Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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sabato 26 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte ottava.


26 Marzo 2011. 

Ricostruzione ipotetica dell'Arca dell'Alleanza
Nel massiccio del Sinai si innalza oltre duemila metri il monte Oreb. Il monte Oreb è il luogo in cui tra l'altro Mosè, secondo il Libro dell'Esodo, fu chiamato da Dio attraverso il roveto ardente (Es 3,1 seguenti) per ricevere le tavole della legge del decalogo (Es 19,10 seguenti): mentre le fonti yahvista e sacerdotale usano il nome Sinai, quelle elohista e deuteronomista usano il nome Oreb. Anche per il monte Sinai-Oreb, come per molte delle località descritte nell'Esodo, si è persa la memoria toponomastica delle località descritte. Sono state proposte diverse identificazioni: Gebel Musa (letteralmente montagna di Mosè in arabo), nel sud della penisola del Sinai. Questa identificazione risale ai primi secoli dell'era cristiana ed è attualmente l'ipotesi più accreditata. Secondo un'antica tradizione che risale al 330 d.C., Elena madre dell'imperatore Costantino, identificò il Monte Oreb citato nella Bibbia un'altura a sud della penisola del Sinai, rinominata Monte di Mosè, in arabo Gebel Musa. L'imperatore Giustiniano nel 527 d.C. fece edificare in una valle sulle sue pendici, nel luogo identificato del roveto ardente, la Basilica della Trasfigurazione, che includeva la primitiva chiesa di Sant'Elena Imperatrice, e che nel IX secolo fu dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, l'odierno Monastero di Santa Caterina. Monte Seir, nella regione storica di Edom, presso il confine tra l'attuale Stato d'Israele e Giordania. Har Karkom (Montagna di zafferano in ebraico) o Gebel Ideid (arabo), nel Negev. Nel 1983 l'archeologo Emmanuel Anati trovò un santuario all'aperto risalente al paleolitico e usato ininterrottamente almeno fino all'età del bronzo. Dalle raffigurazioni presenti sul posto è stato dedotto che il santuario fosse dedicato al dio Luna semitico Sin, il cui nome avrebbe originato quello del Sinai. Sulla vetta di Har Karkom è inoltre presente una piccola grotta che ricorderebbe quella citata dall'Antico Testamento in cui trovò riparo Mosè al cospetto di Dio. Dio, disceso in una colonna o cilindro di fuoco, oltre a fornire a Mosè i Dieci Comandamenti, gli disse come costruire l'Arca dell'Alleanza. L'Arca è descritta dettagliatamente nel libro dell'Esodo (25, 10-21; 37, 1-9): era una cassa di legno di acacia rivestita d'oro all'interno e all'esterno, di forma parallelepipeda, con un coperchio d'oro puro sul quale erano due statue di cherubini anch'esse d'oro, con le ali spiegate. Le dimensioni erano di due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza e altezza, ovvero circa 110×60×60 cm. Ai lati erano fissate con quattro anelli d'oro due stanghe di legno dorato, per le quali l'arca veniva sollevata quando la si trasportava. All'interno della cassa erano conservati un vaso d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che era fiorita e le Tavole della Legge. (Ebrei 9:4;). Tuttavia, al momento dell'inaugurazione del Tempio di Salomone non conteneva altro che le Tavole della Legge (Deuteronomio 10, 1-5; 1 Re 8, 9; 2 Cronache 5, 2-10). Il compito di trasportare l'arca era riservato ai leviti: a chiunque altro era vietato toccarla. Quando Davide fece trasportare l'arca a Gerusalemme, durante il viaggio un uomo di nome Uzzà vi si appoggiò per sostenerla, ma cadde morto sul posto (2 Samuele 6, 1-8). Secondo la tradizione l'arca veniva trasportata coperta da un telo di pelle di delfino coperto da un ulteriore telo di stoffa viola e, quando il popolo ebraico si fermava, veniva posta in una tenda specifica, definita "Tenda del Signore" o "Tenda del convegno" senza che venisse mai esposta al pubblico, se non in casi eccezionali. Inoltre la leggenda vuole che l'arca, in alcune situazioni, si adornasse di un alone di luce e che da essa scaturissero dei lampi di luce divini, delle folgori, capaci di incenerire chiunque ne fosse colpito e nel caso non avesse rispettato il divieto di avvicinarvisi; infine, tramite l'arca, Mosè era in grado addirittura di parlare con Dio che compariva seduto su un trono fra i due cherubini che ornavano il coperchio e che rappresentano l'angelo Metatron e l'angelo Sandalfon. Se oggi ricostruissimo l'Arca dell'Alleanza, secondo le indicazioni di Mosè, il risultato potrebbe anche essere una specie di condensatore con una carica di centinaia di Volt. Un lato delle lamine d'oro, infatti, poteva essere caricato negativamente, mentre l'altro positivamente. Quando nella Bibbia si parla dell'Arca dell'Alleanza si dice, come anzidetto, che fosse in grado di emettere lampi; quando Mosè  la costruì gli fu possibile mettersi in contatto con Dio tutte le volte che voleva. Oltre che come una macchina elettrica l'Arca funzionava dunque anche come una radio? Varie sono le sue ricostruzioni; essa comunque sviluppava tensioni elettriche mortali. L'Arca folgorò degli uomini al tempo del re David,  e fu usata come arma per distruggere le mura di Gerico; scomparve nel 587 a.C. Chi la ideò? Il 19 giugno 2009 il Patriarca della Chiesa ortodossa etiopica Abuna Paulos, in una conferenza stampa tenutasi all'Hotel Aldrovandi a Roma, cui ha partecipato anche il principe Makonnen Haile Selassie, presunto nipote dell'imperatore d'Etiopia Hailé Selassié I, e il duca Amedeo D'Aosta ha dichiarato che "L'Etiopia è il trono dell'Arca dell'Alleanza. L'Arca dell'Alleanza è stata in Etiopia per tremila anni e adesso è ancora lì e con la volontà di Dio continuerà ad essere lì. È per via del miracolo che è arrivata in Etiopia. L'ho vista con senso di umiltà, non con orgoglio, come quando si va in chiesa. È la prima volta che dico questo in una conferenza stampa. Ripeto l'Arca dell'Alleanza è in Etiopia e nessuno di noi sa per quanto tempo ancora. Solo Dio lo sa. Tutto quello che si trova nell'Arca è descritto perfettamente nella Bibbia. Lo stato di conservazione è buono perché non è fatta da mano d'uomo, ma e' qualcosa che Dio ha benedetto. Ci sono molti scritti e prove evidenti sulla presenza dell'Arca in Etiopia. Non sono qui per dare delle prove che l'Arca sia in Etiopia, ma sono qui per dire quello che ho visto, quello che so e che posso testimoniare. Non ho detto che l'Arca sarà mostrata al mondo. È un mistero, un oggetto di culto". Due giorni prima, il Patriarca aveva annunciato che "presto il mondo potrà ammirare l'Arca dell'Alleanza descritta nella Bibbia come il contenitore delle Tavole della Legge che Dio consegnò a Mosè", e che "ad Axum sorgerà il Museo chiamato a ospitare l'Arca".

Continua...al prossimo post!

Fonte:

giovedì 24 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte settima.


Gilgamesh, Re di Uruk (Fonte: it.wikipedia.org)
24 Marzo 2011.

