Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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lunedì 11 febbraio 2008

Palermo,la Kalsa.L'antico Halisah


Nei primi decenni del X secolo si impose la costruzione di una cittadella autonoma, a causa dell'insicurezza derivante dalla travagliata successione della dinastia fatimita a quella aghlabita. I governatori fatimiti infatti non solo dovevano affrontare eventuali attacchi dal mare ma anche l'ostilità di parte della popolazione palermitana. Tra il 937 ed il 938 d.c., Halil Ibn Ishaq, inviato dal califfo fatimita in aiuto dell'emiro palermitano, costruì la cittadella chiamata Halish (l'Eletta), da cui deriva il nome dell'attuale quartiere della Kalsa. Poiché occorreva un “sito difendevole, aperto agli aiuti di fuori, ed acconcio a vietarne ai palermitani”(1), fu scelto un luogo posto al di là del fiume del Maltempo e in prossimità della Cala. La cittadella era di forma pressoché trapezoidale e per ovvi motivi fu subito cinta di mura(2) . Grazie alla testimonianza di al-Muqaddasi(3) siamo a conoscenza del numero e del nome delle sue porte. Queste erano quattro: due – la Bab as sanah e la Bab Kutamah – si aprivano sulla Cala; la Bab al-bunud, che si apriva verso il Cassaro ed era quindi la principale, e infine la Bab al-futuh che era posta a sud; ovviamente per motivi difensivi nessuna porta esisteva nel lato orientale , quello prospiciente il mare aperto. Individuare l'esatto perimetro delle mura e l'ubicazione delle porte è problema più difficile per la Kalsa di quanto non lo sia stato per il Cassaro. Ciò per più motivi: le mura erano meno robuste di quelle del Cassaro – ed infatti erano già scomparse nel XVI secolo – e soprattutto non seguivano una traccia naturale come quella offerta nell'altro caso dal corso delle acque e dai dislivelli. Il solo dato sicuro si riferisce alla Bab al-futuh che una remota tradizione riconosce nella porta che era visibile nella chiesa di S. Maria della Vittoria. Il ricordo di questa porta, il cui nome significa “ porta della Vittoria”, ci è stato tramandato dalle cronache perché è da essa che Roberto il Guiscardo nel 1072 entro in Palermo strappandola agli arabi. Sappiamo poi dal Fazello(4) che la chiesa di S. Maria dello Spasimo era sicuramente fuori le mura; la situazione a sud viene così a delinearsi con sufficiente approssimazione. Per il lato settentrionale è documentato che il muro era vicino alla Cala, in cui si apriva il bacino dell'arsenale (Bab as-sanah significa “porta dellArsenale”), ma anche abbastanza distante da permettere nel secolo XIV la costruzione dello Steri su un terreno libero “ex parte exteriori per quam portam intratur ad Halciam”(5). L'arsenale doveva utilizzare quel bacino della Cala che poi, prosciugato già nel XII secolo, è diventato piazza Marina; la necessità della vicinanza tra l'Arsenale e la Halisah “deve avere influito in maniera determinante sulla scelta del sito della nuova città”(6). Per il Comuba il muro settentrionale della Halisah passava “per i luogo dove adesso è la Dogana”; mentre il muro orientale “doveva correre approssimativamente lungo il vicolo e la piazza dei Bianchi”(7) prima di ricongiungersi con quello meridionale alla Madonna della Vittoria che costituirà così l'angolo di sud-est. L'importanza della Kalsa nella storia urbanistica di Palermo è duplice. Anzitutto perché si tratta della prima espansione della città eseguita secondo un programma organico, e in secondo luogo perché il tipo di insediamento nel nuovo quartiere avrà durevoli effetti nella storia di Palermo. La Halisah fu eretta per essere quel che potremmo oggi dire il centro direzionale e residenziale dei nuovi dominatori fatimiti (palazzo dell'emiro, diwan, arsenale) ma fu dotata anche di due bagni pubblici, di moschee (una delle quali era anche Gami): quindi una cittadella amministrativa e militare più che una vera e propria piccola città posta di fronte alla grande città. Importante poi è il fato che questo ruolo di residenza della classe egemone si perpetuerà nei secoli successivi in una strana e non esattamente definibile tradizione: nella Kalsa e negli immediati dintorni verranno costruiti il palazzo Chiaramonte (XIV secolo), il palazzo Abatellis (XV secolo) su via Alloro – la strada della nobiltà palermitana – e i più importanti palazzi principeschi del secolo XVIII (Butera, Torremuzza, ecc.). La Halisah fu la prima ma non fu l'unica delle espansioni urbane durante la dominazione araba. Il vecchio nucleo urbano fu molto presto circondato sia a nord che a sud da nuovi quartieri, i primi fuori le mura in sedici secoli!

