Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






ULTIME NEWS DAL BLOG Sicilia, la terra del sole.


Allo scoperta del Parco Archeologico di Segesta (TP).
I 10 borghi rurali più belli in Italia: scopri dove si trovano...
[Romanzo giallo] Fèvrier e gli orfanelli di Simonetta Ronco.
Cucina senza frontiere: viaggio gastronomico in versione senza glutine e senza lattosio.
ControcorrEndo: Storia di una rinascita, il libro sull’endometriosi di Vania Mento.
Dreams Hotel, il nuovo romanzo di Raffaella Dellea.
The Funeral Party, l'ultimo libro di Francesco Piazza per Pondera Verborum.



lunedì 24 novembre 2008

Parchi e riserve naturali in Sicilia.

Parchi Regionali


Parco dell'Etna:

Via Etnea 107/a 95030 Nicolosi (CT) tel.095914588 fax 0957914788 http://www.parcoetna.ct.it/

Parco delle Madonie:

Corso P.Agliata 16 90027 Petralia Sottana (PA) tel.0921608021 fax 092160478

http://www.parcodellemadonie.it/

 Parco dei Nebrodi:

 V.R.Orlando 123 97072 Caronia (ME) tel.0921333211 fax 0921333230

http://www.parcodeinebrodi.it/  e e-mail: parconebrodi@legacy.it

 

  Riserve naturali


Isola di Lampedusa (Ag) tel/fax 0922971611 - fax 971812

Grotta di S.Ninfa (Tp) tel. 092462376 - fax 62360

Macalube di Aragona (Pa) tel.0=22699210 - fax 690021

e-mail: mailto:macalube@tin.it

Grotta di Carbulangeli - Carini (Pa) tel/fax 0918669797

Lago Sfondato tel/fax 091301663

e-mail: legasic@gestelnet.it

Crozza Conza (Pa) tel/fax 091322689

Grotta di Entella (Pa) tel.0918465770 - 3473721766

e-mail: grottaentella@neomedia.it

Isola delle Femmine (Pa) tel 091861667

Monte Conca (CL) tel/fax 0934933254

e-mail: riserva.monteconca@infoservizi.it

Saline di Trapani e Paceco tel/fax 0923867700

e-mail: wwfrnotp@mail.cinet.it

Monte Pellegrino (PA) tel 0916716066

e-mail:ris.montepellegrino@tiscalinet.it Sito Internet:www.parks.it/riserva.monte.pellegrino/index.html

Biviere di Gela tel/fax 0933926051

Geologica di Contrada Scaleri tel. 0934584445

Fiumefreddo tel 095382112 fax 095377498

Oasi del Simeto tel.095382112 fax 095377498

Montagne delle Felci e dei Porri tel. 0907761267-71-66 fax 7761403

Bagni di Cefalà Diana

Serre di Ciminna

Isola di Ustica tel.0916628274-446-348 fax 6628446-98

Fiume Irminio Pino d'Aleppo tel. 032675518-03-21-25-26 fax 775519

Fiume Ciane Saline di Siracusa tel.0931790270-1 fax 66002

Stagnone di Marsala tel. 0923957897

Foce del fiume Belice (Tp) tel/fax 092446042

Foce del fiume Platani tel 0916274235

Bosco di Alcamo tel/fax 0924507629

Zingaro (Castellammare del Golfo) tel 092435108 fax 35752                

Storia: Palermo e le sue Sante Patrone.



24 Novembre 2008.

Prima della nascita di Rosalia, giovane donna palermitana di origine nobile che scelse di vivere da eremita presso il Monte Pellegrino di Palermo (monte solitario, mons Peregrinus), in un giorno che non si conosce, in un anno che non si conosce (nel dodicesimo secolo), che per sua libera scelta aveva stabilito di prendere dimora in un'umida e profonda grotta di quel monte, poi divenuta Santa, e per acclamazione popolare patrona di Palermo(in seguito alla debellione della pestilenza che aflisse il capoluogo siciliano nel seicento per intercessione delle spoglie mortali della Santuzza che vennero portate in processione per le vie della città attanagliata dalla epidemia, da poco rinvenute sul Pellegrino),la città ebbe come Sante Patrone altre e ben diverse figure della religione Cristiana.

L'icone della Madonna Odighitria
Nel 718 d. C. una imponente flotta saracena mise l'assedio alla capitale dell'impero romano, la splendida ed invitta città di Costantinopoli. Durante l'invasione fu ordinato di portare sulle mura della città la sacra icona della Madonna odighitria custodita nella cappella imperiale della Blacherne, affinchè assistesse le armi cristiane. La leggenda narra che, all'apparire della venerata immagine, si levasse improvvisamente un forte vento su tutto il Bosforo e il Corno d'Oro. La tempesta strappò dagli ormeggi le navi saracene disperdendole come fuscelli di paglia dal mare di Marmara agli stretti e i soldati nemici, presi dallo sconforto, abbandonarono disordinatamente la mischia. La città, grazie all'intercessione divina della Vergine, era salva e, con essa, l'impero cristiano di Costantinopoli. In seguito, alcuni soldati siriani che avevano partecipato alla difesa di Costantinopoli, scioccati e commossi dall'evento soprannaturale a cui avevano assistito, fecero dipingere copia dell'icona miracolosa e la portarono con loro a Palermo, dove erano stati destinati di guarnigione. Da allora, grazie ai loro racconti della miracolosa vittoria dell'esercito Cristiano sui saraceni durante l'assedio di Costantinopoli, si diffuse la devozione verso la Vergine odighitria (nella vasta iconografia bizantina l'odighitria è quella Madonna che "indica il cammino", detta anche "condottiera", ed è raffigurata frontalmente con il bambino sorretto dal braccio sinistro, mentre la mano destra è tesa in avanti nell'atto di indicare la direzione) che salva la patria contro gli invasori. Il culto della odighitria si diffuse rapidamente in tutta la Sicilia e venne, in seguito, ufficializzato con la proclamazione appunto della Signora di Costantinopoli a patrona del thema di Sicilia, cioè della provincia imperiale bizantina che, creata nell'VIII secolo, comprendeva la Sicilia con le isole minori annesse, la Calabria ed il Salento. La venerazione dei palermitani per la odighitria si concretizzò allorquando l'icona che i soldati avevano portato da Costantinopoli venne custodita nella chiesa della Madonna di Costantinopoli, che era ubicata presso il castrum superius, la sede dell'autorità civile e militare della città, l'attuale palazzo reale. Durante la prima epoca del regno di Sicilia (dodicesimo secolo) la chiesa della Madonna di Costantinopoli divenne suffraganea della cappella di san Pietro (la cosiddeta "cappella palatina" di Palermo) costruita da re Ruggero II Altavilla proprio all'interno del palazzo reale, e che fu di jus-patronato regio.
La grande popolarità raggiunta dal culto per la Vergine - a Palermo - impedì a figure locali come la giovinetta di nome Oliva, pur vissuta in odore di santità, di assurgere subito al rango di patrona cittadina. Negli anni oscuri dell'occupazione saracena le tradizioni cristiane si affievolirono nel tempo pur senza mai spegnersi del tutto. Con la liberazione della città da parte di Ruggero e Roberto d'Altavilla il suo rapido emergere politico, prima come città principale della gran contea di Sicilia, poi come capitale del regno fondato da Ruggero II d'Altavilla, fecero sì che la questione del suo prestigio e del suo patronato si ponessero nuovamente ma guardando sempre alla figura della Vergine. Infatti, anche la cattedrale di Palermo e il vicino duomo di Monreale - entrambi costruiti nel dodicesimo secolo - erano dedicati alla Vergine. Si consideri, inoltre, che altre quattro chiese di Palermo in quell'epoca erano intestate alla Madonna Odighitria. Questo culto molto diffuso era, quindi, fortemente radicato nella coscienza religiosa e nazionale del popolo siciliano.
A partire della prima metà del cinquecento la città di Messina prevalse su quella di Palermo. In particolare, il 15 Agosto, giorno dell'Assunta, venivano esibite nella città dello stretto una serie di grandi macchine trionfali: la vara dell'Assunta; i due Giganti; la Galea ed il vascello del grano. Tutti i simboli attinenti alla storia di Messina ed alle sue aspirazioni politico-economiche. In quell'epoca i messinesi avevano eletto a patrona della città proprio la Madonna, a differenza di Palermo, che non aveva osato tanto.
I palermitani, tenuto conto dell'audace decisione dei messinesi, decisero di adottare come patrone quattro sante: sant'Oliva; santa Ninfa; sant'Agata e santa Cristina. Di queste quattro sante solo Oliva, sicuramente, era palermitana. La vita di Oliva è incerta, ricca di superfetazioni dovute alle leggende che l'hanno arricchita posteriormente, nonché di punti interrogativi. Prima di tutto l'epoca in cui è vissuta. Probabilmente visse verso il 437, epoca in cui Genserico, capo delle bande dei vandali, s'insediò nelle provincie romane del Nordafrica occupando la città di Cartagine. Da qui condusse due incursioni in Sicilia; la prima nel 446, nella quale occupò Lilibeo, la seconda, nel 454, nella quale assediò Palermo senza poterla espugnare.

