Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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venerdì 12 novembre 2010

Mafia, madre di Massimo Ciancimino conferma: Berlusconi incontrò don Vito.

Vito Ciancimino (Fonte: Dalla rete)
12 Nov. 2010.

Epifania Scardino, moglie dell'ex sindaco mafioso di Palermo avrebbe confermato davanti ai pm, a quanto apprende l'Adnkronos, di aver preso parte, negli anni Settanta, a un incontro avvenuto ''in un ristorante di Milano'' tra suo marito e l'attuale premier. [ Per saperne di più...]

Inizia oggi la 53^ settimana della musica sacra.

Il Duomo di Monreale (Fonte: Dalla rete)
PALERMO - Da oggi 12 novembre fino al 21 novembre alle 21,15 nel Duomo di Monreale si svolgerà la 53^ settimana della musica sacra.Questa edizione manterrà alto il livello raggiunto negli anni passati, confermandosi un evento divenuto punto di riferimento per artisti e appassionati del genere. Un festival, dunque, che offre la possibilità di vivere, nell'incomparabile scrigno di tesori del Duomo di Monreale, un momento unico per ascoltare le profonde suggestioni dell'organo con le sue dicimila canne e gli oltre trecentodieci comandi in argento e platino. Stasera si apre il sipario con Bruckner, Sinfonia n° 8 indo minore “Apocalittica”; Direttore: Stephen Barlow; Orchestra: Sinfonica Siciliana. [Per saperne di più....]

La Sicilia durante l'alto medioevo.

La Zisa, Palermo
La Sicilia durante l'alto medioevo ha avuto una storia che presenta caratteristiche peculiari. Sono mancati, in primo luogo, stanziamenti stabili di popoli germanici sul substrato sociale romano o romanizzato, come è invece avvenuto nelle altre province dell'impero d'occidente. Per questo motivo non ritroviamo nella realtà isolana molti dei caratteri distintivi del medioevo europeo (niente guglie che dopo aver trafitto gli uomini feriscono il cielo). A una breve e poco incisiva fase barbarica, in netta contrapposizione al progressivo ridursi della presenza bizantina nella penisola italica proprio a causa delle invasioni barbariche, seguì la dominazione bizantina, che durò oltre tre secoli, orientalizzando l'isola.

Ma l’evento che più di tutti rivoluzionò definitivamente la realtà geopolitica del Mediterraneo, mutando il ruolo dell’isola, fu l'espansione musulmana che ebbe inizio, dapprima, con sporadiche scorrerie, per poi culminare allo sbarco dell’827 e si concluse nel 902, quando tutta l'isola divenne una provincia periferica dell'ecumene musulmana, un impero che si estendeva dall'Indo ai Pirenei.

La conseguenza fu che mentre in Europa si assisteva ad un lungo periodo di stagnazione, in Sicilia maturava quella che viene giustamente definita "la rivoluzione economica musulmana" il cui esito più importante, in controtendenza con la rarefazione della circolazione monetaria che colpì il resto dell'Europa, fu la circolazione di monete basata sull'oro. Non solo, ma mentre la cristianità si espandeva nel nord e nell'est, in Sicilia si diffondeva il corano e si parlava l'arabo.

Tuttavia, già prima dell'anno 1000 l'espansione musulmana inizia a esaurirsi. Nella penisola iberica si comincia a assistere al contrattacco dei piccoli stati cristiani sopravvissuti (la Reconquista), accompagnata dall’attività militare e economica delle emergenti potenze marinare di Genova e Pisa. Approfittando delle divisioni e dei contrasti interni nel mondo arabo siciliano, di lì a poco irromperanno sulla scena anche alcune poche centinaia di avventurieri normanni, fra cui i figli di Tancredi d'Auteville, Roberto e Ruggero, che, nell'arco di un trentennio, strapperanno l'isola al dominio musulmano.

Ovviamente la storia dei musulmani in Sicilia non finì con l'invasione normanna. Infatti, i normanni, per dominare la società islamica, più evoluta, si adattarono a convivere con essa, creando un’organizzazione statale originale rispetto al resto d'Europa. La conquista normanna, comunque, ebbe come conseguenza quella di rimettere la Sicilia nel corso della storia del continente europeo, rientro che si completerà con Federico II, che, nel volgere di pochi decenni, causò l’eliminazione completa delle sacche di resistenza islamica ancora presenti nell'isola.

Le fonti

Tutta la documentazione araba prodotta dall'amministrazione musulmana in Sicilia è andata perduta. Ci rimangono solo cronache storiche, geografiche, giuridiche o letterarie in genere, di scrittori vissuti durante il periodo normanno, che scrivono attingendo a fonti, oggi, non più reperibili.

Gli studi sul periodo musulmano iniziano con il Fazello,(1498-1570) con la sua “Deche della Storia di Sicilia”. Poco o nulla si scrisse nei due secoli successivi fino a quando, grazie alla "arabica impostura" organizzata dall'abate Giuseppe Vella che, spacciandosi per profondo conoscitore della lingua e della storia araba, si inventò due codici arabi, rinnovando l’interesse per questo periodo storico. L'abate fu appoggiato dal governo borbonico che cercava, ispirandosi alle antiche amministrazioni arabe, di ridimensionare la pratica del latifondo e il potere baronale. Per lui fu creata una cattedra di arabo, e la clamorosa truffa durò parecchi anni fino a quando il canonico Rosario Gregorio riuscì ad imparare l’arabo smascherando così il Vella. L’”arabica impostura” diede comunque, l'avvio ad una serie di studi condotti da Salvatore Morso, successore del Vella alla cattedra di arabo, da Saverio Scrofani, Vincenzo Mortillaro, Giuseppe Caruso ed infine da Michele Amari con la sua colossale opera "Storia dei Musulmani di Sicilia".

All'Amari sono seguiti molti orientalisti, il maggiore dei quali, a parere di molti è stato Umberto Rizzitano.

La conquista

Abbiamo già detto che poco o nulla influirono le invasioni barbariche sulla Sicilia. Data la sua posizione geografica l'isola poteva essere conquistata solo dal mare. Solo i vandali riuscirono a creare una flotta e ad effettuare qualche incursione ma non lasciarono alcuna traccia del loro passaggio. Analogamente possiamo dire dei Goti. L'isola tuttavia faceva gola a Bisanzio, in quanto base logistica per la riconquista di Roma e facilmente Belisario ebbe ragione dei goti. Alla conquista militare seguì il riordinamento politico e con un documento solenne (Prammatica) la Sicilia divenne dominio privato dell'imperatore. L'isola allora aveva una economia fiorente basata sull'agricoltura e sull'artigianato ed era ricca di legname usato sia come combustibile che per la costruzione di navi, case , armi ed utensili.

Gli scambi commerciali erano intensi e la realtà sociale era composita dal punto di vista etnico e linguistico. Il primo, se non l'unico fattore di coesione era il cristianesimo la cui diffusione fu favorita da Bisanzio, sradicando le ultime sacche di paganesimo.

La popolazione era distribuita tra città costiere e villaggi rurali. Accanto ai quali sorsero in questo periodo numerosi insediamenti rupestri (Ispica e Pantalica sono le più importanti) da molti ritenuti un segnale di imbarbarimento, di regressione. Queste abitazioni erano tuttavia funzionali ed economiche; per intenderci, erano una sorta di “case popolari” non gestite dal governo.

In Sicilia si protrasse a lungo la distinzione tra potere militare e civile mentre già nel resto della penisola le invasioni longobarde imposero la concentrazione dei poteri nelle mani dell'esarca e solo nel settimo secolo il pericolo musulmano adeguò le istituzioni al resto dell'Italia.

In quegli stessi anni, Maometto operava quella coesione straordinaria che ancora oggi contraddistingue le popolazioni arabe, unificandole e dando la spinta propulsiva per la conquista del nord con le ricche province bizantine, dell'est verso la valle dell'Indo e ad ovest verso l'Egitto e l'Africa bizantina e la penisola Iberica. Le conquiste arabe furono fulminee e facendo propria l'esperienza marinara di Siriani ed Egiziani, questi popoli del deserto, ben presto approntarono flotte e s'impadronirono dei segreti del mare. Secondo un'antica tradizione i musulmani sbarcarono in Sicilia per la prima volta nel 652 e certamente molti furono gli sbarchi da allora. Non a caso l'imperatore Costante II spostò la sua residenza a Siracusa (nel 663) da dove sperava di difendere sia l'isola sia i residui possedimenti bizantini in Africa.

Costante II fece una brutta fine, morì, nel 668, vittima di una congiura di palazzo.

La Sicilia venne fortificata, come riporta il cronista Ibn al Athir " i Rum (i romani, i bizantini) ristorarono ogni luogo dell'isola, munirono “le castella e li fortilizii". Le ricerche archeologiche testimoniano queste fortificazioni.

