno, era talmente alta in quegli anni “di piombo” che difficilmente i negozi rimanevano aperti all’imbrunire. Il terrore, la trepidazione, l’angoscia si impossessava delle menti degli abitanti del quartiere all’ora dei Vespri così rapidamente che si faceva piombare il quartiere, (ma ricordo che in quel periodo fossero tutti i quartieri cittadini a vivere la stessa sorte), all’ora del coprifuoco. Si viveva male all’epoca. Nessun quartiere, a differenza di oggi, la sera era più frequentato di altri non essendoci, di fatto, alcuna movida cittadina.

Palermo era in preda al crimine. Palermo aveva paura del crimine. Troppi morti ammazzati. Una vera e propria mattanza di esseri umani. I Corleonesi sparavano all’impazzata per conquistare la città e il predominio di essa, senza alcun ritegno e senza remore, divenendo in poco tempo la fazione egemone: imperversava per le vie della città la seconda guerra di mafia. Gli interessi della mafia del tempo per il traffico internazionale di eroina, avevano fatto piombare Palermo in un vero e proprio inferno: un girone Dantesco, direbbe qualcuno.

I quotidiani locali, L’Ora e il Giornale di Sicilia, puntualmente e con dovizia di particolari rendevano edotti i palermitani degli efferati delitti posti in essere dai Corleonesi di Salvatore Riina. L’Ora, in particolare, arriverà a titolare le sue prime pagine enumerando le vittime dei conflitti tra fazioni mafiose rivali. Tra le vittime di Cosa Nostra vi furono anche personaggi come Pio La Torre, principale artefice della Legge Rognoni-La Torre, e il generale dell’Arma dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa. Le vicende della seconda guerra di mafia furono trattate all’interno del Maxi I, istruito dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Il giorno dell’Epifania del 1980, si registrò il primo degli omicidi eccellenti: l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella; egli fu ucciso perché voleva portare avanti un’opera di modernizzazione dell’amministrazione regionale, recidendo ogni contatto mafioso. Giuseppe MARCHESE riferirà sull’omicidio[2], asserendo che gliene parlarono Leoluca Bagarella e Salvatore Madonia. Marchese racconterà alla Corte, presidente AGNELLO, giudice a latere SAGUTO: - […] eravamo in carcere a Trani. Era il 1985. Leoluca e Salvino parlavano di imbrogli politici, di appalti, di affari comunali. Ad un certo punto salta fuori il nome di Vito Ciancimino. Leoluca spiega che Mattarella è stato ucciso per divergenza con Ciancimino. Anzi, ricordo che aggiunse: Mattarella è stato ammazzato perché stava cercando di far fuori la corrente di Ciancimino. Allora mi intromisi e chiesi a Leoluca: - ma perché Vito Ciancimino è vicino a noi? - Leoluca mi guardò e rispose: - Altro che vicino a noi, Ciancimino è uomo d' onore della mia famiglia, della famiglia di Corleone. -


 

sabato 18 maggio 2024

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; "Che cosa scrivo adesso?" - Premessa e Capitolo Uno.

 

 

 

 




 "Brancaccino!
Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”


“Che cosa scrivo adesso?”

Di Francesco Toscano


  

 

Premessa.

 

“Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”;

“Che cosa scrivo adesso?”

È l’idea, ovvero la domanda, che più spesso mi è balenata in testa in quest’ultimo periodo di tempo, ma alla quale non sono stato in grado di dare una risposta esaustiva. Eppure, così come mi ha detto qualcuno in passato, la fantasia non mi manca e non mi è mai mancata. Ma adesso non è un problema di fantasia: è un problema di stress psico-fisico! Per quello, ahimè, non ho, al momento, un rimedio efficace.

Ma, bando alle ciance, vorrei oggi raccontarvi una storia, una vicenda contraddistinta da mille e più sfaccettature, che ho da sempre sperato e sognato di scrivere.

È la storia di taluni ragazzi cresciuti nel quartiere Brancaccio di Palermo, proprio come me.