1 M. Amari, op. cit. II, p. 189.
2 Cfr. A. De Simone, op. cit., p. 143.
3 Al-Muqaddasi era un geografo di Gerusalemme morto nel 988 autore del Kitb ahsan et-taqasim fi ma'rifat al-aqalim, in BAS, II, pp. 670-71.
4 T. Fazello, De rebus Siculis decades duae, Panormi 1558, I, 8, p. 184.
5 Documento della cattedrale di Palermo citato da V. Di Giovanni, op. cit., II, p. 63.
6 A. De Simone, op. cit., p. 145.
7 G. M. Coluba, Per la topografia cit., p. 398.



Fonte: Palermo – Le città nella storia d'Italia – di C. De Seta e L. Di Mauro – Editori Laterza III^ Ed. 1988

Il Castello di Maredolce di Palermo.

(Fonte: http://www.palermoweb.com/cittadelsole/monumenti/immagini/castel9.jpg)
Il Castello di Maredolce o della Favara ha un'importanza notevole sia per le sue caratteristiche architettoniche, sia per il suo significato storico. Oltre a testimoniare la centralita' culturale ed economica che la Sicilia ha avuto nel passato, e' architettonicamente molto importante poiche' e' l'unico complesso normanno esistente al mondo in cui si possono ammirare il disegno complessivo e il rapporto architettura - paesaggio. Prende il nome dal parco della Favara (in arabo fawarah significa risorgiva) che si estendeva dal monte Grifone fino al mare, mentre il nome Maredolce si riferisce al laghetto che circondava il castello su tre lati, alimentato dalle sorgenti di Monte Grifone. Il palazzo e' a pianta rettangolare, con una rientranza nell'angolo est. A Nord - Ovest si aprivano quattro ingressi, il primo dei quali, oggi chiuso, portava probabilmente alle scuderie e a zone riservate alla servitu'. Il secondo ingresso e' il piu' grande e conduce, attraverso un ampio cortile, a un portico di forma quadrata; questa sezione e' purtroppo deturpata da numerose costruzioni abusive che hanno nascosto e distrutto molte tracce. Il terzo e il quarto ingresso portano rispettivamente alla cappella dedicata a San Filippo e a un'aula regia. Il castello e' stato restaurato negli anni Novanta.
Apertura: Annuale Pagamenti Ingresso gratuito
Servizi Parcheggio - Wc -
Castello di Maredolce Vicolo Castellaccio Palermo (PA)

Come raggiungerci Treno: Palermo
Autostrada: da CT: A18-A19 uscita PA 
Aeroporto: Falcone e Borsellino

L'architettura

Il Castello di Maredolce è architettonicamente molto importante poiché è l'unico complesso normanno esistente al mondo in cui si possono ammirare il disegno complessivo e il rapporto architettura-paesaggio. Il Castello della Favara rientra nel quadro dell'arte siciliana, si presenta con elementi propri in quanto, pur conservando elementi dell'arte bizantina e araba, acquista anche le caratteristiche costruttive preesistenti in Sicilia.

Il palazzo è a pianta rettangolare con una rientranza nell'angolo est; ed inoltre la fonte non presenta tutta la stessa altezza. Esso era bagnato su tre lati dalle acque del lago e ciò è testimoniato dalla mancanza di intonaco idraulico rosso sul lato che oggi dà sulla stradella, intonaco che invece si trova sui rimanenti lati. La costruzione poggia su dei grossi conci di tufo.
Sulla fronte Nord-Ovest si aprivano quattro ingressi il primo dei quali, oggi tampognato, portava probabilmente alle scuderie e a zone riservate alla servitù. Il secondo ingresso, che è il più grande, immette in un cortiletto oblungo che si allarga in un ampio cortile su cui si apriva un portico di forma quadrata (è questa la parte del castello più "sconvolta" dalla numerose costruzioni abusive che hanno nascosto o distrutto molte tracce).