La Sicilia era ormai divenuta una terra di frontiera. La situazione era convulsa: rivolte, tentativi di secessione, intrighi e patteggiamenti con i musulmani. L'immagine negativa della Sicilia bizantina è dovuta soprattutto a questo periodo. Questo stato di cose, questa situazione di incertezza, furono mantenuti per qualche decennio, fino a quando un dissidio, forse di carattere personale, per una questione di donne narra la storia o meglio la leggenda, spinse un ufficiale delle forze navali bizantine, Eufemio, a ribellarsi a Bisanzio, a proclamarsi imperatore ed a chiamare a suo sostegno (come più tardi avrebbero, a loro volta fatto, i musulmani di Sicilia con i Normanni) i musulmani d'Ifriqiya.

Non aspettavano altro!

Asad ibn al Furat, vecchio esperto di diritto, fu nominato capo della spedizione, un'armata composta da arabi, berberi, spagnoli, persiani e africani.

L'armata sbarcò in Sicilia il 17 giugno dell'827. Il primo scontro, in un luogo imprecisato della Sicilia occidentale, nei pressi dell'odierna Mazara, avvenne verso la metà di luglio, l'esercito bizantino venne distrutto ed i musulmani iniziarono una rapida avanzata ma nei pressi di Siracusa la marcia trionfale si arrestò.

Asad capì che non sarebbe stato facile conquistare la cittadella fortificata. Le difficoltà di approvvigionamento ridussero alla fame gli assedianti e Asad fu costretto a chiedere rinforzi. Ma i rinforzi arrivarono anche ai bizantini e lo scontro fu tremendo. I musulmani fecero strage dei nemici, l'assedio fu ulteriormente stretto e Siracusa stava per crollare quando un'epidemia di colera scoppiò tra le fila dell'esercito musulmano. Lo stesso Asad pare ne rimanesse vittima. I musulmani tentarono dapprima di ritornare in Africa ma furono bloccati da una flotta veneta venuta in aiuto dei bizantini. A questo punto, racconta il Fazello, i musulmani bruciate le navi per precludersi volontariamente, qualsiasi voglia di fuga verso l’Ifriqiya, iniziarono a ripiegare verso l'interno. Durante la ritirata conquistarono varie città e posero l'assedio a Castrogiovanni (l’odierna Enna). Qui Eufemio fu attirato in un'imboscata e ucciso. La conquista della Sicilia era ormai completamente in mano saracena ma non si dimostrava impresa facile. Ma una successiva spedizione, composta questa volta da ben 40.000 soldati, comandata dal generale Alcamet, sbarcò in Sicilia nell'831. Le forze congiunte della prima e della seconda spedizione investirono le grandi città siciliane. Palermo cadde, dopo un anno di assedio, nell'832; secondo una fonte islamica dei 70.000 uomini rinchiusi a Palermo ne rimasero in vita solo 3.000. Successivamente caddero Lilibeo (oggi Marsala) e poi Trapani ed Erice.

Ma la totale conquista dell'Isola durò altri quaranta anni ancora. Difatti Castrogiovanni, formidabile fortezza naturale arroccata su un acrocoro a circa 1000 metri d'altezza cadde nell’859, solo per l'aiuto di un traditore che indicò ai musulmani l'imboccatura di un acquedotto, che permise ai musulmani di penetrare nella città, Siracusa nell'877 e solo nel 902, per ultima, Taormina.

La conquista impegnò le truppe islamiche per ben 75 anni, e non fu facile né breve come comunemente si suol far credere. Né, inoltre, i Bizantini si rassegnarono alla perdita della Sicilia. Furono inviate in Sicilia due armate da Costantinopoli, una marittima ed un'altra di fanteria, ma furono inesorabilmente sconfitte, a Rometta, nel 965.

La pace che ne seguì, nel 967, decretò la perdita dell'Isola per Bisanzio. Ma, nonostante le vittorie sui Bizantini, la Sicilia musulmana non ebbe mai pace. A cominciare dal 910, pochi anni dopo la presa di Taormina, iniziarono nell'Isola le lotte intestine tra i capi musulmani, riflesso, d'altronde, di ciò che accadeva in Asia ed in Africa, nel cuore dell'impero arabo.

La Sicilia era stata conquistata dagli Aghalabiti ma, alcuni decenni dopo, i Fatimidi avevano sostituito con la forza i principi aghalabiti nel governo dell'Isola, dopo una feroce lotta che si era svolta in Sicilia ed in Africa.

Il governatore nominato dai Fatimidi, però, non si mostrò all' altezza della situazione, per cui l'emiro Qurhub, legato agli Abassidi di Bagdad, dichiarò l'Isola indipendente; ma i Berberi di Sicilia consegnarono il ribelle ai Fatimidi, che lo fecero uccidere; così questi ultimi ritornarono al potere; siamo nel 917.

Questo periodo non fu felice per la nostra Isola perchè caratterizzato da sommosse e violenze inaudite. Solo nel 948, dopo decenni di lotte, con la vittoria di Hasan Ibn Alì, ritornò la pace e con la nuova dinastia Kalbita la Sicilia conobbe una benefica prosperità e Palermo emulò in splendore Bagdad e Cordova.

Con la morte dell'emiro Yusuf nel 998, cui successe il figlio Giafar (998-1019) , ricominciarono i disordini e le congiure, e i Berberi, considerati la causa di tali torbidi, furono espulsi dall'Isola. Successivamente, i musulmani di Sicilia si divisero in tre fazioni: una capeggiata da Ibn ath Thumma nella Sicilia orientale, quella dei Musulmani “siciliani” nella Sicilia occidentale, e quella di Ibn al Awas nell'Ennese.

Per meglio difendersi dai suoi avversari, Thumma si rivolse ai Normanni, che vennero nell'Isola come mercenari e finirono per conquistarla.

Le ripercussioni sociali ed economiche

A partire dallo sbarco avvenuto nell'827, si trovarono di fronte due gruppi, culturalmente fortemente diversi: gli invasori , di lingua araba e religione musulmana, i vinti ad esclusione degli ebrei, di lingua greca e/o latina e di religione cristiana. Alle differenze culturali si sovrapponevano quelle etniche. Gli islamici provenivano da parti diverse del dar al-Islam: Maghreb, Egitto, Arabia, berberi, persiani, sudanesi e sicuramente altri. Nell'isola vivevano indigeni di lingua greca e latina (greci e romani di Sicilia), immigrati provenienti dalle varie province dell’impero romano e da quello bizantino, barbari, rimasti come mercenari, ed ebrei.

Le grandi stragi dovute a 70 anni di guerra e la fuga di molti avevano depauperato l’isola e l'arrivo di immigrati musulmani servì dunque a ripopolare intere città ma dopo due secoli di conquiste, l'Islam aveva adottato una serie di norme che coniugavano da un lato il gihad, la guerra santa, e dall'altro i rapporti con la gente non musulmana sottomessa. Quando non ci si trovava di fronte ad un eccidio, dovuto all'eccitazione delle truppe dopo un lungo assedio ( come avvenne per Enna, Siracusa, Taormina e Rometta, dove la popolazione fu ridotta in gran parte in schiavitù e gli uomini adulti passati a fil di spada) i musulmani, dopo due secoli di conquiste, avevano messo a punto una sorta di “protocollo” che regolamentava sia il gihad sia i rapporti con i non musulmani sottomessi. Più che la strage o la riduzione in schiavitù molto più spesso si preferiva la sottomissione che avveniva dietro negoziati e quindi a “patti” (minuziosamente descritti nell’accordo di Umar (Amari, Storia dei musulmani in Sicilia). Ai non islamici l’Islam riconosceva il diritto a vivere ed esprimersi, anche se come “altri”, all’interno delle proprie strutture sociali.

Ai cristiani di Sicilia che accettarono i patti, veniva concesso l’aman (la sicurezza, la protezione) e da quel momento venivano chiamati ahl adh dhimma (gente del patto) e veniva loro riconosciuto il diritto all’incolumità, alla libertà personale, alla libertà religiosa, alle proprie usanze, al possesso degli averi in tutto o in parte. La dhimma aveva come contropartita il pagamento di un’imposta sulla persona ( la giziah) e di una tassa fondiaria (il kharag) e tutta una serie di limitazioni e obblighi come, ad esempio, il divieto di erigere nuove chiese , di fare processioni, di suonare le campane, di portare armi, di bere vino in pubblico, l’obbligo di porre contrassegni di riconoscimento sulla persona e sulle case, di cedere il passo ai musulmani …. Dalle imposte della dhimma i musulmani erano, ovviamente, esentati ma erano tenuti al versamento della zakàt (elemosina legale)”, che serviva e serve tuttora per il mantenimento ed il soccorso dei meno abbienti.

L’osservanza di queste regole era tuttavia assai elastica e dipendeva soprattutto dalla maggiore o minore concentrazione di musulmani, senza contare che per evitare l’aman bastava convertirsi all’Islam. Il carattere tollerante di tali norme è dimostrato dal fatto che al loro arrivo i Normanni trovarono ancora moltissimi cristiani e molti monasteri greci, specie nella parte nord orientale dell’isola. Nella stessa Palermo, capitale islamica, officiava all’arrivo di Ruggero d’Altavilla un arcivescovo greco.

