24 Novembre 2010.
Il secolo XVI è segnato per tutto il suo corso da un'intensa attività di trasformazioni urbanistiche programmate e progettate, in gran parte, direttamente dal Senato palermitano e sostenute dal potere vicereale. In questi anni le iniziative urbanistiche sono più rilevanti e impegnative degli interventi architettonici: se infatti nei secoli passati la costruzione di un edificio (la cattedrale, lo Steri, il palazzo Ajutamicristo, ecc.) aveva avuto di riflesso un grande significato urbanistico, ora è al tracciato di una strada e di un incrocio che si subordina la costruzione di nuove fabbriche. Se prima, dunque, si era guardato alla parte per il tutto, ora è il vero e proprio operare dell'intervento urbanistico a conferire significato all'architettura. Non a caso il secolo inizia con l'apertura della "cruci" di via Lattarini con la Discesa dei Giudici e finisce con quella della corce - grande e solenne - del Cassaro con la via Maqueda.Altrettanto determinanti nella creazione di un nuovo disegno della città sono il rifacimento della cinta bastionata e la pubblicazione delle prime carte a stampa. Sono queste infatti la probante testimonianza del fatto che l'assetto della città di Palermo si è ormai istituzionalizzato in un disegno che merita di essere conosciuto e diffuso.
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Pianta di Palermo del 1580 di Matteo Florini |
Anche se la costruzione delle nuove mura non comporta una crescita delle dimensioni di Palermo è stato giustamente notato che l'immagine della "città murata " ha una cifra spiccatamente cinquecentesca "come immagine ancora non contaminata, non svuotata nelle sue forme dai valori che esse sottendono" (M. Giuffrè, Palermo "città murata" cit., pg. 41)Basta osservare alcune carte a stampa di Palermo fra cui quelle del Bonifazio (1580) e del Florini (1580 ca.)
La pianta del Bonifazio ancora nel 1962 era considerata perduta, malgrado si sapesse che un esemplare era stato acquistato nel 1936 da Nino Basile il quale però non fece in tempo a pubblicare o comunque a descrivere la carta. La pianta è stata pubblicata nel 1969 da Leonardo Benevolo che segnala pure una precedente indicazione bibliografica del 1939 (R.V. Tooley, Maps in Italian Atlases of the Sixteenth Century, in "Imago Mandi", II, 1939, p. 431)Benevolo fa notare come "l'orientamento della pianta , col mare in primo piano, e la presenza di due elementi ugualmente degni d'interesse ai due poli della città (il porto in basso, il nucleo monumentale con la Cattedrale e il Palazzo Reale in alto), rende opportuno un graduale cambiamento dell'angolo di proiezione, poco obliquo nella zona della città e molto obliquo nel paesaggio di sfondo. Ne risulta un suggestivo effetto di rotazione (analogo a quello delle moderne fotografie aeree riprese con l'obbiettivo sferico) che presenta quasi di fronte il piano topografico della città, e quasi di profilo l'ambiente paesistico circostante". (L. Benevolo, La città italiana cit., p. 87)Va sottolineato il fatto che l'orientamento della pianta sia radicalmente mutato (il nord è in basso a destra) per consentire al lungo tracciato rettilineo del Cassaro di divenire così allo stesso tempo asse principale della struttura urbana ed asse geometrico della stessa raffigurazione cartografica.
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Le Porte di Palermo nell'antichità |
Nel 1535 l'ingegnere militare Antonio Ferramolino venne nominato dal vicerè Don Ferrante Gonzaga, appena nominato vicerè, il responsabile della sistemazione delle mura della città affinchè le stesse venissero munite di bastioni che potessero reggere l'urto di un bombardamento proveniente da una artiglieria nemica. Il tracciato delle mura esistenti, tuttavia, non mutò sostanzialmente;era segno che la città aveva raggiunto durante la dominazione arabo-normanna una sostanziale estensione territoriale e che non era necessario che venissero ampliati i suoi confini. Il Gonzaga era convinto che Palermo "capo del regno et donde esce il verbo di tutte le provvisioni,così di denari come di tutte le altre cose", meritasse una sicura, fortissima cinta fortificata: a tal fine diede incarico ad Antonio Ferramolino di riprendere e completare i lavori e gli studi già iniziati nel 1534 e nominò una commissione, composta da un rappresentante della regia corte e da due rappresentanti del comune (tra cui don Pietro Bologna), cui affida la sorveglianza dei lavori che dovevano esser subito portati a buon fine.