Bagdad, capitale dell'Iraq e dell'omonima provincia, è la seconda città più grande dell'Asia sud-occidentale, dopo Teheran. Nel museo nazionale iracheno troviamo una traccia degli antichi astronauti. Qui vengono conservati documenti scritti in caratteri cuneiformi, su tavolette d'argilla, per noi importantissimi: essi hanno almeno cinquemila anni e raccontano di esseri venuti sulla terra provenienti dal cielo fra nubi di fumo e rombi di tuono. 
In tali documenti si narra dell'epopea di Gilgamesh, reperti portati alla luce in centinaia di siti archeologici in Mesopotamia. L'Epopea di Gilgamesh raccoglie tutti quegli scritti che hanno come oggetto le imprese del mitico re di Uruk ed è da considerarsi il più importante dei testi mitologici babilonesi e assiri pervenuti fino a noi. Di quest'opera noi possediamo, oltre all'edizione principale allestita per la biblioteca del re Assurbanipal e ora conservata nel British Museum di Londra, altre versioni più antiche e frammentarie. Tutti i popoli che sono venuti a contatto con il mondo sumerico hanno avvertito la grandezza dell'ispirazione, tanto è vero che tavolette cuneiformi con il testo di Gilgameš sono state trovate in Anatolia, scritte in ittita e hurrita, e in Siria-Palestina. I testi più antichi che trattano le avventure dell'eroe appartengono alla letteratura sumerica e scene dell'epopea si ritrovano, oltre che su vari bassorilievi, su sigilli cilindrici del III millennio a.C.. Gilgamesh è il re sumero della città di Uruk. Guerriero crudele, è per due terzi divino e per un terzo mortale e tiene sotto il suo dominio un popolo sempre più stanco delle sue prepotenze e ingiustizie. Gli dèi, dunque, per punirlo, decidono di creare un uomo in grado di contrastarlo, Enkidu. Egli è primitivo e rozzo, plasmato dall'argilla e descritto nell'epopea come selvaggio sia nel fisico che nei comportamenti. I due si scontrano, come previsto, ma lo scontro finisce alla pari. Colpito dalla forza di Enkidu, Gilgamesh stringe con lui un patto d'amicizia. Decidono di andare insieme alla Foresta dei Cedri per prelevare il prezioso legno di questi alberi. Alla guardia della foresta c'è però un mostro, che i due riescono a sconfiggere senza grossi problemi. Accresciuta ulteriormente la sua fama e l'amicizia con Enkidu, Gilgamesh viene corteggiato da Ishtar (la dea della bellezza e della fecondità, ma anche della guerra e della distruzione), che lo vorrebbe come sposo, estasiata dalle sue doti di guerriero e dalla sua fama. Gilgamesh però la rifiuta, visto il triste destino dei passati amanti della dea, come Dumuzi, e Ishtar, con l'aiuto di Anu (il dio del Cielo e padre di Ishtar stessa) invia contro i due amici un ferocissimo toro divino di colore blu. 
Nel combattimento che ne consegue, Enkidu blocca il selvaggio animale e Gilgamesh gli infila la spada tra le corna, uccidendolo. Oltraggiata ancora di più, Ishtar fa morire Enkidu con una brutale malattia, che gli fa patire una morte lenta e atroce. Gilgamesh scopre così per la prima volta il dolore per la perdita di un caro amico, e rimane molto scosso. Decide dunque di intraprendere un viaggio alla ricerca del senso della vita e del segreto dell'immortalità. Viene a sapere dell'esistenza di un uomo a conoscenza di questo segreto: Utanapishtim, un uomo molto vecchio e saggio che scampò, grazie all'aiuto di Enki, al diluvio universale, e a cui gli dèi fecero il dono dell'immortalità. Egli vive isolato al di là dell'oceano della Morte e, dato il grandissimo segreto che conosce, la sua casa è raggiungibile solo dopo aver superato molti ostacoli. Gilgamesh riesce a superare ogni prova, tra cui gli uomini scorpione, posti a guardia dei monti Mashu, e giunge in un bellissimo giardino dove una donna gli implora di fermarsi e non proseguire. Il valoroso re non cede alle richieste e sceglie di andare avanti, giungendo finalmente nel luogo dove vive Utanapishtim. La delusione di Gilgamesh è, però, grande: il saggio gli risponde che la morte è inevitabile per l'uomo che, prima o dopo, dovrà lasciare questo mondo. Gilgamesh, ormai senza speranze, sta per andarsene quando Utanapishtim, impietosito, gli rivela che c'è un'unica possibilità per l'eterna giovinezza: è una pianta che si trova in fondo al mare. Gilgamesh parte subito alla ricerca del prezioso vegetale e, dopo averlo trovato, decide di riposarsi sulle rive di un ruscello. Al suo risveglio, scopre che la pianta tanto preziosa è stata mangiata da un serpente, che dopo averla mangiata ha cambiato pelle. Sconfitto, torna così ad Uruk, la sua città. Nel finale il testo originale è ricco di lacune, dovute certamente alla mancanza di alcune tavolette, andate ormai perdute. Recentemente sono però state trovate altre tavolette che raccontano del suicidio di Gilgamesh insieme alla sua corte. Altro episodio, del quale però non si capisce la giusta collocazione all'interno del poema, è il seguente: Gilgamesh prega il dio degli inferi di fargli rivedere Enkidu per un'ultima volta. Il desiderio viene esaudito e l'anima di quest'ultimo si presenta a Gilgamesh. Enkidu rivela al suo grande amico che la vita nell'oltretomba è triste e cupa, piena di rimpianti per tutto ciò che non si è fatto nella vita terrena e per le occasioni che si sono perse. Gli consiglia pertanto di lasciar stare in pace i morti e di godersi la vita finché possibile, dato che nell'oltretomba l'esistenza sarà piatta e senza felicità. Le uniche persone che potranno godere di un'esistenza dignitosa nell'aldilà sono coloro che hanno generato numerosi figli, specchio della concezione secondo cui l'unico modo di vivere in eterno è quello di lasciare una discendenza. Gli autori dell'epopea di Gilgamesh, assai simile alla Genesi della Bibbia, sono vissuti duemila anni prima degli autori della Bibbia. Gilgamesh, l'eroe dell'epopea, era un misto di dio e di uomo. La settima tavola narra un fatto straordinario: Enkidu, un'amico dell'eroe, ci potrebbe infatti fornire la prima testimonianza oculare di un volo spaziale. Ad Enkidu, infatti, salito in dodici ore nello spazio, a bordo di un bronzeo velivolo celeste, gli chiedono: "Guarda giù la Terra, come ti appare? Osserva il mare, che te ne sembra?" Ed egli risponde:"La Terra appariva come una farinata, ed il mare come una pozza d'acqua." Non diversamente gli astronauti americani hanno descritto l'aspetto della terra vista dal suolo lunare. Una coincidenza?