Nonostante questo fenomeno di persistenza del cristianesimo nell'arco di circa due secoli la Sicilia conobbe un processo di acculturazione arabo-islamico assai profondo. All'islamizzazione e all'arabizzazione concorsero gli immigrati dell'ecumene musulmana provenienti da diverse parti del dar al-Islam, i loro discendenti e l'imponente numero di conversioni che affrancavano gli indigeni dal pagamento della giziah ed infine un ruolo importante ebbero anche i matrimoni misti.

A testimonianza delle facili ed interessate conversioni il viaggiatore Ibn Hawqal che visitò la Sicilia tra il 972 ed il 973, riferisce del tiepido slancio religioso dei contadini e della possibilità delle figlie di seguire il credo religioso cristiano della madre. La lingua (araba) era poi molto rozza, specie all'interno dell'isola e risultava incomprensibile ad Ibn Hawqal.

Un ruolo importante nell'acculturamento lo ebbe anche il programma d' "incastellamento" voluto dal califfo Muizz (attorno al 966), per difendersi dalle recrudescenze bizantine: la costruzione cioè di cittadelle fortificate all'interno delle quali la popolazione era invitata a soggiornare. Una tale politica aumentava il territorio da coltivare e favoriva il mescolamento fra cristiani e musulmani, favorendo l'insegnamento musulmano. L'effettiva islamizzazione è dimostrata ancor oggi dalla toponomastica. I nomi delle montagne (gebel) delle sorgenti (fawara) dei promontori (rais) ecc., come anche i grandi centri, ebbero il nome arabizzato, pensiamo, ad esempio, Panormus che divenne Balarm o Drepanis che divenne Itrabnis

Dopo la conquista l’isola venne divisa in tre grandi distretti amministrativi: Val di Mazara che comprendeva la parte centro-occidentale dell’isola, Val Demone che comprendeva la parte nord-orientale e Val di Noto che comprendeva la parte meridionale.

La capitale della Sicilia venne spostata da Siracusa a Palermo provocandone così il passaggio dall’area culturale greco-bizantina a quella del Mediterraneo occidentale.

Palermo, scelta come sede del governo, fu dotata di tutte le strutture burocratiche e dei servizi che si confacevano ad una capitale amministrativa.

Gli arabi iniziano ben presto un’opera di lottizzazione delle terre e sostituirono in buona parte con colture intensive le colture estensive del granaio di Roma; con l’impianto di ingegnose opere idrauliche i conquistatori migliorano e bonificano le campagne incentivando, specie nelle zone costiere nord occidentali e nella piana di Catania la coltivazione degli agrumi, del papiro, delle piante di cotone. Si assiste così, nel giro di pochi anni, al sorgere di opifici per la lavorazione delle stoffe, dello zucchero e dei papiri per la scrittura. Palermo, e la Sicilia, diventano un importante emporio per il commercio. Ha inizio un periodo di vero benessere sotto la dominazione degli arabi, portatori di una vigorosa ed originale civiltà che ben si armonizzò, modernizzandola, con quella millenaria locale; la città di Palermo e la Sicilia tutta vivono un eccezionale periodo di fioritura che investe l’arte, l’edilizia, le scienze, l’agricoltura e la cultura in tutte le sue manifestazioni con un conseguente aumento demografico.

Tale fermento percorre l’intera isola, ma Palermo è al centro di questo risveglio culturale. A tal proposito l’Amari riporta un brano di un compilatore arabo del XIII secolo , Ad-Dimasqi dove si sostiene che la Sicilia “sotto il dominio musulmano fiorì per dottrina e gran numero di scienziati, di letterati e di uomini illustri e rivaleggiò con la Spagna” (Amari, Biblioteca arabo-sicula). La mancanza di documentazione in tal senso è presumibilmente dovuta alle distruzioni belliche della conquista normanna che determinarono la totale scomparsa della documentazione araba nell’isola e alla scarsa ricerca negli archivi arabi e turchi relativi alla Sicilia di quel tempo.

Di sicuro c’è il fatto che la Sicilia assurge al rango di emirato e ciò è di grande rilevanza politica perché “emirato” equivale a regno (e prima di allora la Sicilia non era mai stata regno).

La conquista musulmana significa anche l’aggiunta di un altro pezzo etnico alla popolazione: Ai Sicani, agli Elimi, ai Siculi, ai Fenici, ai Greci ed ai Romani, non volendo considerare le residue minoranze di Vandali e Goti rimasti come mercenari, si aggiungono gli Arabo-berberi del nord Africa (mi viene un po’ difficile considerare “pura” la nostra etnia! e aver paura di possibili “meticciati” paventati da qualche miope politico).

La conquista araba portò pertanto un problema di “integrazione” non di poco conto: gli invasori erano di religione musulmana e di lingua prevalentemente araba, i vinti erano, ad esclusione degli ebrei, di religione cristiana e parlavano greco e/o latino. La questione religiosa fu risolta con l’applicazione dell’aman e con la tolleranza, ma alle differenze culturali e religiose si aggiungevano anche quelle etniche, presenti sia tra i vincitori che tra i vinti. Le genti di religione islamica provenivano da parti diverse del dar al-Islam: vi erano arabi provenienti dalla penisola arabica trapiantati nel Magrheb ed in Egitto, berberi, sudanesi, persiani, andalusi di discendenza indiana, ecc. Nell’isola vi erano indigeni (ancora gli abitanti non si chiamavano “siciliani”; solo da ora si chiameranno “siqilly” dal nome arabo dell’isola, Siqillya) di lingua greca e latina, antichi immigrati provenienti da varie zone dell’impero romano-mediterraneo, immigrati più recenti provenienti da varie zone dell’impero bizantino, vi erano certamente anche “barbari” arruolati come mercenari e piccoli gruppi di ebrei.

Nonostante queste “diversità” in Sicilia si verificò un vasto movimento di acculturazione e integrazione che determinò da un lato l’islamizzazione e l’arabizzazione dei residenti ma dall’altro si assisté alla “sicilianizzazione” degli invasori , così come a suo tempo si erano sicilianizzati i Greci ed i Romani. A tale fenomeno concorsero gli immigrati provenienti dall’ecumene musulmano (soprattutto dall’Ifriqiya) che si insediarono soprattutto nelle città della val di Mazara e della Val di Noto (più di tre quarti dell’Isola, per intenderci) che dopo qualche generazione cominciarono a “sentirsi” “siqiylli”, (siciliani). Le città che erano state distrutte dopo lungo assedio come Siracusa, Rometta, Taormina ed Enna, divennero totalmente musulmane. Numerose colonie musulmane si immisero nelle città costiere abitate dai siciliani come Palermo, Messina, Marsala, Girgenti. E fu proprio l’insediamento nei centri urbani che determinò la sicilianizzazione dei musulmani. Qui i vincitori si trovarono di fronte ad antiche società urbane, ricche di storia millenaria, di arte e di cultura, ricche di case , di strade, di teatri! Palermo all’epoca aveva già più di 1500 anni! Scegliere fra la tenda e la casa, tra una città ed un villaggio non fu difficile. E i musulmani conquistatori non tardarono ad adattarsi “sicilianizzandosi” pur mantenendo un forte carattere islamico nell’organizzazione dello stato . Fu così che in Sicilia si ebbero più città musulmane che in tutta l’Ifriqqya”.

Il processo di acculturazione si riflesse anche sulla lingua, dove troviamo una situazione assai complessa ed intricata.

La lingua ufficiale dello stato era l’arabo classico del Corano ( come il latino per la chiesa di Roma), poi vi era la lingua ufficiale delle istituzioni locali, della burocrazia, dei letterati, che era soprattutto una lingua scritta e colta, peculiare delle classi dominanti, ed infine l’arabo veicolare , quello di uso comune, data però la multietnia si parlavano anche il greco veicolare, il latino veicolare, l’ebraico veicolare, tutte lingue assai lontane dai corrispettivi classici.

Ricordiamoci che la maggior parte della popolazione non era in grado di leggere e scrivere.

L’arabo veicolare era a sua volta un ibrido tra arabo, berbero e parlate isolane, diverso da quello dell’Ifriqiya”; una parlata “originale” che chiameremo “arabo-siculo”, così come c’era l’arabo-ispanico o l’arabo-persiano, ad esempio.

Insomma per farla breve si venne a creare una sorta di parlata mista, una specie di Sabir costituito da qualche migliaio di parole in buona parte arabo-siciliane, e in minor parte greche e latine, la cui percentuale era in relazione alla maggiore o minor presenza di musulmani nei vari distretti dell’isola.

Un raffronto simile a quello linguistico si è avuto anche in altri campi, ed in particolare in quello dell’agricoltura, ed anche in questo caso più o meno pregnante in relazione alla presenza islamica.

