Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...

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mercoledì 25 settembre 2024

Le chiese di Palermo: un patrimonio ricco e variegato.


Palermo, lì 25 settembre 2024.

Palermo è rinomata per il suo gran numero di chiese, uniche per storia, architettura e decorazioni. Le chiese di Palermo rappresentano un vero e proprio viaggio attraverso i secoli e gli stili architettonici, dal periodo normanno al barocco, fino al neoclassicismo.

Ecco alcuni esempi notevoli di chiese a Palermo:

  • Chiese normanne:
    • San Giovanni degli Eremiti: Situata vicino al Palazzo dei Normanni, oggi sede del Parlamento Siciliano, questa chiesa è famosa per le sue cupole rosse, diventate uno dei simboli di Palermo;
    • La Martorana: Ubicata in Piazza Bellini, questa chiesa vanta una ricca decorazione a mosaico in puro stile bizantino;
    • San Giovanni dei Lebbrosi: Edificata oltre il fiume Oreto, questa chiesa testimonia la presenza normanna in città;
    • La Magione (o Santissima Trinità): Costruita tra il 1130 e il 1170, presenta una struttura basilicale a tre navate con colonne e interni caratterizzati da archi ogivali tipici dell'architettura normanna;
    • Chiesa dello Spirito Santo: Situata all'interno del cimitero di Sant'Orsola, presenta una sobria architettura con elementi decorativi in stile normanno, come archetti ogivali e portali decorati.
  • Altre chiese:
    • Chiesa di San Cataldo: Situata in Piazza Bellini accanto alla Martorana, la sua costruzione è attribuita a Maione di Bari durante il suo periodo come ministro e ammiraglio di Guglielmo I (tra il 1154 e il 1160 d.C.);
    • Chiesa di San Francesco d'Assisi: Situata in un antico quartiere mercantile, la sua storia è caratterizzata da diverse fasi costruttive che vanno dal XIII al XIX secolo. Al suo interno, ospita opere d'arte di inestimabile valore, come un altorilievo di Antonello Gagini e la Cappella Mastrantonio del Laurana, capolavoro rinascimentale.

Il blog "Sicilia, la terra del Sole." contiene un elenco di moltissime chiese e oratori a Palermo, tra cui:

  1. Chiesa dell'Immacolata Concezione;
  2. Chiesa di San Cataldo;
  3. Chiesa di San Francesco d'Assisi;
  4. Oratorio di San Salvatore;
  5. Oratorio dei Bianchi;
  6. Oratorio di San Lorenzo;
  7. Chiesa della Magione;
  8. Chiesa di Santa Ninfa dei Crociferi;
  9. Cappella Palatina;
  10. Chiesa di Casa Professa;
  11. Chiesa di San Giovanni degli Eremiti;
  12. Chiesa della Martorana;
  13. Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi;
  14. Chiesa e convento di Santa Chiara all'Albergheria;
  15. Chiesa di Santa Maria della Pietà;
  16. Chiesa di Sant'Ignazio all'Olivella;
  17. Chiesa di San Giuseppe dei Teatini;
  18. Chiesa di San Domenico;
  19. Chiesa dello Spasimo;
  20. Oratorio di Santa Cita.

Oltre a questo elenco, il blog menziona altre risorse utili per approfondire la conoscenza delle chiese e degli oratori di Palermo, tra cui:

  1. Breve storia urbanistica della città di Palermo;
  2. I tesori della loggia;
  3. Giacomo Serpotta "uno dei massimi scultori del Settecento";
  4. Il Barocco e il Serpotta;
  5. Conoscere la città di Palermo: Il Cassaro.

Le chiese di Palermo non sono solo luoghi di culto, ma veri e propri scrigni d'arte che testimoniano la ricca e complessa storia della città.

Cordiali saluti, Francesco Toscano.

martedì 24 giugno 2014

La Chiesa di San Cataldo di Palermo.


La chiesa di San Cataldo di Palermo (prospetto frontale).

La chiesa di San Cataldo di Palermo (prospetto posteriore).
Storia:

Sita a Piazza Belliniaccanto la chiesa della Martorana o dell'Ammiraglio, si ritiene che sia stata fondata da Maione di Bari (Bari, 1115 – Palermo, 10 novembre 1160), così come documentato da Domenico Lo Faso Pietrasanta duca di Serradifalco (Palermo 1783- Firenze 1863), nella sua opera "Del Duomo di Monreale e di altre chiese siculo - normanne: ragionamenti tre (Palermo 1838, pag. 38 e seguenti)", negli anni in cui Maione di Bari fu ministro, ammiraglio, gran cancelliere di Guglielmo I, (fra il 1154 e il 1160 d.C.). A tal proposito, vedasi il manoscritto "Delle Chiese di unioni, confraternite ecc., al foglio 582" di Antonio Mongitore (Palermo, 4 maggio 1663 – Palermo, 6 giugno 1743) nel quale si afferma che Guglielmo II, nel mese di giugno 1182, per suo privilegio, concesse ai Benedettini di Santa Maria Nova di Monreale, fra l'altro:
- a Palermo, la casa del fu Silvestro conte di Marsico, vicino alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, con cappella, forno e orto; la chiesa di San Martino, fondata da Pietro Indulfo, con i suoi possedimenti; la vigna di Pietro, mastro pittore, vicina alle sorgenti del Gabriele, che sua figlia e il marito avevano ceduto alla corte. 
Le concessioni temporali vanno inquadrate nell'ambito del diritto feudale del tempo e furono interpretate nel corso dei secoli secondo l'evoluzione del diritto feudale stesso. Nella sostanza, però, rimasero pressoché integre dalle origini sino alla Costituzione siciliana del 1812, con la quale furono formalmente aboliti i privilegi feudali in Sicilia.

sabato 28 settembre 2024

I monumenti di Palermo: una breve panoramica.

Nei pressi del Palazzo dei Normanni, che è diventato oggi la sede del Parlamento Siciliano, è collocata la chiesa di San Giovanni degli Eremiti che con le sue caratteristiche cupole rosse è diventata uno dei simboli della città.

Palermo, 28 settembre 2024.

Il blog "Sicilia, la terra del Sole." offre una panoramica interessante sui monumenti di Palermo, concentrandosi principalmente sulle chiese e sulla loro rilevanza artistica e storica.

  • Palermo è rinomata per il gran numero di chiese, uniche per la loro storia, l'architettura e le decorazioni. Rappresentano un vero e proprio viaggio attraverso i secoli e gli stili architettonici, dal periodo normanno al barocco, fino al neoclassicismo.