Guardiamo con maggiore fiducia le antiche fonti, e prendiamo alla lettera, ad esempio, ciò che troviamo scritto sulla Bibbia. Nel libro della Genesi, infatti, è scritto:"..allora l'eterno fece piovere dai cieli su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco.." Ma che cosa avvenne veramente su Sodoma e Gomorra? Il diciannovesimo capitolo del primo libro di Mosè ci fornisce la relazione di un drammatico evento:  Dio rivelò a Lot che stava per distruggere Sodoma perché il suo peccato era molto grave. Lot intercedette per le persone giuste della città, e Dio gli rispose che non l'avrebbe distrutta se avesse incontrato dieci persone giuste nella città. Secondo il prosieguo nel cap. 19, ai versetti 1-38, due angeli di Dio entrarono a Sodoma. Nel vederli, Lot li invitò nella sua casa e insistette affinché trascorressero la notte nell'abitazione. Tuttavia, prima che ciò potesse avvenire, gli abitanti di Sodoma attorniarono la casa ed esigettero che Lot consegnasse loro i suoi invitati per poter abusare di loro. Lot rifiutò, offrendo alle loro voglie le sue due figlie vergini, ma essi rifiutarono, insistendo nelle loro pretese. Gli abitanti di Sodoma provarono così a fracassare la porta d'ingresso, ma i due invitati impedirono l'accesso all'interno della casa agli assalitori accecandoli tutti con un'abbagliante luce. Dopodiché essi dissero a Lot di abbandonare subito con la sua famiglia la città. Lot avvisò i suoi generi, che però non gli dettero retta e così Lot abbandonò la casa e la città solo con sua moglie e le sue figlie, chiedendo e ottenendo che si salvasse la piccola città di Soar, nei pressi di Sodoma. Quindi Dio inviò una pioggia di fuoco e zolfo che incenerì del tutto Sodoma con i suoi abitanti, assieme ad altre città della pianura. L'ordine di non voltarsi indietro a vedere quanto Dio aveva decretato accadesse alla città non fu eseguito dalla moglie di Lot che, per quell'atto di disubbidienza, fu trasformata in una statua di sale. Lo zio di Lot, Abramo, da una montagna vide la colonna di fumo che si alzava da quella che era stata Sodoma. Certo è che Sodoma e Gomorra furono annientate di colpo da una spaventosa esplosione. Il racconto della Bibbia si conclude così: "..E non rimase altro che terra deserta e inaridita." Gli effetti potrebbero esseri quelli provocati da un'esplosione di un ordigno termonucleare; una bomba atomica, ma lanciata da chi?

mercoledì 23 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte sesta.


Ercole e l'idra (dipinto di Antonio Pollaiolo)
23 Marzo 2011.

I miti antichi sono pieni di storie di dèi che scendono sulla terra per accoppiarsi con gli umani. Secondo molte fonti, compresa la mitologia nordica, la mitologia Greca, ed anche la Bibbia, troviamo la storia di questi figli di dèi, o dèi veri e propri che dall'Olimpo scendono sulla terra e restano attratte dalle donne umane. Quando avvenivano questi incontri e le donne si univano agli dèi, si legge in moltissimi testi in tutto il pianeta, si suppone che le donne facessero sesso con degli extraterrestri e non con divinità, tenuto conto che gli dèi non esistono. Stando all'Iliade di Omero i cittadini di Sparta erano rinomati per le donne bellissime e per essere eroici guerrieri. Zeus, il dio Greco del cielo, ammirava una donna di nome Leda. Un pomeriggio, mentre Leda camminava da sola in un giardino, Zeus si trasformò in cigno, l'avvolse con le sue ali potenti e la possedette. Solo in seguito Leda si rese conto di essere rimasta incinta per opera di un dio. Se osserviamo la mitologia Greca e molte mitologie sparse nel mondo, troviamo sempre storie di dèi che scendono dal cielo ed hanno rapporti sessuali con gli esseri umani, così da creare una nuova razza di uomini. I frutti di questi accoppiamenti erano descritti dagli antichi come semidèi, ossia mezzi dèi. Si può supporre che fossero degli ibridi di origine umana ed aliena. 
I Greci credevano che questi esseri fossero straordinari e destinati a grandi imprese. La mitologia greca si compone di una vasta raccolta di racconti che spiegano l’origine del mondo ed espongono dettagliatamente la vita e le avventure di un gran numero di dei e dee, eroi ed eroine, mostri e altre creature mitologiche. Questi racconti inizialmente furono composti e diffusi in una forma poetica e compositiva orale, mentre sono invece giunti fino a noi principalmente attraverso i testi scritti dalla tradizione letteraria greca. Le più antiche fonti letterarie conosciute, i due poemi epici Iliade e Odissea, concentrano la loro attenzione sugli eventi che ruotano attorno alla vicenda della guerra di Troia. Altri due poemi quasi contemporanei alle opere omeriche, la Teogonia e Le opere e i giorni scritti da Esiodo, contengono invece racconti che riguardano la genesi del mondo, la cronologia dei sovrani celesti, il succedersi delle età dell’uomo, l’inizio delle sofferenze umane e l’origine delle pratiche sacrificali. 
Diverse leggende sono contenute anche negli Inni omerici, nei frammenti dei poemi del Ciclo epico, nelle poesie dei lirici greci, nelle opere dei tragediografi del V secolo a.C., negli scritti degli studiosi e dei poeti dell’età ellenistica e negli scrittori romani come Plutarco e Pausania. Le rovine monumentali ritrovate nei siti archeologici micenei e minoici sono state d’aiuto per chiarire alcuni problemi posti dall’epica omerica e hanno fornito concreti riscontri su particolari presenti nei racconti mitologici. Gli argomenti narrati dalla mitologia greca furono anche rappresentati in molti manufatti: i disegni geometrici sulla superficie di vasi e piatti risalenti anche all’VIII secolo a.C. ritraggono scene ispirate al ciclo della guerra di Troia o alle avventure di Eracle. 
Anche in seguito, sugli oggetti d’arte saranno rappresentate scene tratte da Omero o da altre leggende, così da fornire agli studiosi materiale supplementare a supporto dei testi letterari. La mitologia Greca ha avuto una grandissima influenza sulla cultura, le arti e la letteratura della civiltà occidentale e la sua eredità resta tuttora ben viva nei linguaggi e nelle culture che fanno parte di questa zona del mondo. È stata sempre presente nel sistema educativo, a partire dai primi gradi dell'istruzione, mentre poeti e artisti di tutte le epoche si sono ispirati a essa, mettendo in evidenza la rilevanza e il peso che i temi mitologici classici potevano rivestire in tutte le epoche della storia. E' tradizione in molte civiltà dell'antichità che ci fossero certi bambini non del tutto umani; in qualche modo legati alle stelle, ad un regno oltre la terra e queste caratteristiche erano presenti già alla nascita, quasi comprendessero una componente di DNA, che magari la scienza dovrebbe considerare e studiare. Alcuni dei più antichi racconti di dèi che si accoppiano con gli uomini si trovano nei testi tradizionali Indù. 
Negli antichi scritti sanscriti dell'India, troviamo questo racconto: una regina di nome Kunti si unì con un essere celeste, un extraterrestre noto come "il dio Sole". Il prodotto di questa unione fu Karna. Karna è uno dei personaggi principali del Mahābhārata, uno dei grandi poemi epici della mitologia dell'antica India. Karna è considerato il più grande guerriero del Mahābhārata da parte di altri personaggi del poema, tra cui Krishna e Bhishma, come indicato nel testo originale da Maharishi Veda Vyasa. Era il figlio di Surya (il dio del Sole) e Kunti, ma nato da questa prima del suo matrimonio con Pandu, e abbandonato alla nascita dalla madre. Viene descritto come il più caro amico di Duryodhana, e combatté al suo fianco nella sanguinosa Guerra di Kurukshetra contro i Pandava (di cui Karna era il fratello maggiore, ma illegittimo). Per tutta la sua esistenza lottò contro la sfortuna, ma fu guidato dall'onore verso la parola data. È una figura improntata al coraggio e alla generosità. 
Forse il semidio più famoso è il Greco Eracle, corrispondente alla figura della mitologia romana Ercole. Figlio di una donna mortale a nome Alcmena e di Zeus, egli nacque a Tebe ed era dotato di una forza sovrumana. Il patronimico poetico che lo definisce è Alcide, derivante da Alceo, suo nonno paterno putativo. La vicenda di questo eroe non è raccontata in una sola opera, ma ne sono state scritte molte che lo vedono protagonista, marginalmente o particolarmente. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti dalle molteplici teste, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame e molti altri mostri che l'eroe, sia per coraggio che per astuzia, riuscì sempre a sconfiggere. 
Sempre imbattuto perse la vita di propria mano, dandosi fuoco presso un rogo, dilaniato dal dolore che Deianira, sua moglie, ignara del tradimento del centauro Nesso, aveva causato intingendo la sua tunica in un veleno mortale. Salito nell'Olimpo sposò Ebe, la coppiera degli dei e divenne il dio guardiano, ricongiungendosi perfino con Era, sua eterna nemica. Maggiore eroe greco, divinità olimpica dopo la morte, Eracle fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport e delle palestre. Fu onorato in numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell'altruismo e della forza fisica, lo fecero credere il fondatore dei Giochi olimpici. In alcuni casi, mettendo in luce la generosità con la quale affrontava avversari temibili, si rese dell'eroe un'immagine dall'intensa forza morale, oltre che puramente fisica. La sua complessa personalità, l'ambientazione di certe sue imprese e il fatto che la maggior parte di esse sia legata ad animali, assimilano talvolta l'immagine di Eracle agli antichi sciamani, dotati di poteri soprannaturali, e una certa comunanza di aspetti si rintraccia anche in eroi fenici come Melqart. Le dodici fatiche, poi, possono avere qualche correlazione con i segni dello zodiaco, molti dei quali sono appunto rappresentati da animali. Nel mondo romano Ercole presiedeva alle palestre e a tutti i luoghi in cui si faceva attività fisica; considerato anche una divinità propizia, gli si rivolgevano invocazioni in caso di disgrazie, chiamandolo Hercules Defensor o Salutaris. 
È inoltre da ricordare che fin quasi all'età moderna lo Stretto di Gibilterra era noto come "Colonne d'Ercole", con espressione chiaramente evocativa: un ricordo dei viaggi e degli spostamenti dell'eroe che, nel corso delle sue imprese, toccò paesi dell'Asia Minore e del Caucaso e raggiunse l'Estremo Oriente e il Grande Oceano, che delimitava le "terre dei vivi". La leggenda era d'origine fenicia: il dio tirio Melqart (identificato poi dai Romani con Ercole e detto Hercules Gaditanus, per il famoso tempio di Gades a lui dedicato) avrebbe posto ai lati dello Stretto due colonne, che furono poi considerate l'estremo limite raggiunto da Ercole e, soprattutto nel Medioevo, il confine posto dal dio affinché gli uomini non si spingessero nell'Oceano Atlantico. I teorici degli antichi astronauti ritengono che questi semidèi fossero degli esseri in carne ed ossa realmente esistiti. Questo tipo di resoconti nelle antiche tradizioni ha un equivalente moderno nei racconti di ibridi alieno-terrestri che fanno parte delle storie di rapimenti alieni oggi in circolazione. In alcune scritture delle civiltà antiche troviamo racconti di accoppiamenti fra extraterrestri ed umani che producono mostri o Giganti o altri esseri simili. E' da supporre che in passato è successo veramente. 
E' possibile che questi racconti antichi di creature enormi, metà uomo e metà bestia abbiano una base di verità? E se è così, c'è qualche prova che questi giganteschi ibridi siano mai esistiti?