Un quartiere, quello di Brancaccio, posto a sud-est del capoluogo siciliano. Uno tra i più popolosi e popolari, fra l’altro, della mia città natia che è passato alla ribalta della cronaca nera per omicidi di mafia efferati.

Negli anni Settanta del secolo scorso, quando ero un bambino, gran parte del quartiere era ricco di appezzamenti di terreno coltivati ad ortaggi: per lo più cavolfiori e asparagi, finocchi e patate e, talvolta, anche piantumato con qualche vitigno autoctono e qualche agrumeto.

Via Giacomo Alagna, l’arteria stradale dove sono cresciuto, giocando per strada con altri miei coetanei, era ricca di appezzamenti di terreno coltivati in tal guisa; vi era, ricordo, anche una fabbrica, dismessa ormai da anni, sorta ai primi del Novecento, per la distillazione dell’olio di colza: opificio industriale che i vecchi chiamavano “a fabbrica ò nuzzo (o nuozzo)”.

All’epoca dei fatti, così come lo è oggi, detta via era delimitata a nord dalla via Messina Marine, mentre a sud dalla via S. 35, oggi via Padre Giuseppe Puglisi, il prete cattolico ucciso dalla mafia negli anni Novanta del secolo scorso, il cui appartamento, oggi adibito a casa museo, era posto a breve distanza da quell’ampio stradone; a ridosso di questa strada, su cui oggi sfreccia “Genio”, il tram della linea 1 dell’AMAT, sorgeva e sorge la scuola elementare Nazario Sauro, il circolo didattico da me frequentato da bambino; essa, poi, era ed è intersecata a sinistra, per chi guarda in direzione del mare, dalla via F. Sivori ammiraglio, via Pigafetta; via Carlotto, mentre a destra dalla via Gino Funaioli.

Ma questa non è la storia delle strade di Palermo o di Palermo, o della toponomastica che contraddistingue il quartiere Brancaccio, così come non lo è di Brancaccio in senso stretto e della delinquenza diffusa che lì prosperava e prospera: è la storia di alcuni bambini, divenuti poi dei ragazzi, ormai degli uomini adulti, con figli e nipoti al seguito, che lottarono e continuano a lottare per non cadere nelle maglie dell’illegalità diffusa del quartiere; questa zona geografica di Palermo, che nell’Ottantadue del Novecento registrò decine e decine di morti ammazzati per mano di vili mafiosi, che si definivano e tutt’ora si definiscono “uomini d’onore”, ma il cui comportamento delinquenziale, pur tuttavia, di “onorevole” ha ben poco, è il proscenio in cui è ambientato questo mio nuovo racconto.

Ci ho riflettuto parecchio, negli ultimi tempi, e penso che tra i personaggi di cui parlerò non può non mancare F.M., alias “Franco”, scomparso a seguito di un tragico incidente stradale lo scorso anno e che io da bambino ammiravo per la sua tenacia e caparbietà; poi, a seguire, parlerò di S.G., alias “Totò”, anch’egli scomparso qualche anno fa per un carcinoma che lo ha consumato come una candela su cui ardeva una fiamma splendente, a volte abbacinante, uno dei bambini che come me frequentavano la scuola elementare Nazario Sauro.

In seguito racconterò della vicenda umana di V.V., alias “Enzo”, che, dopo tanti anni di sacrifici, è riuscito ad affermarsi nel campo dell’infermieristica ed oggi esercita la sua ordinaria attività lavorativa presso un nosocomio cittadino.

Parlerò di tanti altri abitanti del quartiere, che ho avuto modo di incontrare in passato e negli ultimi tempi: un’umanità multi variegata, che lavora, paga le tasse e cerca di affrancarsi sempre di più da quello stereotipo che contraddistingue il cittadino generico medio residente nel quartiere che è tristemente legato, a doppia mandata, alla storia degli ultimi quarant’anni di Palermo.

 

Il Quartiere Brancaccio di Palermo: un ritratto complesso.