La Storia di Santa Oliva
A quest'epoca Oliva era una giovinetta di tredici anni. Più fonti la indicano come figlia di una famiglia molto agiata. Di sentimenti tanto religiosi da aver fatto voto di castità ed essersi dedicata ai poveri e ai diseredati della città. Caduta nelle mani dei vandali di Genserico venne deportata a Cartagine. Qui i vandali, essendo ariani, imposero l'abiura ai deportati. Oliva, condotta davanti al governatore Amira, rifiutò. Forse anche perchè il riscatto non arrivava , costui la spogliò di ogni cosa e la fanciulla, ridotta in povertà, riprese la sua vita fra i poveri. Costituì una piccola comunità e la sua operosità benefica la rese nota e popolare anche a Cartagine.
Dopo un certo tempo il governatore della città di Cartagine, per evitare che i cattolici ne facessero un simbolo per riprendere vigore contro gli ariani, le ingiusse di vivere fuori città, in una grotta.
Ma anche qui Oliva,imperterrita,continuava la sua attività benefica verso gli esclusi, gli emarginati. Alla fine il governatore, fattala prendere, la sottopose a supplizio e le fece decapitare. Era il 10 giugno dell'anno 463. Oliva aveva ventidue anni. I suoi poveri, che avevano seguito le vicissitudini della giovane benefattrice nei nove anni di deportazione, ne trafugarono il corpo e lo seppellirono facendo edificare in seguito, presso la sepoltura, una piccola cappella. Con l'arrivo dei saraceni questa fu trasformata in moschea. Altre fonti danno per certo - invece - che il corpo fosse stato riportato a Palermo. D'allora in poi la vita di Oliva fu circonfusa dalla leggenda, in seguito sopravvenne la canonizzazione.
La particolare morte della santa panormita dal nome curioso e familiare, si contornava subito di mistero e ammirazione. Il fatto che ella fosse morta in quella terra nordafricana dalla quale vennero poi le terribili incursioni navali dei saraceni, le aggiunse un colore tutto particolare. La leggenda è legata alla vicenda del corpo della martire. In particolare, alcuni affermavano che, riportato a Palermo, fosse stato sepolto nella chiesetta che in suo onore era stata eretta in una zona cimiteriale fuori dalle mura della città; la chiesa di santa Oliva appunto, oggi inglobata in quella di san Francesco di Paola. Altri sostenevano invece ch'esso fosse rimasto a Tunisi, venerato sia dai cristiani sia dai musulmani, e che i saraceni avessero edificato nel luogo della sepoltura una delle loro pià grandi moschee. Ma nell'uno e nell'altro caso, questo corpo, avvolto nella pelle di un cammello, giacerebbe nel fondo di un profondo pozzo. Nessuno potrà nè trovarlo nè vederlo. Soltanto quando piacerà alla divina provvidenza esso sarà rivelato.
La leggenda narra che nel giorno in cui il corpo della martire sarà restituito ai fedeli un terremoto sconvolgerà Palermo e il sangue correrà a rivoli riversandosi lungo le vie dell'antico Cassaro (oggi via Maqueda). Grazie a tale sconvolgimento la città - purificata da tanta tragedia - uscirà mondata da una lunga precedente sciagura e avrà inizio un'era migliore.
Alcune cronache monastiche narrano di due tentativi fatti da altrettanti frati del convento di san Francesco di Paola i quali si fecero calare nel pozzo di sant'Oliva. Il primo, dopo aver digiunato e fatto altre penitenze per prepararsi spiritualmente, si fece calare, appeso ad una fune e armato di una fiaccola, nel profondo del pozzo. Tutto andò bene fino a quando , giunto quasi a lambire l'acqua del fondo, si levò improvviso un vortice di vento, la fiaccola si spense e il frate, sbattuto da una parete all'altra del pozzo, quasi tramortito, fu subito tirato su dai confrati atterriti. Per nulla sgomento da questo episodio un'altro frate volle tentare la stessa esperienza. Si fece calare nel pozzo e, giunto sul fondo, notò la presenza di una caverna. Decise di entrare al suo interno quando una terribile voce lo ammonì a non tentare la sua impresa in considerazione del fatto che il tempo non era giunto e che non era possibile rivelare ai devoti la presenza nel fondo del pozzo del corpo della santa.

Bibliografia:
  • Palermo, la corona perduta - di Rodo SANTORO - edizioni pegaso s.r.l. Palermo del 1991

Itinerari turistici di Palermo: Dal Palazzo Reale ai Quattro Canti

24 Novembre 2008.

Posto al culmine della città antica, il Palazzo dei Normanni fu residenza degli Emiri, poi dei re Normanni e dei vicerè spagnoli, e dal 1947 è sede dell'Assemblea Regionale Siciliana. Al suo interno la meravigliosa Cappella Palatina, costruita nel 1130 ed arricchita da splendidi mosaici. Poco lontano, in un tranquillo giardino, la chiesa di San Giovanni degli Eremiti ed il piccolo chiostro annesso sono mirabili esempi di architettura arabo - normanna. Costruita nel 1132 da Ruggero II, la chiesa è sormontata da un elegante campanile e da cinque cupolette rosse di gusto orientale. Accedendo al Cassaro (Corso Vittorio Emanuele) da Porta Nuova, a Piazza Vittoria si trovano i resti di tre grandi residenze di età romana: un pavimento musico raffigurante una "caccia di Alessandro Magno" ed una fossa frumentaria; altri due pavimenti sono custoditi presso il Museo Archeologico Regionale "A. Salinas".


La maestosa Cattedrale (Madonna Assunta), già paleobasilica, poi moschea, conserva un fastoso patrimonio: le cappelle , il presbiterio, l'altare, la cupola, raccolgono quanto di meglio abbiano espresso le diverse culture che si sono susseguite ed integrate in Sicilia. Nella cripta il Tesoro è costituito da oggetti preziosi rinvenuti nelle tombe reali ed imperiali e mirabili esempi di oggettistica sacra. Si incontrano poi la chiesa del S.S. Salvatore, a pianta ottagonale; la chiesa di S. Giuseppe dei Teatini, addossata al Cantone meridionale di Piazza Vigliena (Quattro Canti), una delle più alte espressioni del primo barocco palermitano; la chiesa di San Matteo, che custodisce quattro statue del Serpotta. Si giunge così ai Quattro Canti (Piazza Vigliena), concepiti in epoca spagnola (1608-1620) come centro della città e punto di incontro dei quattro mandamenti. Ciascuno è decorato con tre statue raffiguranti le quattro stagioni, quattro vicerè spagnoli e le quattro sante protettrici dei quattro quartieri. Dopo i quattro canti la via Maqueda si apre su Piazza Pretoria, con il Municipio e la fastosa Fontana, complesso marmoreo barocco di tema mitologico. Nell'attigua piazza Bellini domina la chiesa della Martorana (S. Maria dell'Ammiraglio), di rito greco, la cui architettura si inserisce nella tradizione bizantina, e si distingue per l'insieme di elementi strutturali e decorativi normanni e barocchi e la splendida decorazione musiva dell'interno. Più avanti su via Maqueda si incontra Palazzo Comitini, oggi sede della Provincia Regionale, edificato alla fine del '700 quale dimora di MIchele Gravina Cruillas principe di Comitini e pretore della città.