  • Oltre alle chiese normanne, il blog evidenzia anche altre chiese significative come la Chiesa di San Cataldo e la Chiesa di San Francesco d'Assisi. San Cataldo è sita a Piazza Belliniaccanto la chiesa della Martorana o dell'Ammiraglio, si ritiene che sia stata fondata da Maione di Bari (Bari, 1115 – Palermo, 10 novembre 1160), così come documentato da Domenico Lo Faso Pietrasanta duca di Serradifalco (Palermo 1783- Firenze 1863), nella sua opera "Del Duomo di Monreale e di altre chiese siculo - normanne: ragionamenti tre (Palermo 1838, pag. 38 e seguenti)", negli anni in cui Maione di Bari fu ministro, ammiraglio, gran cancelliere di Guglielmo I, (fra il 1154 e il 1160 d.C.). 

  • La Chiesa di San Francesco d'Assisi, in particolare, è presentata con una descrizione dettagliata della sua storia, architettura e opere d'arte. La chiesa è stata oggetto di diverse fasi costruttive e al suo interno ospita capolavori di diversi periodi storici, come l'altorilievo di Antonello Gagini e la Cappella Mastrantonio del Laurana.

  • Il blog menziona anche la figura di Giacomo Serpotta, uno scultore del Settecento che ha lasciato un segno indelebile nell'arte palermitana con le sue decorazioni in stucco negli interni degli edifici sacri. Tra le sue opere più importanti, il blog cita le decorazioni degli oratori di Santa Cita, del Rosario a San Domenico e di San Lorenzo, e della chiesa di San Francesco d'Assisi.
  • La Zisa era il palazzo dei piaceri, costruita da un re cristiano ma araba nella sua concezione: è stato un riconoscimento dei trionfatori agli sconfitti
    Oltre alle chiese, il blog accenna anche ad altri luoghi di interesse a Palermo, come Palazzo Alliata, la Casina Cinese e Piazza Garraffello. Inoltre, si fa riferimento a pubblicazioni su altri monumenti come le fortificazioni di Palermo e la Zisa.

In sintesi, il blog "Sicilia, la terra del Sole." presenta un'immagine di Palermo come una città ricca di storia e cultura, con un patrimonio artistico e architettonico che testimonia le diverse dominazioni e influenze che hanno plasmato la città nel corso dei secoli. Le chiese, in particolare, rappresentano una parte fondamentale di questo patrimonio, offrendo un viaggio affascinante attraverso stili e periodi diversi.


mercoledì 1 novembre 2017

Le chiese di Palermo.

1 Novembre 2017.

Chiesa di Casa Professa.
Palermo è una delle città che vanta il maggior numero di chiese e che non ha eguali per storia, architettura, affreschi e mosaici. Palermo conta numerosi monumenti risalenti al periodo normanno: nei pressi del Palazzo dei Normanni, che è diventato oggi la sede del Parlamento Siciliano, è collocata la chiesa di San Giovanni degli Eremiti che con le sue caratteristiche cupole rosse è diventata uno dei simboli della città; va ricordata poi la chiesa della Martorana, dalla ricchissima decorazione a mosaico, del più puro stile bizantino, situata in piazza Bellini, la chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi edificata oltre il fiume Oreto e il ponte dell'Ammiraglio del 1113. Costruita tra il 1130 e il 1170, la Chiesa della Magione, conosciuta anche come chiesa della Santissima Trinità, presenta una pianta a forma basilicale a tre navate sorrette da colonne, mentre internamente la costruzione si presenta molto squadrata e movimentata da una serie di archi ogivali tipici dell'architettura normanna, che girano tutt'intorno la chiesa. Dello stesso periodo è la Chiesa dello Spirito Santo (oggi all'interno del cimitero di Sant'Orsola), dove motivi ornamentali in stile normanno s'inseriscono in una sobria architettura articolata da archetti ogivali e portali d'ingresso.


Le schede delle Chiese Cattoliche censite su questo blog:
  1. La Chiesa dell'Immacolata Concezione;
  2. La Chiesa di San Cataldo;
  3. La Chiesa di San Francesco d'Assisi;
  4. L'oratorio di San Salvatore;
  5. L'oratorio dei Bianchi;
  6. L'oratorio di San Lorenzo;
  7. La Chiesa della Magione;
  8. La Chiesa di Santa Ninfa dei Crociferi;
  9. La Cappella Palatina;
  10. La Chiesa di Casa Professa;
  11. La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti;
  12. La Chiesa della Martorana;
  13. La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi;
  14. La Chiesa e il convento di Santa Chiara all'Albergheria;
  15. La Chiesa di Santa Maria della Pietà;
  16. La Chiesa di Sant'Ignazio all'Olivella;
  17. La Chiesa di San Giuseppe dei Teatini;
  18. La Chiesa di San Domenico;
  19. La Chiesa dello Spasimo;
  20. L'oratorio di Santa Cita.

Altri links utili sulle Chiese e gli Oratori della città di Palermo:
  1. Breve storia urbanistica della città di Palermo;
  2. I tesori della loggia;
  3. Giacomo Serpotta "uno dei massimi scultori del Settecento";
  4. Il Barocco e il Serpotta;
  5. Conoscere la città di Palermo: Il Cassaro.

giovedì 19 settembre 2024

La città di Palermo e le sue mille contraddizioni.


Palermo, 19 settembre 2024.

Palermo è una città piena di contraddizioni. Se da un lato è una città ricca di storia e cultura, come evidenziato dalla presenza di antichi assi viari come via Maqueda, quartieri storici come l'Albergheria, e monumenti che ricordano le diverse dominazioni subite dalla città, dall'altro lato Palermo è anche una città segnata dal degrado sociale, dalla criminalità organizzata e dalla difficoltà di reintegrarsi nella società per chi ha un passato difficile

Questa duplice natura di Palermo è evidente in molti aspetti della vita cittadina:

Turismo: Palermo è una città che attrae turisti per la sua bellezza e la sua storia, ma allo stesso tempo deve affrontare le sfide del degrado e della criminalità. Palermo è una delle città più affascinanti d’Europa: tra le vie del suo centro storico scoprirete i luoghi più incredibili. Palermo è una città moderna, multietnica e tra le più sicure del mondo (cfr. i dati pubblicati da il Sole 24 Ore a questo link: Reati, furti, rapine: scopri l’indice della criminalità 2024 della tua provincia | Il Sole 24 ORE). Per chi ha voglia di esplorare, preparatevi a grandi sorprese: strade e vicoli della città vecchia si aprono su monumenti e splendide chiese che svariano dal periodo normanno fino al magnifico barocco siciliano. E poi, a pochi chilometri dalla città deliziosi luoghi caratteristici aspettano i visitatori che hanno voglia di sole e mare. Tutto questo dentro una cornice multietnica che colora le strade e i mercati storici dove puoi gustare lo street food più originale;
Criminalità organizzata: La mafia è una realtà radicata a Palermo, come si evince dalla presenza  di famiglie mafiose che controllano il territorio e influenzano la vita dei cittadini onesti residenti nel capoluogo siciliano (Curiosità: Era il 15 novembre del 2000 e la città di Palermo fece da cornice alla firma della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale. Entrò in vigore il 29 settembre 2003 con l'adesione, ad oggi, di 190 Stati dell'Onu su 193.Grazie a quell'intesa non esistono più battaglie solitarie contro un fenomeno che non ha un'appartenenza territoriale, ma ogni Stato può contare sulla collaborazione degli altri Paesi, sulla condivisione delle competenze e delle esperienze nazionali. 
Economia: Palermo è una città con un'economia fragile, in cui molti giovani sono costretti a lasciare la città natia per cercare lavoro. La provincia di Palermo produce da sola quasi un quarto del PIL regionale (16 mln di euro nel 2002. La sua è una ricchezza prodotta soprattutto dai servizi, che con l'85% costituiscono il volano dell'economia; 
l'industria è ferma al 12% e l'agricoltura al 3%. Questa ipertrofia del terziario è causata soprattutto dall'elefantiaca preponderanza degli impieghi nella PA, che produce da sola il 25% del PIL. Nonostante ciò il tasso di disoccupazione è parecchio alto, considerato anche che l'industria non riesce ad assorbire che il 13% degli occupati e l'agricoltura il 4%. Dal punto di vista occupazionale poi, l'AM di Palermo coinvolge da sola il 71% degli addetti, lasciando ai comuni di secondo anello (il 37% della popolazione provinciale) un misero 29%. 
A Palermo si riscontrano nel terziario elevati livelli di occupazione soprattutto nella distribuzione commerciale e nella PA mentre il terziario avanzato raccoglie soprattutto consulenti legali, contabilità, revisione dei conti e consulenza fiscale, oltre a informatici e PR. Il terziario è così gonfiato anche perché l'unico settore dove i giovani cercano lavori adeguati. Nel frattempo la legge del 1997 che obbliga di iscrivere le imprese agricole nel registro camerale ha fatto crollare le richieste. Palermo comunque non brilla per terziario avanzato, e sono frequenti soprattutto le aperture di attività di ristorazione. Nel secondario industriale, l'AM contiene l'85% delle attività, e in particolare PA ne possiede il 58%. Non è un settore quantitativamente significativo ma annovera importanti industrie connesse alle telecomunicazioni, alla produzione di beni meccanici e di semilavorati, alla filiera agroalimentare e a quella conserviera. Oltre Palermo brillano Termini Imerese e Carini. Termini Imerese ha legato il suo nome alle industrie metalmeccaniche, gravitanti per lo più intorno alla FIAT auto che qui possedeva un impianto di assemblaggio di automobili di piccola cilindrata i cui componenti venivano da stabilimenti già decentrati. Carini invece annovera industrie di varie specie: edile, chimico, alimentare, meccanico;
Ambiente:  Il mare di Palermo, un tempo pulito e ricco di vita, è oggi inquinato e degradato dall'azione dell'uomo; la città, agli occhi dei cittadini e dei molti turisti, appare, spesso, sporca e lasciata all'incuria (cfr. Palermo bella ma troppo sporca, il mortificante verdetto dei turisti e l’indifferenza strafottente dei palermitani - la Repubblica).
In sintesi, Palermo è una città di contrasti, in cui la bellezza si scontra con il degrado, la speranza si scontra con la violenza, e il passato si intreccia con il presente. I quartieri cittadini offrono uno spaccato di questa complessa realtà, mostrando sia le luci che le ombre di una città affascinante e problematica allo stesso tempo.

Cordiali saluti, 
Francesco Toscano

martedì 16 novembre 2010

Il Barocco e il Serpotta.

Busto dedicato a Giacomo Serpotta in occasione del secondo centenario della sua morte, presso oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita a Palermo.
Giacomo Serpotta,si formò quasi certamente a Roma. Nel 1682 è di sicuro a Palermo per l'esecuzione della statua equestre di Carlo II di Borbone. Iniziò con l'"Oratorio di San Fedelio" (1678) la sua lunga attività di decoratore in stucco d'interni di edifici sacri nella città di Palermo, che viveva sotto i Borboni un periodo fiorente delle arti, grazie al loro mecenatismo. Tra le sue opere più alte ricordiamo le decorazioni degli oratori di Santa Cita, del Rosario a San Domenico, di San Lorenzo e la chiesa di San Francesco d'Assisi.La personalità del Serpotta sovrasta di gran lunga quella, pur notevole, degli artisti siciliani del suo tempo; i suoi rilievi, che si dilatano sulle pareti degli edifici come ramificazioni sinuose e sensuali, riflettono solo in parte i motivi della scultura barocca, ma l'interpretano in chiave assolutamente personale ed inedita con un gusto che prelude già chiaramente allo stile rococò. I suoi famosi Teatrini, vere e proprie nicchie di grande profondità ed elevata complessità, rappresentano un elemento innovativo e geniale che ha cambiato il volto delle decorazioni a stucco nel periodo barocco innovandone il linguaggio formale. Mirabili ed esemplari sono sia quelli dell'Oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita, in cui vengono ripercorsi i misteri gaudiosi e dolorosi, che quelli, altrettanto straordinari anche se mutilati da furti e atti di vandalismo, dell'Oratorio di San Lorenzo, incentrati questa volta sulla vita dei santi Francesco e Lorenzo.


Un percorso nei quattro mandamenti della città alla scoperta dei capolavori di Giacomo Serpotta.

