Nel concilio di Melfi papa Niccolò II si riconciliò con i capi normanni dopo le prove di balordaggine banditesca che questi avevano fornito precedentemente,anche contro il papato, confermò Riccardo come principe di Capua ed investì Roberto "il Guiscardo" a duca di Puglia e di Calabria nonchè di Sicilia, che però era ancora in mano ai saraceni.
Si trattò di investiture pressocchè illegittime. Ciò in quanto questi territori erano ancora nominalmente parte integrante dell'impero romano di Costantinopoli anche se le truppe romaiche presidiavano ormai soltanto poche città in Puglia e Calabria mentre gli Altavilla avevano visto la Sicilia soltanto sulla base di un famoso documento storico; la cosiddetta - donazione - dell'imperatore Costantino che era anche alla base dell'esistenza dello stesso stato pontificio e che da tempo ormai sappiamo essere stato un falso. In esso era comunque detto esplicitamente che ai pontefici romani spettava il dominio temporale su Roma e su tutte le prvincie, luoghi e città d'Italia e delle regioni occidentali d'Europa. Era il principio sulla base del quale i pontefici romani ritennero di rivestire il ruolo di "Cesari d'Occidente" per tutto l'alto e il basso Medioevo.
Il secondo episodio fondamentale ebbe luogo quando ormai la gran parte della Sicilia era stata liberata dal giogo musulmano. Roberto " il Guiscardo" era già morto. Ruggero I, gran conte di Sicilia, era uno dei più potenti signori del Mediterraneo e ricevette, in Sicilia, la visita di papa Urbano II durante la quale vennero gettate le basi della politica ecclesiastica dello stato e del ruolo che avrebbe dovuto rivestire ufficialmente il gran conte. A Salerno, il 05 luglio 1098, il papa consegno a Ruggero la missiva nella quale rivolgendosi al - carissimo figlio conte di Calabria e di Sicilia - affermava di impegnarsi a non nominare alcun legato pontificio nei territori suddetti senza l'accordo ed il consenso di Ruggero o dei suoi eredi diretti. Questa concessione della - legazia apostolica - è stata poi, nei secoli, oggetto di continue controversie giuridiche, ma sta di fatto che, in quel momento, accresceva enormemente il potere politico-giurisdizionale di Ruggero. Egli, ed i suoi successori, non erano più dei puri e semplici vassalli di Roma ma, nominado vescovi uomini fedeli alla casata degli Altavilla, potevano influire direttamente nella politica della Chiesa, nonchè nell'elezione diretta dei pontefici fino alla possibilità di poterne creare uno tra i loro stessi protetti. Si tratta quinidi di un momento fondamentale che qualifica con la sua impronta tutta la futura politica degli Altavilla di Sicilia.
Il terzo e fondamentale episodio. Morto Ruggero I gli succedette, dopo un lungo periodo di regenza della madre, il figlio omonino: Ruggero II. Ruggero II non fu più il tipico cavaliere normanno abituato a darsi ragione brandendo la spada. Egli fu educato a Palermo da precettori latini e bizantini che lo resero edotto su principi giuridici del cesaro-papismo bizantino. La sua mentalità fu quindi, a tutti gli effetti , quella di un principe italiano. Nel settembre del 1130 papa Anacleto, che ufficialmente fu un antipapa e quindi ancora più bisognoso di un forte appoggio politico-militare per insediarsi autorevolmente a Roma, si recò ad Avellino dove Ruggero II lo aspettava con un grande seguito di curiali, baroni e scorta armata. Qui i due strinsero un accordo politico con il quale Ruggero si impegnava ad appoggiare con tutto il suo peso politico e militare l'antipapa Anacleto e, a compenso di questo impegno, chiedeva per sè e per i suoi discendenti la corona regale.
Dopo l'incontro di Avellino, il 27 settembre del 1130, papa Anacleto promulgò una bolla nella quale concedeva ufficilamente a Ruggero II, e quindi ai suoi eredi, la corona di Sicilia, di Calabria e di Puglia, il principatodi Capua acclusi quei territori della Santa Sede che i duchi di Puglia avevano ricevuto in feudo, e - con frase ambigua - "l'onore di Napoli" che, all'epoca, era città autonoma ma sotto la tutela di Costantinopoli, il tutto escluso Benevento che rimaneva città pontificia ma alla quale si faceva obbligo, in caso di necessità belliche, di intervenire al fianco del nuovo re. I vescovi siciliani venivano delegati ad officiare per conto del papa la incoronazione ufficiale. Ruggero per ricambiare a questa investitura ufficiale giurò nuovamente fedeltà al papa Anacleto impegnandosi a versargli annualmente un tributo di seicento schifati, cioè circa 160 once d'oro. Avendo Ruggero come primo titolo quello di duca di Sicilia la sede del governo del nuovo stato veniva automaticamente assegnata alla città dove egli risiedeva: Palermo. Tuttavia Ruggero volle compiere un gesto diplomatico per non svilire gli altri ducati del continente, facendosi acclamare a Salerno, la capitale del ducato di Puglia nonchè la città più importante dei suoi domini continentali.
Nel Natale del 1130 fu incoronato primo sovrano di Sicilia. Fu il cardinale di Santa Sabina, in rappresentanza di papa Anacleto, ad ungere Ruggero con l'olio santo mentre spettò al primo vassallo del re - il principe di Capua - tenere la corona sopra la testa di Ruggero.
Palermo poteva così celebrare, con questo trionfo, l'aspirazione più che millenaria a prevalere sulle altre città siciliane ma in particolora anche sulle grandi città del Continente come Salerno, Benevento, Bari, Amalfi, Napoli e Capua. Era come se Palermo fosse assurta - proprio grazie all'avvenimento dell'incoronazione - alla pari di Roma."
Tratto dal libro: Palermo, la corona perduta di Rodo Santoro। Edizioni pegaso s.r.l. 1991.
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