Storia: La Sicilia al tempo degli Aragonesi.

24 Novembre 2008.

L'11 dicembre del 1295 il Parlamento Siciliano (il Parlamento Siciliano era composto da feudatari, sindaci delle città, dai conti e dai baroni ed era presieduto e convocato dal re. La funzione principale era la difesa dell'integrità della Sicilia, come valore massimo anche nei confronti dell'assolutismo del re e nell'interesse di tutti i siciliani. Il re, infatti, non poteva stringere accordi di qualunque natura - politica, militare o economica - ne dichiarare guerre senza aver prima consultato ed ottenuto l'approvazione dell'organo parlmentare che, per costituzione, doveva essere convocato almeno una volta l'anno nel giorno di «Tutti i Santi». Il Parlamento costituzionalmente aveva il compito di eleggere il re e di svolgere anche la funzione di organo garante del corretto svolgimento della giustizia ordinaria esercitata da giustizieri, giudici, notai e dagli altri ufficiali del regno),riunito a Palermo, dichiarò Federico re. Federico di Aragona era il terzogenito di re Pietro. Divenne re dopo l'improvvisa morte di Alfonso III (1291) per la decisione del fratello maggiore Giacomo II. La proclamazione avvenne a Catania il 15 gennaio 1296 al Castello Ursino (il Castello Ursino è un castello di Catania, fondato da Federico II di Svevia nel XIII secolo. Il maniero ebbe una certa visibilità nel corso dei Vespri siciliani come sede del parlamento e residenza dei sovrani aragonesi fra cui Federico III. Oggi è sede del museo civico della città etnea. All'interno del castello si vissero alcuni dei momenti più importanti della guerra del Vespro. Nel 1295 vi si riunì il parlamento siciliano che dichiarò decaduto Giacomo II ed elesse Federico III a re di Sicilia. Nel corso del 1296 il castello fu preso da Roberto d'Angiò e successimente espugnato nuovamente dagli aragonesi. Nello stesso anno probabilmente vi nacque Luigi d'Angio figlio di Roberto e futuro re di Napoli. Re Federico abitò a partire dal 1296 il maniero, facendone la corte aragonese e così fecero anche i successori Pietro, di Ludovico, Federico IV e Maria. Inoltre la sala dei Parlamenti fu nel 1337 anche la camera ardente per la salma di re Federico III. Nel 1347 all'interno del castello venne firmata la cd. pace di Catania fra aragonesi ed angioini). Federico III, pur essendo aragonese, sentiva fortemente il fascino della discendenza sveva: la madre Costanza infatti era figlia di Manfredi che, a sua volta, era figlio naturale dell'imperatore Federico II. Egli apparve ai suoi sudditi, parafrasando Antonio De Stefano, " il re ideale, giusto e generoso, prode in armi e cavalleresco, intelligente e colto". Quello di Federico III fu un regno lungo e costruttivo contrassegnato da un riordinamento politico e amministrativo dell'isola. Già nel discorso pronunciato subito dopo l'incoronazione, egli si ricollegò spiritualmente al pensiero politico del grande antenato Federico II. Dopo aver affermato il principio secondo cui i re sono posti sul trono dal volere divino, non mancò di ricordare ai siciliani che Carlo II d'Angiò non aveva mai rinunciato ad impossessarsi dell'isola e che era il nemico da combattere.


Il 13 aprile del 1296, in una lettera scritta al fratello Giacomo, Federico manifestò i suoi propositi di riconquistare le parti dell'antico regno passate all'odiato angioino e di vendicare la morte di due grandi svevi: Manfredi e Corradino. Appena dieci giorni dopo l'abdicazione di papa Celestino V, i componenti del Sacro Collegio si riunirono in conclave in Castel Nuovo, nella città di Napoli, il 23 dicembre 1294 per dare alla Chiesa il nuovo Pastore. Già il giorno successivo, vigilia di Natale, fu eletto papa il Cardinal Benedetto Caetani, nativo di Anagni e titolare della Chiesa dei SS. Silvestro e Martino. Fu incoronato nella Basilica di San Pietro il 23 gennaio 1295 e assunse il nome di Bonifacio VIII. Aveva 64 anni circa. Come primo atto del suo pontificato, dopo aver riportato la sede papale da Napoli a Roma per sottrarre l'istituzione all'influenza di re Carlo II d'Angiò, dichiarò nulle tutte le decisioni assunte dal suo predecessore Celestino V.Immediatamente dopo, a causa dell'ostilità dei cardinali francesi, ebbe timore che il suo predecessore, Pietro del Morrone, ritornato semplice frate, potesse essere cooptato dai porporati transalpini come antipapa. Per cui si rendeva necessario che la sua persona rientrasse sotto il ferreo controllo del Pontefice. Bonifacio VIII fece pertanto arrestare Celestino V da Carlo II d'Angiò, lo stesso monarca che pochi mesi prima ne aveva sostenuto l'elezione pontificia, e lo rinchiuse nella rocca di Fumone, di proprietà della famiglia Caetani, dove rimase fino alla morte. Nonostante ci siano varie ipotesi (suffragate anche dalla presenza di un ampio foro nel suo cranio) non è certo che la morte di Celestino V sia avvenuta per mano di Bonifacio VIII. Lo stato di detenzione, però, fu voluto dal Caetani.


Eliminato un potenziale antipapa come avrebbe potuto essere l'ex Pontefice, il primo atto politico cui egli dovette adempiere fu la risoluzione della controversia in corso tra gli angioini e gli aragonesi per il possesso della Sicilia; controversia che si protraeva dall'epoca dei "vespri siciliani"; cioè dal 1282. A Napoli governava Carlo II d'Angiò e in Sicilia Federico d'Aragona, fratello di Giacomo II che, a sua volta, era passato sul trono d'Aragona. Il 20 giugno del 1295, spinto dal Papa, che parteggiava per l'angioino avendolo questi aiutato nella cattura del Morrone, Giacomo II sottoscrisse la Pace di Anagni con la quale rinunciava ad ogni diritto sulla Sicilia a favore del Papa. Mentre questi, a sua volta, li trasferiva a Carlo d'Angiò. Ma la Sicilia si ribellò preferendo come re il suo governatore Federico e non l'angioino. Il Papa, seppur malvolentieri, dovette acconsentire e incoronò Federico nella cattedrale di Palermo il 25 marzo 1296. Questa incoronazione fu la prima amara sconfitta per papa Bonifacio. Questa sconfitta sarà sanzionata successivamente e definitivamente mediante la Pace di Caltabellotta, stipulata nel 1303 tra Roberto d'Angiò, figlio di Carlo II e Federico, il quale riceveva il titolo di re di Trinacria e, come feudo, la Sicilia. La Pace di Caltabellotta segnò l'affermazione definitiva degli Aragonesi per l'inizio della loro espansione nel Mediterraneo. La pace di Caltabellotta, divideva il meridione italiano in regno di Trinacria (solo l'isola), affidato a Federico ed Eleonora d'Angiò (figlia di Carlo II), e quello di Sicilia (la penisola), guidato da Carlo. Federico, affidata la corona al figlio Pietro, cercò di aggirare la pace e la guerra riprese. Si riuscì a trovare un accordo finale solo alla morte di Pietro (1342), quando salì al trono il figlio Ludovico sotto tutela di Giovanni d'Aragona. Fu probabilmente grazie alla diplomazia di Giovanni che si raggiunse un primo accordo di pace con gli Angioini detto la pace di Catania l'8 novembre 1347. Ma la guerra fra Sicilia e Napoli si sarebbe chiusa solo il 20 agosto 1372 dopo ben novanta anni, con la pace di Avignone firmata da Giovanna d'Angiò e Federico IV d'Aragona con l'assenso di Papa Gregorio XI.