Qualche anno addietro l’Amministrazione comunale di Palermo ha dato ufficialmente il via all’Anno serpottiano, che focalizza l’attenzione nazionale ed internazionale su Palermo e sui capolavori del grande artista siciliano, custoditi in chiese e oratori del centro storico. In quest’anno che vede la ricorrenza del 350° anniversario della nascita di Giacomo Serpotta, sono stati inaugurati quattro percorsi serpottiani, dislocati nei mandamenti del centro storico. I siti visitabili sono complessivamente venti. L’iniziativa, promossa dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Regione, la Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali e la Curia, è stata fortemente voluta dal Sindaco Diego Cammarata. Il percorso “Itinerari serpottiani” s’inserisce nel Progetto Cultourmed, nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria Medocc, a cui partecipano, oltre Palermo, anche Palma di Maiorca, Creta, Malta, la Sardegna e la Campania, e che prevede la realizzazione di differenti itinerari culturali in questi diversi luoghi del Mediterraneo, mete favorite delle navi da crociera. L’avvio dei quattro itinerari è stato anche occasione per eseguire interventi di manutenzione e riqualificazione nei siti interessati. Il sindaco Cammarata ha costituito una task force formata da rappresentanti del settore manutenzioni, del Coime, del Settore Ville e Giardini, con la collaborazione delle aziende Amia e Amap e della Polizia municipale. Una ventina di questi interventi sono già stati eseguiti, dalla sistemazione di alcune basole alla riparazione di caditoie, e si continuerà a monitorare la zona per migliorare l’arredo urbano delle zone che ospitano l’iniziativa, che rimangono sotto stretto controllo anche dal punto di vista della pulizia. Ai visitatori viene distribuita una guida realizzata dal gruppo di lavoro del progetto, coordinato da Donatella Palumbo e Cleo Li Calzi, contenente la piantina del percorso lungo i quattro mandamenti e le schede approfondite delle chiese e degli oratori, appositamente realizzate dallo storico dell’arte e vicedirettore del Museo Diocesano, Pierfrancesco Palazzotto. Il progetto consente, dunque, di unire in un unico circuito chiese e oratori in cui si trovano le opere di Giacomo Serpotta, offrendo tutti gli elementi per renderli fruibili. Ciascun sito è visitabile nei quotidiani orari di apertura, mentre per quelli abitualmente chiusi è possibile prenotare apposite visite guidate.

L’elenco delle chiese e degli oratori inseriti nel circuito degli itinerari Serpottiani.

Il primo itinerario comprende l’oratorio dei Bianchi (via dello Spasimo), la chiesa di Santa Maria della Pietà (via Torremuzza), l’oratorio dell’Immacolatella (via Immacolatella), la chiesa di Santa Maria degli Angeli detta la Gancia (in via Alloro),la chiesa di San Francesco d’Assisi (piazza San Francesco d’Assisi),la chiesa dell’Assunta (in via Maqueda) e l’oratorio di San Lorenzo (via Immacolatella); il secondo itinerario comprende l’oratorio del Santissimo Rosario in San Domenico (in via dei Bambinai), l’oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita (via Valverde) e la chiesa di San Matteo (corso Vittorio Emanuele); il terzo itinerario, la chiesa di Sant’Agostino alias Santa Rita (via S.Agostino), l’oratorio di Santo Stefano Protomartire (piazza Monte di Pietà) e la chiesa di Santa Ninfa (via Maqueda); nel quarto itinerario, infine, sono comprese la chiesa del Carmine Maggiore (in piazza Carmine), la chiesa del Gesù a Casa Professa (piazza Casa Professa), la chiesa di Sant’Orsola (via Maqueda), l’oratorio di San Giuseppe dei Falegnami (via G. D’Alessi), l’oratorio del Carminello (via Porta Sant’Agata), l’oratorio del Sabato a Casa Professa (piazza Casa Professa) e l’oratorio di San Mercurio (cortile San Giovanni degli Eremiti).

LA VITA E LE OPERE DI GIACOMO SERPOTTA.

Stucchi del Serpotta presso la Chiesa di Sant'Agostino, anche detta di Santa Rita, a Palermo
Definito da Donald Garstang “il principale artista dello stucco in Europa” e da Giulio Carlo Argan “uno dei massimi scultori del Settecento”, Giacomo Serpotta (Palermo, 1656-1732) realizzò un’autentica rivoluzione stilistica e culturale, rinnovando la tecnica tradizionalmente povera dello stucco in arte ricercata e alla moda. Ebbe fama, successo e committenze dalle principali congregazioni e compagnie ecclesiastiche cittadine e siciliane: oggi i sontuosi apparati decorativi (suoi o di allievi membri della famiglia) sono presenti in una trentina fra oratori e chiese nella sola Palermo.

Il suo “segreto” fu quello di aggiungere polvere di marmo alla calce e al gesso, fino ad allora normalmente usati per formare lo stucco: polvere di marmo che dava una inusitata patina di lucentezza alle figure. La difficoltà di questa tecnica, cioè la rapidità con cui doveva essere lavorato lo stucco prima che si asciugasse, richiedeva un artista particolarmente fantasioso nell’improvvisare dettagli nei volti, nei gesti e negli ornamenti. Accadde, così, che molte confraternite che, per motivi economici, non potevano permettersi il marmo, si rivolsero a Serpotta, il quale con lo stucco realizzava opere assai meno costose, ma dai risultati ugualmente brillanti. L’eccezionale tecnica di Serpotta si sposò al suo talento compositivo, all’esuberanza del gusto e alla capacità di organizzare spazio, immagini e forme nell’ambiente in cui doveva operare. Quel che continua ad essere sorprendente, infatti, dopo 350 anni, nell’opera di questo genio della plastica scultorea, è la sua qualità di magistrale regista di spettacoli d’incomparabile grazia, rispetto al contesto spaziale in cui sono poste le sculture, dove risulta stupefacente la loro orchestrazione plastica e fluttuante. Al punto che, forse, più che di decorazione, è più opportuno parlare di un raffinato teatro nel quale figure allegoriche, putti e “teatrini prospettici” possiedono una vitalità così intensa e morbida, da realizzare una dinamica ritmica quasi musicale. La vita. Poco si sa della sua vita, che non provenga da documenti riguardanti le opere. Nacque nel 1656 a Palermo, nel quartiere della Kalsa, da una famiglia di lapicidi e marmorari palermitani. Il padre Gaspare – autore di due gradevoli statue in Cattedrale – era un uomo difficile, amava i cavalli da corsa e nel 1656 rimase gravemente ferito in una rissa; fu poi arrestato e andò in galera, lasciando la famiglia in gravissime difficoltà economiche. Questa condizione di estrema povertà dei Serpotta e i loro legami di parentela con le principali famiglie artigiane della città fanno pensare che la formazione di Giacomo avvenne nelle botteghe locali, peraltro di eccellenti tradizioni. Certi suoi riferimenti al Barocco romano, più che dovuti ad una sua permanenza nella capitale (piuttosto dubbia), sono da ascrivere alla conoscenza di stampe coeve o a collaborazioni con artisti che a Roma avevano lavorato. Il primo incarico lo ebbe a Monreale, dove collaborò alla decorazione della chiesetta della Madonna dell’Itria. Ma il primo lavoro significativo lo fece nell’oratorio della compagnia della Carità in San Bartolomeo (1679), una delle più antiche di Palermo, distrutto nell’ultima guerra. Fu forse grazie a questo intervento che gli venne commissionata (1680) la statua di Carlo II di Spagna, fusa in bronzo a Messina e distrutta durante i moti del 1848. L’opera più antica che ci è pervenuta, invece, è costituita dai due altari del transetto della chiesa del Carmine, a Ballarò, con l’uso di gigantesche colonne tortili. Il primo capolavoro è l’apparato decorativo nell’oratorio del Rosario a Santa Cita (1685-1690), dove l’artista stuccatore diventa scultore a tutto tondo, padroneggiando sia i grandi spazi che i più piccoli dettagli; e dove si mescolano armoniosamente senso drammatico, sottigliezza psicologica e capacità comunicativa. Qui è importante la probabile collaborazione progettuale con Giacomo (o Paolo) Amato. Ma l’opera forse più equilibrata e solenne di Giacomo Serpotta è la decorazione per l’oratorio dei Santi Lorenzo e Francesco (1699-1706), dove la fusione tra lo stucco e i dipinti seicenteschi presenti nell’ambiente crea un’atmosfera da sacra rappresentazione barocca; un barocco non più grave e pesante, bensì giocoso e leggiadro. Le principali opere successive andranno verso una visione sempre più tendente al rococò: i modelli per i marmi scolpiti da Gioacchino Vitagliano a Casa Professa (primi ’700), gli stucchi nelle chiese di Sant’Agostino (1711), di San Francesco d’Assisi (1723) e di San Matteo (1728). Famiglia e allievi. Serpotta si circondò spesso di allievi e collaboratori, anche per gestire l’enorme quantità di commesse che riceveva. Alcune opere, così, seppure documentate a Giacomo, non sono a lui riferibili, se non nel disegno generale e in qualche parziale intervento. Tra questi collaboratori, che raggiunsero peraltro ottimi livelli di qualità, ci furono il fratello Giuseppe (Palermo, 1659-1719), autore degli stucchi dell’oratorio dei Falegnami; il figlio Procopio (Palermo o Monreale, 1679 - Caccamo 1755), considerato il vero erede del padre, cui si devono, fra l’altro, le decorazioni della chiesa dell’Assunta e degli oratori di Santa Caterina d’Alessandria e del Sabato a Casa Professa; e il nipote Giovan Maria Serpotta (notizie nella metà del ’700), figlio di Procopio. “Il progetto – sottolinea il sindaco Diego Cammarata – promuove la nostra città, ne mette in mostra un passato illustre, evidenziandone, nello stesso tempo, un presente fatto di cantieri aperti, di lavori per creare infrastrutture e sviluppo. I quattro itinerari serpottiani danno la possibilità ai turisti e anche agli stessi cittadini di conoscere un patrimonio prezioso; ma mostranno pure una città che ha fatto della riqualificazione e del recupero una delle sue priorità, che accende i riflettori sul suo cuore antico, con grande attenzione al decoro e all’arredo urbano”.

