Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

martedì 16 novembre 2010

Le vie di Palermo:Via Emerico Amari.

16 Nov. 2010.

La Via E. Amari di Palermo
La via Emerico Amari (1810-1870) si estende dalla via Francesco Crispi alla piazza Ruggero Settimo. E' intitolata all'uomo politico,economista e giurista Palermitano che fu protagonista dei moti rivoluzionari del 1848 contro i Borbone. Fu poi arrestato e si diede all'esilio. Divenne professore di diritto penale a Firenze e si dedicò ai problemi statistici ed economici. Fu poi per ben due volte deputato nazionale. Si ricorda la sua opera, Degli elementi che costituiscono la scienza del Diritto Penale, e i suoi scritti sul "Giornale di Sicilia". Divenne un famoso e apprezzato criminalista. Insegnò anche all'Università di Palermo. Fu anche filosofo.

Biografia

L' Amari nacque a Palermo il 10 maggio 1810 dal ramo principale di una tra le più antiche e nobili famiglie siciliane.Figlio del Conte di S. Adriano Mariano Salvatore Amari, che si distinse come deputato nel Parlamento siciliano del 1812, e di Rosalia Baiardi dei Marchesi di S. Carlo, fu il terzogenito di altri fratelli illustri come il Conte Michele e Gabriele. Studiò dai padri Scolopi nel collegio Colasanzio di Palermo con Vito D'Ondes Reggio, dove si distinse per ingegno e vivacità culturale.Iscritto all'Università di Palermo, intorno ai vent'anni si laureò in giurisprudenza e intraprese per un brevissimo periodo l'attività forense che abbandonò per dedicarsi agli studi scientifici. Nel 1833 fu pubblicato, sulle"Effemeridi scientifiche letterarie" il suo primo scritto dal titolo Sopra gli elementi di filosofia del Prof. V. Tedeschi che, ispirato all'empirismo lockiano e alla filosofia di Romagnosi, si opponeva a Kant e all'eclettismo allora dominanti in Sicilia.Dal 1836 collaborò attivamente al "Giornale di Statistica" e, nel 1838, divenne socio dell'Istituto di incoraggiamento con Francesco Ferrara, Raffaele Busacca e Vito D'Ondes Reggio. Fra loro nacque una solida amicizia che durò negli anni e si trasformò in parentela. Lo stesso Amari nel 1837 sposò Concetta Busacca di Gallidoro, sorella dell'amico Raffaele.Gli scritti di Emerico Amari sul "Giornale di Statistica" furono principalmente di natura giuridica ed economica, questi ultimi ispirati al liberismo .

Nel 1844, nei volumi degli "Atti dell'Accademia di Scienze e lettere ed arti", apparve L'indole, la misura e il progresso dell'industria comparata delle nazioni, introduzione ad un lavoro più ampio mai portato a termine. Lo stesso anno collaborò con Francesco Ferrara e Raffaele Busacca a una nuova serie del "Giornale di Commercio". Dal 1841 fino al 1848 insegnò diritto penale nell'Università di Palermo. Le sue lezioni, ispirate ai principi liberali, gli procurarono i sospetti della polizia borbonica; sospetti che si rafforzarono nel dicembre 1842 dopo una lezione contro la pena di morte svolta tra il plauso degli studenti.

Durante lo stesso periodo fu direttore della Real Casa dei Matti, Deputato della Biblioteca comunale di Palermo e membro del Consiglio distrettuale. Presiedette pure alcune commissioni governative su importanti progetti come la riforma carceraria e il popolamento dell'isola di Lampedusa.

In parte coinvolto nelle agitazioni del novembre 1847, alla vigilia dello scoppio della Rivoluzione del 1848 fu arrestato la notte del 10 gennaio insieme al fratello Gabriele, all'amico Ferrara e ad altri illustri personaggi sospettati di cospirazione. Liberato dopo alcuni giorni, quando le truppe napoletane abbandonarono Palermo, entrò a far parte del Comitato rivoluzionario e redasse l'Atto di Convocazione del General Parlamento di Sicilia.