Federico III (pare giusto chiamarlo Federico IV perchè fu il quarto Federico a regnare in Sicilia) lasciò, morendo (morì nel convento dei Cavalieri di San Giovanni tra Paternò e Catania, il 25 giugno 1337. Fu sepolto provvisoriamente nel duomo di Catania. Ma la sua tomba rimase lì, e ancora in quel tempio si trova ), la Sicilia ancora in guerra; è questo il dato più appariscente del suo lungo regno. Dopo la sua scomparsa , per circa ottant'anni, si succedettero avvenimenti convulsi contrassegnati ancora dalle mai spente aspirazioni al dominio dell'isola da parte degli angioini, appoggiati sempre dal papato, dagli interventi sempre più massicci dai regnanti iberici, dall'emergere e dall'affermarsi di una potente e agguerrita nobiltà feudale. All'inizio del secolo successivo, la Sicilia avrebbe perduto la sua identità diventanto un viceregno. Federico III fu l'ultimo grande re di una Sicilia che ancora aspirava con fierezza alla propria autonomia. L'ultimo grande re di Sicilia, nonostante fosse stato impegnato in modo massiccio nelle campagne militari, riuscì a portare avanti i suoi disegni miranti a dare nuovi ordinamenti all'isola. Egli diede alla regione da lui amministrata leggi più giuste, incrementò le attività letterarie e scientifiche, migliorò le condizioni di servi e schiavi, disciplinò la presenza di saraceni ed ebrei in seno alla comunità siciliana, combattè il gioco e l'esercizio delle arti magiche, emanò norme per reprimere il lusso. Il suo capolavoro è tuttavia costituito dalle cosiddette "costituzioni federiciane" del 1296 emanate sulla scia dell'ordinamento dell'età normanno-sveva. Egli come prima cosa stabilì che il monarca non poteva assolutamente abbandonare l'isola nemmeno nel caso fosse entrato in possesso di un altro regno. Ristrutturò inoltre il parlamento fissando precise norme. Il parlamento siciliano infatti doveva riunirsi almeno ogni anno, il giorno dei Santi, con tutti i suoi componenti: prelati, baroni, amministratori delle città per decidere della guerra e della pace, provvedere alla gestione della cosa pubblica,emanare leggi, stipulare trattati con potenze straniere, decidere la misura dei donativi. Con una visione assai aperta, se rapportata ai tempi, Federico III avrebbe potuto porre le basi di una monarchia costituzionale se alcuni vizi di fondo non avessero minato la sua costituzione politica. Questi vizi erano costituiti dalla formazione stessa del parlamento federiciano: i nobili che ne facevano parte erano in misura preponderante ed erano quindi in grado di portare le loro rivalità e le loro risse in seno al congresso e di imporre le loro decisioni. I nobili, appunto, ebbero un enorme influenza nelle città demaniali soprattutto dopo la morte di Federico III. Basterebbe dire che mentre in età normanna il feudo er considerato una concessione temporanea fatta al barone, nell'età di Federico III i nobili ebbero il possesso delle loro terre con obblighi soltanto formali nei confronti del sovrano. I Chiaramonte, I Ventimiglia, i Palizzi, i Moncada, i Peralta con le loro rivalità, con le loro alleanze, con i loro contratti di matrimonio, furono autentici protagonisti della vita pubblica nel XIV secolo in Sicilia. Testimonianza del loro splendore sono oggi gli imponenti palazzo baronali: lo Steri e lo Sclafani a Palermo e i castelli con torri di difesa sparsi in tutta l'isola, ad Agrigento, Naro, Bivona,Favara. L'architettura promossa dalla famiglia Chiaramonte venne definita "chiaramontana" per le sue precise caratteristiche. I Chiaramonte fecero dipingere da Cecco da Naro, Simone da Corleone e Darenu da Palermo il soffitto ligneo della loro superba dimora palermitana. Dentro i loro plazzi i baroni esercitavano anche il diritto di "mero e misto imperio", avevano cioè potere di vita e di morte nei confronti dei loro sudditi.


Alla morte del re Federico III sembrò pacifica l'ascesa al trono del figlio Pietro che tanti anni prima il padre stesso aveva voluto al suo fianco con la dignità di monarca. Il cronista MIchele da Piazza narrò nella sua Cronaca che i nobili catanesi, dopo le esequie al genitore, gli andarono incontro "tutti vestiti in abiti di seta e nella più pomposa foggia e con le palme alle mani". L'ascesa di Pietro II d'Aragona al trono di Sicilia era una aperta violazione del trattato di Caltabellotta. Roberto d'Angiò reclamò quello che riteneva un suo diritto, la reintegrazione del trono di Sicilia, e chiese ancora una volta l'intervento papale. Pietro tentò di ingraziarsi il papa Benedetto XII; inviò una ambasceria ad Avignone per dirsi disposto a pagare un censo pur di essere considerato re legittimo di Sicilia. Ma il papa, così come avevano fatto tutti i suoi predecessori negli anni burrascosi del conflitto con la Sicilia, si schierò apertamente dalla parte degli angioini. E fu di nuovo guerra. Nello scacchiere politico - diplomatico intanto facevano la loro apparizione le potenti famiglie feudali e tra queste i Ventimiglia , i Palizzi, i Chiaramonte. Quest'ultima famiglia aveva reso grandi servizi alla corona aragonese. Manfredi I Chiaramonte aveva preso parte alla guerra antifrancese e alle vicende belliche sotto i re Pietro e Giacomo. Morto nel 1321 Manfredi I, divenne erede il fratello Giovanni I il quale fece parte dell'ambascieria inviata dal senato palermitano a Bonifacio VIII (1295) per ottenere il consenso papale della nomina di Federico III come re di Sicilia. Giovanni I Chiaramonte sposò qualche tempo dopo una Palizzi di nome Lucca accrescendo così, con l'apporto di altra potente famiglia feudale, il suo prestigio e la sua forza d'urto nei confronti di altra famiglia rivale, quella dei Ventimiglia. Uno dei Ventimiglia, nel corso della lotta, morì cadendo da cavallo, e allora i suoi seguaci si rivolsero direttamente a Roberto d'Angiò per piegare la potenza dei Chiaramonte e dei Palizzi coalizzati.


Roberto d'Angiò accolse ben volentieri l'invito e in breve tempo organizzò una spedizione contro la Sicilia alla cui testa mise un suo figlio naturale Carlo d'Artois. La spedizione nel 1338 conseguì qualche successo occupando Termini. L'anno seguente dopo la scomunica di re Pietro che aveva rifiutato (temendo il peggio) di presentarsi al cospetto di Benedetto XII, un'altra spedizione angioina salpò verso la Sicilia. Prima a cadere fu la fortezza di Lipari; successivamente gli angioni occuparono anche Milazzo. Mentre ancora c'era questa situazione caotica, il 15 agosto 1342 si spense Pietro II. La morte lo colse così improvvisamente che il suo cadavere venne frettolosamente deposto nel grande sarcofago di porfido che già custodiva le spoglie del grande svevo Federico II. Erede rimase il figlio Ludovico che allora aveva soltanto cinque anni. Approfittando delle incertezze derivate da questa situazione, i Palizzi, che nel 1340 - caduti in disgrazia - erano stati costretti ad andare in esilio, si ribellarono apertamente all'autorità regia e chiesero l'aiuto degli angioini. Ma in questo frangente anche Roberto d'Angiò lasciò questo mondo (1343). La sua fine vanificò sia i propositi di vendetta da parte dei Palizzi che i vecchi e mai soddisfatti desideri della dinastia di Napoli di riconquistare la Sicilia. Questi eventi produssero una salutare tregua: in nome del piccolo Ludovico, regnò Giovanni, quartogenito di Federico, il quale era già marchese di Randazzo nonchè duca di Atente e di Neopatria. Combattivo, ma sfortunato, Giovanni non riuscì a sollevare le sorti del regno.