ITINERARI SERPOTTIANI (una task-force si occupa degli interventi di manutenzioni e riqualificazione).

L’avvio dei quattro itinerari alla scoperta delle opere del Serpotta è stato anche l’occasione per portare avanti interventi di riqualificazione e manutenzione nei siti dove insistono chiese ed oratori. Numerosi interventi sono già stati eseguiti nelle strade inserite nei percorsi interessati. Si va dalla sistemazione del basolato alla riparazione di alcune caditoie, allo spostamento e alla ricollocazione di alcuni cassonetti. E si continua a lavorare per migliorare l’arredo urbano delle aree interessate alla manifestazione. La zona resta sostanzialmente sotto stretto controllo, anche dal punto di vista della pulizia, affinché sia gradevole ed accogliente. La filosofia che anima ancora una volta questo progetto è quella del recupero, della riqualificazione e rivalutazione del territorio, che va di pari passo con l’offerta culturale, con l’apertura e la fruizione di uno dei patrimoni più preziosi che la città possiede. Per raggiungere questo obiettivo è stata messa in campo una task-force, coordinata dall’ingegnere Girolamo D’Accardio, formata da rappresentanti del Settore Manutenzioni, del Coime e dell Settore Ville e Giardini, con la collaborazione delle aziende Amia ed Amap.

Tratto dal sito:
  • http://www.comune.palermo.it/

sabato 28 settembre 2024

Stili architettonici nelle chiese di Palermo.

La Cattedrale di Palermo.

Palermo, 28 settembre 2024.

Il blog "Sicilia, la terra del Sole." descrive Palermo come una città con un gran numero di chiese, evidenziando la diversità degli stili architettonici presenti. In particolare, si menzionano i seguenti stili:

  • Normanno: Il blog fa riferimento a diverse chiese normanne, come San Giovanni degli Eremiti, la Martorana, San Giovanni dei Lebbrosi e la Magione. Queste chiese sono state costruite durante il periodo di dominazione normanna in Sicilia (XI-XII secolo) e presentano elementi architettonici tipici di questo stile, come archi ogivali, cupole a bulbo e decorazioni a mosaico con influssi bizantini;
  • Bizantino: Lo stile bizantino è strettamente legato al periodo normanno a Palermo, poiché i Normanni assimilarono molti elementi dell'arte e dell'architettura bizantina. La chiesa della Martorana è un esempio lampante di questa influenza, con i suoi ricchi mosaici in stile bizantino. Altro magnifico esempio di questo stile è rappresentato dalla Cappella Palatina, che sorge nel Palazzo Reale; essa è a schema basilicale a tre navate, divise da archi ad ogive con la particolarità della cupola eretta sul santuario triabsidato. Le navate sono suddivise da colonne di spoglio in granito e marmo cipollino con capitelli compositi. Originariamente, la cupola visibile era dall'esterno insieme con il campanile, mentre ora la costruzione è inglobata dal Palazzo Reale. Cupola, transetto ed absidi sono interamente rivestiti nella parte superiore da splendidi mosaici bizantini, che sono tra i più importanti della Sicilia. Raffigurano Cristo Pantocratore benedicente, gli evangelisti e scene bibliche varie. I più antichi sono quelli della cupola, che risalgono al 1143;
  • Gotico: Il blog menziona la presenza di elementi gotici, in particolare nella Chiesa di San Francesco d'Assisi. Si parla di cappelle con "impianto gotico svevo, con costoloni e volte a crociera" risalenti al XIII secolo. Questo indica che lo stile gotico, diffuso in Europa tra il XII e il XV secolo, ebbe un'influenza anche nell'architettura religiosa palermitana;
  • Rinascimentale: Il Rinascimento siciliano, che fiorì tra il XV e il XVI secolo, è rappresentato nella Chiesa di San Francesco d'Assisi dalla Cappella Mastrantonio, opera di Francesco Laurana (1468). Il blog sottolinea come questa cappella, con le sue forme rinascimentali, si distingua dal contesto architettonico siciliano dell'epoca, ancora legato al tardo gotico;
  • Barocco: Il blog menzionano il Barocco in relazione alle opere di Giacomo Serpotta, scultore del Settecento che decorò gli interni di diverse chiese palermitane. L'Oratorio di San Lorenzo, ad esempio, presenta una fusione tra stucchi serpottiani e dipinti seicenteschi, creando un'atmosfera di "sacra teatralità" tipica del Barocco. Inoltre, il blog cita anche il Barocco Siciliano in relazione alla Cattedrale di Palermo, che ha subito diversi rimaneggiamenti nel corso dei secoli;
  • Neoclassico: Lo stile neoclassico, emerso alla fine del XVIII secolo, è menzionato in riferimento ai restauri effettuati nella Chiesa di San Francesco d'Assisi dopo il terremoto del 1823.