Rivoluzionaria è la scomparsa del latifondo romano-bizantino in seguito all’applicazione dell’iqta, cioè della legge agraria islamica. L’iqta per l’Islam era quella che per Roma era stata la legge agraria per la colonizzazione delle terre occupate. Ad ogni cittadino islamico o convertito che ne avesse fatto richiesta, veniva assegnato un pezzo di terra da coltivare (come coltivatore diretto o con l’aiuto di servi, a secondo della grandezza e della posizione sociale ma che non poteva in ogni caso superare certi limiti) e su cui pagare le tasse. Da queste terre ogni coltivatore cercò di ottenere il massimo, grazie alle “moderne tecniche di coltivazione che si sovrapposero, arricchendole, alle tecniche agricole presenti nell’isola che fino ad allora aveva prodotto prevalentemente grano,olio e vino. Ma questa società agricola ebbe un limite che la indeboliva: ne beneficiavano soprattutto i Musulmani, conquistatori o convertiti, che erano in gran numero nelle campagne centro-occidentale. Troviamo pertanto una società egalitaria nella parte più musulmana dell’isola, quella centro-occidentale, che era la più grande, e assai meno egalitaria nelle zone orientali, dove solo i musulmani conquistatori e i pochi convertiti avevano diritto all’iqta.

Le maestranze arabe seppero utilizzare al meglio le risorse idriche del sottosuolo; recenti ricerche di speleologia urbana hanno rivelato nel sottosuolo di Palermo e della Conca d’Oro, una straordinaria rete di condotti sotterranei di drenaggio delle acque. Analoghe strutture sono tutt’ora in funzione a Marsala. Essi sono costruiti secondo la tipologia dei qanat, strette gallerie scavate artificialmente e collegate alla superficie da pozzi seriali. Grazie alla leggera ma costante pendenza dei cunicoli, l’acqua scorre dal punto di captazione per centinaia e centinaia di metri, a volte per chilometri .

Grazie al razionale utilizzo delle acque in Sicilia compaiono e/o si diffondono le coltivazioni di cotone, lino, canapa , ortaggi, legumi, papiro, canna da zucchero, agrumi, datteri e anche i gelsi, necessari per l’allevamento dei bachi da seta. Dello sviluppo dell’orticoltura e di coltivazioni arboree pregiate ne sono ancora oggi testimonianza termini come nuara , senia, cubba, gebbia, vattali, garraffu, ecc. Si continuò a produrre ancora grano, olio e vino ma in quantità minore anche in considerazione del fatto che per via delle guerre erano andati perduti i mercati esteri tradizionali, in particolare Roma. Dello sviluppo dell’agricoltura e dell’arricchimento del patrimonio botanico non poca parte ebbe l’estensione dell’ecumene islamico e l’intensificarsi dei commerci con le regioni asiatiche fino all’India . Per intenderci si verificò un’apertura di commerci paragonabile a quella che qualche secolo più tardi causò , ma in campo atlantico, la scoperta delle americhe.


Balarm, la Medinah

I conquistatori arabi, come precedentemente detto, non sono intervenuti a modificare il tessuto urbano, piuttosto che adattare la città ai loro modi di vivere, si sono adattati loro a quella di città quali Messina e Palermo , fra le più importanti del mediterraneo.

Palermo, secondo l’usanza magrebina, da città marinara sarebbe dovuta diventare una città interna lontana dalle insidie e dai pericoli del mare, ma non fu così e la grande strada centrale che dal mare portava a piedimonte , fino al vecchio nucleo fortificato (Qasr, Castello, da cui Cassaro) venne mantenuta ed arricchita.

Gli scrittori arabi la descrivono affiancata da botteghe e pavimentata (simat al balat)

Oltre alle botteghe, che occupavano determinate vie della città in ragione della categoria merceologica, si svilupparono i suq (mercati). Ibn Hawqal ci descrive i suq di Palermo indicando per ciascuno il luogo ed il tipo di commercio che vi si svolgeva.

Un’altra cittadella fortificata, la Eletta (al-khalisah, l’odierna Kalsa) venne edificata, successivamente, nei pressi del porto. Attorno alle due cittadelle fortificate sorsero numerosi quartieri aperti, popolarissimi ed attivissimi.

Palermo si arricchisce, in quest’epoca, di palazzi, di moschee e di parchi diventando una metropoli orientale; fioriscono scuole di medicina, di matematica, di diritto, di teologia musulmana, poeti e storici fanno splendere il suo nome nel mondo intero. La città araba esercita un ruolo predominante su tutta la Sicilia; questa posizione elitaria è sottolineata anche dal nome significativo di Medinah con il quale viene chiamata, termine che sta a significare città capo di molti domini.

Nel linguaggio comune, comunque, la città continua ad essere chiamata con il suo antico nome anche se si assiste alla trasformazione fonetica del toponimo Πανορμος (Panormus) in Balarm o Balarmuh.

Nel X secolo i due viaggiatori arabi, Al-Muqaddasi ed Ibn Hawqal, forniscono delle descrizioni dettagliate della città; Al-Muqaddasi nella sua opera intitolata Ahsan at-taqàsim fì mà rifat al-aqalìm (La migliore delle ripartizioni per la conoscenza delle regioni) scrive: “Palermo capitale di Sicilia, è situata sul mare in quell’isola. È più grande di al-Fustàt (il Cairo vecchio), ma è ripartita in diversi settori; i fabbricati della città sono di pietra e calce ed essa appare rossa e bianca. La circondano sorgenti e canneti, le fornisce acqua un fiume chiamato Wadì Abbàs (l’odierno fiume Oreto). I mulini sono numerosi nel suo mezzo ed essa abbonda di frutta e di produzioni del suolo e d’uva. L’acqua batte le sue mura. Possiede una città interna, nella quale si trova la moschea gàmî; i mercati sono nel sobborgo (rabad). Ha inoltre una città esterna dotata di mura e chiamata al-Halisah, in cui si aprono quattro porte” (De Simone A., Palermo araba, in La Duca R., 2003).

Sul punto più alto della città gli arabi costruiscono il primo nucleo dell’attuale Palazzo dei Normanni. L’Emiro e la classe dirigente risiedono all’interno delle mura dell’antica città di impianto punico-romano fino al 937-938; le antiche mura racchiudevano i quartieri della Galka (al-Halqâh, la cinta), sede degli spazi amministrativi, e quello del Cassaro (al-Qasr, il castello), corrispondenti rispettivamente alle primitive paleopoli, e neapoli attraversati dalla simat al balat, l’odierno Corso Vittorio Emanuele ( Cassaro). Al di fuori delle mura, via via che aumenta il numero degli abitanti per il naturale accrescimento demografico, si vanno formando altri quartieri: l’hârat al masgid Ibn Siqlâb (quartiere della moschea) e l’hârat al gadîdah (quartiere nuovo) che abbracciano quelli che saranno i quartieri dell’Albergheria e dei Lattarini, compresi fra le mura meridionali della città e l’odierno corso Tukory; l’hârat as Saqâlibah (quartiere degli Schiavoni), sede di mercanti e milizia mercenaria, situato a settentrione, al di là delle rive del Papireto; il muaskar, sede di stanza delle truppe, una vasta contrada suburbana scarsamente edificata situata ad occidente. Tutti i quartieri che vengono edificati al di fuori delle antiche mura vengono indicati dagli arabi con il termine di rabad cioè borgo.

Vengono costruiti numerosi bagni pubblici, gli hammâm, profondamente legati alla cultura ed alla religione islamica. Oggi l’unica testimonianza di bagni arabi in Sicilia è data da quelli di Cefalà Diana che rappresentano anche una delle poche opere appartenenti con certezza a questo periodo, tutto il resto è stato distrutto o modificato o costruito dai re Normanni.

La città manterrà la sua egemonia per tutta l’età araba manifestando tutto il suo fasto ed il suo splendore all’arrivo dei nuovi dominatori normanni.

Una delle più belle descrizioni della Sicilia di quel felice periodo è quella offertaci dal geografo e scienziato Al-Idrisi il quale afferma: “Diciam dunque che l’isola di Sicilia è la perla del secolo per abbondanza e bellezze; il primo paese del mondo per bontà di natura, frequenza di abitazioni e antichità. Vengovi da tutte le parti i viaggiatori e i trafficanti delle città e delle metropoli, i quali tutti ad una voce la esaltano, attestano la sua grande importanza, lodano la sua splendida bellezza, parlano delle sue felici condizioni, degli svariati pregi che si accolgono in lei e dei beni d’ogni altro paese del mondo che la Sicilia attira a sé. Nobilissime tra tute le altre che ricordi la storia, furono le sue dominazioni; potentissime sopra tutt’altre le forze che i Siciliani prostrarono chi lor facesse contrasto. E veramente i re della Sicilia vanno messi innanzi di gran lunga a tutti gli altri re, per la possanza, per la gloria e per l’altezza de’ proponimenti”

La cultura arabo-islamica elaboratasi in Sicilia è di stampo maghrebino e quindi fortemente dipendente da quelle dell’Ifrìqiya e della Spagna islamica con la quale l’isola ha molteplici scambi culturali.

La vita quotidiana è scandita dall’osservanza degli insegnamenti del Corano e dalle attività religiose legate alla preghiera.