 

Il quartiere Brancaccio di Palermo è un luogo ricco di storia e contraddizioni, profondamente segnato dal suo passato e in continua evoluzione verso il futuro. Nelle pagine che seguono si offrirà al lettore uno sguardo multiforme su questo quartiere, evidenziandone le diverse sfaccettature.

 

Un Quartiere popolare e problematico:

Il quartiere è purtroppo noto per gli efferati omicidi di mafia che vi sono stati commessi, in particolare negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. La delinquenza diffusa era ed è ancora una triste realtà a Brancaccio.

 

Strade e luoghi significativi:

Via Messina Marine, un'importante arteria che collega il centro storico di Palermo ai comuni limitrofi, attraversa il quartiere. Questa strada è sempre congestionata dal traffico, soprattutto nelle ore di punta. In viale Amedeo D’Aosta, traversa di via Messina Marine, si trova la scuola elementare Nazario Sauro, frequentata dall'autore a far data del 1974.

Via Padre Giuseppe Puglisi, già denominata via S. 35, è intitolata al prete cattolico ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno a causa del suo impegno evangelico e sociale; essa è una traversa di viale Amedeo D’Aosta ed è posta a breve distanza dall’intersezione che viale Amedeo D’Aosta fa col viale dei Picciotti. All’inizio di viale dei Picciotti, dopo aver percorso pochi metri a piedi, sulla sinistra e guardando in direzione di via Cappello, si trova Piazzale Anita Garibaldi; proprio dinanzi al civico contraddistinto col numero 5 del predetto piazzale si trova l'appartamento in cui viveva Padre Pino Puglisi, oggi adibito a casa museo. Intorno alle 20:40 del 15 settembre 1993 “3P”, ovvero Padre Pino Puglisi, venne assassinato davanti al portone di casa. Sulla base delle ricostruzioni, l'assassinio venne condotto con uno stile tipico delle esecuzioni mafiose: don Pino era arrivato a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall'automobile, si era avvicinato all'ingresso della sua abitazione, quando qualcuno lo chiamò e lui si voltò, mentre qualcun altro gli scivolò alle spalle e gli sparò un colpo di pistola alla nuca, uccidendolo all'istante. I funerali si svolsero il 17 settembre del 1993.

Il quartiere, sebbene per un breve tratto, è attraversato dal fiume Oreto, un corso d’acqua a carattere torrentizio, che sfocia nel Mar Tirreno, la cui foce è visibile dal ponte del lungomare Sant’Erasmo. Un altro punto di riferimento è lo Stand Florio, anche noto come "Locanda del tiro a piccione", costruito dalla famiglia Florio, su progetto di Ernesto Basile, nel 1905.

 

L'ombra della Mafia e dell'eroina:

Negli anni Ottanta Palermo, e quindi anche Brancaccio, è stata colpita da una grave epidemia di morti per droga, definita da alcuni come una "guerra di trincea".

La città era diventata uno dei centri di produzione di eroina più importanti al mondo, rifornendo non solo la Sicilia, ma anche il continente e gli Stati Uniti.

La mafia ha sfruttato questo traffico illecito per arricchirsi, trasformando Palermo in una città diversa da quella del passato.

 

Brancaccio nelle opere di Francesco Toscano:

I romanzi di Francesco Toscano, come "Malacarne", offrono un'ulteriore prospettiva su Brancaccio, descrivendolo come un luogo segnato dalla lotta tra il bene e il male e dalla speranza di riscatto.

L'autore, cresciuto a Brancaccio, utilizza il quartiere come sfondo per le vicende dei suoi personaggi, riflettendone la violenza endemica e il desiderio di redenzione.

 

Un quartiere in trasformazione:

Sebbene le pagine dei libri di Toscano offrano un quadro a tratti desolante di Brancaccio, è importante ricordare che il quartiere è in continua evoluzione.

Come ogni luogo, Brancaccio è abitato da persone che lottano per un futuro migliore, cercando di superare le difficoltà del passato.

Le iniziative sociali e culturali, come la casa museo di Padre Puglisi ed altre ancora, rappresentano un segnale di speranza e un tentativo di riscatto per il quartiere.