In sintesi, le chiese di Palermo offrono un'ampia panoramica degli stili architettonici che si sono succeduti nella città nel corso dei secoli, riflettendo le diverse dominazioni e influenze culturali che hanno plasmato il suo patrimonio artistico.

giovedì 14 febbraio 2008

La Zisa(Monumenti arabo-normanni di Palermo)

Novecento anni fa, quando Palermo era la capitale più raffinata del Mediterraneo, i re normanni costruirono su mandato papale le grandi cattedrali cristiane. Ma per i propri piaceri copiarono l’arte dei mussulmani sconfitti. Sorse così el Aziz, la Splendida, che oggi torna con le sue vie d'acqua e d’ombra, i profumi delle erbe, i fantasmi dei suoi harem.

Gli emiri che venivano dall'altra parte del mare lo chiamavano gennat alard, il Paradiso della Terra. E lo trovarono anche a Palermo. Ma gli abitanti di quella città, magnifica come lo era solo Bagdad per i suoi giardini e Cordova per le sue moschee, dieci secoli dopo seppellirono quel paradiso sotto i loro rifiuti. Dove c'erano fontane e palme da datteri e melograni ci portarono sozzure, veleni, carcasse di animali e di automobili. Dove crescevano le piante degli odori ci costruirono case deformi e giganteschi palazzi, rovesciarono cemento sugli agri più fertili della Conca d'Oro, nascosero castelli, coprirono tesori. I parchi di Palermo diventarono i suoi orrori urbani. E anche la Zisa, in arabo la Splendida, fu sotterrata con la sua memoria. Dimenticata, lasciata nelle mani dei nuovi califfi mafiosi, abbandonata nel suo sfacelo.


Ci sono voluti gli ultimi vent'anni e tanta fatica per seguire una traccia che forse, prima o poi, ci farà ritrovare la strada che conduce ancora al Paradiso della Terra. Vi hanno piantato aranci amari e cedri, bacche, arbusti, la lavanda, i carrubi, il gelsomino e la menta, le rose e i pistacchi. Vi hanno scavato tra le sterpaglie e i cumuli di fango una vasca lunga centotrentacinque metri e larga quattro, una «via dell'acqua» con luci e spruzzi. Vi hanno disegnato aiuole, poggiato marmi e restaurato pozzi, mosaici, colonne. In una delle borgate più devastate e putrefatte stanno facendo rinascere un frammento di quell'eden che dopo gli arabi fu dimora dei normanni, grande riserva reale di caccia che si estendeva da Altofonte fino quasi al mare, territorio che elevò Palermo a capitale. Una delle più grandiose del Mediterraneo.


Erano centomila e qualcuno dice anche duecentocinquantamila quelli che vivevano sotto il Montepellegrino quando gli arabi persero il dominio dell’isola e, dopo due secoli e mezzo, arrivò un manipolo di audaci. Erano condottieri «fedeli di Dio e cavalieri di Cristo» con a capo i fratelli Roberto e Ruggero d'Altavilla, dovevano sottomettere i greci, cacciare i saraceni e riportare la Sicilia «in grembo alla cristianità».


L'avventura però fu anche un'altra. E i signori normanni dal 1071 e per più di cento anni vissero a Palermo come «i più orientali» dei sovrani. Fu allora che il gennat alard divenne il Genoardo. Fu allora che il mecenatismo illuminato dei cavalieri di lontane origini scandinave assecondò la fusione di culture, di popoli, di tendenze. Una Palermo multietnica dove cupole islamiche svettavano sulle basiliche latine, dove artigiani magrebini e bizantini decoravano chiese cristiane, dove per le vie si incontravano mercanti e geografi e matematici di ogni razza e ogni provenienza. Longobardi, ebrei, slavi, berberi, persiani, tartari. E, come annotava uno dei tanti poeti a quel tempo partiti dall'altra sponda del Mediterraneo, «le donne di questa città all'aspetto sembrano musulmane, parlano arabo correttamente, si ammantano e si velano come quelle».


Fu proprio in quegli anni che dalle maestranze di Sousse e di Kairouan i normanni si fecero progettare e realizzare quelle che il viaggiatore arabo andaluso Ibn Giubair descriveva come «le perle di un monile», la piccola Cuba, la Cuba Sopraha, il palazzo dell'Uscibene. E soprattutto el Aziz, la Zisa. Palazzi che uno dopo l'altro ricadevano nel Paradiso della Terra, luogo di delizie, culla di ozi e sollazzi di corte. Su mandato papale i normanni edificarono le grandi cattedrali cristiane — a Palermo, a Monreale, a Cefalù — ma nel privato scelsero di trascorrere la loro esistenza come i vinti, quei sultani che passavano le giornate a sentire il cinguettio degli uccelli e i profumi delle erbe nei giardini ispirati al disegno islamico, che godevano di quelle grandi sale per il riposo e per le feste, per gli incontri con le concubine.


«La Zisa era il palazzo dei piaceri, costruita da un re cristiano ma araba nella sua concezione: è stato un riconoscimento dei trionfatori agli sconfitti», spiega Salvo Lo Nardo, uno degli architetti — gli altri sono Pippo Caronia e Luigi Trupia — che hanno fatto rivivere a Palermo questo ritaglio di Genoardo. L'idea la ebbero nel 1986 e trovarono in quella inquieta stagione politica siciliana un'entusiastica sponsorizzazione trasversale, il sindaco democristiano ribelle Leoluca Orlando e l'assessore socialista Turi Lombardo. Progetto approvato nel 1990 e finanziato dal Comune nel 1996, nel 1997 iniziarono i lavori ma poi la ditta fallì e il cantiere rimase chiuso per anni. Ha riaperto l'anno scorso. Nell'estate del 2005 i giardini della Zisa sono stati finalmente offerti alla città che li aveva occultati.


Tre ettari di verde, sessanta varietà di piante sapientemente sparse in otto campi, poco più di cinque milioni di euro il costo dell'opera. «Noi palermitani siamo lenti nel fare le cose ma poi, alla fine, riusciamo a sentirle profondamente nostre», dice la Sovrintendente ai beni culturali di Palermo Adele Mormino quando ci mostra in un bellissimo tramonto il «luogo delle delizie».


