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mercoledì 24 agosto 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo dieci.


Dieci.


- Clif, stai attento, per carità di Dio!- Questa è la frase che ricordo di aver esclamato, a squarcia gola, il giorno in cui ci accingemmo, per la prima volta, a calare la strumentazione in nostro possesso e che ci avrebbe consentito di allestire il primo campo base all'interno del cunicolo lavico rinvenuto a pochi metri dall'area di ammartaggio della nostra navetta spaziale. 
Clif, il più piccolo della spedizione umana e che da poco aveva compiuto 23 anni, poveretto, il giorno in cui uscimmo dalla navetta spaziale venne colpito violentemente e in pieno volto dal gancio fissato sul verricello della gru del "Minotauro", nel corso della tormenta di polvere marziana che investì noi sopravvissuti nei pressi della bocca di accesso del cunicolo lavico marziano. Pochi e interminabili secondi di terrore in cui vedemmo il nostro amico morire sotto i nostri occhi con il cranio fracassato. Le nostre energie vitali, già di per sé impercettibili, si esaurirono definitivamente. 

Uno scoramento profondo ci rese, per parecchie ore, inabili ad eseguire qualsiasi voglia operazione tecnico - pratica. Clif era il settimo astronauta deceduto della nostra sciagurata spedizione umana sul Pianeta rosso. Lasciammo Clif esanime e in balia della tormenta di polvere sul suolo polveroso di Marte per circa tre giorni. 

Noi, fortunatamente, dopo circa mezz'ora eravamo riusciti a trovare rifugio all'interno del modulo abitativo gonfiabile che avevamo fatto "esplodere" una volta che era stato calato all'interno del cunicolo lavico. Il terzo giorno ci facemmo coraggio per recuperare i resti mortali del nostro giovane amico, così da dargli una degna sepoltura all'interno della stessa fossa comune in cui avevamo già riposto gli altri sei cadaveri. 

Sul tumulo di terra della fossa comune da noi realizzata posammo delle pietre, a formare una colonna, una stele, che ricordava quella della cultura dei popoli primitivi allorquando essi allestivano, sul tumulo di terra che ricopriva i sepolcri, una stele funeraria a perenne ricordo del lutto che li colpì; poi, ciascuno di noi raccolse dall'interno della navetta spaziale un oggetto appartenuto in vita ai nostri giovani amici deceduti che conficcammo sulla sabbia marziana, così violentemente che lì sarebbero rimasti per centinaia di anni, a futura memoria che lì giacevano le spoglie mortali di sette eroi terrestri che avevano sfidato le avversità dello spazio profondo per giungere su questa landa desolata e inospitale alla vita, ove poter sopravvivere all'estinzione della nostra specie. Della nostra spedizione umana su Marte eravamo rimasti solo in tre sopravvissuti: io, Johannés, Red. 

A quel punto, questi fortunati sopravvissuti avevano spazio a sufficienza per vivere nel modulo abitativo e generi alimentari da condividere per gli anni a venire, oltre che le colture che essi avrebbero potuto ricavare dalla serra che da lì a poco allestirono. Dopo il saluto di commiato ai nostri sette eroi caduti, ci ritirammo all'interno del modulo abitativo e, in particolare, all'interno del dormitorio affinché potessimo recuperare le forze e l'energia psicofisica di cui ciascuno di noi aveva di bisogno per vivere su Marte. Erano trascorsi quasi due settimane dal nostro ammartaggio e le condizioni climatiche non erano tra le migliori che avremmo potuto trovare su quel pianeta. 

La tempesta di sabbia che causò la morte di Clif era di dimensioni globali, che capitava circa ogni tre anni marziani, ovvero cinque anni e mezzo terrestri. Una tempesta di minuscole particelle di polvere inghiottì gran parte di Marte. La foschia bloccava la luce del Sole, privandoci della sua energia vitale, motivo per cui fummo costretti ad attivare e poi interrare l'RTG, così da avere l'energia sufficiente che ci avrebbe consentito di continuare a vivere. 

Le tempeste di sabbia sono infatti molto frequenti su Marte, in particolar modo durante i mesi primaverili ed estivi nell'emisfero meridionale; di solito durano un paio di giorni e interessano porzioni delle dimensioni degli Stati Uniti. Le tempeste globali invece sono eventi più rari, imprevedibili e a volte possono durare anche mesi interi. La tempesta di sabbia che ci colpì durò tre mesi, non consentendoci di fare degli EVA (Extra-vehicular activity) e costringendoci a rimanere all'interno dell'unità abitativa ove, tormentati dal nostro dolore per aver perduto tanti giovani amici, riuscimmo a recuperare le forze per affrontare il "gigante" chiamato Marte.

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