Nel 1536 furono così avviati i lavori al bastione dello Spasimo e a quello presso la porta Carini, in sostituzione delle antiche torri delle vecchie mura. Seguirono il bastione di S. Giacomo sul Papireto, a fianco dell'antica porta Rota (la Bab ar Rutah degli arabi), quello detto di S. Vito o Gonzaga e quello di S. Giuliano. Furono portati avanti con alacrità anche i lavori per il rafforzamento del Castellammare, cominciati nel 1535 (finiti soltanto intonro al 1560), sotto il vicerè Medinaceli, e fu restaurato il castello del molo che don Ferrante Gonzaga unì più tardi, verso il 1539, all'antica torre della Tonnara del Monaco. Le fortificazioni di Palermo sono state tra le prime del Cinquecento. Infatti, quando ci si accorse della ormai non più procastinabile necessità di adeguare le cinte difensive all'uso dell'artiglieria, si cominciò con l'addossare alle vecchie cinte murarie i baluardi.Il numero dei baluardi che costituirono la nuova cinta difensiva di Palermo risultò alla fine di dodici, ma non tutti sorsero subito e non tutti furono terminati vivente il Ferramolino.
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Pianta di Palermo di Mario Cartaro del 1581 |
Il Di Giovanni (cfr. V. Di Giovanni, Le fortificazioni di Palermo nel secolo XVI giusta l'ordini dell'ing. Antonio Ferramolino, Palermo 1896) ha cercato, con attento esame di documenti e cronache, di ricostruire l'ordine secondo il quale i baluardi furono effettivamentefortificazioni della Torre Rotonda o di S. Giacomo o di porta Carini (nel 1536); il baluardo di S. Giacomo sul Papireto a fianco dell'antica porta Rota (nel 1536-37), il baluardo di S. Pietro al Palazzo Reale (nel 1550-60), il baluardo detto di S. Vito o Gonzaga (nel 1536), l'altro detto di S. Giuliano (nel 1536); i baluardi della piazza del Castello a mare incominciati nel 1535". Come per il passato anche nel XVI secolo a Palermo lo spazio della vita collettiva per eccellenza era il Cassaro: l'asse centrale della città fenicia e romana. E al Cassaro, alla sua trasformazione, si dedicò tutto l'impegno urbanistico di cui la classe dirigente palermitana fu capace. Il risultato fu di alta qualità scenografica, architettonica ed urbanistica tanto che Giovanni Botero, uomo di grande erudizione e profonde conoscenze geografiche, poteva scrivere nel 1588 che in Palermo " più degne sono due cose moderne: l'una è la strada, che traversa tutta la città, di drittura, larghezza, lunghezza e bellezza di fabriche tale, che non so in qual città d'Italia ne sia una simile; l'altra è il molo, fatto con spesa inestimabile, per cui beneficio quella città ha un capacissimo porto: fabrica veramente degna della magnanimità romana". (G. Botero, Delle cause della grandezza e magnificenza delle città, Roma 1588, libro II, XII)
Per chi scendeva il Cassaro dal punto più alto verso il mare si presentavano a destra il piano del Palazzo, il largo Aragona, la piazza Pretoria, il piano della Marina; a sinistra il piano della Cattedrale e - appena protetto da una quinta di case - lo specchio d'acqua costituito dalla Cala su cui affacciava il Castellammare. Al di fuori delle prospettive e delle scenografie del Cassaro la città medievale era rimasta pressochè intatta con le sue lunghissime strade dirette da sud a nord, i suoi mercati, gli slarghi imprevisti; ma nella strada rinnovata si affermava - pur nel rispetto della tradizione di penetrazione dal mare al territorio - la nuova maniera di intendere lo spazio urbano. La sistemazione, già così imponenente e ricca, è conclusa dalla creazione delle due porte a monte ed a valle della strada: la porta Nuova e la porta Felice. Questa sequenza prospettica, che attraversa in tutta la sua ampiezza la città, è una soluzione di raro fascino. Mai come in questo caso le porte di una città sono servite a sottolineare l'apertura di un centro urbano verso il contesto ambientale esterno. La porta Nuova è progettata nel 1569 ma realizzata solo a partire dal 1583, la porta Felice a partire dal 1582. Il Cassaro, come si è visto, portava all'estreme conseguenze il concetto di penetrazine dal mare verso il territorio che aveva contraddistinto l'impianto fenicio e l'espansione araba, che si era sviluppata a fuso lungo quell'asse. Le porte , se fosse possibile, sottolineano ancora di più questo carattere: la prima, la porta Nuova, con l'inquadrare l'abbazia di Monreale, la seconda, la porta Felice, con l'aprirsi sul mare e con la sua stessa singolare tipologia.
Negli ultimi anni del secolo si progetta da parte del Senato palermitano il taglio di una strada che intersecandosi con il Cassaro divida Palermo " in quattro nobili parti". Si tratta di un disegno astratto, progettato a freddo, e chiaramente ispirato al celebre precedente romano delle Quattro Fontane. La formazione della croce, con il taglio della nuova strada, che sarà chiamata Maqueda in onore del vicerè (Don Bernardino Cardines duca di Maqueda), pone le basi di uno sviluppo di Palermo contrario all'originaria tendenza mare-territorio, ma in ogni caso non si può dire che "appartiene a una categoria di opere pubbliche ormai standardizzate e diffuse". ( L. Benevolo, Storia dell'architettura del Rinascimento, Laterza, Roma- Bari 1973, p. 594.)