Il terzo ingresso portava alla cappella dedicata a San Filippo. Il quarto ingresso della facciata Nord-Ovest conduce nell'ambiente annesso alla cappella: l'aula regia, che è stata divisa in due da un soppalco, la parte delle nervature. Gli altri ambienti, spesso ricoperte da costruzioni abusive, stanno venendo alla luce con il restauro attuale e gli studi su di esso sono ancora in corso. Nel lato Nord-Ovest si trovano sovrastante nasconde la nicchia con la volta plissettata alla "persiana", ornata condelle finestre con ghiera acuta. L'ambiente scelto per la cappella prima era probabilmente la moschea dell'Emiro; infatti durante gli scavi eseguiti nel 1951, nelle vicinanze sono stati ritrovati frammenti di stoviglie in argilla tipicamente arabi. Il piccolo luogo di culto è a pianta rettangolare ad unica navata coperta da due volte a crociera, divise dal presbiterio da un arco a sesto acuto. Al centro del presbiterio si innalza il tamburo che inizia a forma quadrata, diventa un ottagono e termina a forma cilindrica coperto da una piccola cupola che all'esterno si presenta coronata da una piccola serie di mensole poste nella parte alta a simboleggiare l'appartenenza ad un palazzo reale. In fondo al presbitero si trova l'abside illuminato da una finestra e affiancato da due nicchie di forma rettangolare probabilmente utilizzata per conservare le suppellettili sacre. Sulla parete di sinistra si aprono quattro finestre che danno luce alla navata. Sulla parete di fronte all'abside si nota una apertura, oggi tampognata, che immetteva in un ambiente delle stesse dimensioni della cappella. Il pavimento, sullo stesso livello del piano esterno, era ricoperto da un semplice battuto di malta e coccio pesto. Nel lato Nord-Est si trovano delle finestre con ghiera acuta.

Lato SUD-OVEST
Nella parte Sud-Ovest si trovano due finestre bifore probabilmente divise da una colonna.

Sul lato Sud-Est un ponte levatoio collegava il castello all'isolotto ed era possibile l'attracco per le piccole imbarcazioni sul lago. Sempre su questo lato si trovano delle feritoie strombate riconducibili al periodo in cui il castello, di proprietà dei cavalieri Teutonici assume una funzione difensiva.

Il restauro

Il restauro del complesso, avviato nel 1990, ha interessato in un primo momento solo la cappella e per alcuni anni ha avuto rallentamenti e perfino periodi in cui è stato del tutto fermo.
Nel 1992-93, durante il restauro, è stata effettuata l'indagine archeologica della cappella e di una larga trincea (2 m) presso la diga che chiude a Nord-Est la depressione del lago artificiale. Proprio qui si è evidenziato non solo lo strato limoso relativo all'uso lacustre del bacino, ma anche uno strato di insabbiamento di terreno giallastro alluvionale, fino agli strati di interramento artificiale per uso agricolo, nei quali è stato possibile perfino leggere le fosse praticate per l'impianto di colture arboree. E' venuto così alla luce il fondo del lago pavimentato a cocciopesto come il rivestimento delle strutture murarie, il fondo presenta una inclinazione di circa 20 gradi rispetto al piano normale della struttura, in modo da smorzare la forza delle acque provenienti dal monte Grifone a sud-ovest. Nello strato relativo all'insabbiamento con terreno giallastro alluvionale si sono recuperati alcuni esemplari di formae e canterelli che, insieme a pochi ma significativi materiali utili per stabilire una cronologia testimoniano la trasformazione di quello che era stato nei secoli XII e XIII un luogo di delizie in un'area a prevalente funzione agricola-industriale. Le formae e i canterelli erano contenitori di terracotta utilizzati per la lavorazione dello zucchero. L'esistenza di coltivazioni di canna da zucchero e di un piccolo stabilimento industriale (un trappeto) per la lavorazione della preziosa sostanza a Maredolce è confermata anche da numerose fonti archivistiche. Nel corso degli ultimi due anni è stato reso quasi del tutto esecutivo l'esproprio delle numerose costruzioni abusive che si addossano o circondano il castello e i lavori sono ripresi a pieno ritmo. La Sovrintendenza per la conservazione dei beni culturali e ambientali conta di ultimare i lavori di restauro in pochi anni. Il progetto ambizioso prevede, oltre al restauro, anche il ripristino del lago e la creazione di un parco in modo tale che il complesso possa avere degna collocazione dal punto di vista artistico monumentale e possa costituire un'occasione di riscatto culturale ed economico per il quartiere e per tutta la città.