Nella prima fase che segue la conquista dell’isola si assiste ad una sorta di conversione di massa; la gente del libro abbandona il proprio credo per avvicinarsi alla nuova religione islamica. Questa ondata di “islamizzazione” non è tanto legata a motivi religiosi ma quanto alla possibilità di godere dei privilegi riservati ai musulmani e ad evitare il pagamento della jizya e della kharàj. Non c’è da stupirsi quindi se questo primo periodo è segnato da una totale assenza di rispetto verso le leggi coraniche come è sottolineato da Michele Amari il quale, riportando le impressioni di Ibn Hawqal sulla gente siciliana afferma che “Non usano la circoncisione, né osservano le preghiere, né pagan la limosina legale, né vanno in pellegrinaggio; appena avvien che digiunino il ramadhan e che facciano il lavacro in un sol caso. […] non essere in Palermo begli ingegni né uomini dotti, né sagaci, né religiosi, non vedersi al mondo gente meno svegliata, né più stravagante; men vaga di lodevoli azioni né più bramosa di apprendere vizi”.

I musulmani siciliani amano molto la vita sociale; sono soliti riunirsi il venerdì, giorno di festa, per banchettare, danzare e suonare. Gli strumenti musicali più diffusi in Sicilia sono l’oboe, l’arpa, il liuto e il tamburo come ricorda Ibn Hamdìs nei suoi versi: “le cantatrici toccan le corde, calmano i moti del dolore negli animi degli astanti. Questa qui stringesi al collo un suo liuto; quella bacia il suo flauto. La ballerina getta il pie’ a misura della mano che picchia la tamburella” . I pranzi del venerdì, ai quali sono invitati solo gli uomini, vengono imbandite splendide tavole ricche di numerose pietanze; la quantità e la varietà dei cibi è non solo manifestazione pubblica delle ricchezze del padrone di casa, ma anche indice di generosità.

La carne, è una delle pietanze principali, ma le tavole abbondano anche di pesci, datteri, mandorle, frutta fresca, pane farcito di miele e frutta secca, e una svariata quantità di dolci, tra i quali forse l’antenata della nostra cassata e i sorbetti alla frutta. Nella preparazione dei piatti si fa abbondante uso di spezie ed erbe aromatiche.

Le pietanze non vengono portate una alla volta ma si imbandisce la tavola con tutte le portate che vengono servite in ampi vassoi di rame. Ogni commensale non ha un proprio piatto ma si serve dal vassoio comune sistemato sulla tavola.

Particolare attenzione viene data anche all’abbigliamento e alla cura dell’igiene personale; la radice culturale di questa pratica è da ricercarsi nell’applicazione delle Sacre Scritture del Corano.

L’attenzione riposta nella cura dell’igiene personale è testimoniata da un libro arabo dell’XI secolo, intitolato Il Manuale dei segreti del matrimonio che, tra le tante raccomandazioni fatte alla giovani coppie, riporta anche una serie di ricette mediche e cosmetiche: “Per esempio, per rendere luminosa la pelle del volto, far sparire segni di lentiggini e anche macchie di lebbra, vaiolo e cicatrici, è consigliato un miscuglio di zafferano, zucchero candito, gomma arabica, urina di pipistrello, latte di madre, bianco d'uovo, olio di mandorla, succo di fichi, menta, pistacchi, mostarda, e così via. Poiché all'uomo è gradevole la donna prosperosa, ed egli può provare standole vicino un piacere che una donna magra non sa dare, elenchiamo una lista di cibi sui quali una donna scarna può contare per ingrassare, rinforzare i tessuti, rendere limpida la pelle, e accattivarsi i desideri del marito, aumentando di peso” . Non garantisco della bontà dell’intruglio!

Gli uomini portano la barba che, in base alla lunghezza, al colore e alla forma, ne denota il rango sociale. Un uomo della classe agiata possiede una barba folta e di media lunghezza tinta di blu, giallo, verde o rosso; gli operai portano una barba corta; i medici e i giuristi una barba lunga e bianca. La barba dei militari è divisa in due ciuffi neri. Tutti hanno i capelli rasati tranne i principi che hanno una pettinatura formata da lunghe trecce. Gli uomini, oltre a riporre molta cura nella barba, si radono le ascelle e si dipingono gli occhi con il kajal. Le donne portano i capelli raccolti in trecce il cui numero e la lunghezza ne denunciano il ceto sociale.

L’abito maschile è costituito da una camicia e da un pantalone in tela bianca. Le camicie, formate da nove pezzi di tessuto cuciti insieme hanno delle larghe maniche che vengono arrotolate e talvolta usate come tasche. Il pantalone è trattenuto in vita da un cordoncino intrecciato con fili di cotone e fili d’oro. L’abbigliamento è infine completato da ampi mantelli e da una specie di giacca, anche essa formata da nove pezzi cuciti e con lunghe maniche, aperta sul davanti e stretto in vita da una fascia di tela o di seta.

Le donne indossano dei larghi pantaloni rigonfi sulle caviglie, una casacca di seta dai colori chiari con profonde aperture sul seno e sui fianchi che lasciano intravedere il petto coperto da una leggera camicia di seta con larghe maniche pendenti.

Le donne usano collane, spille, bracciali e le loro vesti sono riccamente ricamate. Gli uomini indossano un turbante o un copricapo adeguato alla propria posizione sociale.

In Sicilia, come nel resto del mondo arabo, è in uso la pratica della poligamia, a patto che si possano mantenere più mogli in “egual misura”.

Oltre che nei costumi della vita quotidiana, gli Arabi lasciano profonde tracce del loro passaggio nella cultura scientifica; a Palermo si studiano la geometria della Terra e i punti cardinali e l'astronomia.

La Sicilia e, più in generale, tutta l'Italia meridionale acquistano nell'epoca musulmana conoscenze d'ogni tipo: mediche, filosofiche, astrologiche, scientifiche. Questo fenomeno continuerà durante il periodo normanno, soprattutto alla corte di Ruggero II, facendo della Sicilia uno dei punti più importanti attraverso i quali sono penetrati in Occidente gli influssi delle arti e delle scienze orientali.

Non solo nelle città ma anche negli insediamenti rurali gli scavi archeologici hanno riportato alla luce monete e oggetti di uso quotidiano riccamente decorati che indicano un livello di vita tutt’altro che miserabile. Ancora oggi in certe zone della Sicilia si costruiscono le case alla maniera elaborata dagli arabi, presumibilmente sui modelli romani: un grande cortile interno, ornato di piante e fiori e piccole peschiere, sul quale si affacciano le stanze o gli appartamenti.

La fine

Come già accennato, le lotte intestine che si scatenarono tra gli emiri dei tre valli, in assonanza con le lotte d’Ifriqya, richiamarono l’attenzione di Bisanzio, che spedì un esercito al comando di Giorgio Maniace. Dopo alcuni successi iniziali, questi fu, però, costretto alla ritirata. Successivamente scoppiarono altre profonde liti, la leggenda narra, ancora una volta, per una questione di donne, che determinarono la chiamata degli Altavilla, i quali, ben presto, da mercenari al soldo di Ibn at Thumma , caid di Siracusa, si trasformarono in conquistatori.

La guerra di conquista durò 30 anni e alla fine le parti si rovesciarono e questa volta furono i furbi normanni ad applicare l’aman nei confronti dei musulmani siciliani. Riconobbero, comunque, l’alto grado di preparazione e civilizzazione araba e, apprezzandone la cultura, l’arte e i costumi, si adattarono felicemente continuando quel periodo di splendore e floridezza. La gestione dello stato cambiò radicalmente facendo precipitare la Sicilia in pieno feudalesimo quando Federico II, imperatore di Germania, avviò un processo di persecuzione che portò allo sterminio degli arabi e alla deportazione dei sopravvissuti in Puglia! Le terre musulmane del Val di Mazara rimaste deserte furono graziosamente donate a profughi ghibellini lombardi, che però non le coltivarono più “alla siciliana”. E così anche ciò che di materiale rimaneva della cultura dei musulmani di Sicilia non rimase più niente.

 di Fara Misuraca

Bibliografia:

  • Amari, M., Biblioteca arabo-sicula, Edizioni Dafni, 1982;
  • Amari, M., Storia dei Musulmani di Sicilia, Le Monnier, 2002;
  • Contino, P, Il regio sollazzo della Favara a Maredolce, tesi di laurea A.A. 2003-2004;
  •  Ibn Gùbayr, Viaggio in Ispagna, Sicilia, Siria e Palestina, Mesopotamia, Arabia, Egitto, Sellerio Editore,1979;
  •  La Duca R., Storia di Palermo vol. II – Dal tardo-antico all’Islam, edizioni L’Epos, 2002;
  •  La Sicilia islamica nelle cronache del medioevo, con un testo di U. Rizzitano, Edi.bi.si., 2004;
  • Maurici, F., Breve storia degli arabi in Sicilia, Flaccovio Editore,1999;
  • Renda,F., Storia della Sicilia dalle origini ai nostri giorni, vol I , Sellerio, 2003;
  • Sucato I., Palermo sotto la dominazione Araba: vicende politiche sociali e religiose, Editrice La Via, Palermo 1963;
  • Tramontana S., Vestirsi e travestirsi in Sicilia, Sellerio editore, 1993;
  • Tramontana S., Il Regno di Sicilia, Einaudi, 1999.

Palermo, la città in cui vivo...