Il quartiere è collegato al centro città per mezzo del tram, la linea 1 dell’AMAT, oltre che dagli autobus delle linee 224, 226, 237 dell’AMAT.

A ridosso di via Brancaccio, poi, sorge la stazione ferroviaria di Palermo “Maredolce”, una delle fermate del passante ferroviario di Palermo che, malgrado sia stata inaugurata in pompa magna il 16 febbraio 2016, è a tutt’oggi chiusa e risulta non operativa. Dalla sua attivazione, purtroppo, nessun treno vi ha effettuato mai fermata.

 

Francesco Toscano

 

Uno.

 

“Il Mundialito”

 

Franco era davvero un bel bambino; all’età di quindici anni, ricordo, era il più alto fra tutti gli altri suoi coetanei, giacché sfiorava il metro e ottanta cm di altezza. Franco era tenace, caparbio, estroverso, giocoso, pieno di vita, solare; ma la vita, purtroppo, dopo avergli voltato le spalle in maniera beffarda, lo avrebbe abbandonato definitivamente sulla soglia dei Sessant’anni, in seguito ad un tragico incidente stradale sulla circonvallazione di Palermo, nei pressi del quartiere Bonagia. Ma questo Franco non lo sapeva allora. Perché lo avrebbe dovuto sapere? Chi mai glielo avrebbe potuto riferire che la sua vita sarebbe terminata tragicamente, quando ancora era un adolescente allegro e pieno di vita? Un giorno, egli decise, sulla scia del fenomeno “Mundialito[1], che era andato in onda in Tv a quel tempo, di organizzare un torneo di calcio per i bambini che abitavano a ridosso dell’intersezione viaria esistente tra la via G. Alagna e la via G. Funaioli. A quel tempo, all’incrocio tra via G. Alagna con la via G. Funaioli era presente un pezzo di strada, asfaltata dal Municipio, che terminava su di un appezzamento di terreno, coltivato ad ortaggi, penso che fossero dei cavolfiori, di proprietà di un tale a nome V., alias vassallus, oggi deceduto, che, bontà sua, era solito bucare i palloni in cuoio utilizzati dai bambini che abitavano a breve distanza da quell’appezzamento di terreno; che cercavano, in barba a tutti, di sfidarsi nelle varie partite di un torneo di calcio che sarebbe stato da loro giocato su di quella angusta arteria stradale, da poco resa fruibile dall’asfalto nero di catrame ivi posatovi, bruciata dal sole d’estate di un torrido anno 1981. La sorte, ahinoi, aveva voluto che arrivassero all’interno dell’appezzamento di terreno, chiuso e delimitato da lamiera zincata, coltivato dal vassallus e che questi amorevolmente zappava con tanta fatica, i nostri numerosi palloni, inizialmente dei “Super Santos” e, infine, alcuni in cuoio con camera d’aria. Ma all’epoca dei fatti né io, né gli altri bambini eravamo in grado di capire perché l’ira si impossessava della mente di quell’uomo ogni qualvolta una palla cadeva all’interno del suo appezzamento di terreno. L’unica cosa che capivamo era che un vecchio, a nostro parere stolido, era solito tagliarci la palla da gioco che con tanti sacrifici i nostri genitori avevano comperato affinché noi ci potessimo divertire. Fischietto in bocca, Franco dirigeva tutti gli incontri di calcio, che sarebbero poi stati combattuti da noi bambini come dei provetti campioni, poi vinti, ricordo il più delle volte, dai nostri spietati avversari: dei bambini abitanti a qualche chilometro di distanza da quella via, che, più di noi, erano davvero bravi a giocare a calcio. Fra tutti, io, ero il più piccolo. Un mio cugino, mio omonimo e che oggi vive al Nord Italia, decise per me che io dovessi difendere la nostra porta, i cui pali, inesistenti, erano fatti dalla prima cosa raccolta per strada che potesse rimanere al suolo e non volar via con la prima folata di vento. Il torneo del nostro “Mundialito”, per ovvi motivi, durò ben poco. Non eravamo in grado di acquistare un pallone al giorno; nessuno di noi lavorava, né i nostri genitori, per lo più operai, erano disposti a spendere i loro averi per acquistare dei palloni di calcio che, in poco tempo, qualcuno avrebbe distrutto e a cui non gli si poteva dire nulla, se non “mi scusi, ma i bambini dove devono giocare?”. A tale domanda, seppure legittima, non seguì mai alcuna risposta da parte dell’anziano contadino che, stanco di dover contrastare con un nugolo di marmocchi e con i loro familiari, si era, a suo dire, “sfastidiatu” per così tanta tracotanza da parte di quei giovani genitori che, invece di tenersi a casa i figli, prediligevano che quei marmocchi giocassero per strada con quei orribili palloni di cuoio, pesanti, che colpendo i suoi ortaggi, frutto di sacrifici e sudore, li distruggevano definitivamente. I bambini, pur tuttavia, non curanti di quanto fosse accaduto loro, qualche giorno dopo ripresero a giocare quelle partite di calcio che avevano lasciato in sospeso. Il torneo, a cui seguirono dei festeggiamenti con tanto di medaglie per i partecipanti e coppa per la squadra vincitrice, si concluse a ridosso del giorno di Natale dell’Ottantuno. Franco ci teneva a che il torneo arrivasse alla fine, non perché si volesse mettere in mostra come arbitro ai nostri occhi da bambini viziati e spensierati, ma perché, in cuor suo, desiderava di poterci dare un futuro diverso e tenerci lontani da quei giovanotti che, come se fossero delle nuove maghe Circe pronti ad ammaliare, attiravano gli adolescenti del quartiere verso il mondo della droga e dello spaccio di eroina. Era il suo primo torneo da arbitro ufficiale. Qualche anno dopo, ricordo, egli mi disse che si era iscritto alla delegazione cittadina della federazione italiana giuoco calcio; era orgoglioso di quanto stava per accadergli. Mi disse che così avrebbe potuto arbitrare delle partite di calcio che contavano per davvero, benché si fossero disputate in quei campi di periferia in cui, purtroppo, i genitori litigano tra loro e con il mister pensando che il figlio, ai loro occhi già campione provetto, non meriti di starsene in panchina. Di quei giorni in cui, madido di sudore, mi ritiravo a casa stremato per aver dato tutto me stesso in quel campo di calcio provvisorio, fatto di sangue e catrame, per via dei numerosi incidenti di giuoco, ho un vivido ricordo. Me ne ero dimenticato in tutti questi anni. È bastato leggere su internet della tragedia che ha colpito il mio amico d’infanzia e la sua famiglia che tutto, come se di colpo avessi riavvolto il nastro della mia memoria, benché racchiuso all’interno di un cofanetto di cellule nervose, (così come quei vecchi film in otto millimetri che erano racchiusi in cofanetti di metallo), mi si è palesato davanti agli occhi il ricordo di quei giorni felici,  come se fossi stato nuovamente proiettato in quella realtà dell’essere, attraverso un cunicolo gravitazionale o Einstein - Rosen.

