Monreale (Pa), lì 2 Ottobre 2009.
Venti alberi del patrimonio botanico italiano nel 2001 sono stati dichiarati monumenti naturali, quindi intoccabili. Sono pochi, ma è un buon inizio. Nel nostro Paese gli alberi da proteggere sono moltissimi, anche per una questione inconsueta: essi hanno molto da raccontare. L'avvento del terzo millennio ha fornito l'occasione per una serie di considerazioni di natura storica, archeologica, religiosa,astronomica e, naturalmente, sociale. Fra questi alberi ve ne sono di età centenaria e anche ultramillenaria, giovani quando i mitici Romolo e Remo fondarono Roma, giovinetti - direbbe Carducci - quando nacque Gesù Cristo, adolescenti al tempo dei Vespri Siciliani, adulti all'epoca del Rinascimento, maturi quando Vittorio Emanuele I, nel 1814, fondò il Corpo dei Carabinieri Reali. Attualmente stanno entrando nell'età senile.
In Sicilia, a Sant'Alfio, sul versante orientale dell'isola, esiste il Castagno dei Cento Cavalli, l'albero più antico, più celebre e più fotografato d'Italia. Poichè gli vengono accreditati circa 3000 anni, occorre rifarsi a Omero e ad Esiodo per accenare alle vicende, o leggende, di cui il vegliardo è stato coevo. Cosicchè da essi, a loro volta informati da avventurosi navigatori, apprendiamo dell'esistenza nell'isola di esseri fantastici e mostruosi, come i Ciclopi, i Lestrigoni e i Lotofagi, di un monte eruttante fuoco e fumo e di un altro monte, in riva al mare, sacro alla dea Venere, conosciuta localmente con nome di Astarte. Corre il tempo tra la X e l'XI Olimpiade, cioè attrono al 736 avanti Cristo, quando Archia, della famiglia degli Eraclidi, parte da Corinto ed approda in Trinacria fondandovi Siracusa, la prima città sorta ad opera dei coloni greci.
Attorno ad essa ruota gran parte della storia dell'isola fino al 212, anno in cui viene occupata dai romani che le avevano mosso guerra essendo essa alleata di Cartagine. Durante la presa della città, un soldato romano uccide Archimede, che nel 260 aveva esposto la sua teoria sul peso specifico dei corpi. Più a sud è intanto sorta Acragas, nel 582, che diventa poi Agragante e quindi Agrigento, patria del filosofo Empledocle, ove lo stesso Pitagora contribuisce con i suoi discorsi a sollevare il popolo contro la tirannia di Falaride.
Inizia così il periodo più splendido della città, che affida a Feace la costruzione di templi, piscine, acquedotti e mura poderose. Il Castagno di S. Alfio non ignora comunque che alla sua nascita aveva assistito la non lontana Kat-Etnae, la futura Catania, fondata dai Siculi, secondo Tucidide e Dionigi d'Alicarnasso, circa 6 secoli prima della caduta di Troia. Della città etnea s'impossessno i greci nel 730, quando la circonferenza del suo tronco è di almeno 20 metri inferiori ai 26 attuali e la sua chioma è ben modesta; oggi raggiunge i 22 metri di altezza.
I Cento Cavalli che gli danno il nome, secondo la leggenda, vi avrebbero trovato riparo, con altrettanti cavalieri al seguito di Giovanna d'Aragona, durante un temporale che aveva colto il corteo reale.
Bibliografia:
"Gli alberi monumentali d'Italia", Edizioni Abete 1989 (Testi di Alfonso Alessandrini, Federico FAzzuoli, Stanislao Nievo, Mario Rigoni Stern, Lucio Bortolotti); "Guida agli Alberi Monumentali d'Italia", Edizioni Abete 1992; "Storia Universale (Cronologia) "di Cesare Cantù, G. Pomba e C. Editori, Torino 1841.
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