BIBLIOGRAFIA:

M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Le Monnier, Firenze 2002 (nuova ediz.).
L. Anastasi, L’arte nel parco reale normanno di Palermo – La Favara, Scuola tipografica ospizio di beneficenza, Palermo 1935.
G. Bellafiore, Parchi e giardini della Palermo normanna, Flaccovio, Palermo 1996.
S. Braida, Il castello della Favara. Studi di restauro, in ‹‹Architetti di Sicilia››, anno I, n. 5-6, Palermo 1965.
V. Di Giovanni, Il castello e la chiesa della Favara di S. Filippo a Mare Dolce, in ‹‹Archivio Storico Siciliano›, XXII, Palermo 1897.
G. Di Stefano, Edifici della Sicilia Normanna, Flaccovio, Palermo 1979.
R. La Duca (a cura di), Storia di Palermo, II: Dal tardo-antico all’Islam, L’epos, Palermo 2002.
S. Morso, Descrizione di Palermo antico, Dafni, Catania 1981.
M.G. Paolini, Edifici civili di età normanna a Palermo, Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, Palermo 1974.
B. Patera, L’arte della Sicilia normanna nelle fonti medievali, I.L.A. Palma, Palermo 1980.
A. Schmidt (a cura di), Castelli dimore cappelle palatine, Fondazione culturale ‹‹Lauro Chiazzese›, Palermo 2002.

IL TEATRO “MASSIMO” DI PALERMO



Il Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo aprì le porte al pubblico la sera del 16 maggio 1897, ventidue anni dopo la posa della prima pietra. Il concorso internazionale per il progetto e la realizzazione del teatro era stato bandito nel 1864, per volontà del sindaco Antonio Starrabba di Rudinì. Il concorso fu vinto dall’ architetto palermitano G.B. Basile. La sera del 30 ottobre del 1874 il Consiglio Comunale deliberò che il teatro si costruisse e che il direttore dei lavori fosse il Basile.Il 12 gennaio 1875, Palermo poté con gioia assistere alla posa della prima pietra in piazza Giuseppe Verdi. Si coronava così il desiderio di erigere a Palermo un grande teatro, segnale di una rinnovata identità urbanistica e sociale dopo l’ unità nazionale. In quegli anni la vita culturale subiva l'influenza di diversi imprenditori illuminati che contribuirono con generose donazioni alla costruzione del teatro e per qualche anno ne furono gestori altrettanto lungimiranti. Gli intensi scambi commerciali facevano sì che a Palermo convergessero e si sviluppassero interessi di dimensione europea, e che la città fosse in continuo contatto con inediti modelli culturali. Erano gli inizi della Belle époque, stagione che fu per la città un momento di fioritura architettonica ed economica entrata poi nel mito e interrotta soltanto dallo scoppio del primo conflitto mondiale. L’inaugurazione del Massimo avvenne il 16 maggio 1897 nel segno della più assoluta modernità, con un’opera che appena quattro anni prima aveva additato al mondo musicale italiano la direzione e il senso del futuro. Falstaff di Verdi andò in scena con la direzione di Leopoldo Mugnone e con Arturo Pessina nel ruolo del titolo. Si trattò di un assoluto trionfo, non solo dell’opera, ma di tutto il progetto culturale che elevava Palermo al ruolo di capitale operistica accanto ai grandi centri europei. D’altronde, fin nell’ideazione del Massimo, questo anelito di grandezza aveva segnato le dimensioni della realizzazione: Palermo inaugurava quella sera un teatro che per dimensioni era secondo soltanto all’ Opéra di Parigi. Sull’onda di tale entusiasmo, l’intera stagione segnò il "tutto esaurito". D'altra parte, la presenza di uno sponsor d'eccezione, come Ignazio Florio, garantiva al Massimo una risonanza ed un rilievo internazionali. Il Teatro Massimo continuò la sua attività lirica per 77 anni sino al 1974, quando fu chiuso per i necessari lavori di adeguamento alle più restrittive norme di sicurezza emante in quegli anni. Doveva essere una chiusura “temporanea”: durò oltre vent’anni. Fino all’ultimo la sua riapertura fu avvolta nella suspence e grazie alle maestranze che si imposero turni sfiancanti, il 12 maggio 1997, nonostante i lavori ancora in corso, il Teatro viene riaperto con enorme commozione e partecipazione dei cittadini. Quattro giorni dopo, il 16 maggio, si festeggerà il centenario del Teatro con la Seconda Sinfonia di G. Mahler. La prima del 12 maggio 1997 aveva dato vita anche a polemiche. Si parlò infatti di finta riapertura dal momento che il teatro, ancora incompleto, poté ospitare solo la stagione dei concerti. Il 22 aprile del 1998 con l'Aida di G. Verdi anche la lirica tornò al Teatro Massimo, che riprese in maniera definitiva il suo ruolo centrale nella vita culturale della città. Da allora si sono susseguite centinaia di allestimenti che hanno coinvolto luoghi molteplici della città e della provincia di Palermo. Per molti anni, nella storia più recente, il Massimo ha detenuto la palma di Teatro con il maggior numero di rappresentazioni per stagione e ciò la dice lunga di un amore ricambiato fra la città e il suo monumentale Teatro. Lo sforzo di adeguare le strutture al progresso tecnologico e al pluralismo culturale si manifesta nel raffinato archivio multimediale che il Massimo ha realizzato in rete e alle iniziative editoriali di grande interesse fra cui spicca la pubblicazione della rivista trimestrale Avidi Lumi, fonte di inesauribili studi e scoperte musicologiche e discografiche.