Eccoli i giardini della Zisa con i suoi tre percorsi, la «via dell'acqua», la «via del verde» e la «via dell'ombra», un reticolato metallico che sarà coperto da bouganville e da glicine e da gelsomini. In mezzo la lunga vasca con le ceramiche lavorate dai mastri di Santo Stefano di Camastra, gli zampilli, il marmo bianco delle cave di Alcamo e di Castellammare, un proseguimento ideale del tracciato d'acqua della sala della fontana, quella che si apre oltre le porte del palazzo della Zisa. E fuori dalle sue mura c'è ancora la «senia», una piattaforma di pietra circolare con al centro un pozzo e una macchina dentata. Una volta un asinello legato e bendato vi girava all'infinito intorno, con il suo andare le pale tiravano su dal pozzo l'acqua che finiva poi in una cisterna e scivolava nei canali che irrigavano il giardino. Ci vorrà del tempo e tanta pazienza per vederlo rigoglioso come mille anni fa questo parco circondato ancora dalle mostruosità della Palermo più «ruggente», sfregi lasciati nel quartiere della Zisa dai Moncada, dai Corvaia, dai Carini, palazzoni tutti uguali, edilizia di rapina, licenze regalate “dall'Anonima Impresa Ciancimino" agli amici, ai prestanome, a pensionati nullatenenti. Una Palermo infetta che guarda ancora oggi quella che era la Palermo più regale e superba. È in fondo, imponente e maestoso, che si staglia il palazzo che i palermitani chiamano castello ma castello non è mai stato. Un parallelepipedo di tufo, alto più di 25 metri e largo più di 35 con un'iscrizione in versi sull'arcata di accesso alla sala della fontana: «Quantunque volte vorrai, tu vedrai il più bel possesso del più splendido tra i reami del mondo: dei mari e la montagna che li domina le cui cime sono tinte di narciso e vedrai il gran re del secolo in bel soggiorno ché a lui conviensi la magnificenza e la letizia. Questo è il paradiso terrestre che si apre agli sguardi. Questi è il Musta’izz e questo palazzo l'Aziz».


Il Musta’izz, «bramoso di gloria», era re Guglielmo II. L'Aziz fu iniziato nel 1165 da Guglielmo I il Malo. E ultimato nel 1167 da Guglielmo II il Buono, che al trono salì appena adolescente, quando aveva solo tredici anni. Così lo storico Michele Amari ricorda la nascita della Zisa nella sua ricostruzione dell'epoca musulmana in Sicilia: «Guglielmo, rivaleggiando col padre ne' passatempi soli, ei si messe a fabbricare tal palagio che fosse più splendido e sontuoso di que’ lasciatigli da Ruggiero. Fu murato in brevissimo tempo, con grande spesa, il nuovo palagio e postogli il nome di El Aziz che in bocche italiane diventò la Zisa e così diciamo fin oggi». Un gioiello di architettura araba e di monumentalità normanna. La perfetta sintesi della mescolanza tra dominatori e dominati, la Zisa come simbolo di una Sicilia felicissima. Scrive Giuseppe Bellafiore, professore ordinario di storia dell' arte e autore di un testo sulla Zisa dato alle stampe una decina di anni fa dall'editore palermitano Flaccovio: «A volere meglio specificare le caratteristiche funzionali del palazzo, c'è da dire innanzitutto che esso era una dimora destinata prevalentemente al soggiorno estivo. Non si trattava tuttavia di un precario soggiorno diurno … Era questo rivolto ed aperto a nord-ovest verso il mare, cioè verso la zona panoramica più attraente e più fresca della pianura palermitana». Aggiunge ancora Bellafiore: «Da quella parte, giungevano le brezze più temperate e specialmente quelle notturne, che potevano essere accolte entro lo stesso palazzo attraverso l'ampio varco dei tre fornici di facciata e della grande finestra belvedere del piano alto». Spazi, finestre, atri, un mirabile sistema di ventilazione per assorbire ed espellere l'aria calda. Per affrontare le giornate di scirocco. Per trovare riparo alle lunghe estati palermitane. E concedersi sollievi più intimi. «Era proprio lì dentro che i nuovi conquistatori si dedicavano alle gioie dell'anima e soprattutto a quelle del corpo», racconta Matteo Scognamiglio, direttore del servizio beni architettonici della Sovrintendenza, che spiega come da alcuni mesi stanno completando il recupero della sala della fontana. Era al primo piano l'harem della Zisa, nelle sale che si inseguono nelle due ali del palazzo. Aspettavano là le donne dei sovrani, distese sui loro soffici diwan e nella penombra delle nicchie. Un'atmosfera fiabesca, da Mille e una notte. Alla Zisa ma anche alla Cuba e in tutti gli altri «sollazzi» dei giardini delizia musulmani, quelli che si richiamavano al paradiso coranico. Era il Genoardo voluto dai normanni. E non fu certamente un caso che proprio lì, alla Cuba, tra le acque e gli alberi che circondavano un altro parallelepipedo — di dimensioni appena più piccole della Zisa — Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron. La sesta della quinta giornata. È la vicenda d'amore tra Gian di Procida e Restituta, una ragazzina bellissima di Ischia rapita da «giovani ciciliani» per offrirla in dono a Federico II d'Aragona. Il re comandò «che ella fosse messa in certe case bellissime di un suo giardino, il quale chiamavan Cuba, e quivi servita, e così fu fatto». Lieto il finale della storia. I due amanti si ritrovarono dopo il rapimento ma una notte vennero scoperti mentre dormivano abbracciati, il re li fece trascinare nudi sul rogo. In loro favore intercedette però Ruggieri de Loria, che ricordò al sovrano cosa fecero i Procidani nella guerra del Vespro. E fu così che «Gian di Procida campa e divien marito di lei». Quando Giovanni Boccaccio scrisse il Decameron, era già cominciato il declino del parco reale e anche di quella Palermo che per il geografo arabo Al-Idrisi era allora «la più grande e la più bella metropoli del mondo». Un decadimento che subì anno dopo anno pure la Zisa. Nel Trecento fu realizzata una merlatura che soffocò una scritta in arabo alla sommità dell'edificio, poi il «sollazzo» fu trasformato in una fortificazione. Narra Nicolo Speciale, cronista del quindicesimo secolo, di quel che accadeva anche nel passato più lontano nella Conca d'Oro: «Tutto ciò che c'era di verde veniva distrutto e nessuno aveva pietà». Gli aragonesi e i vicerè spagnoli assegnarono la Zisa di volta in volta a nobili famiglie. Nel Cinquecento diventò un baglio, nel Seicento l'acquistò per poche once Don Giovanni di Sandoval, nel 1808 la Zisa passò ai Notarbartolo principi di Sciara. La tennero loro fino al 1951, quando fu espropriata dalla Regione. Cominciarono allora i primi lavori di restauro. Ma alla vecchia maniera siciliana. Interventi saltuari e approssimativi. Tra il 1956 e il 1957 furono perfino buttati giù alcuni muri, i solai e anche i pavimenti che avevano abilmente sistemato quelle maestranze arabe venute da Sousse e da Kairouan per desiderio dei nuovi signori. Nell'ottobre del 1971 il più bel palazzo del Paradiso della Terra cedette per l'incuria: il primo piano precipitò. E cominciarono anche i saccheggi della Zisa la Splendida, luogo per le scorrerie di vandali e rifugio di tossici. Il vero restauro statico e architettonico ebbe inizio l'anno dopo il crollo, nel 1972. Ma dentro e intorno a quel poco che restava del mitico Genoardo ormai era arrivato il palermitano più predatore e impunito. Aprirono una fossa per una discarica abusiva. E poi comparve un'officina. E poi ancora uno sfasciacarrozze. Ci trasferirono lì, proprio lì nel Paradiso della Terra, anche un deposito dell'Amnu, l'azienda municipalizzata dei rifiuti. E davanti e dietro al palazzo dei piaceri intanto il nuovo potere aveva lasciato già le sue impronte, i cantieri e il calcestruzzo degli ultimi re di Palermo, i boss.
 