Eletto deputato a Salemi e a Palermo, fu vice presidente della Camera e presidente della Commissione per la riforma della costituzione del 1812. Successivamente fu inviato come diplomatico prima a Roma e poi a Torino dove offrì, insieme al Barone Pisani, al Principe di Granatelli e a La Farina, la corona di Sicilia al Duca di Genova.

Rientrato a Palermo mentre le truppe borboniche riconquistavano l'isola, fuggì a Malta e successivamente a Genova. In esilio collaborò come giornalista a "La Croce di Savoia", al "Monitore dei comuni italiani" e all'"Economista". Scrisse molti memoriali indirizzati a governi stranieri in difesa della Rivoluzione siciliana.Tra i curatori di alcune delle opere inserite nella Biblioteca dell'Economista - che tradusse dall'inglese, francese e tedesco - fu vice presidente della sezione archeologica della Società di Storia Patria Ligure e membro dell'Accademia di Filosofia italica che pubblicò, nel 1857, la sua opera più importante, La Critica di una scienza delle legislazioni comparate, trattato di filosofia che ebbe un grande successo tra i contemporanei sia in Italia, sia all'estero. Nel 1859 Amari divenne docente di Filosofia della storia nell'Istituto di studi superiore di Firenze dove pronunciò la prolusione Del concetto generale e dei sommi principi della filosofia della storia, dato alle stampe nel 1860.

Rientrato in Sicilia dopo la spedizione garibaldina, ricevette in ottobre la carica di vice Presidente del Consiglio Straordinario di Stato per la Sicilia, organo che avrebbe dovuto suggerire i provvedimenti necessari per armonizzare le condizioni dell'isola con il resto della nazione, dal quale si dimise per protestare contro l'annessione e la mancata convocazione di un'assemblea costituente.

Coerente nella sua opposizione al centralismo del nascente Stato italiano, rifiutò anche le numerose cariche pubbliche che gli furono offerte, come quella di Presidente del Consiglio Superiore di Istruzione Pubblica.

Nominato docente di Storia del diritto e di legislazione comparata nell'Università di Palermo, respinse anche questo incarico, ribadendo i motivi del suo isolamento e della sua opposizione con una lettera, affettuosa e cordiale, al ministro della pubblica istruzione Michele Amari.
Dietro insistenza di Francesco Crispi, resse però l'ufficio di Consigliere di Luogotenenza dell'Interno, con il solo intento di aiutare la città di Palermo in un momento di disordini.
Candidato da tutti gli schieramenti politici nel collegio elettorale di Castellammare di Palermo, fu eletto a primo scrutinio deputato del I Parlamento italiano. Tra i suoi interventi parlamentari si ricordano quelli in difesa della città di Palermo e della Sicilia, contro lo scioglimento dell'esercito meridionale e sull'abolizione degli enti ecclesiastici.

Presentò le dimissioni alla Camera nel 1862, a causa della grave malattia del figlio Salvatore che morì lo stesso anno, ma, in segno di stima, il Parlamento le rigettò. Profondamente prostrato, attraversò un lungo periodo di isolamento dalla vita pubblica e da ogni attività.
Nel 1864 fondò la Nuova società per la storia di Sicilia, il primo nucleo della futura Società di storia patria.

Durante gli eventi rivoluzionari palermitani del 1866 fece in modo di non lasciarsi coinvolgere e, per evitare il contagio del colera, si trasferì a Livorno dal fratello, il Conte Michele, allora prefetto in quella città.

Nel 1867 fu rieletto deputato del III collegio di Palermo e durante quella legislatura si oppose al progetto di legge sull'asse ecclesiastico, per poi dimettersi dopo pochi mesi.
Dal 1868 fece parte del Consiglio municipale di Palermo e di quello provinciale, cariche che ricoprì fino alla morte.

Colpito da una fulminea e ignota malattia si spense il 20 settembre 1870. Per volontà del Comune di Palermo le sue spoglie furono tumulate nel Pantheon di S. Domenico dove gli venne innalzata una scultura celebrativa.

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