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lunedì 23 dicembre 2024

Brancaccino! “Ù sai a cu ammazzaru steinnata?” -Che cosa scrivo adesso? - Capitolo Cinque.

 

Cinque.

 

“Pacchionello – Diecimila”

 

All’inizio del mese di ottobre dell’anno 1981, quando per le vie di Palermo erano già passati a miglior vita circa settanta mafiosi, o presunti tali, barbaramente uccisi da “Cosa Nostra” panormita e lasciati agonizzanti sull’asfalto freddo e viscido delle strade del capoluogo, giocava in via Giacomo ALAGNA del quartiere Brancaccio un bambino che, come me, aveva da poco compiuto dieci anni. Figlio di un boss mafioso del quartiere, poi arrestato e processato col Maxi I, egli veniva schernito dagli altri bambini del quartiere in quanto in sovrappeso, e perché aveva delle movenze goffe e stanche; il piccolo monello era solito girare per le vie di Brancaccio con una banconota da Diecimila lire in tasca e svariate caramelle, cioccolatini, merendine, che difficilmente era disposto a condividere con gli altri bambini. Marco, F., G., C., ed altri bambini del quartiere, gli avevano affibbiato il nomignolo di “Pacchionello – Diecimila”, a ragion veduta. Era difficile coinvolgerlo nei giochi che si facevano in gruppo, che necessitavano, giocoforza, il dispendio di energie psicofisiche. Perennemente stanco, si pavoneggiava di possedere oltre a quella banconota da 10.000 lire, altri soldi, tantissimi altri soldi, che il padre, a suo dire, gli dava sovente per le sue bricconerie, per i suoi capricci, per tenerlo buono e quieto. Dalla personalità borderline, o giù di lì, vestiva abiti griffati, indossava scarpe firmate, che difficilmente gli altri bambini del quartiere si sarebbero mai potuto permettere di indossare. Non ricordo quale fosse il suo nome di battesimo; pur tuttavia, ricordo benissimo il suo cognome e quello che disse suo padre, mafioso di spicco di Brancaccio, all’udienza dibattimentale del Maxi I, impettito e spavaldo dinanzi alle telecamere Rai che riprendevano le fasi salienti del Processo. Ma di questo non mi va di parlarne. Ormai è storia giudiziaria, facilmente reperibile in rete. “Pacchionello – Diecimila” quando stava con gli altri bambini era solito sedersi su un muretto posto a ridosso di via Antonio PIGAFETTA intento a osservare ciò che gli altri monelli stessero facendo, quasi volesse studiarne la psiche, entrare nelle loro menti, vivere il loro mondo: un mondo che, purtroppo, non gli apparteneva; e come sarebbe stato possibile, per un bambino così viziato, vivere le stesse emozioni e le stesse esperienze dei suoi coetanei? Quel bambino non l’ho più rivisto; né, tantomeno, l’ho più incontrato da adulto. Di lui mi colpì da subito il fatto che in un contesto così povero, ostentasse con tanta nonchalance così tanta ricchezza. Era ovvio che quei soldi erano il frutto delle attività criminali condotte da suo padre. Ma di questo io, a quel tempo, non ero sicuro; né, tantomeno, ne ero a conoscenza. Sembrava proprio una brava persona suo padre, uno di quelli che, di solito, si vogliono emulare: aveva fatto i soldi! Ma come, non era dato sapere. Eppure qualcuno sommessamente, sibilando, proferiva il perché quella famiglia si fosse arricchita in così poco tempo. Ma questi non aveva il coraggio di parlarne pubblicamente. A quel tempo si moriva per poco a Brancaccio e chi lavorava, pagava le tasse, ed era costretto a barcamenarsi e sbarcare il lunario mensilmente, solitamente non era avvezzo a commentare quello che succedeva per le vie del quartiere: né in bene, né in male. La gente continuava a ignorare i problemi del quartiere. Sino a quando i singoli membri di quella comunità non venivano intaccati dai problemi, non ne parlavano: punto! Di che cosa avrebbero dovuto parlare? Era facile parlare delle disgraziate partite del Palermo calcio, ma le parole spaccio, droga, mafia, erano tabù. E tabù rimasero per tantissimi anni, sino a quando le stragi di mafia, gli omicidi eccellenti, non convinsero molte coscienze che forse era arrivato il momento di fare mente locale, di affrontare i problemi in maniera diversa. Ma, essendo che “una nuci sula intra o saccu un n’ha mai scrusciutu!”, allora era meglio continuare a farsi i fatti propri e seguitare ad andare avanti con le proprie vite. Purtroppo, ahimè, ancora oggi la mentalità di molti abitanti del quartiere e di tantissimi altri abitanti dei quartieri di Palermo non è cambiata; è rimasta tale e quale a quella degli abitanti della Palermo degli anni Ottanta - Novanta del Novecento. Mi viene da dire che mai cambierà, ma voglio essere ottimista e pensare che prima o poi le cose cambieranno in meglio. Me lo auguro di cuore.

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