Continua...al prossimo post!


Fonte:
  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Mitologia_greca;
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Eracle;
  3. http://www.youtube.com/watch?v=ZaKtPswPrqY.

E se non fosse terrestre...? Parte quinta.


23 Marzo 2011.

L'uomo moderno è destinato a lasciare questo pianeta per colonizzare altri pianeti del nostro sistema solare. Entro la fine di questo secolo sembrerebbe che la Nasa, l'agenzia governativa civile responsabile per il programma spaziale degli Stati Uniti d'America e per la ricerca aerospaziale civile e militare, abbia intenzione di colonizzare Marte, il pianeta del nostro sistema solare  più simile alla terra e quello su cui l'uomo, con le conoscenza tecnologiche in suo possesso, potrebbe ben presto vivere. La colonizzazione del pianeta Marte è da molti ritenuta un passaggio inevitabile nello sviluppo futuro dell'umanità; attorno a Marte  si è concentrata l'attenzione delle principali agenzie spaziali terrestri, nel tentativo di sviluppare un piano organico per l'installazione di possibili colonie umane sul pianeta. Si tratta del pianeta raggiungibile da Terra con il minor impiego di energia, sebbene con le tecnologie attuali un eventuale viaggio richiederebbe comunque diversi mesi. Fra i due pianeti vi sono delle analogie:

  • Il sol, ovvero il giorno marziano, è assai vicino al giorno terrestre, con una durata media di 24 ore, 39 minuti e 35,244 secondi.
  • L'estensione della superficie di Marte è pari a circa il 28,4% di quella terrestre; a titolo di paragone, l'estensione delle terre emerse sulla Terra costituisce il 29,2% della superficie complessiva del pianeta.
  • L'inclinazione assiale di Marte è pari a 25,19°; quella terrestre vale 23,44°. Marte gode pertanto di un ciclo delle stagioni del tutto analogo a quello terrestre, sebbene la loro durata sia quasi doppia, poiché l'anno marziano corrisponde ad 1,88 anni terrestri. Il polo nord di Marte, inoltre, non punta verso l'Orsa Minore, ma verso il Cigno.
  • Marte è dotato di un'atmosfera; sebbene la pressione atmosferica al suolo valga solo lo 0,7% di quella terrestre, essa è sufficiente a proteggere la superficie dalla radiazione solare e cosmica e può essere utilizzata favorevolmente per manovre di aerofrenaggio da parte di sonde spaziali.
  • Recenti osservazioni condotte da Mars ExpressMars Exploration Rover e dalla sonda Phoenix hanno confermato la presenza di acqua sul pianeta, concentrata maggiormente attorno ai poli (anche se è stato provato che circa quattro miliardi di anni fa, il pianeta Marte appariva proprio come appare il pianeta Terra, con grandi oceani e lunghi fiumi); inoltre sono disponibili discrete quantità di tutti gli elementi e i composti chimici fondamentali per la vita umana.

Ma fra i due pianeti vi sono anche delle differenze:

  • L'accelerazione di gravità su Marte è pari a circa un terzo del corrispondente valore terrestre; allo stato attuale delle conoscenze mediche, è impossibile stabilire se questo valore sia sufficiente ad evitare l'insorgere di problemi di salute connessi con l'assenza di peso.
  • Marte è assai più freddo della Terra, con una temperatura media di -63 °C ed una minima di -143 °C.
  • A causa della bassa pressione atmosferica, Marte non presenta specchi di acqua liquida, né essi potrebbero esistere; gli esseri umani sarebbero inoltre costretti ad indossare tute pressurizzate.
  • La quantità di radiazione solare che raggiunge la superficie del pianeta (la costante solare) è circa la metà del corrispondente valore terrestre (o lunare).
  • L'orbita di Marte è più eccentrica di quella terrestre; questo causa un'intensificazione delle escursioni termiche e delle variazioni del valore della costante solare nel corso dell'anno.
  • L'atmosfera marziana consiste principalmente di diossido di carbonio. Si ritiene comunque che, data la sua elevata pressione parziale in superficie (circa 52 volte il corrispondente valore terrestre), alcune specie di pianta potrebbero sopravvivere sul pianeta.
  • Marte possiede due satelliti naturali, Phobos e Deimos, assai più piccoli della Luna e più vicini alla superficie.