Tratto da: La Zisa e il Paradiso Perduto di Attilio BOLZONIAttilio BOLZONI, La Domenica di Repubblica, 14 agosto 2005.

Le trasformazioni nei secoli

 
La Zisa delle origini subì nei secoli numerose trasformazioni. Nel Trecento, tra le altre modifiche apportate, fu realizzata una merlatura, distruggendo parte dell'iscrizione in lingua araba (a caratteri cufici) che faceva da coronamento all'edificio. Radicali furono le trasformazioni seicentesche intervenute quando il palazzo, in pessime condizioni, venne rilevato da Don Giovanni di Sandoval, a cui risale lo stemma marmoreo con i due leoni, oggi posto sopra il fornice di ingresso. Per le mutate esigenze residenziali dei nuovi propri etari furono modificati alcuni ambienti interni, soprattutto all'ultima elevazione, furono realizzati nuovi vani sul tetto a terrazza, fu costruito un grande scalone e vennero modificate le finestre sui prospetti esterni. Nel 1808, con la morte dell'ultimo Sandoval, la Zisa passò ai Notarbartolo, principi di Sciara, che la utilizzarono per usi residenziali fino agli anni '50, quando la Regione Siciliana la espropriò. Il restauro della fine degli anni '70 ed '80 ha restituito la Zisa alla pubblica fruizione. Nella parte dell'ala Nord crollata nel 1971 si è proceduto alla ricostruzione delle volumetrie originarie, adoperando, per una piena riconoscibilità dell'intervento, cemento e mattoni in cotto, materiali differenti dalla originaria pietra arenaria.

L'esposizione

 
Nelle sale sono esposti alcuni significativi manufatti di matrice artistica islamica provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo. Tra questi sono di particolare rilevanza le eleganti musciarabia (dall'arabo masrabiyya), paraventi lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati fra di loro a formare, come merletti, disegni e motivi ornamentali raffinati e leggeri) e gli utensili di uso comune o talvolta di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in ottone con decorazioni incise e spesso impreziosite da agemine (fili e lamine sottili) in oro e argento. 

domenica 22 aprile 2018

VIA DEI LIBRAI, grande successo della giornata inaugurale.




Grande successo ieri sul Cassaro Alto per la giornata inaugurale della III edizione de LA VIA DEI LIBRAI, La città che legge. Tanti i visitatori tra gli stand dei librai e alla mostra dei costumi e degli elementi di scena della Fondazione TEATRO MASSIMO di Palermo, che per questo motivo sarà visitabile alla Biblioteca Regionale Centrale della Regione Siciliana (proprio nel cuore del Cassaro) anche oltre La Via dei Librai, cioè fino al prossimo 11 maggio.


Applausi per Salvo Piparo ed il suo ‘Scordabolario’, andato in scena ieri sera sul palco del piano della Cattedrale illuminata con il tricolore, un omaggio a Palermo Capitale Italiana della Cultura. Con lui Michele Piccione e i fratelli Dario e Nicola Argento, eredi della prestigiosa famiglia di pupari palermitana. Coinvolgente la performance di Angelo Daddelli & i picciotti, sulle note della musica tradizionale siciliana. Grande successo e presenza di pubblico anche per le iniziative del Polo Museale Regionale per l’arte contemporanea di Palazzo Belmonte Riso, in raccordo con la Scuola Politecnica dell’Università di Palermo. Emozionante la testimonianza di Sandra Gesualdi, figlia di Michele Gesualdi (Fondazione Don Lorenzo Milani), autore del libro ‘L’esilio di Barbiana’ (edizioni San Paolo), sulla figura di don Lorenzo Milani e sull’esperienza educativa e pedagogica della scuola di Barbiana. 
Ma sono numerosi anche gli appuntamenti in programma per questa seconda giornata tra le isole letterarie della Via dei Librai. Da segnalare alle ore 19 sul piano della Cattedrale la presentazione del libro ‘La mafia dopo le stragi’ di Attilio Bolzoni, edito da Melampo. Il giornalista di Repubblica sarà intervistato da Elvira Terranova. Con loro il Questore di Palermo, Renato Cortese. 



Domani, 23 aprile – Giornata Mondiale del Libro – sarà inaugurata la mostra bibliografica e documentaria ‘Rosario La Duca e il Cassaro - Alla ricerca della città perduta’, allestita alla Biblioteca Centrale per le Chiese di Sicilia (via Vittorio Emanuele, 463). Nel decimo anniversario della morte dell’urbanista, architetto e storico dell’arte palermitano, l’esposizione sarà visitabile fino al prossimo 31 dicembre. 
LA VIA DEI LIBRAI è organizzata dall’Associazione ‘Cassaro Alto’ e dal Comune di Palermo, con i partners: Comitato ‘Ballarò significa Palermo’ e ‘Progetto Albergheria e Capo insieme’; con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, del Centro per il libro e la lettura del Ministero dei Beni Culturali, di ‘Palermo Arabo-Normanna e le Cattedrali di Cefalù e Monreale’, dell’Università di Palermo, della Città Metropolitana di Palermo e della Fondazione Federico II. Sponsor: Gesap Aeroporto di Palermo, Confcommercio Palermo, Fotograph e VM Agency, sponsor tecnico. L’evento è inserito nel calendario delle manifestazioni dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018, di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 e del Maggio dei Libri 2018. 



Ufficio Stampa 
Daniela Tornatore 
333.3941114 
(info: laviadeilibrai@libero.itwww.cassaroalto.it)

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