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lunedì 1 agosto 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo cinque.

 


Cinque.


La stazione marziana “New Millenium” era la struttura umana più grande presente sulla superficie di Marte. Larga come 4 campi di calcio e lunga 5, che solitamente sulla Terra era pari a circa 120 m per 90 m, per ogni singolo campo , era una vera e propria magnificenza frutto della tecnologia cibernetica. I materiali utilizzati per la sua costruzione furono rinvenuti in situ. I robot avevano fatto un lavoro eccellente. Inizialmente ospitò solo venti esseri umani, dei veri e propri pionieri nell’esplorazione del Pianeta rosso. Essi erano giunti su Marte a bordo di due navette, lanciate dalla Terra nella prima metà del mese di Ottobre dell’anno 2030. Era il periodo ideale per un lancio spaziale verso il quarto pianeta del sistema solare, avuto riguardo che la distanza Terra – Marte era giunta a minimi termini, ovvero era pari a 57.590.630 Km, un fenomeno che si ripete ogni 26 mesi circa. La cupola di “New Millenium” era alta, alla linea di colmo, circa 35 metri dal suolo polveroso marziano. La colonizzazione di Marte significava portare l’umanità e la ricerca oltre i limiti possibili, un sogno che si realizzò solo nell’anno 2030, a poche ore dalla nostra estinzione. Ci siamo messi in gioco. Abbiamo cercato di studiare e costruire il primo insediamento umano su Marte in tempi celeri: non è stato facile. I robot avevano utilizzato la regolite marziana come malta per la costruzione degli ambienti a protezione della vita umana sul quel pianeta ostile alla vita in genere. I robot, pur tuttavia, non si erano limitati a costruire gli habitat per la vita umana su Marte, ma anche un centro per l’approvvigionamento energetico, costituito da pannelli solari ad alta efficienza energetica, un hangar per l’alloggiamento delle navette spaziali, degli spazi per le coltivazioni idroponiche, un centro per le telecomunicazioni provenienti e dirette verso la Terra, un sito per la produzione di H2O, un sito per la produzione di Ossigeno. La parte interna del modulo abitativo si sviluppava su tre livelli, di cui: il primo destinato alla ricerca; il secondo alla parte soggiorno e il pernottamento dei primi coloni; il terzo destinato all’area relax. I primi robot costruttori avevano la forma di tante api operaie, dal cui corpo uscivano dei bracci automatizzati in cima ai quali erano state fissate le “cartucce” per delle stampe in 3D, ovvero la tecnologia 4.0 applicata al mondo delle costruzioni. È stato peraltro una sfida, senza precedenti, riuscire a far arrivare su Marte delle macchine in grado di lavorare e operare autonomamente. Fortunatamente ci siamo riusciti. L’ipotesi di portare l’uomo sul Pianeta rosso rientrava già nei piani del Governo, in un lasso di tempo compreso tra gli anni 2030 – 2060. Vivere sotto una cupola non era stato poi così male. Nonostante Marte fosse il pianeta del sistema solare più “abitabile” dopo la Terra, nessun essere umano sarebbe riuscito a sopravvivere al clima del Pianeta rosso. La cupola che proteggeva l’insediamento umano era stata realizzata in aerogel di silicio. Si pensò di non terraformare Marte, ma di cambiare le condizioni ambientali solo a livello locale, su aree contenute. Ma Marte, malgrado fosse il pianeta più abitabile del nostro sistema solare, dopo la Terra, rimaneva un mondo ostile per molti tipi di vita: un sistema per creare piccole isole di abitabilità ci avrebbe permesso di dominare Marte in modo controllato e modulabile. L’ispirazione ci arrivò dalle prime osservazioni del Pianeta rosso, in corrispondenza delle calotte polari. Queste, a differenza di quelle terrestri, sono costituite da acqua ghiacciata e da anidride carbonica congelata. Anche in questa forma la CO2 ha la capacità di lasciar passare la luce solare e di trattenere il calore, cosicché durante l’estate marziana si creano delle sacche di calore sotto il ghiaccio. Un effetto serra naturale, insomma. Per ricreare questo effetto gli scienziati proposero, prima dell’imminente Apocalisse, di utilizzare un aerogel di silicio, un materiale isolante in grado di imitare l’effetto serra terrestre, per raggiungere l’obiettivo. Uno schermo dello spessore di 3 cm di areogel avrebbe permesso il passaggio di luce sufficiente per la fotosintesi e allo stesso tempo ci consentì sia di bloccare le radiazioni ultraviolette, molto pericolose per la vita umana, sia di aumentare le temperature nelle aree sottostanti la cupola, così superando il punto di fusione dell’acqua. Questo approccio regionale per rendere abitabile Marte era molto più realizzabile rispetto alla modificazione atmosferica globale.


- Nonno che cosa stai scrivendo?


Mi chiese Frank, il maggiore dei miei otto nipoti.


- Sto raccontando la nostra storia. La storia dell’umanità che a ridosso dell’Apocalisse terrestre fu costretta a rifugiarsi su Marte, e su altri pianeti del sistema solare, per garantire la sopravvivenza della specie.


- Mi leggi qualche pagina?


- No, Frank! La storia non è ancora completa. Mancano numerosi dettagli; non sono riuscito ancora a raccontare molti dei fatti accaduti, che mi consentirono da giovane di sopravvivere su questo pianeta e poi di viverci e di prosperare con la mia progenie.


Fui costretto a interrompere la mia storia. Salvai la pagina di testo sino ad allora scritta; spensi il computer e mi avviai con Frank nella zona relax della base. In quel luogo una vecchia scacchiera allietava il trascorrere delle nostre giornate marziane. Frank, negli ultimi anni, mi batteva regolarmente, malgrado fossi stato io ad insegnargli il gioco degli scacchi. Pazienza. Me ne devo fare una ragione. Sono ormai vecchio e stanco e le mi connessioni neurali non possono competere con la mente di un adolescente.

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