Allo stato attuale, la vita umana non sarebbe possibile, senza adeguate protezioni, per più di un minuto sulla superficie di Marte; si tratta, ad ogni modo, delle condizioni più favorevoli presenti nel sistema solare, ben lontane dal clima torrido di Mercurio e Venere, dalle gelide temperature dei corpi rocciosi del sistema solare esterno e dal vuoto spinto presente sulla superficie della Luna e degli asteroidi. In condizioni estreme, l'uomo è già riuscito a sopravvivere in ambienti dalle caratteristiche analoghe a quelle della superficie di Marte: nel maggio 1961 il record di altitudine per un essere umano a bordo di un pallone aerostatico è stato registrato alla quota di 34,668 km (dove la pressione atmosferica è analoga a quella marziana); le temperature medie dell'Antartide non mostrano sostanziali discrepanze rispetto a quelle rilevate su Marte; alcuni deserti terrestri presentano caratteristiche simili a quelle della superficie marziana.

Ma cosa succederebbe se l'uomo in futuro, a bordo delle sue navi spaziali, atterrasse su un pianeta inesplorato dell'Universo sul quale una volta giunto al suolo venisse accolto da ominidi o altre forme di vita simili alla specie umana, ma ai primordi della loro evoluzione? Questi esseri alieni ci accoglierebbero come nemici o come dèi? 
Vediamo come si comportano gli uomini primitivi quando vengono a contatto, di colpo, con la tecnologia moderna: nella seconda guerra mondiale i piloti militari americani atterrarono su alcune remote isole del Pacifico, tagliate fuori dal resto del mondo. Qui gli americani costruirono basi di rifornimento e campi di atterraggio avanzati. Alla fine della guerra se ne tornarono a casa. A questo punto accadde qualcosa di strano. Gli indigeni abitanti di quelle remote isole del Pacifico, i quali vivevano ancora all'età della pietra, costruirono dei feticci di paglia e bambù simili ad aerei e delle primitive piste di atterraggio. Avevano scambiato gli stranieri per divinità e speravano in questo modo di richiamare i loro vascelli celesti con il cargo: il loro carico di tesori meravigliosi e potenti,  viveri, utensili, armi che non avevano mai visto prima. Questi veicoli aerei erano atterrati innumerevoli volte fra nubi di polveri e fragore. Gli stranieri dalla pelle bianca non andavano a caccia ma avevano tantissimo cibo a loro disposizione. Essi venivano dal cielo e quindi dovevano essere dèi, dèi del cielo. Gli indigeni attendevano il ritorno degli uomini bianchi notte e giorno ma gli dèi non tornarono più. Per tale motivo uomini scelti dalla tribù guardavano incessantemente il cielo. Sacrificavano vittime al fuoco, vegliavano e speravano, ma gli dei non tornarono più. Nacque così una nuova religione: il culto del cargo
Fu davvero questa l'origine delle leggende e delle religioni primitive? Per chi confonde ancora la fantascienza con l’ufologia, ovvero la minaccia di un’impossibile invasione marziana con lo studio scientifico degli oggetti volanti non identificati, è lecito sostenere che la cosiddetta "era dei dischi volanti" sia nata con la fine del secondo conflitto mondiale e si sia sviluppata, a partire dagli anni cinquanta, riflettendo da un lato l’eterno anèlito dell’umanità ad una pace finalmente duratura e impersonificando, dall’altro, la voglia di cercare "fuori della Terra" qualcosa di nuovo e di positivo, che aiutasse a dimenticare in fretta gli orrori della guerra. 
Se tutto questo rappresenta per i sociologi un’innegabile realtà, le cui implicazioni filosofiche vengono oggi riprese, alla fine dell’era tecnologica postmoderna, dalla corrente di pensiero chiamata "New Age", al contrario per la Paleoastronautica (branca dell’Ufologia, chiamata anche Archeologia Spaziale o Clipeologia, dal latino clypeus = scudo rotondo) le tracce inconfutabili della presenza di entità extraterrestri nel passato dell’Uomo si perdono nella notte dei tempi, dimostrando che l’evoluzione della specie umana, caratterizzata da quegli "improvvisi" ed "inattesi" balzi nel progresso della civiltà che ancor oggi stupiscono antropologi ed archeologi, è stata attentamente e costantemente seguita da non meglio definibili civilizzazioni aliene. La loro superiore tecnologia consentì ad un essere bipede, che ancora non conosceva l’uso della ruota (la prima rappresentazione della ruota è nelle tavolette d’argilla di Ur, Mesopotamia, 3.500 a.C.), di erigere manufatti così perfetti da sfidare oltre 15.000 anni di insidie naturali, con una precisione tale da far allibire gli ingegneri ed i tecnici del nostro tempo. E’ evidente, pertanto, come un impatto culturale di queste dimensioni dovesse inevitabilmente suscitare nell'intimo dei nostri antichissimi progenitori, agli albori di un percorso di civilizzazione che si presentava tutto in salita ed in cui la vita media dell’individuo si limitava a pochi decenni, una forma di considerazione del tutto speciale nei confronti di quegli "esseri misteriosi venuti dal cielo". Una venerazione, insomma, mista di gratitudine per le inimmaginabili conoscenze di cui li facevano partecipi, ma anche di forte timore reverenziale, derivato dall'intuizione dell’enorme superiorità tecnologica da essi mostrata. 
E’ logico quindi attendersi che i nostri antenati ritenessero gli extraterrestri delle divinità, come il tuono e la folgore, la luna ed il sole e tutti gli altri eventi naturali che ancora non erano riusciti a interpretare: un po’ come quello che accadde a Francisco Pizarro al suo arrivo tra gli indios peruviani; a parte le intenzioni, naturalmente... Cominciarono allora a tramandarsi oralmente, di padre in figlio, che fungeva da "iniziato", quei misteri circa "gli dèi venuti dal cielo", finché non avvertirono l’esigenza di fissare nel tempo le immagini di quegli eventi e di quei personaggi che così profondamente avevano colpito la loro sensibilità. Così una selce, impiegata come punta di freccia o come coltello, tracciò sulle pareti di una grotta buia e densa di fumo alcuni eloquenti ideogrammi: un "disco" con tanto di supporti d’atterraggio, figure vagamente umane con il capo nascosto da una specie di casco munito di antenne, rappresentazioni di esseri contornati da aura luminosa, ecc. Così, lasciando testimonianze tangibili dall’Irlanda al Sahara, dalla Spagna alla Mongolia, dalla Val Camonica all’Australia, dal Canada al Perù, l’uomo lentamente imparò ad uscire dalle oscure caverne, che lo proteggevano ma ne limitavano nel contempo lo spaziare su più ampi orizzonti; ed esercitando la meravigliosa dote della curiosità, che l’avrebbe un giorno fatto ripartire verso le stelle, alla ricerca dei suoi "dèi", di quegli esseri superiori che tanto avevano inciso nel suo cammino, uscì spettatore dalla preistoria ed entrò protagonista nel proprio futuro.