Ruggero II d'Altavilla, primo Re di Sicilia



Tre sono i principali episodi storici che statuiscono il rapporto di vassallaggio istituzionale fra i primi Altavilla ed i pontefici romani, episodi che qualificano l'antefatto della creazione del regnum con capitale a Palermo; il primo è il concilio di Melfi, nell'agosto del 1059; il secondo è la concessione della legazia apostolica fatta da Salerno nel luglio del 1098; il terzo la concessione papale della corona regia con l'acclamazione di Ruggero II a Salerno nel 1130
Nel concilio di Melfi papa Niccolò II si riconciliò con i capi normanni dopo le prove di balordaggine banditesca che questi avevano fornito precedentemente,anche contro il papato, confermò Riccardo come principe di Capua ed investì Roberto "il Guiscardo" a duca di Puglia e di Calabria nonchè di Sicilia, che però era ancora in mano ai saraceni.
Si trattò di investiture pressocchè illegittime. Ciò in quanto questi territori erano ancora nominalmente parte integrante dell'impero romano di Costantinopoli anche se le truppe romaiche presidiavano ormai soltanto poche città in Puglia e Calabria mentre gli Altavilla avevano visto la Sicilia soltanto sulla base di un famoso documento storico; la cosiddetta - donazione - dell'imperatore Costantino che era anche alla base dell'esistenza dello stesso stato pontificio e che da tempo ormai sappiamo essere stato un falso. In esso era comunque detto esplicitamente che ai pontefici romani spettava il dominio temporale su Roma e su tutte le prvincie, luoghi e città d'Italia e delle regioni occidentali d'Europa. Era il principio sulla base del quale i pontefici romani ritennero di rivestire il ruolo di "Cesari d'Occidente" per tutto l'alto e il basso Medioevo.
Il secondo episodio fondamentale ebbe luogo quando ormai la gran parte della Sicilia era stata liberata dal giogo musulmano. Roberto " il Guiscardo" era già morto. Ruggero I, gran conte di Sicilia, era uno dei più potenti signori del Mediterraneo e ricevette, in Sicilia, la visita di papa Urbano II durante la quale vennero gettate le basi della politica ecclesiastica dello stato e del ruolo che avrebbe dovuto rivestire ufficialmente il gran conte. A Salerno, il 05 luglio 1098, il papa consegno a Ruggero la missiva nella quale rivolgendosi al - carissimo figlio conte di Calabria e di Sicilia - affermava di impegnarsi a non nominare alcun legato pontificio nei territori suddetti senza l'accordo ed il consenso di Ruggero o dei suoi eredi diretti. Questa concessione della - legazia apostolica - è stata poi, nei secoli, oggetto di continue controversie giuridiche, ma sta di fatto che, in quel momento, accresceva enormemente il potere politico-giurisdizionale di Ruggero. Egli, ed i suoi successori, non erano più dei puri e semplici vassalli di Roma ma, nominado vescovi uomini fedeli alla casata degli Altavilla, potevano influire direttamente nella politica della Chiesa, nonchè nell'elezione diretta dei pontefici fino alla possibilità di poterne creare uno tra i loro stessi protetti. Si tratta quinidi di un momento fondamentale che qualifica con la sua impronta tutta la futura politica degli Altavilla di Sicilia.
