Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

mercoledì 25 dicembre 2024

Brancaccino! “Ù sai a cu ammazzaru steinnata?” -Che cosa scrivo adesso? -. Capitoli Otto e Nove.

 

Otto.

 

“La bambina del balcone difronte”

 

Fra la via Giacomo ALAGNA, via Antonio PIGAFETTA, e la via Gino FUNAIOLI insiste un fabbricato di sette piani, all’ultimo del quale, nel piano attico, vi abitava negli anni Settanta - Ottanta del secolo scorso una famiglia che ricordo avesse come iniziale del cognome la lettera “S.”; in quel nucleo familiare vi era anche una bambina che aveva pressappoco la mia età; ella aveva fratelli e sorelle molto più grandi di me, che mai conobbi o che frequentai. Penso che il nonno della bambina fosse stato uno dei costruttori dell’edificio in cui ella abitava. Premetto che io di questa bambina non seppi mai il nome di battesimo; pur tuttavia, è stato il mio primo amore, benché solo platonico. Mentre io giocavo per strada la bambina, dalle lunghe trecce color corvino, mi guardava estasiata dal balcone di casa, ed io ricambiavo il suo sguardo cercando, come un gallo cedrone, di apparire quello che non ero. E questa stessa sensazione la ebbi anche quando, già adolescente, sedicenne, la incontravo giornalmente lungo il viale Amedeo D’Aosta, dopo che mio padre mi faceva scendere dal suo autoveicolo affinché io raggiungessi, a piedi, l’I.T.I.S. “A. Volta”. 

All’epoca dei fatti anche lei era una adolescente, molto bella, che, purtroppo, aveva deciso di iscriversi e frequentare un'altra scuola cittadina; il nostro rapporto era fatto di sguardi, di sospiri profondi, desiderandoci l’un l’altra. Ma né io, né lei, avemmo mai il coraggio di parlarci, di proferire parola, di conoscerci: il nostro amore restò per sempre solo un amore platonico. Non l’ho più rivista. L’ultima volta che la vidi, ricordo, ero un giovane diciottenne ed entrambi ci trovavamo a bordo del bus della linea 24 dell’AMAT, che viaggiava lungo la tratta che da via Messina Marine, angolo viale Amedeo D’Aosta, e che avrebbe poi raggiunto la Stazione Centrale. 

La sensazione che ebbi allora, e che ancora oggi ho, era che il destino ci avesse messo difronte solo per farci struggere dentro. Mannaggia a me e alla mia timidezza. Era destino che non ci saremmo mai dovuti parlare. Qualcosa limitava le mie azioni e la bambina, poi adolescente, che oggi spero sia divenuta una donna felice, con figli, è rimasta solo un ricordo della mia memoria e che oggi, concentrandomi profondamente, è riuscita a farmi fare un salto pindarico nella mia infanzia.


 

Nove.

 

“Acchina ù patri cu tutti i so’ figghi!”

 

Quando vassallus ci tagliava la palla di gioco, non ci restava che sperimentare altri giochi; allora qualcuno di noi proponeva “l’ammucciareddu”, altri “’na manta e ‘na luna”, altri ancora “pirullè”, ma la stragrande maggioranza, ovvero quelli che non si stancavano mai di giocare, proponevano “Acchiana ù patri cu tutti i so’ figghi”. Dopo che il consesso di bambini aveva deciso a maggioranza, si procedeva oltre. Il più grande tra di noi formava due squadre: quattro bambini venivano schierati da una parte e gli altri quattro dall’altra; l’anziano, inoltre, sceglieva i componenti delle due squadre che avrebbe dovuto formare con attenzione, selezionando i bambini da schierare tenuto conto sia della loro età, che della loro struttura corporea. La squadra che iniziava il gioco, la sottomessa o la groppa di “un cavaddu longu longu”, era quella che perdeva nel lancio della monetina, oppure a seguito del risultato negativo della “cunta”. La squadra perdente era costretta a schierare uno dei suoi partecipanti, il capitano, all’in piedi e con la schiena appoggiata lungo un solido muro, mentre gli altri tre componenti della squadra si sarebbero dovuti piegare a 90 gradi, tenendosi con le mani e con le braccia alle gambe di chi li precedeva, mentre il bambino all’in piedi avrebbe dovuto sorreggere l’impalcato formato dalle schiene dei suoi tre compagni di gioco che gli stavano difronte. La squadra avversaria che aveva vinto nel lancio della monetina, o nella “cunta”, iniziava così il gioco. Il primo dei suoi giocatori, il capitano, di solito il bambino più grande tra i quattro componenti della sua squadra, dopo una breve rincorsa sarebbe così salito a cavalcioni sulla schiena dei bambini che si erano schierati davanti a lui, proni a 90 gradi, raggiungendo, con non poca difficoltà e facendosi strada sull’impalcato di schiene venutesi a formare, il petto del bambino che gli stava difronte, all’in piedi, e che sosteneva i suoi compagni di gioco, più forte che potesse. Al grido di “Acchiana u patri cu tutti i so’ figghi!”, i bambini fantini, o i “figghi ru patri”, dopo il loro capitano, sarebbero dovuti salire, uno dopo l’altro, sull’impalcato di schiene formatasi in seguito allo schieramento della squadra sottomessa, e sino a quando “la groppa” avrebbe resistito alla “cunta” recitata da “u patri chi so’ figghi”, (ovvero avrebbe dovuto sopportare il peso dei rivali dominanti; quasi sempre la squadra sottomessa perdeva perché mandava in frantumi l’impalcato di schiene), ed in particolare: “Quattru e quattru uottu, scarrica u buottu; l’acieddu cu li pinni, scarrica e vattinni: unu, dui e tri fannu vintitrì, unu dui e tri fannu vintitrì, ti dugnu un pizzicuni e mi nni vaju” (pizzicotto che deve darsi per davvero). La squadra avversaria, a sua volta, avrebbe dovuto rispondere:abbìriri-chi-mi-ni- vegnu-e-ricu-àschi.”.

Il divertimento “sadico” stava nel fatto che se quelli che stavano giù, mentre gli altri recitavano la cantilena, sopportavano il peso di “chiddi” che stanno “‘ncapu” avrebbero vinto la sfida, andando sopra; se, invece, fossero caduti prima del termine della “cunta” sarebbero rimasti sottomessi, poveri loro. “Acchiana u patri cu tutti i so’ figghi” era un gioco all’aria aperta che univa al sano movimento la bellezza della lingua siciliana, bene da custodire, di cui essere fieri e da insegnare ai nostri figli. Bei tempi quelli, che ricordo con tanta, tantissima nostalgia.

0 comments:

Posta un commento

Post in evidenza

Recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano, redatta dalla lettrice Maria Giulia Noto.

Buonasera!  Oggi mi pregio di pubblicare la recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", dello scrivente Francesco ...

I post più popolari

La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."

Cenni storici sul Comune di Palermo,Monreale, la Sicilia in genere.News su società e cultura. News dalle Province Siciliane. Storia di Palermo e della Sicilia dalla preistoria ai giorni nostri. Elementi di archeologia misteriosa,della teoria del paleocontatto.


La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.