Oggi della città bastionata restano solo pochissime tracce in quanto nel corso dei secoli le stesse sono state demolite per creare nuovi spazi ed arredi urbani. Palermo è oggi, così com'è successo nelle altre città "millenarie",il risultato di tutti gli stili architettonici susseguitisi nel corso dei secoli sino ad arrivare ai giorni nostri. Baluardi della cinta muraria di Palermo ancora esistenti sono: Baluardo di S. Vito - Il baluardo di San Vito, che si trova tra porta Carini e il teatro Massimo, fu conosciuto in passato anche con il nome di Gonzaga o di “S. Agata delle mura”. Realizzato nel 1536, nel 1781 fu concesso al monastero di S. Vito che vi impiantò un giardino con vari padiglioni. Del baluardo resta visibile ancora il “mergolone”, anche se occultato da numerosi corpi di fabbrica ottocenteschi.Baluardo di S. Pietro - Il baluardo di San Pietro al Palazzo Reale, eretto tra il 1550 e il 1560, prende il nome dalla cappella di S. Pietro o cappella Palatina . Fu conosciuto in passato anche con il nome di “flora di porta di Castro”. Il baluardo, nel XVIII sec., venuta meno la sua funzione difensiva divenne un bell’esempio di giardino pensile.Baluardo dello Spasimo - Il baluardo dello Spasimo alla Kalsa, realizzato a partire dal 1536, prende il nome dalla chiesa omonima realizzata dai padri Benedettini Olivetani nel 1509. E’ uno dei più integri e begli esempi di ripari misti, di muratura e terra, progettati dagli strateghi e Ingegneri militari del XVI sec.Baluardo Guccia o del Papireto - Il baluardo Guccia o del Papireto in Corso Alberto Amedeo, fu realizzato nel 1536-37. Il toponimo nel corso dei secoli e cambiato numerose volte. Da una piantina del 1571 sappiamo che fu chiamato di San Jacopo e dal Villabianca, porta d’Ossuna o della Balata. Il toponimo attuale di Guccia deriva dall’omonimo palazzo ottocentesco che vi è stato sopra edificato.
Baluardi demoliti
Baluardo di porta Mazara o Pescara - Il baluardo di porta Mazara o Pescara, fu realizzato nel 1536 ed ampliato nel 1569 dal Viceré Francesco Ferdinando Avalos de Acquino Duca di Pescara. Fu conosciuto in passato anche come bastione di porta Montalto, per celebrare l’apertura nel 1638 dell’omonima porta da parte del Viceré D. Luigi Moncada Duca di Montalto. Nel 1885 il bastione fu demolito assieme alla porta, dopo le opere di demolizioni, fu riscoperta la porta Mazara rimasta occultata dal 1569. Baluardo Aragona - Il baluardo Aragona fu realizzato verso il 1570. Dalla cartina del 1571ricaviamo la notizia che si chiamava di pipirito. Successivamente prese il toponimo da Don Carlo Aragona Presidente del Regno. Il baluardo fu interessato nel 1637 da un notevole ampliamento. Altro toponimo con cui fu conosciuto in passato è quello di baluardo della Concezione, perché in possesso del monastero della Concezione. Il bastione ospiterà nel XVIII sec. il primo orto botanico di Palermo che sarà successivamente trasferito nel piano della Vigna del Gallo nei pressi del Piano di S. Erasmo alla Kalsa . Baluardi Vega e Tuono - I baluardi Vega a quello del Tuono o Terremoto furono realizzati uno accanto all’altro verso il 1550 dal Viceré Giovanni de Vega.
L’Auria, nell’Historia Cronologica delli Signori Vicerè di Sicilia, scrisse a tal proposito:
”…Eresse in Palermo il bastione vicino al mare presso porta Felice chiamato volgarmente Tuono, e l’altro gran baluardo appresso a quello dal suo cognome Vega appellato, nel mezzo del quale in alto vi è uno scudo di marmo con queste parole
“Vega dedit nomen et formam …”.
La funzione difensiva del bastione Vega era di proteggere le cortine murarie e il bastione dello Spasimo, nonché l’accesso della nuova porta dei Greci;
Il bastione del Tuono, aveva la funzione invece di difendere la cortina muraria del fronte a mare (Foro Colonna, oggi Foro Italico).
Del bastione del Tuono atterrato nel 1754, oggi non rimane alcuna traccia, mentre del bastione Vega, demolito nel 1784, rimane visibile “l’orecchione” tondo, inglobato nel’hotel Jolly.
Baluardo di S.Antonio - Il baluardo di S.Antonio poi di Vicari, edificato in una data posteriore al 1536 e anteriore al 1571, fu demolito tra il 1789 e il 1790.
Baluardo di S. Giuliano - Il baluardo di S.Giuliano edificato nel 1536 è stato demolito nel 1780. Il suo toponimo nel tempo è stato anche di Macqueda o della Donna D’Itria o Vidua.
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