Per difendere dignitosamente la porta della mia squadra, pur tuttavia, mi sarei dovuto impegnare oltremodo, anche tenuto conto del fatto che ero davvero piccolo e, per connotazione genetica, non molto alto; i miei sforzi si sarebbero dovuti concentrare nel difendere la porta longitudinalmente, in lunghezza, avuto riguardo del fatto che la porta non avesse né pali, né traversa. Allora, instancabilmente, qualcuno, uno dei miei cugini di solito, mi allenava all’interno dell’area garage del condominio posto all’intersezione tra le vie G. Alagna e G. Funaioli, ove i miei zii avevano due box di proprietà. Chissà quante volte i condomini di quel palazzo ci mandarono a quel paese, dissero di noi peste e corna, per tutti quei rumori molesti che noi facevamo all’interno del residence in cui essi vivevano; non ricordo, pur tuttavia, che qualcuno si lamentò con noi o che qualcuno avesse mai inveito contro di noi: ritengo che le nostre mamme fossero davvero felici di sapere che noi tutti fossimo rinchiusi all’interno di un’area in cui nessuno ci avrebbe potuto molestare, infastidire, approfittarsi della nostra giovane età e farci commettere delle azioni contro norma. Tantissime volte rischiai di rompermi una gamba; a volte rincasavo con un nuovo livido in corpo, con un nuovo taglio alle braccia o alle gambe, poiché per prendere quella maledetta palla che mi tiravano letteralmente addosso, non potendomi scansare e dovendo assurgere a ultimo baluardo di difesa, ero costretto a fare le capriole, come se fossi stato una scimmietta ammaestrata da un circense. Ad un certo punto non li contai più i lividi, né, tantomeno, mia madre ci fece più caso. La mia giovane età mi consentiva di recuperare in fretta, e il mio corpo riparava in fretta tagli e ferite che mi ero procurato o che altri mi avevano regalato, bontà loro. Una cicatrice, però, quella ce l’ho ancora. Un giorno, mentre giocavo con la mia bici, che mio padre e mia madre mi avevano regalato per il Natale del 1975, percorrendo la via Antonio Pigafetta, esattamente in prossimità della discesa che portava al garage del servizio Pullman della ditta Pecoraro, un bambino, con cui sovente giocavo, mi spinse repentinamente e talmente così forte lungo quella discesa che io non ebbi il tempo di frenare la bici, così sbattendo la faccia nel cancello in ferro che chiudeva lo scantinato. I tre punti di sutura che mi diedero al labbro inferiore al Pronto Soccorso dell’Ospedale Buccheri La Ferla, a sangue caldo, li ho ricontati oggi tutti e tre, drammaticamente, rivivendo quel momento poco felice da me vissuto in giovane età. Qualche giorno fa, passeggiando col cane di mia figlia in via G. Funaioli, mi sono fermato proprio in prossimità di quell’area condominiale dove giocavo da bambino, dovendo il cagnolino fare i suoi bisogni; lì mi sono reso conto di quanto fossimo stati imprudenti da bambini. Ho guardato quell’area condominiale con molta attenzione: una Stradella d’ingresso davvero piccola, che consente l’accesso di un solo autoveicolo per volta, meglio se si tratti di una berlina, perché già un SUV, quelli che oggi sfrecciano lungo le strade cittadine, avrebbe non poche difficoltà ad entrarvi agevolmente. Le piastrelle con cui è lastricato il viale di accesso all’area garage di quel fabbricato, di colore rosa, le ho riguardate con attenzione e, attraverso una serie di flashback, mi sono rivisto più volte per terra, dolorante, con il volto schiacciato su di una di esse. Malgrado tutto esse, inesorabilmente, hanno resistito al tempo trascorso, mostrandosi alla mia vista così come io me li ricordavo.