Bibliografia:

* A. Paravicini Bagliani. Bonifacio VIII. Torino, Einaudi, 2003 (ISBN 80-06-16005-2), RCS, Milano, 2006 (ISSN 1129-08500)


* E. Duffy. La grande storia dei Papi. Milano, Mondadori, 2003, ISBN 88-04-49052-7 * G. Filoramo, D.Menozzi. Storia del cristianesimo - Il medioevo. Roma-Bari, Laterza, 2001, ISBN 88-420-6559-5


* C. Rendina. I papi. Roma, Newton & Compton, 2004, ISBN 88-8289-070-8 * J.N.D. Kelly. Dizionario illustrato dei Papi. Oxford-New York, PIEMME, 2003 * G. Piccinni. I mille anni del medioevo. Milano, B. Mondadori, 2000, ISBN 88-424-9355-4


* P. Partner. Duemila anni di cristianesimo. Torino, Einaudi, 2003, ISBN 88-06-16647-6 * A. Vauchez. Roma medievale. Roma-Bari, Laterza, 2006, ISBN 88-420 -8024-1 * H. Fuhrmann. Guida al medioevo. Roma-Bari, Laterza, 2004, ISBN 88-420-7428-4


* M. Montanari. Storia Medievale. Roma -Bari, Laterza, 2005, ISBN 88-420-6540-4 * S. Claramunt, E. Portela, M. Gonzales, E. Mitre. Storia del medioevo. Milano, B. Mondadori, 1997, ISBN 88-424-9333-3


* P. Montaubin. Entre gloire curiale et vie commune: le chapitre cathédral d'Anagni au XIII siecle in Mélanges de l'École Française de Rome, Moyen Âge, CIX (1997), pp. 303-442


* Les registres de Boniface VIII (1294 -1303). Parigi, ed. A. Thomas, M. Faucon, G. Digard e R. Fawtier, 1884-1939


* Mille anni in Sicilia (Terza edizione maggio 2002), di Giuseppe Quatriglio, ISBN 88-317-6405-5, Marsilio Editori*

Storia:da corso Calatafimi a Monreale.


24 Novembre 2008.


Lo stradone per Monreale

Antiche cronache arabe narrano che tutto il nord della città era un'oasi di sogno dove si viveva alla raffinata maniera orientale. Testimonianza più fulgida dell'epoca è il Castello della Zisa, (da Aziz, in arabo:splendida) edificato nel 1154, sotto il regno di Guglielmo I, su modello arabo. E' una costruzione rettangolare ornata di arcate e di feritoie. L'interno, che evoca i fasti decorativi dei Palazzi Orientali, ha una sala a volta con stalattiti, preceduta da un atrio. Lungo le pareti corre un fregio in mosaico che rappresenta cacciatori e pavoni. Nelle cripte del Convento dei padri Cappuccini, del XVII secolo, si estende un cimitero noto come le Catacombe dei Cappuccini, che custodisce circa 8.000 salme, imbalsamate fino al 1881. I corpi, appartenenti all'alta borghesia palermitana e al clero, sono divisi per categorie sociali o professionali. In corso Calatafimi, all'ingresso della Caserma Tukory, si scopre un edificio rettangolare chiamato la Cuba, costruito nel 1180 da artisti arabi. Doveva il suo nome alla sua alta cupola ora crollata. La chiesa di S. Spirito, o dei Vespri, è l'armonioso risultato di una contaminazione fra gli stili arabo normanno e gotico. Essa prende il nome per ciò che vi successe il giorno di Pasqua nel 1282, mentre si cantava il Vespro, quando un soldato francese recò offesa all'onore di un giovane siciliana e la reazione dei presenti diede vita alla celeberrima rivolta contro il dominio angioino, conosciuta con il nome di rivolta dei Vespri Siciliani. Ad otto chilometri dalla città, Monreale è il principale centro turistico dei dintorni di Palermo, noto soprattutto per la sua Cattedrale e lo splendido Chiostro. L'interno della Cattedrale presenta la più vasta superficie coperta da mosaici nel mondo, dopo quella di Santa Sofia di Instanbul. Eseguiti tra il XII e il XIII secolo culminano nel Cristo Pantocratore, che occupa tutta la conca dell'abside centrale e rappresenta il punto di convergenza del poema teologico. Il Chiostro benedettino annesso è un quadrato di 47 metri di lato, porticato con una teoria continua di arcate a sesto acuto sostenute da 228 colonnine abbinate e decorate da intarsi moreschi tutti differenti. Diversi l'uno dall'altro sono anche i capitelli, ornati mirabilmente con motivi antropomorfici, fitomorfici e con altri elementi di fantasia tradizionali dell'immaginario medievale. Il corso si trova tra porta Nuova e la strada provinciale. Fa parte del quartiere Palazzo Reale - Monte di Pietà, Mezzomonreale-Villatasca. Il largo si trova nel corso Calatafimi. Chiamato originariamente lo "stradone" di Mezzo Monreale", prese il nome di corso Calatafimi dopo l'annessione della Sicilia al Regno d'Italia, in onore di Garibaldi, vincitore della battaglia di Calatafimi,che, dopo aver sconfitto le truppe borboniche a Pioppo, venne a Palermo proprio attraverso questa strada. Sulla data di costruzione, il prof. La Duca, nella Città perduta, espone i dubbi tuttora esistenti: infatti Gaspare Palermo, nella sua Guida, annota che ne fu autore il vicerè Marcantonio Colonna, nel 1580, mentre il Villabianca, in Palermo d'oggigiorno, cita come anno di inizio il 1583 e come anno di completamento il 1595. La Duca ritiene che fu Marcantonio Colonna ad avere l'idea di costruire questa strada contemporaneamente al prolungamento del Cassaro sino al mare , e che essa venne realizzata in seguito. Fatto sta che, alla fine del XVI secolo, esisteva già una "via diritta che conduceva dalle falde del Monte Caputo sino al mare, attraversando la città. La strada , larga e ombreggiata dagli alberi fatti piantare dal pretore Aleramo del Carretto per proteggere dal sole i monrealesi che andavano e venivano da Palermo, giungeva sino alla scala di Monreale. Doveva essere bella e grande se i palermitani la chiamavano "lo stradone" e vi si recavano a passeggiare. E se la memoria popolare - che è memoria storica - ne ha conservato per secoli il ricordo, come testimonia un "cantu di carretteri", certamente tramandato da padre in figlio, che dice: "Che bedda chista via di Monriali. / Ci su li chiuppi filari fileri / e 'intra lu mezzu li quattru funtani/ pi l'arrifriscu di li passeggeri. "Li quattru funtani" a cui la nenia popolare si riferisce - e che erano in realtà cinque - furono costruite nel 1630, quando il vicerè Francesco Fernandez, duca di Albuquerque, completò la costruzione della strada e, per il ristoro dei passeggeri, la fece ornare di artistiche fontane di pietra di Billiemi su disegno dell'architetto Mariano Smiriglio. Di esse una sola è sopravvissuta: la seconda, detta "fontana dei Dragoni", che si trova accanto all'Educandato "Maria Adelaide", di fronte all'Albergo delle Povere (e perciò fu detta anche "dell'Albergo"). E' posta al centro di una esedra, chiusa da una provvidenza cancellata in ferro battuto , aggiunta in epoca posteriore. Al di là di questa, circondata da un sedile semicircolare in pietra,l'imponente vasca di forma ovale, adorna ai due lati di due massicci dragoni dalle ali spiegate, che sembrano volersi affrontare. Delle altre si ha solo qualche notizia dalla descrizioni degli storici e da qualche antico disegno. La prima era situata nel piano di Santa Teresa (oggi piazza Indipendenza): aveva nel mezzo una colonna, sostenuta da quattro leoni dalla cui bocca fuoriusciva l'acqua, e terminava con una torre, dalla cima della quale uscivano quattro getti d'acqua. La terza sorgeva accanto al convento della Vittoria (oggi Caserma "Tukory"). Circondata da un anfiteatro, ornata di marmi bianchi e pietre grigie, era strutturata a forma di scalinata,lungo la quale scendeva l'acqua che andava a raccogliersi dentro una conca. La quarta era all'inizio della strada dei Cappuccini (oggi via Pindemonte) contornata da sedili, circondata da pioppi, cipressi e altri alberi ombrosi, offriva frescura e riposo a quanti vi si spingevano nelle loro passeggiate. La quinta, deta "fonte della Scaffa", era quasi al termine della strada.