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Fonte:
  1. it.wikipedia.it;
  2. http://laterradellefate.forumcommunity.net/

E se non fosse terrestre...? Parte quarta.


Wenher von Braun davanti agli endoreattori F-1 del primo stadio del Saturn V (Fonte: it.wikipedia.org)
23 Marzo 2011.

Il telescopio più grande del mondo si trova in California, sul monte Palomar, a 1800 m di altezza. Per trasportare il suo gigantesco specchio parabolico, del diametro di  5 metri, si è dovuto costruire una strada lunga 75 km. Il telescopio può scrutare nello spazio ad una profondità di 4 miliardi di anni luce, come a dire che esso riesce a fotografare la luce di stelle distanti da noi 36 miliardi di miliardi di km. Quindi l'astronomo che usa questo potente telescopio non fa altro che osservare il passato del nostro Universo. Lo stato del nostro attuale Universo lo potranno osservare i nostri discendenti fra qualche milione di anni. Osservando il cielo di notte, lontano dai centri abitati, in aperta campagna, l'osservatore che scruta la volta celeste avrà modo di notare che su di essa sono incastonate miliardi di stelle. Se si considera che per ognuna di quelle stelle osservate vi sono i rispettivi sistemi solari, formati da pianeti, da lune, e da altri corpi celesti più piccoli, possiamo affermare che quell'osservatore in quel preciso istante sta osservando miliardi di sistemi solari e quindi miliardi di pianeti. Se poi consideriamo che nell'Universo vi sono circa cento miliardi di galassie, e che ognuna di esse contiene in media 100 miliardi di stelle, moltiplicando il numero di galassie per il numero di stelle otteniamo un numero enorme di stelle. Se anche solo una piccola parte di queste stelle avesse pianeti in grado di ospitare la vita, sarebbero comunque tantissimi. La possibilità, quindi, della presenza nell'Universo oggi conosciuto (considerando attendibile la stima che esso sia formato da cento miliardi di galassie) di civiltà tecnologiche  è stimato in 600 milioni di miliardi (previsione ottimista), 5 mila miliardi (previsione moderata), 10 mila (previsione pessimista).
La Via Lattea dell'emisfero boreale; si distingue l'asterismo del Triangolo Estivo. Ben visibile la Fenditura del Cigno, una lunga fascia scura che divide la scia chiara della Via Lattea in senso longitudinale. (Fonte: it.wikipedia.org)

Consideriamo la nostra galassia, quella che noi tutti chiamiamo comunemente Via Lattea: solo in essa vi sono cento mila milioni di stelle; se volessimo contarle tutte, al ritmo di una al secondo, impiegheremmo quasi duemila e cinquecento anni. Oggi è accertato che almeno cinquanta milioni di queste stelle potrebbero essere circondati da pianeti su cui è possibile una vita evoluta. Solo una grossa presunzione, o una ignota paura potrebbe farci affermare che noi siamo soli nell'Universo. Il professore Hermann Oberth, padre del volo spaziale, ha dichiarato: "Ritengo possibile che esseri intelligenti di altri mondi abbiano visitato la nostra terra nei tempi passati. Gli scienziati hanno sempre un atteggiamento scettico  di fronte alle nuove idee. Anche quando fu inventata la ferrovia gli scienziati credevano che l'uomo non potesse sopravvivere a velocità superiori a  trenta chilometri orari." Lo scienziato Wernher Magnus Maximilian Freiherr von Braununa delle figure principali nello sviluppo della missilistica in Germania e negli Stati Uniti, dove è ritenuto il capostipite del programma spaziale americano, ha dichiarato:" Ritengo probabile che nell'immensità dell'Universo esistano non soltanto forme di vita vegetali ed animali, ma anche esseri intelligenti; anzi ne sono convinto."

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martedì 22 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte terza.


L'Universo (Fonte: Dalla rete)
22 Marzo 2011.

Nel Maggio dell'anno 2008 il Vaticano fece una dichiarazione sconvolgente: per la prima volta nei suoi duemila anni di storia, la Chiesa Cattolica riconobbe la possibilità di vita intelligente su altri pianeti e che credere negli extraterrestri non contraddiceva la fede in Dio. Ciò significa che stiamo entrando in un'era in cui l'Universo viene concepito in maniera diversa rispetto a prima? Se è una realtà per noi, perché non può esserlo per altri esseri dell'Universo che potrebbero aver visitato il nostro pianeta, magari aver guidato la cultura in tempi antichi? Ma che cosa ha innescato questa repentina inversione di rotta della Chiesa Cattolica per spingerla a rendere noto al mondo che non siamo soli nell'Universo? La Chiesa è stata forse influenzata da recenti scoperte scientifiche? Se sì, quali? Dal Blog http://cristiancontini.blogspot.com/ apprendiamo che un gesuita del SIV - Servizio Informazioni del Vaticano ( la Cia Pontificia) con autorizzazione ‘Secretum Omega’ ha confessato al giornalista Cristoforo Barbato le relazioni intrattenute per lunghi anni dal Vaticano con una razza Aliena. In particolare si evidenzia che è avvenuto: un incontro di una delegazione Aliena di Grigi (in California nella base di Muroc Airfield) con il presidente americano Eisenhower e a cui presenziò il Vescovo di Los Angeles James Francis McIntyre; un accordo di collaborazione tra il Papa Pio XII e gli alieni "positivi" di razza nordica proveniente dalle Pleiadi, poi interrotto. Ed inoltre si precisava che: il Vaticano possiede in Alaska un radiotelescopio avanzatissimo gestito solamente da gesuiti e che è ubicato all'interno di un impianto industriale per il recupero del petrolio; Il Vaticano all'interno di un programma di esplorazione spaziale avviato nei primi anni ‘90 denominato SILOE, aveva fotografato un pianeta di dimensioni enormi in avvicinamento al sistema solare e pieno di alieni cattivissimi e bellicosissimi. Ma sul sito www.secretum-omega.com c'è molto molto di più, dall' interpretazione apparizioni mariane in chiave ufologica (e questo è muy interessante) alla scoperta della quarta "contattata" di Fatima etc.... Lo studio dell’universo è un’attività che dà importanti risposte ma che pone anche grandi domande, capaci di far vacillare perfino i più preparati uomini di scienza. Qualcuno potrebbe pensare che non sia così per l’uomo di fede: a lui l’universo non dovrebbe nascondere troppe sorprese. Un astronomo religioso si limiterà probabilmente ai piaceri della contemplazione del creato. A dimostrare che non è così ci pensa padre Josè Funes, astronomo, gesuita e direttore della Specola Vaticana dal 2006. Con lo spirito critico e l’entusiasmo propri dello scienziato, Funes ha più di una volta espresso il suo interesse per la questione dell’esistenza di vita extraterrestre e la convinzione che una tale eventualità non contrasterebbe con la dottrina cattolica: l’ultima volta pochi anni fa, quando al termine della settimana di studi sull’astrobiologia organizzata dall’Osservatorio ha spiegato che “nonostante l’astrobiologia sia un campo nuovo e un argomento ancora in fase di sviluppo, le domande riguardanti l’origine della vita e la sua esistenza da qualche altra parte nell'universo sono molto interessanti e meritano seria considerazione. Questi interrogativi hanno molte implicazioni filosofiche e teologiche”. Poco più di un anno fa, in un’intervista all’Osservatore Romano, Funes ha sostenuto la possibilità dell’esistenza di altre forme di vita nell’universo, e che ciò non sarebbe un problema per la sua fede: “Come esiste una molteplicità di creature sulla terra, così potrebbero esserci altri esseri, anche intelligenti, creati da Dio [...]. Per dirla con San Francesco, se consideriamo le creature terrene come “fratello” e “sorella”, perché non potremmo parlare anche di un “fratello extraterrestre”? Farebbe parte comunque della creazione”. Slancio apprezzabile e posizione certamente affascinante: resta qualche dubbio sulla coerenza con la dottrina. Qualcuno, ad esempio, ha già fatto notare che l’unicità della discesa agli inferi di Gesù rende piuttosto problematica la possibilità della redenzione per i fratelli alieni. La soluzione proposta dallo stesso Funes – delle numerose forme di vita nell'universo, soltanto i terrestri si sarebbero macchiati del peccato originale – non sembra così convincente. Far convivere extraterrestri e cristianesimo, insomma, potrebbe non essere facile quanto il gesuita sembra sperare. Continua...al prossimo post!