 



[1] La Copa de Oro, o “Mundialito” come è passato alla storia, è un torneo calcistico inventato in Uruguay per celebrare il cinquantesimo anniversario del primo mondiale di calcio. L’idea era di far partecipare in un mini campionato tra dicembre 1980 e i primi giorni del 1981 le sei nazioni che fino a quel momento di erano aggiudicate almeno un’edizione della Coppa del Mondo, con l’Olanda, finalista delle ultime due manifestazioni, a sostituire l’Inghilterra rinunciataria. Ma alle spalle del Mundialito apparvero interessi forti, i diritti televisivi e quelli di immagine che, almeno in Italia, provocarono addirittura una guerra tra la Rai e la neonata emittente privata Canale 5, di proprietà di un giovane e rampante imprenditore, Silvio Berlusconi.

Post in evidenza

Recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano, redatta dalla lettrice Maria Giulia Noto.

Buonasera!  Oggi mi pregio di pubblicare la recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", dello scrivente Francesco ...

I post più popolari

La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."

Cenni storici sul Comune di Palermo,Monreale, la Sicilia in genere.News su società e cultura. News dalle Province Siciliane. Storia di Palermo e della Sicilia dalla preistoria ai giorni nostri. Elementi di archeologia misteriosa,della teoria del paleocontatto.


La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.




Lettori fissi