Palermo vista da San Martino delle Scale, Monreale (Pa)
PALERMO: Città della Sicilia, capoluogo di regione e della provincia omonima. Si affaccia sull'omonimo golfo, all'interno della cosiddetta Conca d'oro, pianura dal clima tipicamente mediterraneo. 691.796 ab. CAP 90100. • Econ. - A P. la massiccia crescita demografica degli ultimi decenni non è stata bilanciata da un adeguato sviluppo economico. Le attività economiche della città risultano concentrate soprattutto nel terziario (specie nelle varie forme della vendita e della pubblica amministrazione), mentre l'industria incide sul totale della produzione meno del 15%, e appare concentrata sulle attività collegate al porto e su un tessuto di piccole e medie imprese operanti nei vari settori dei beni di consumo. Quanto ai collegamenti, quelli con il resto d'Italia sono garantiti dall'aeroporto di Punta Raisi e quelli autostradali mettono in comunicazione P. con Enna e Catania, mentre ancora da completare è il tronco viario in direzione di Messina; le tratte ferroviarie appaiono nel complesso obsolete e poco funzionali. Notevole anche il traffico dei passeggeri attraverso il porto, in direzione di altre isole mediterranee, del continente e delle coste nord-africane.

Storia. 

La città di P. ha origini remotissime, risalenti al periodo fenicio. Nel III sec. a.C. l'esercito romano riuscì ad espugnare la città nel corso della prima guerra punica. Dichiarata libera e immune, per tutta l'epoca romana P. (in latino Panormus) prosperò, mantenendo la raffinata impronta ellenistica che già aveva assorbito dal V sec. a.C. Molto probabilmente il Cristianesimo si diffuse in tutta la Sicilia provenendo dall'Africa cartaginese. Il periodo di crisi che seguì la fine dell'Impero romano vide P. preda di diversi popoli barbari, fino alla rinascita sotto il dominio bizantino, che riorganizzò le strutture amministrative e garantì benessere alla città. Ma nell'831 l'avanzata musulmana in Sicilia scacciò i Bizantini anche da P., dopo un assedio durato un anno: gli emiri kalbiti ne fecero la capitale dell'emirato arabo in Sicilia (948), uno Stato ricco e fiorente, al centro di vasti traffici commerciali e sede di una vita culturale intensa e raffinata. Fu a quest'epoca che in vari punti della Sicilia vennero impiantati gli agrumeti, che ancor oggi costituiscono una delle primarie risorse agricole della regione. Nel 1072 agli Arabi successero i Normanni, sotto i quali P. mantenne un ruolo egemone in campo economico e culturale; in particolare la corte di Federico II di Svevia fu un centro artistico di primaria importanza, dove si svilupparono i primi esempi di poesia in volgare in Italia e vennero compiuti studi nei campi della matematica e delle scienze. Il clima di scambio e confronto fu favorito dalla tolleranza per le diverse fedi religiose presenti nel territorio (cristiana, musulmana ed ebraica). La fine della dominazione normanna e l'avvento del potere angioino coincise per P. con una profonda crisi politica e culturale: la città perse il primato di capitale (che spettò a Napoli) e alle numerose iniziative artistiche dei secc. XI e XII seguì una lunga fase di stasi. Anche l'economia risentì del mutamento amministrativo, con una vistosa diminuzione dei traffici, unita a una politica fiscale e a un malgoverno che nel 1282 portarono alla rivolta popolare nota come Vespri Siciliani, cui seguì l'invito agli Aragonesi a prendere possesso dell'isola. Per P. la conseguenza principale fu la concessione dell'autonomia amministrativa e il riconoscimento da parte dei nuovi sovrani degli organi comunali (1330). Ma già nel 1412, l'annessione della Sicilia alla Corona d'Aragona segnò la fine di qualunque speranza di autonomia per tutta l'isola, che dovette subire il peso di un'ulteriore regressione economica causata da ragioni esterne e dalla cattiva gestione dei dominatori spagnoli. Per quasi due secoli il territorio restò sottoposto al controllo feudale dei baroni, mentre ogni possibilità di scambio e attività produttiva fu soffocata da vincoli e ostacoli burocratici; il malcontento popolare si espresse nella rivolta del 1647, cui seguì un breve periodo di dominazione sabauda (1711-18) e borbonica (dal 1736). I motivi che nei secoli precedenti avevano indotto la Sicilia alla ribellione non vennero però meno, neppure quando P. ritornò ad essere capitale in seguito alla cacciata di Ferdinando III da Napoli. Il XIX sec. vide dapprima la concessione, sotto pressione inglese, di una costituzione (1812), che venne però presto abrogata, suscitando nuovi focolai di protesta, che aprirono la strada alle rivoluzioni, represse, del 1820 e del 1848, cui seguì nel 1860 la spedizione dei Mille da parte di Garibaldi. Il 5 novembre 1860 P. entrò a far parte del Regno d'Italia. Tra le vicende storiche che toccarono in modo particolare la Sicilia e il suo capoluogo nel XX sec., vanno ricordate le prove sostenute durante la seconda guerra mondiale, dai pesanti bombardamenti allo sbarco alleato, con l'occupazione anglo-americana del 22 luglio 1943.

Il nucleo originario di P. fu un insediamento fortificato sul Monte Pellegrino, situato a Nord dell'attuale città e un tempo lambito dal mare; da qui si diramava la direttrice Est-Ovest lungo la quale il centro si sviluppò in epoca araba, quando si costituì un vero agglomerato urbano, con più di 200.000 abitanti. Il periodo normanno segnò invece la suddivisione cittadina in cinque quartieri cinti da un unico giro di mura. Fu però solo nei secc. XVI e XVII che alla primitiva direttrice di sviluppo se ne aggiunse una perpendicolare, Nord-Sud: l'intersezione delle due linee (gli attuali corso Vittorio Emanuele e via Maqueda), diede luogo all'incrocio detto Quattro Canti (oggi piazza Vigliena). Ciò comportò una diversa collocazione di palazzi signorili, affacciati sulle vie principali, e di case popolari, affollate nelle strade strette e irregolari dell'antico tessuto urbano. Fino all'inizio del XX sec., la topografia non subì vistose variazioni, nonostante l'incremento demografico dovuto a ragioni politiche e storiche. Il processo graduale di inurbamento delle popolazioni rurali continuò fino al secondo dopoguerra, quando l'esigenza di porre un riparo alle distruzioni belliche portò alla costruzione di unità abitative nelle aree storiche della città; ma il conseguente problema del traffico, specie in prossimità della zona portuale, determinò un'inversione di rotta nell'espansione urbana, che dagli anni Cinquanta iniziò a dirigersi verso la pianura occidentale. • Arte - I monumenti più rappresentativi risalgono al periodo normanno e sono caratterizzati da una fusione di elementi bizantini e arabi con tratti e tipologie costruttive tipicamente europee. L'edificio più antico è San Giovanni dei Lebbrosi (1071), cui seguono il Palazzo dei Normanni, con facciata rifatta nel XVIII sec. e parti risalenti al periodo della dominazione araba, e la Cappella Palatina, con splendidi mosaici di arte musulmana. Tra le molte testimonianze artistiche normanne degne di nota, occorre ricordare San Giovanni degli Eremiti, la chiesa della Martorana e quella della Magione, San Cataldo, la chiesa di Santo Spirito, l'imponente cattedrale, che ospita al suo interno i monumenti funebri di vari sovrani aragonesi, e gli edifici noti come la Zisa e la Cuba del XII sec. Nei secoli successivi vennero innalzate costruzioni significative, come i Palazzi Chiaramonte e Sclafani (XIV sec.), le chiese della Gancia e di Santa Maria della Catena (XV sec.). Numerosi sono gli edifici sacri di epoca rinascimentale, mentre nei secc. XVII e XVIII si assistette a una straordinaria fioritura del Barocco, la corrente che ha forse lasciato i segni ancor oggi più tangibili sul tessuto architettonico di P. Soluzioni fastose si ritrovano nella chiesa del Gesù, in quella di San Giuseppe dei Teatini, in Santa Teresa, nella chiesa della Pietà, in San Domenico, nella chiesa del Carmine. Fra gli arredi urbani di maggior pregio si annoverano la fontana di piazza Pretoria (XVI sec.) e quella del Garaffo (XVII sec.). Di notevole impatto è il Teatro Massimo (XIX sec.). Fuori dal perimetro urbano si trovano ville con parchi (ad esempio, quello della Favorita, a Nord-Ovest della città). Meta di pellegrinaggio è il santuario della patrona cittadina, Santa Rosalia, dalla facciata secentesca, situato sul Monte Pellegrino. P. è sede di un'antica università, cui è annesso un museo geologico. Ospita inoltre il Museo Nazionale; la Galleria Nazionale della Sicilia (in Palazzo Abatellis), che conserva dipinti di Antonello da Messina, Van Dyck e Laurana; il Museo etnografico G. Pitrè. Fra le biblioteche spiccano la Biblioteca Nazionale, fondata nel XVIII sec. dai Gesuiti, e la Biblioteca Comunale, nata nel 1760. Gli studi musicali hanno come riferimento il conservatorio Vincenzo Bellini, il Teatro Massimo e varie istituzioni concertistiche, quale gli Amici della Musica. ║ Provincia di P. (4.992 kmq; 1.240.851 ab.): si estende nella Sicilia nord-occidentale. Il territorio è in gran parte collinoso e montuoso; le zone pianeggianti si limitano alla fascia litoranea settentrionale, le cui coste sono frastagliate da vari promontori, fra cui Capo Gallo e Capo Zafferano, agli estremi del Golfo di P. Il clima tipicamente mediterraneo della costa diventa secco e aspro nella zona interna, dove spesso si risente della scarsità di acqua, nonostante gli inverni piuttosto rigidi. Le ridotte precipitazioni non sono sufficienti a garantire portata costante ai brevi corsi d'acqua, per cui si è cercato di risolvere il frequente problema della siccità creando bacini artificiali, come il Lago Poma, sul fiume Iato, e quello di Piana degli Albanesi. I centri abitati sono in genere di dimensioni ridotte: l'incremento e i flussi demografici degli ultimi anni hanno infatti investito unicamente la città capoluogo, e soltanto pochi comuni superano i 10.000 abitanti (Bagheria, Termini Imerese, Partinico, Monreale, Carini e Misilneri). L'economia è prevalentemente rurale e coltivazioni specializzate di un certo peso economico si trovano solo nei tratti pianeggianti irrigabili; la pesca è l'attività tradizionale ancora svolta lungo la costa, mentre l'industria si trova solamente nei centri più prossimi a P. Una fonte significativa di guadagno è oggi il turismo, specie in alcune rinomate località, come Cefalù, note per le bellezze artistiche e paesaggistiche.
L'abitato, il cui nucleo originario era circondato da una cinta muraria, siestese gradualmente, soprattutto in età araba e normanna, con un fitto reticolo irregolare di strade e vicoli. In questo tessuto urbano così confuso e intricato furono aperte dagli Aragonesi due lunghe arterie dal tracciato rettilineo, ottenute con la demolizione di numerosi vecchi edifici; la prima, perpendicolare alla costa, prese il nome di via Marmorea, quindi via Toledo e oggi corso Vittorio Emanuele; la seconda, ortogonale alla precedente, è la via Maqueda. L'ultima e più estesa cinta muraria, che avvolse l'abitato nelle varie fasi della sua espansione edilizia, si sviluppava per ca. 7 km e seguiva il tracciato ora indicato dalle vie Cavour e Volturno, dai corsi Alberto Amedeo, Re Ruggero e Tuköry e dalla via Lincoln. In età borbonica il maggiore ampliamento oltre l'ultima cinta muraria ebbe luogo in direzione SW, verso Monreale. Dopo l'annessione dell'isola all'Italia, l'abitato ebbe una graduale, ingente espansione edilizia, realizzata secondo direttive precise, che prevedevano per i nuovi quartieri una regolare struttura a scacchiera. La stazione centrale sorse all'estremità sud-orient. della via Maqueda e della parallela via Roma. Il maggiore sviluppo urbanistico si verificò però verso NW lungo il prolungamento della via Maqueda, che prese il nome di via Ruggero Settimo, l'odierno centro cittadino, e di via della Libertà; sorsero così progressivamente alcuni quartieri dalla regolare struttura a scacchiera fino alle falde sud-occid. del m. Pellegrino. Successivamente si svilupparono nuovi quartieri ai piedi del versante orient. del monte, come quelli dell'Arenella e di Vergine Maria, mentre l'abitato si estese gradatamente lungo il maggiore asse di sviluppo, fiancheggiando il versante occid. del m. Pellegrino, fino a raggiungere i centri di Mondello e Partanna. L'espansione edilizia nelle altre direzioni fu meno intensa ed ebbe luogo lungo le maggiori direttrici di accesso alla città.