LA NECROPOLI

Il sottosuolo di Corso Calatafimi, nella parte che va da piazza Indipendenza all'incrocio con via Pindemonte, è occupato dal più vasto e completo cimitero ipogeo della città, databile tra la seconda metà del VII secolo a.C. e il III secolo d.C. Le tombe sono per lo più a camera, con pianta rettangolare o trapezoidale, cui si accedeva per mezzo di una scalinata; il vano era chiuso da un lastrone molto grande, dinanzi al quale, talvolta era posto un cippo a forma di piramide. Nel vano erano contenuti uno o due sarcofaghi di calcare, coperti per lo più da lastre, talvolta da tegole di terracotta; a terra, il corredo funerario: anfore, ciotole, lucerne, vasetti, qualche gioiello.


Castello della Zisa


Piazza Guglielmo il Buono - tel. 0916520269. Feriali ore 9.00-19.30, festivi ore 9.00 - 19.00 fino al 29.07.2005. Ingresso intero € 3,00 - Ingresso ridotto € 1,50. Ingresso gratuito <18> 65.





Catacombe Cappuccini

Via Cappuccini,1 - tel. 091212117. Tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle 15.00 alle ore 17.30. Annuale - ingresso € 1,50.


(La) Cuba

C.so Calatafimi,100 - tel. 091590299. Da lunedì a Sabato dalle ore 9.00 alle ore 19.00. Festivi ore 9.00 - 19.00. Ingresso intero € 2,00 - ingresso ridotto € 1.




Chiesa dei Vespri

Via Santo Spirito - Cimitero S. Orsola . Tel. 091422691. Tutti i giorni dalle ore 8.00 alle ore 14.00 Annuale.


Duomo di Monreale

Piazza Duomo - tel. 0916404413. Ingresso al Duomo gratuita, tutti i giorni dalle ore 08.00 alle ore 18.00. Tesoro e terrazze dalle ore 08.00 alle ore 12.30 e dalle ore 15.30 alle ore 18.00. Tesoro € 2,07, terrazze € 1,55.





Chiostro Monreale di Santa Maria la Nuova


Piazza Guglielmo il Buono - tel. 0916404403. Da lunedì a sabato dalle ore 09.00 alle ore 19.00. Festivi dalle ore 9.00 alle ore 19.00 fino al 29.07.2005. Ingresso Chiostro : intero € 6,00 - ridotto € 3,00. Gratuito <25>65

Storia: l'anno Mille a Palermo.