Fonte:
  1. http://www.focus.it/;
  2. http://pasquale1.wordpress.com/;
  3. http://cristiancontini.blogspot.com/;
  4. http://www.giornalettismo.com/ .

E se non fosse terrestre..? Parte seconda.


(Fonte: Dalla rete)
22 Marzo 2011.

Sono sempre più convinto che l'uomo, ogni singola cellula che compone il suo corpo, ogni singola molecola, ogni singolo atomo, elettrone, neutrone, quark, e così sino all'infinito, sia il frutto di un esperimento di genetica molecolare avvenuto per mano di una civiltà extraterrestre migliaia e migliaia di anni fa. Sono sempre più che convinto che gli dèi dell'antichità ed i miti ad essi collegati abbiano avuto origine da fatti storici sensazionali che i nostri antenati, non riuscendo a spiegarli con le conoscenze del loro tempo, hanno poi tramandato ai posteri sotto forma di religione e di eventi sacri(1). 

Vi raccontavo nel precedete post da me pubblicato in data 20 u.s.  che ci sono tantissime testimonianze archeologiche sul nostro pianeta che corroborano la tesi sostenuta dai teorici e dagli studiosi della teoria dell'antico astronauta, anche se tale teoria non è in generale accettata a livello scientifico-accademico, con alcune eccezioni (un esempio l'astronomo e matematico Josef Allen Hynek), e venga spesso fatta rientrare nel più vasto campo speculativo della controversa pseudo-archeologia o archeologia misteriosa.

Lasciando il complesso archeologico di Carnac, in Francia, ci dirigiamo idealmente a nord, a circa 1600 Km. Ci troviamo così in Scandinavia, patria di una popolazione antica: i Vichinghi.

I Vichinghi fecero la loro comparsa attorno al 700 d.C. e furono il risultato di una fusione tra indoeuropei, celti e popoli orientali. Nella Svezia meridionale abitavano i Gauti (Goti), di origine germanica-slava. La Finlandia era abitata dai Finni, mentre i paesi baltici dai Balti, di origine slava. A sud della Danimarca è presente la Sassonia, abitata dai Sassoni, la Frisia (Belgio e Olanda), il regno Franco, la regione degli Slavi (Polonia); più a sud si identificano i Bulgari.

Il popolo vichingo è passato alla storia per il suo carattere bellicoso, ma sicuramente ha espresso altre caratteristiche. Per quanto riguarda il primo aspetto è evidente che aveva sviluppato un’attività bellica, che lo ha reso invincibile per molti secoli. Non era costituito da un esercito organizzato e regolare. Nel rispetto del costume celtico, tutto era basato sul vigore e la potenza, con strategie molto semplici. Solo negli ultimi anni del loro dominio si sviluppò una regolarità nell'organizzazione dell’esercito, motivata dalla nascita e comparsa delle prime signorie nordiche.

La religione vichinga presenta numerose commistioni con il mondo reale vissuto da questo popolo nordico. Vi sono infatti numerosi riferimenti alla vita quotidiana ed agli elementi naturali che accompagnavano la popolazione. Sicuramente essa ha subito delle influenze celtiche, quindi indoeuropee con origini relative all’area scita-iranica.

I sacerdoti vichinghi, o rusii, erano detti attiba e svolgevano i riti sacrificali durante le cerimonie. Questi avevano luogo all’aperto, in pieno stile celtico, e venivano costituiti da sacrifici animali ed umani, i cui cadaveri erano esposti appesi ad alberi. Questa pianta, che richiamava le pietre megalitiche su cui venivano apposte scritture runiche, rappresentava la continuità tra la terra ed il cielo, luogo di residenza degli dèi.
Il poema Voluspa ci racconta come è avvenuta l’origine del mondo e come era fatto il mondo degli dei. Il primo essere animato a comparire fu il gigante Ymir, nato dallo scontro tra il ghiaccio del mondo settentrionale, detto Niflheim, ed il fuoco del mondo meridionale, detto Muspelheim.
Ymir abitava nella Terra di Nessuno ed ebbe come compagna una mucca, Audumla. Da questi nacque la prima coppia di giganti che ebbero come figlia Bestla. Questa si unì a Bor, nato da Audumla.
Dai due nacquero Odino, Vili e Ve, che uccisero Ymir e fecero il mondo. Con il cranio del gigante fu fatta la volta celeste, con il cervello le nuvole, con il sangue il mare e con la carne e le ossa la terra. Essi andarono ad abitare tra il cielo e gli inferi, nel Midgard (Terra di Mezzo), mentre ai giganti assegnarono l’Utgard (Terra alla Periferia).
Gli dèi risiedevano nell’Asgard, dove c’era una sala enorme, ove si poteva fumare, bere idromele, giocare a scacchi e da cui potevano osservare il mondo. Nella sala inoltre si trovava un enorme frassino che aveva le radici negli inferi e la sommità nel cielo. L’Asgard era unito con il Midgard da un ponte bellissimo.
Gli dèi soffiarono in un albero e nacquero i primi esseri umani: Askr ed Embla, alla cui prole affidarono il mondo.
L’Olimpo nordico, il Valhalla, era continuo teatro di lotta tra due famiglie divine: gli Asen, che detenevano il governo, e i Vanen che avevano guadagnato il rango attraverso le battaglie vinte. Il Valhalla era abitato anche dagli eroi caduti in battaglia e dalle Valchirie, vergini da combattimento e cameriere degli dèi, che proteggevano il regno degli dèi.
Come per i Greci, la mitologia Vichinga parla di esseri soprannaturali, di altri mondi, e di potenti dèi. Ma come per i Romani, è possibile che i miti Vichinghi non si riferiscano a degli dèi diversi ma agli stessi descritti dagli antichi Greci?
Ci sono parecchie somiglianze, infatti, fra la mitologia Greca e quella Scandinava. Molti degli dèi Vichinghi sono praticamente identici. La descrizione del dio Vichingo Odino, dio della guerra, della morte, della conoscenza, e quella di Zeus mostrano similitudini impressionanti. Zeus ed Odino sono entrambi padri del cielo. Viaggiano nel cielo su carri perché sono affini alle divinità del Sole. Chiunque ci sia dietro Zeus o Odino è un'entità divina condivisa da queste culture ed è evidente che chiunque abbia ispirato il mito di Zeus o di Odino, è una persona che in qualche modo ha dato un contributo estremamente importante alla costruzione di entrambe le civiltà; di conseguenza questa entità era sicuramente nota in tutta Europa. I teorici degli antichi alieni sottolineano le straordinarie somiglianze fra le sofisticate armi possedute dagli dei Vichinghi e Greci. Thor era il dio del tuono. Era gigantesco, con una folta criniera di capelli rossi. Quando lanciava il suo martello si sentiva un gran tuono, seguito da un lampo abbagliante e il martello gli ritornava in mano. Amava le lotte e i banchetti ed era sempre alla ricerca di avventure. Thor era anche il dio della legge e della giustizia. In genere era di buon umore, ma andava in collera rapidamente. Gli altri dèi lo avevano in simpatia, ma lo ritenevano poco intelligente e a volte lo prendevano in giro.