Cenni sull' Economia:-

Centro d'arte e di cultura fra i maggiori del meridione, P. è fondamentalmente una città terziaria, dove in particolare prevalgono gli impiegati dei servizi pubblici. La classe media o piccolo-borghese, gli addetti alle amministrazioni pubbliche, i dipendenti di banche e assicurazioni, i commercianti e i commessi della fitta rete di piccoli negozi, gli insegnanti e il personale addetto alla Sanità costituiscono le classi cittadine più rappresentate e hanno dato vita a un nuovo mercato, alimentato da un reddito non elevato ma costante. L'espansione della città ha puntato su tale mercato, facendo leva specialmente sul bisogno primario della casa. La crescita rapida e su basi speculative di tutta la fascia edilizia condominiale, che ha formato i nuovi quartieri, è stata possibile proprio in relazione a questa nuova configurazione sociale della città. L'equilibrio demografico interno al territorio cittadino è mutato profondamente, l'incremento di popolazione non si è diffuso uniformemente, ma per lo più a favore dei settori settentrionale e occidentale della città. Anche l'attività produttiva ha spostato il proprio baricentro: le industrie palermitane non sono cresciute molto in questi ultimi trent'anni, ma – fatta eccezione per il settore cantieristico, ovviamente ancorato al vecchio insediamento portuale – le nuove iniziative si sono concentrate nelle due opposte zone industriali di Brancaccio (a S) e di Partanna-Tommaso Natale (a N). L'esiguità di queste zone attesta che il pur limitato sviluppo manifatturiero non è avvenuto ai confini della città, ma verso le pianure costiere di Bonformello e di Carini, spostando pertanto l'asse produttivo al di fuori dell'agglomerato urbano principale. Il porto ha una superficie di 96 haed è protetto da due moli, di cui quello sett. risale al 1567, e da una diga foranea; annualmente registra un movimento di ca. 6500 navi tra arrivate e partite (con un'assoluta prevalenza nel settore della navigazione di cabotaggio), oltre 4,5 milioni di t di merci imbarcate e sbarcate e ca. un milione di passeggeri imbarcati e sbarcati. Nell'aeroporto di Punta Raisi, che si trova nel territorio di Cinisi e ha assorbito interamente il traffico turistico e commerciale di quello di Boccadifalco, ora esclusivamente militare, il movimento annuo si aggira sui 15.000 aerei arrivati e partiti, con un movimento di ca. 1,3 milioni di passeggeri sbarcati e imbarcati e di ca. 50.000 q di merci scaricate e caricate. La città è sede universitaria e arcivescovile. § P. è sede di un osservatorio astronomico costruito nel 1790 sulla torre detta di Santa Ninfa sul Palazzo dei Normanni; il primo direttore fu l'abate G. Piazzi che scoprì il pianetino Ceres, il 1º gennaio 1801. La dotazione strumentale dell'Istituto consiste principalmente di strumenti astrometrici.

Cenni sull' Archeologia e arte:-

Scarsissimi sono i resti dell'urbanistica antica, in quanto su di essa si innestò la vita medievale e moderna della città. In base ad avanzi delle mura e a fonti soprattutto arabe se ne è ricostruita l'estensione tra il Palazzo dei Normanni e via Roma lungo l'asse del corso Vittorio Emanuele: la città punico-romana era divisa in due nuclei, rispettivamente detti paleapolis (città antica, dal duomo al Palazzo dei Normanni) e neapolis (città nuova, verso il mare). Di straordinario interesse a P. sono le testimonianze monumentali lasciate dai Normanni che utilizzarono largamente le forme tradizionali musulmane. La Cuba, la Zisa e la Piccola Cuba sono resti di padiglioni regali, del tempo di Guglielmo II (ca. 1180), esemplati sul tipo della sala a cupola (in arabo qubbat) con ambienti laterali; nella Zisa (dall'arabo al-Aziza, la gloriosa) la superficie interna delle nicchie della sala centrale è caratterizzata da una decorazione a muqarnas*, che costituisce anche il principale motivo decorativo della Cappella Palatina del Palazzo Reale di re Ruggero II (ca. 1140), certo l'esempio più cospicuo e interessante di architettura e decorazione arabo-normanna di Palermo. Il celebre soffitto della Cappella è infatti intagliato nel legno con nicchie a stalattiti ornate di arabeschi, epigrafi in caratteri pseudo-cufici e soggetti assai comuni nel repertorio iconografico islamico, dipinti a colori vivaci con grande senso del ritmo e padronanza della tecnica. Tali pitture, con scene della vita di corte, figure danzanti, combattimenti d'animali, costituiscono il più completo ciclo di pittura musulmana che ci sia pervenuto e sono una testimonianza fedele e sicura dell'arte fatimita. La Cappella Palatina è famosa anche per i suoi splendidi mosaici, di puro stile bizantino, con Storie di Cristo e Storie dell'Antico Testamento. Tra le altre costruzioni palermitane d'età arabo-normanna si ricordano le chiese di S. Giovanni dei Lebbrosi (fondata da Ruggero I nel 1072), di S. Giovanni degli Eremiti (1132), con bel chiostro duecentesco, della Martorana (1143), che conserva i più antichi cicli musivi parietali della Sicilia, di S. Cataldo (1160) . Al 1178 risale la chiesa detta del Vespro perché vi iniziò la storica rivolta e al 1185 la fondazione della cattedrale , grandioso complesso architettonico che subì vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli e fu infine ampiamente trasformato alla fine del Settecento su progetto di F. Fuga. Le più notevoli realizzazioni del sec. XIV sono il palazzo Chiaramonte (“lo Steri”) e il palazzo Sclafani, da cui proviene il grande affresco quattrocentesco, ora alla Galleria Regionale della Sicilia, con il Trionfo della Morte. Di stile gotico-catalano con influssi rinascimentali sono i palazzi Abatellis e Aiutamicristo e la chiesa di S. Maria della Catena, eretti alla fine del Quattrocento da M. Carnelivari. Durante il periodo barocco la città assunse il fastoso aspetto che ancora ne caratterizza alcuni punti (come la piazza ottagonale detta i Quattro Canti, scenografico complesso ornato di statue e fontane) e si arricchì di notevoli chiese (S. Giuseppe dei Teatini). Il Settecento vide fiorire la vivace attività di G. Serpotta, che decorò con i suoi stucchi di squisito gusto naturalistico gli oratori di S. Zita, del Rosario, di S. Lorenzo, ecc. Alla fine del Settecento risalgono il grande Parco della Favorita (in cui sorge la Palazzina Cinese eretta da G. V. Marvuglia nel 1799 per Ferdinando III di Borbone), Villa Giulia o Flora, tipico giardino settecentesco, l'Orto Botanico. Della seconda metà dell'Ottocento sono il grande viale della Libertà e il Teatro Massimo, opera di G. B. Basile. I bombardamenti dell'ultima guerra e la successiva espansione edilizia hanno purtroppo inflitto gravi colpi al patrimonio artistico della città. Tra i musei notevole importanza rivestono il Museo Archeologico (che, tra l'altro, ospita le sculture provenienti dai templi di Selinunte), il Museo Diocesano, la Galleria Regionale della Sicilia (Busto di Eleonora d'Aragona di F. Laurana, Annunziata di A. da Messina, Trittico di Malvagna di J. Gossaert, affresco del Trionfo della morte e dipinti di maestri siciliani dal XV al XVII sec.), il Museo Geologico annesso all'università, il Museo Etnografico Siciliano Pitré.