Il terzo e fondamentale episodio. Morto Ruggero I gli succedette, dopo un lungo periodo di regenza della madre, il figlio omonino: Ruggero II. Ruggero II non fu più il tipico cavaliere normanno abituato a darsi ragione brandendo la spada. Egli fu educato a Palermo da precettori latini e bizantini che lo resero edotto su principi giuridici del cesaro-papismo bizantino. La sua mentalità fu quindi, a tutti gli effetti , quella di un principe italiano. Nel settembre del 1130 papa Anacleto, che ufficialmente fu un antipapa e quindi ancora più bisognoso di un forte appoggio politico-militare per insediarsi autorevolmente a Roma, si recò ad Avellino dove Ruggero II lo aspettava con un grande seguito di curiali, baroni e scorta armata. Qui i due strinsero un accordo politico con il quale Ruggero si impegnava ad appoggiare con tutto il suo peso politico e militare l'antipapa Anacleto e, a compenso di questo impegno, chiedeva per sè e per i suoi discendenti la corona regale.
Dopo l'incontro di Avellino, il 27 settembre del 1130, papa Anacleto promulgò una bolla nella quale concedeva ufficilamente a Ruggero II, e quindi ai suoi eredi, la corona di Sicilia, di Calabria e di Puglia, il principatodi Capua acclusi quei territori della Santa Sede che i duchi di Puglia avevano ricevuto in feudo, e - con frase ambigua - "l'onore di Napoli" che, all'epoca, era città autonoma ma sotto la tutela di Costantinopoli, il tutto escluso Benevento che rimaneva città pontificia ma alla quale si faceva obbligo, in caso di necessità belliche, di intervenire al fianco del nuovo re. I vescovi siciliani venivano delegati ad officiare per conto del papa la incoronazione ufficiale. Ruggero per ricambiare a questa investitura ufficiale giurò nuovamente fedeltà al papa Anacleto impegnandosi a versargli annualmente un tributo di seicento schifati, cioè circa 160 once d'oro. Avendo Ruggero come primo titolo quello di duca di Sicilia la sede del governo del nuovo stato veniva automaticamente assegnata alla città dove egli risiedeva: Palermo. Tuttavia Ruggero volle compiere un gesto diplomatico per non svilire gli altri ducati del continente, facendosi acclamare a Salerno, la capitale del ducato di Puglia nonchè la città più importante dei suoi domini continentali.
Nel Natale del 1130 fu incoronato primo sovrano di Sicilia. Fu il cardinale di Santa Sabina, in rappresentanza di papa Anacleto, ad ungere Ruggero con l'olio santo mentre spettò al primo vassallo del re - il principe di Capua - tenere la corona sopra la testa di Ruggero.
Palermo poteva così celebrare, con questo trionfo, l'aspirazione più che millenaria a prevalere sulle altre città siciliane ma in particolora anche sulle grandi città del Continente come Salerno, Benevento, Bari, Amalfi, Napoli e Capua. Era come se Palermo fosse assurta - proprio grazie all'avvenimento dell'incoronazione - alla pari di Roma."
Tratto dal libro: Palermo, la corona perduta di Rodo Santoro। Edizioni pegaso s.r.l. 1991.


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