24 Novembre 2008.

"Tre sono i principali episodi storici che statuiscono il rapporto di vassallaggio istituzionale fra i primi Altavilla ed i pontefici romani, episodi che qualificano l'antefatto della creazione  del regnum con capitale a  Palermo;il  primo  è  il concilio  di  Melfi,  nell'agosto del 1059; il secondo è la concessione della legazia apostolica fatta da Salerno nel luglio del 1098; il terzo la concessione papale della corona regia con l'acclamazione di Ruggero  II a Salerno nel 1130. Nel concilio di Melfi papa Niccolò II si riconciliò con i capi normanni dopo  le prove    di    balordaggine    banditesca    che    questi    avevano    fornito precedentemente,anche contro il papato, confermò Riccardo come principe di Capua ed investì  Roberto "il  Guiscardo" a  duca di  Puglia e  di Calabria  nonchè di Sicilia, che però era ancora in mano ai saraceni. Si trattò di investiture pressocchè illegittime. Ciò in quanto questi  territori erano ancora nominalmente parte integrante dell'impero romano di Costantinopoli anche se le truppe romaiche presidiavano ormai soltanto poche città in Puglia e Calabria mentre gli Altavilla avevano visto la Sicilia soltanto sulla base di un famoso documento storico; la cosiddetta - donazione - dell'imperatore Costantino che era anche alla  base dell'esistenza dello stesso stato pontificio e che da tempo ormai sappiamo essere stato un falso. In esso era comunque detto esplicitamente che ai pontefici romani spettava il dominio temporale su Roma e su tutte le prvincie, luoghi e città d'Italia e  delle regioni  occidentali d'Europa. Era il principio sulla base del quale i pontefici romani ritennero di rivestire il ruolo di "Cesari d'Occidente" per tutto l'alto e il basso Medioevo. Il secondo  episodio fondamentale  ebbe luogo  quando ormai  la gran parte della Sicilia era stata liberata dal giogo musulmano. Roberto " il Guiscardo" era  già morto. Ruggero I,  gran conte di  Sicilia, era uno  dei più potenti  signori del Mediterraneo e ricevette,  in Sicilia, la  visita di papa  Urbano II durante  la quale vennero  gettate le  basi della  politica ecclesiastica  dello stato e del ruolo che avrebbe dovuto rivestire ufficialmente il gran conte. A Salerno, il 05 luglio 1098, il papa consegno a Ruggero la missiva nella quale rivolgendosi  al - carissimo figlio conte  di Calabria e di  Sicilia - affermava di  impegnarsi a non nominare alcun legato pontificio  nei territori suddetti senza l'accordo ed il consenso di Ruggero o dei suoi eredi diretti. Questa concessione della - legazia apostolica - è stata poi, nei secoli, oggetto di continue controversie giuridiche, ma sta di fatto che, in quel momento, accresceva enormemente il potere politico-giurisdizionale di Ruggero. Egli, ed i suoi successori, non erano più dei puri e semplici vassalli di Roma ma, nominado vescovi uomini fedeli alla casata degli Altavilla, potevano influire direttamente nella politica della Chiesa, nonchè nell'elezione  diretta dei  pontefici fino  alla possibilità di poterne creare uno tra i loro stessi protetti. Si tratta  quinidi di un momento  fondamentale che qualifica  con la sua  impronta tutta la futura politica degli Altavilla di Sicilia. Il terzo e fondamentale episodio. Morto Ruggero I gli succedette, dopo un  lungo periodo di regenza della madre, il figlio omonino: Ruggero II. Ruggero II non fu più il tipico  cavaliere normanno abituato  a darsi ragione  brandendo la spada. Egli fu educato a Palermo da precettori latini e bizantini che lo resero  edotto su principi giuridici del cesaro-papismo bizantino. La sua mentalità fu  quindi, a tutti gli  effetti , quella  di un principe  italiano. Nel settembre  del 1130 papa Anacleto, che ufficialmente fu un antipapa e quindi ancora più bisognoso di un forte  appoggio politico-militare  per insediarsi  autorevolmente a  Roma, si recò ad Avellino dove Ruggero II lo aspettava con un grande seguito di  curiali, baroni e scorta  armata. Qui i  due strinsero un  accordo politico con  il quale Ruggero si impegnava  ad appoggiare con  tutto il suo  peso politico e  militare l'antipapa Anacleto e, a compenso di questo impegno, chiedeva per sè e per i suoi discendenti la corona regale. Dopo l'incontro di  Avellino, il 27  settembre del 1130,  papa Anacleto promulgò una bolla nella  quale concedeva ufficilamente  a Ruggero II,  e quindi ai  suoi eredi, la  corona di  Sicilia, di  Calabria e  di Puglia,  il principatodi Capua acclusi quei territori della Santa Sede  che i duchi di Puglia avevano  ricevuto in feudo, e - con frase ambigua - "l'onore di Napoli" che, all'epoca, era  città autonoma ma sotto  la tutela di Costantinopoli, il tutto  escluso Benevento che rimaneva città pontificia ma alla quale si faceva obbligo, in caso di  necessità belliche, di intervenire  al fianco del  nuovo re. I  vescovi siciliani venivano delegati ad officiare per conto del papa la incoronazione ufficiale. Ruggero per ricambiare  a  questa investitura  ufficiale  giurò nuovamente  fedeltà  al papa Anacleto impegnandosi a versargli  annualmente un tributo di  seicento schifati, cioè circa 160 once  d'oro. Avendo Ruggero come  primo titolo quello di  duca di Sicilia la  sede del  governo del  nuovo stato  veniva automaticamente assegnata alla città  dove egli  risiedeva: Palermo.  Tuttavia Ruggero  volle compiere  un gesto diplomatico  per non  svilire gli  altri ducati  del continente, facendosi acclamare a  Salerno, la  capitale del  ducato di  Puglia nonchè  la città   più importante dei suoi domini continentali. Nel Natale del 1130 fu incoronato  primo sovrano di Sicilia. Fu il cardinale di Santa Sabina, in rappresentanza di  papa Anacleto, ad ungere Ruggero  con l'olio santo mentre spettò al primo vassallo del re - il principe di Capua - tenere  la corona sopra la testa di Ruggero. Palermo  poteva  così  celebrare,  con  questo  trionfo,  l'aspirazione  più che millenaria a prevalere sulle altre città siciliane ma in particolora anche sulle grandi città  del Continente  come Salerno,  Benevento, Bari,  Amalfi, Napoli  e Capua.  Era  come se  Palermo  fosse assurta  -  proprio grazie  all'avvenimento €dell'incoronazione   -   alla    pari   di   Roma. Lo storico Giuseppe Di Stefano lo ritenne una costruzione sorta su una fortezza araba, ristruttura e ampliata da Ruggero II che fece costruire la Cappella Palatina e aggiungere dei corpi turriformi la cui altezza venne ridotta nel XVI s. Identifica le parti normanne con la Torre Pisana (con la stanza del Tesoro) e con la Torre della Gioaria (con la sala degli Armigeri al piano inferiore, e con la sala di re Ruggero e la restrostante sala dei Venti al piano superiore). Al secondo piano del palazzo (cosidetto "Piano parlamentare") si trovano la Sala d'Ercole, dove si riunisce il Parlamento siciliano, e la Sala di re Ruggero II, ricca di preziosi mosaici con motivi ornamentali, raffiguranti animali ed intrecci floreali, la sala dei venti, la sala Giallae la sala dei Viceré. Due scale laterali portano alla cripta. Questa si articola in un vano a pianta quadrata sottostante al presbiterio, scompartito mediante due colonne di pietra e con un'ampia abside centrale e due piccole laterali. Il palazzo reale è posto nel luogo più elevato dell'antica città tra le depressioni dei fiumi Kemonia e Papireto. Anche se alla costruzione vengono attribuite origini molto antiche risalenti alle dominazioni puniche, romane e bizantine, è all'epoca araba (IX secolo) che si deve attribuire l'edificazione del maestoso Qasr, Palazzo o "Castello", da cui ha preso il nome la via del Cassaro, l'odierno corso Vittorio Emanuele. Tuttavia, furono i Normanni a trasformare questo luogo in un centro polifunzionale, simbolo del potere della monarchia. Scrive Maria Teresa Montesanto in Palermo città d'arte (a cura di Cesare De Seta, Maria Antonietta Spadaro e Sergio Troisi): “Il palazzo era costituito da edifici turriformi collegati da portici e giardini che formavano un complesso unitario comprendente anche opifici tessili (il tiraz) e laboratori di oreficeria. Una via coperta lo collegava direttamente con la cattedrale. Nello spiazzo antistante vi era anche la cosiddetta Aula verde, di epoca anteriore, un ambiente aperto e riccamente decorato dove il re accoglieva i suoi ospiti. Nel 1132 venne costruita la Cappella Palatina che assunse una funzione baricentrica dei vari organismi in cui si articolava il palazzo. Con gli Svevi di Re Federico II, che vi risiede solo nell'età giovanile, il palazzo rimane sede dell'attività amministrativa, della cancelleria e della scuola poetica siciliana. Il ruolo periferico della città inizia con gli Angioini e gli Aragonesi che privilegiarono altre sedi. La rinascita del palazzo si ha con i viceré spagnoli che, nella seconda metà del XVI secolo, scelsero di risiedervi adeguandolo alle nuove esigenze difensive e di rappresentanza, ristrutturandolo notevolemte, creando bastioni e modificando il palazzo. Durante i Borboni furono create le sale di rappresentanza (Sala Rossa, sala Gialla e Sala Verde) e fu ristrutturate Sala d'Ercole, con gli affreeschi raffiguranti le fatiche dell'eroe mitologico. Un profondo restauro ha subito negli anni '60, sotto la cura di Rosario La Duca. Dal 1947 il Palazzo dei Normanni è sede dell'Assemblea Regionale Siciliana. La Cappella Palatina, che sorge nel Palazzo Reale, è a schema basilicale a tre navate, divise da archi ad ogive con la particolarità della cupola eretta sul santuario triabsidato. Le navate sono suddivise da colonne di spoglio in granito e marmo cipollino con capitelli compositi. Cappella Palatina, internoOriginariamente, la cupola visibile era dall'esterno insieme con il campanile, mentre ora la costruzione è inglobata dal Palazzo Reale. Cupola, transetto ed absidi sono interamente rivestiti nella parte superiore da splendidi mosaici bizantini, che sono tra i più importanti della Sicilia. Raffigurano Cristo Pantocratore benedicente, gli evangelisti e scene bibliche varie. I più antichi sono quelli della cupola, che risalgono al 1143. Il soffitto ligneo della navata mediana e la travatura delle altre sono intagliati e dipinti in stile arabo. Nelle stelle lignee in ogni spicchio ci sono animali, danzatori e scene di vita cortigiana islamica. La Cappella Palatina fu consacrata nel 1140 e dedicata ai santi Pietro e Paolo da Ruggero II di Sicilia (si dice palatina una chiesa o una cappella riservata ad un regnante e alla sua famiglia. Il termine latino palatinus deriva infatti da palatium, "palazzo imperiale"; nel medioevo l'aggettivo ha preso il significato di “appartenente al palazzo imperiale”). Lo splendido edificio palermitano è interamente rivestito di un tappeto musivo, che è più libero nella concezione dello schema iconografico rispetto ai mosaici della chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio, detta anche la Martorana. Ecco come Augusto Schneegans (in La Sicilia nella natura, nella storia e nella vita, 1890): “Tutto è diverso nel castello reale, dove il custode conduce i visitatori con una specie di timore religioso fino alla porta della Cappella Palatina. Quivi giunto, apre con solennità la cappella avvolta in una oscurità mistica, e poi si ritira silenzioso, come se nessun profano dovesse mettere piede sul sacro suolo. Ed infatti questa cappella meravigliosa pare che sia una cosa sacra. Vi entriamo come in un regno di favole, trasferito qui dall'Oriente: l'oscurità crepuscolare di quei corridoi con alte colonne è inondata dal dolce e carezzevole splendore del sole; le mura scintillano come di oro e splende dalle cupole una luce dorata. I santi e il grande Cristo bizantino guardano meravigliati il forestiero che ardisce mettere il piede in questa soglia consacrata. Con un sordo rumore la porta si chiude dietro di noi; una tranquillità ed un silenzio divini ci circondano; rimaniamo sbalorditi e guardiamo attorno come ammaliati. All'altare maggiore celebra un sacerdote coi capelli argentei e con un rosso e ondeggiante indumento, negli alti stalli seggono altre figure venerabili; grandi volumi di pergamena stanno aperti sui leggii di quercia le cui pagine giallastre sono via via voltate dai cantori. Un raggio di sole colorito, attraverso le dipinte vetrate del soffitto, scherza sopra gli abiti sacerdotali gallonati d'oro e scintilla sui vecchi guarnimenti d'argento dei libri corali. Lento e con modulazione uniforme, risuona il canto dei preti per le gallerie; dalla profondità del coro rispondono le voci argentine dei chierici: si sente il suono fine e chiaro del campanellino tra il ronzio ed il canto: a quel suono le teste canute s'inchinano e le ginocchia si piegano. Sebbene il forestiero non sia entrato come un credente, in questa cappella, pure in mezzo a quell'atmosfera piena di misticismo, china anch'egli il capo e piega le ginocchia come un credente. Solamente, dopo che quel primo sentimento di stupore si è dileguato, guarda attorno e rimane come estatico; perché in nessun altro luogo ha mai veduta cosa più bella. In quel recinto angusto, ma alto, arioso e illuminato dal sole, egli si trova in mezzo all'opera più perfetta che l'arte cristiana abbia mai prodotta. Svelte colonne sostengono sugli ampii capitelli gli archi acuti normanni, alquanto più larghi dei saraceni; più grossi della colonna e del capitello s'innalzano i pilastri e piegandosi leggermente con lento slancio ed elegante, s'uniscono da ambedue le parti nella pietra di chiusura, terminando in punta, ma rotondeggiata artisticamente. Poche colonne sostengono l'alta volta della piccola cappella; perché questa casa di Dio è veramente una miniatura, un prezioso cofanetto di scintillanti gioielli! Dal pavimento fino al soffitto; dalle colonne, dai muri, dagli altari, dai confessionali fin sotto alla gradinata che conduce nel coro, fin negli angoli più remoti dei corridoi laterali avvolti nell'oscurità, tutto ride e risplende di mosaici. I fatti della storia sacra vi sono dipinti in figure vive; sulle colonne stanno gli apostoli e i santi nella loro attitudine ieratica; nelle pareti è rappresentata la storia del vecchio e del nuovo Testamento; cori d'angioli volano intorno all'eccelsa cupola colle finestre traforate, dalla quale scende la chiara e dolce luce del sole, meravigliosamente smorzata e come disciolta in un morbido ondeggiamento. E su in alto, occupando tutta la volta della cupola, sta la colossale la colossale mezza figura del Salvatore in una quiete solenne, colla destra alzata in atto di benedire, col sacro volume nella sinistra, con la chioma lunga e ondulata, con la barba bionda: ha tre grandi raggi attorno al capo e i suoi grandi occhi guardano così intensamente, da sembrare che ne esca una vita celeste che empie ed avviva di una luce misteriosa la semioscurità di quel santuario."