Biblioteconomia:- 

La Biblioteca Nazionale, istituita come biblioteca “Reale” da Ferdinando I di Borbone nel 1782, con la fusione della biblioteca del Collegio Massimo dei Gesuiti con quelle di altri conventi soppressi, tornò ai gesuiti tra il 1805 e il 1860. Ulteriormente ampliata dal governo dittatoriale di Sicilia con le biblioteche di altri conventi, possiede oltre 500.000 volumi e opuscoli più 1600 manoscritti, tra cui importanti quelli arabi e greci, e 980 incunaboli. Notevoli tra gli altri anche i fondi Amari, Cesareo e Crispi. Attualmente è sotto la gestione della Regione autonoma di Sicilia. Spettacolo:- Dopo i trovatori, i mimi e i giullari attivi alla corte di Federico II, il più antico esempio documentato di teatro a P. è costituito dalle farse dialettali, di matrice popolaresca e con contenuti sovente scurrili, che venivano recitate nei sec. XV e XVI “per le strade e per i borghi”, incontrando la violenta disapprovazione della Chiesa, la quale reagì favorendo lo sviluppo del dramma sacro (esempio maggiore l'Atto della Pinta di T. Folengo, 1538). Un altro tipo di teatro religioso fu quello nato, sempre nel Cinquecento, nel Collegio dei Gesuiti, mentre nello stesso secolo diverse accademie furono all'origine di un teatro profano in lingua, con successo sufficiente a determinare, nel 1581, la costruzione del primo teatro pubblico cittadino, detto dello Spasimo. Anche il Seicento vide un'intensa fioritura teatrale: commedie scritte e rappresentate dai soci dell'Accademia degli Agghiacciati (fondata nel 1615), tragedie, commedie spagnole, recite di comici dell'arte e melodrammi, che dal 1693 trovarono sede nel nuovo teatro Santa Cecilia, cui si affiancò dal 1737 il Santa Lucia. Prevalsero in entrambi le rappresentazioni musicali, ma il primo ospitò anche commedie spagnole, il secondo farse popolari imperniate sulla maschera di Travaglinu. Intensa fu l'attività dei gruppi amatoriali, attivi sia nei teatri pubblici sia in quelli dei collegi e dei palazzi. Alla fine del Settecento fiorì la vastasata,una forma di spettacolo popolare improvvisato, fitta di allusioni all'attualità, che trionfò sulle piazze anche durante l'Ottocento, mentre la grande stagione dell'opera musicale italiana trovò sede nel nuovo Teatro Carolino (poi Bellini) inaugurato nel 1809. Date importanti del sec. XIX sono anche il 1863, anno della prima rappresentazione al Sant'Anna dei Mafiusi dalla Vicaria di Mosca e Rizzotto e atto di nascita del teatro dialettale siciliano moderno, e il 1897, anno di inaugurazione del nuovo Teatro Massimo, destinato all'opera e al balletto. Dal 1947, infine, si sono avuti vari tentativi, generalmente però di breve durata, per istituire anche a P. un teatro stabile. Conserva invece un suo seguito il tradizionale teatro dei pupi.


La provincia di P. (82 comuni; 4992 km2; 1.275.000 ab.), la più vasta e popolosa fra quelle siciliane, si affaccia a N al Mar Tirreno con una lunga costa, che si articola nei golfi di Castellammare, di Carini, di Palermo e di Termini Imerese, ed è limitata all'interno dalle province di Trapani, Agrigento, Caltanissetta, Enna e Messina: comprende la vulcanica isola di Ustica. Il territorio è prevalentemente montuoso, interessato a E, oltre la valle del f. Torto, dai rilievi delle Madonie (massima elevazione è il Pizzo Carbonara, 1979 m), e a W da una successione alquanto disordinata di rilievi montuosi formati da lunghi contrafforti incisi da brevi e profondi solchi vallivi. Le pianure si limitano per lo più ad ampliamenti della stretta cimosa costiera; le più estese sono la Conca d'Oro, nell'immediato retroterra del capol., e le piane di Partinico e di Termini Imerese. Il clima è tipicamente mediterraneo ma con sensibili variazioni tra le fasce costiere, che godono di estati calde e asciutte ma ventilate e di inverni assai miti e moderatamente piovosi, e le aree montuose dell'interno, che hanno inverni più freddi e piovosi ed estati fresche; le precipitazioni non sono copiose e limitate per lo più ai mesi invernali. Le portate dei corsi d'acqua sono quindi estremamente irregolari con piene invernali e prolungate magre estive. I fiumi principali, e cioè il Pollina, il Fiume Grande (o Imera Settentrionale), il Torto, il San Leonardo e l'Eleutero, tutti tributari del Mar Tirreno, hanno quindi regime torrentizio e possono essere scarsamente utilizzati per l'irrigazione. Importante è invece la circolazione delle acque sotterranee, che sono estratte mediante numerosi pozzi e sfruttate quindi per irrigare vasti e fertili comprensori. § La consistenza demografica tende costantemente ad aumentare con un ritmo, tuttavia, non così elevato come giustificherebbe il saldo positivo del movimento naturale della popolazione, in quanto ha ancora un certo peso l'emigrazione, fenomeno che negli ultimi anni si è molto attenuato ma non spento. Da segnalare è l'immigrazione stagionale (spesso clandestina) di Algerini e Tunisini, che trovano impiego nel settore agricolo o in quello della pesca. Sono proseguiti negli anni recenti gli spostamenti tradizionali dall'interno alla costa e alle aree pianeggianti, più fertili e meglio irrigate e dove sorgono i centri maggiori e più industrializzati. I centri principali, dopo il capol., sono Monreale, Carini, Partinico, Bagheria, Villabate, Misilmeri, Termini Imerese, Cefalù, Castelbuono, Gangi, Lercara Friddi e Corleone. § Nonostante la grave crisi in cui versa il settore per un complesso di fattori concomitanti di carattere ambientale, climatico e storico, l'agricoltura costituisce tuttora una delle componenti fondamentali della struttura economica provinciale. I principali prodotti, che si ottengono però dalle aree più fertili e irrigate, sono gli agrumi, l'uva da vino, gli ortaggi,la frutta e le olive; altrove è diffusa la cerealicoltura estensiva. Cospicua fonte di reddito è pure la pesca e in fase di notevole espansione è anche il turismo, che però è ostacolato dall'inadeguatezza delle attrezzature ricettive e delle vie di comunicazione. L'industria è sviluppata nei settori meccanico, alimentare, dell'abbigliamento e dell'edilizia, nei quali operano aziende per lo più di piccole e medie dimensioni, con qualche eccezione significativa (Termini Imerese).

Bibliografia:
Per la geografia: G.Bellafiore, Palermo, Novara, 1962; C. Airoldi (a cura di), Palermo. Norma di piano e di progetto, Roma, 1990; R. Mazzarella, Arcipelago Palermo. Verso una nuova identità urbana, Roma, 1990. Per l'arte: M. Guiotto, Il palazzo ex-reale di Palermo, Palermo, 1947; U. Monneret de Villard, Il soffitto della Cappella Palatina, Roma, 1950; A. M. Ingria, Ernesto Basile e il liberty a Palermo, Palermo, 1987.

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