Odino dimorava ad Ásgarðr, nel palazzo di Válaskjálf innalzato da lui stesso, dove, seduto sul trono Hliðskjálf, osservava ciò che accadeva in ciascuno dei Nove Mondi. In battaglia brandiva Gungnir, la sua lancia, e cavalcava Sleipnir, il suo destriero a otto zampe, nato da una portentosa unione tra il dio Loki(momentaneamente trasformato in giumenta) e il cavallo Svaðilfœri.

Continua..... al prossimo post!


(1) « Secondo Nathan Söderblom, Rudolf Otto e Mircea Eliade, la religione è per l'uomo la percezione di un "totalmente Altro"; ciò ha come conseguenza un'esperienza del sacro che a sua volta dà luogo a un comportamento sui generis. Questa esperienza, non riconducibile ad altre, caratterizza l'homo religiosus delle diverse culture storiche dell'umanità. In tale prospettiva, ogni religione è inseparabile dall'homo religiosus, poiché essa sottende e traduce la sua Weltanschauung (Georges Dumézil). La religione elabora una spiegazione del destino umano (Geo Widengren ) e conduce a un comportamento che attraverso miti, riti e simboli attualizza l'esperienza del sacro. » (Julien Ries. Le origini, le religioni. Milano, Jaca Book, 1992, pagg.7-23)

Fonte:
  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Religione;
  2. http://www.storiafilosofia.it/vichinghi/;
  3. http://www.pinu.it/martello_thor.htm;
  4. http://it.wikipedia.org/wiki/Odino;

giovedì 24 febbraio 2011

Origini dell'uomo.


I primati (uomo compreso) da un antenato comune (Fonte: Dalla rete) 
24 Feb. 2011.

Qual è l'origine della specie umana? L'indagine scientifica sull'origine dell'uomo ci coinvolge tutti nel paradosso supremo: siamo orgogliosi della nostra coscienza, che ci eleva al di sopra delle bestie, ma la nostra scienza, prova fondamentale della superiorità della nostra intelligenza, ci ha detto che i nostri antenati erano creature scimmiesche. I principi generali della teoria dell'evoluzione di Darwin furono causa di accesi dibattiti un secolo or sono, ma gli scienziati moderni li accettano e stanno tentando ora di perfezionare il quadro della nostra eredità filogenetica. Se siamo veramente i discendenti delle scimmie, abitanti delle foreste, perché il nostro ramo dell'evoluzione ha prodotto dei bipedi spelati come noi? Se riusciamo a scoprire chi erano i nostri antenati, e che cosa dovevano fare per sopravvivere, possiamo ricavarne qualche lezione fondamentale su come sei miliardi di esseri umani potranno sopravvivere nell'immediato futuro. Che cosa ha scatenato l'espansione improvvisa delle dimensioni del cervello? Quali pressioni ambientali hanno fatto crescere nel cervello dei nostri antenati quegli strati supplementari di cellule d'importanza così decisiva? Perché e come sono emerse la coscienza e la civiltà? La nostra specie sembra avere un istinto per porre domande, per costruire esperimenti e poi tentare di spiegarne i risultati. Sembriamo curiosi di tutto, siamo curiosi di noi stessi. Qual è il nostro fine nello schema delle cose, e come siamo arrivati fin qui? Perché ci comportiamo come facciamo? Un articolo pubblicato sulla rivista "Genome Research" descrive nuove scoperte che suggeriscono come la base genetica delle differenze fra i primati umani e quelli non umani, come lo scimpanzè, consista nei riarrangiamenti genomici e non in singoli cambiamenti nel DNA. Si tratta di una scoperta sorprendente e importante - afferma David Cox, ricercatore della Perlegen Sciences, la società che ha effettuato lo studio - che getta luce sulle basi fondamentali delle differenze genomiche strutturali fra l'uomo e gli altri primati. Precedenti analisi sulle differenza delle sequenze di DNA di uomo e scimpanzé avevano mostrato che le due specie sono approssimativamente identiche al 98,5 per cento. Si ritiene dunque che le grandi differenze biologiche fra gli umani e gli altri primati dipendano dall'espressione dei geni. 
Finora si pensava che singoli cambiamenti nel genoma, e non grandi riarrangiamenti del DNA, fossero alla base di queste variazioni. Uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature demolisce la tesi da anni portata che rilevava somiglianze genetiche tra uomo e scimmia, soprattutto scimpanzé fino al 98%. La ricerca per la prima volta ha analizzato un cromosoma di scimpanze', il 22, e l'ha confrontato con il corrispondente cromosoma umano dimostrando che i geni differenti tra le due specie modificano il funzionamento anche dei geni che sono identici. Il coordinatore della ricerca Asao Fujiyama del Genomic Sciences Center (RIKEN, Yokohama) spiega che, in questo modo, le peculiarità genetiche finiscono per essere 'amplificate', separando l'uomo dalle scimmie in maniera piu' netta di quanto creduto finora. In Germania è stato rinvenuto il fossile di un animale che molto probabilmente è il tanto agognato anello di congiungimento tra uomo e scimmia. Il fossile risale a 47 milioni di anni fa, ed è il primo esemplare di scheletro integro di questo particolare animale: l’Adapide, o Darwinius masillae. L’animale, chiamato Ida, somiglia ad un lemure dei giorni nostri, e ha diverse caratteristiche della specie umana tra cui il pollice opponibile, unghie al posto di artigli e elementi che lasciano intravedere il passaggio alla camminatura eretta.  
Secondo la teoria presentata da Glynn Isaac, in un numero di "Scientific American, l'homo sapiens sapiens ha sviluppato un cervello maggiore di quello del suo antenato scimmiesco circa due milioni di anni fa circa, durante il passaggio dal procacciamento individuale del cibo alla condivisione del cibo. Quindi, non sarebbero state né la nostra tendenza ad aggeggiare con strumenti né la nostra bramosia per il combattimento a sangue a fare di noi le creature dotate di cervello che siamo oggi. 
Nuove tecniche, prodotti più rifiniti, e comportamenti socioeconomici più complessi potrebbero essere i requisiti necessari ad una società basata sulla condivisione del cibo. Il mangiare, dicono i sostenitori di questa ipotesi, fu la matrice della coscienza ; fu l'intreccio di ceste, non l'affilatura di lame, la tecnologia più genuinamente protoumana.


Per saperne di più:

  1. http://lescienze.espresso.repubblica.it/ ;
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Sociobiologia;
  3. http://www.clicmedicina.it/pagine%20n%2011/uomo_scimmia.htm;
  4. http://www.uaar.it/news/2009/05/19/trovato-lanello-congiungimento-tra-uomo-scimmia/;
  5. http://www.cosediscienza.it/bio/08_uomo.htm;
  6. http://www.pnas.org/;
  7. http://www.istituto-santanna.it/.

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