BIBLIOGRAFIA PER LA STORIA MEDIEVALE: 
I barbari
C. Azzara, Le invasioni barbariche, Il Mulino, Bologna 1999
S. Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli, etnie e regni fra Antichità e Medioevo, Nuova Italia
Scientifica, Roma 1997
W. Pohl, Le origini etniche dell'Europa. Barbari e Romani fra Antichità e Medioevo, Viella, Roma
2000
La piramide feudale
I classici:
M.Bloch, La società feudale, Einaudi, Torino 1949 e varie edizioni successive
R.Boutruche, Signoria e feudalesimo, 2 voll., Il Mulino, Bologna 1971 e 1974
F.Ganshof, Che cos’ é il feudalesimo?, Einaudi, Torino 1989
Il dibattito storiografico, alcuni esempi:
G.Sergi, Feudalesimo senza «sistema», in «Prometeo», 10, 1993, 43, pp. 52-61
G.Tabacco, Il feudalesimo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, II/2, UTET, pp.
55-115, Torino 1983
A.Barbero, Liberti, raccomandati, vassalli. Le clientele nell’età di Carlo Magno in «Storica» n.
14 del 1999 pp. 7-60
Il feudalesimo nell’alto medioevo, due volumi, CISAM, Spoleto 2000 (Settimane di studio del
Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, XLVII)
I servi della gleba
I classici:
M.Bloch, Lavoro e tecnica nel Medioevo, Laterza, Bari 1973
M.Bloch, La servitù nella società medievale, La Nuova Italia, Firenze 1975
Il dibattito storiografico, alcuni esempi:
A.Borst, Forme di vita nel Medioevo, Guida, Napoli 1988
A.Panero, Servi e rustici. Ricerche per una storia della servitù, del servaggio e della libera
dipendenza rurale nell'Italia medievale, Società storica vercellese, Vercelli 1990
A.Panero, La servitù in Francia e in Italia nei secoli IX-XIV: un problema di storia comparata, in
«Studi storici», 32, 1991, pp. 799-836
K. Bosl, Modelli di società medievale, Il Mulino, Bologna 1979
2
G.Sergi, L'idea di medioevo. Fra luoghi comuni e pratica storica, Roma 1999
L'anno Mille
G.Bois,L'anno mille, Laterza, Roma-Bari 1991
G.Duby, L'anno Mille: storia religiosa e psicologia collettiva, Einaudi, Torino 1992
G.Cantarella, Una sera dell'anno Mille: scene di Medioevo, Garzanti, Milano 2000
I castelli
A. A.Settia, Proteggere e dominare. Fortificazioni e popolamento nell'Italia medievale, Viella,
Roma 1999
P.Toubert, Dalla terra ai castelli. Paesaggio, agricoltura e poteri nell’Italia medievale, Einaudi,
Torino 1995
T. Lazzari, Castello e immaginario dal Romanticismo ad oggi, guida alla mostra allestita nel
1991
Dossier Il castello di «Medioevo» n. 1, 2001 e sempre in «Medioevo», gennaio 2001, speciale
neomedievismo: L'invenzione del medioevo, di Renato Bordone
Federico II, primo sovrano moderno
D.Abulafia, Federico II un imperatore medievale, Einaudi, Torino 1988
A.Paravicini Baggiani (a cura di), Federico II e le scienze, Federico II e le città, Federico II e il
mondo mediterraneo, Sellerio, Palermo 1994
A.L.Trombetti Budriesi (a cura di), Federico II di Svevia, De arte venandi cum avibus, Laterza,
Roma-Bari 2000
Dossier Federico II. Storia e leggenda di un grande imperatore di «Medioevo» n. 1, 1998
Altri testi storiografici significativi
Ariès, P., Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Laterza, Roma-Bari 1991
Brooker, N.L., Il matrimonio nel Medioevo, Il Mulino, Bologna 1992
Capitani, O., Medioevo passato prossimo, Il Mulino, Bologna 1979
Cardini F., Alle radici della cavalleria medievale, La Nuova Italia, Firenze 1987
Duby, G., Le origini dell'economia europea. Guerrieri e contadini nel Medioevo, Laterza, Roma-
Bari 1992
Duby, G., Il cavaliere, la donna e il prete, Laterza, Roma-Bari 1982
Heer, F., Il Medioevo. 1100-1350, Il Saggiatore, Milano 1991
Huizinga, J., L'autunno del Medioevo, Rizzoli, Milano 1995
Klapisch-Zuber Christiane (a cura di), Storia delle donne in Occidente, Collana diretta da
George Duby e Michelle Pierrot, vol. II, Il Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1990
3
Le Goff, J. (a cura di), L'uomo medievale, Laterza, Roma-Bari 1993
Le Goff, J., Tempo della Chiesa e tempo del mercante e altri saggi sul lavoro e la cultura nel
Medioevo, Einaudi, Torino 1977
Le Goff, J., Il Medioevo. Alle origini dell'identità europea, Laterza, Roma-Bari 1996
Le Goff, J., La civiltà dell'occidente medievale, Einaudi, Torino 1981
Montanari, M., Alimentazione e cultura nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1988
Peyer, H.C., Viaggiare nel Medioevo: dall'ospitalità alla locanda, Laterza, Roma-Bari 1991
Pirenne, H., Storia economica e sociale del Medioevo, Garzanti, Milano 1985
Pirenne, H., Le città nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1995
Tabacco G. e Merlo G.G., Medioevo, Il Mulino, Bologna 1981
Fra i manuali di Storia medievale per gli studenti universitari:
Storia medievale. Manuale Donzelli, Donzelli, Roma 1998
G.Piccinni, I mille anni del medioevo, Bruno Mondadori, Milano 1999
S.Collodo, G.Pinto (a cura di), La società medievale, Monduzzi Editore, Bologna 1999
G.Vitolo, I caratteri originali di un'età di transizione, Sansoni, Firenze 2000
M.Montanari, Storia medievale, Casa Editrice Laterza, Roma-Bari 2002
BIBLIOGRAFIA PER L’INSEGNAMENTO
/APPRENDIMENTO DELLA STORIA MEDIEVALE
Flavia Marostica (a cura di), Medioevo e luoghi comuni, IRRE ER, Tecnodid, Napoli 2004
Antonio Brusa, Un prontuario degli stereotipi sul medioevo in «Cartable de Clio», n. 5/2004

Post in evidenza

Recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano, redatta dalla lettrice Maria Giulia Noto.

Buonasera!  Oggi mi pregio di pubblicare la recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", dello scrivente Francesco ...

I post più popolari

La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."

Cenni storici sul Comune di Palermo,Monreale, la Sicilia in genere.News su società e cultura. News dalle Province Siciliane. Storia di Palermo e della Sicilia dalla preistoria ai giorni nostri. Elementi di archeologia misteriosa,della teoria del paleocontatto.


La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.