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giovedì 8 agosto 2024

Il rapporto conflittuale del giovane Magrì con i suoi genitori, nel romanzo "Malacarne" di Francesco Toscano.


Palermo, 8 agosto 2024.

Francesco Salvatore Magrì, detto Turiddu, ha un rapporto difficile con i suoi genitori nel romanzo "Malacarne", di Francesco Toscano. Turiddu è cresciuto in un ambiente familiare intriso di criminalità e violenza, essendo i suoi genitori, Carlo e Maria Pia Perracchio, piccoli pregiudicati del quartiere palermitano della Kalsa. Nonostante i genitori avessero tentato di allontanarsi dalla malavita, Turiddu era stato comunque esposto a quell'ambiente malsano sin dalla tenera età, assorbendone la violenza e il disprezzo per la legge.

La situazione precipita quando Turiddu, in concorso con altri, rapina un supermercato in Piazza Francesco Nascè, già “messo a posto” con la famiglia mafiosa di riferimento, tanto che il boss al comando della famiglia mafiosa di Porta Nuova chiede vendetta per l’accaduto. Per proteggerlo, il padre di Turiddu è costretto a pagare un corrispettivo in denaro agli uomini della consorteria mafiosa sia del suo quartiere, la Kalsa, che a quelli di Porta Nuova. Turiddu, sentendosi tradito e abbandonato dai suoi genitori, fugge portando con sé solo pochi averi e il peso del suo passato.

Il romanzo evidenzia come il rapporto conflittuale di Turiddu con i genitori sia il risultato di un ambiente familiare disfunzionale e di un contesto sociale degradato, che lo hanno spinto verso la criminalità. La violenza ereditata dal padre e il senso di abbandono provato nei confronti di entrambi i genitori segnano profondamente il giovane Magrì, influenzando le sue scelte future e il suo percorso di vita.

 

Il particolare conflitto interiore di Magrì nei confronti dei suoi genitori e, in particolare, nei confronti di sua madre

Nel romanzo, Francesco Salvatore Magrì è afflitto da un profondo conflitto interiore riguardo ai suoi genitori, in particolare nei confronti della madre, Maria Pia Perracchio, detta "Ciccina a ruossa".

Turiddu ha sempre avuto un rapporto conflittuale con i genitori, entrambi coinvolti in attività criminali. In particolare, il giovane Magrì rimprovera alla madre la sua rassegnazione e il suo vittimismo, vedendola come incapace di ribellarsi al destino di miseria e violenza che li circonda.

Nonostante la rabbia e il risentimento, Turiddu, nel profondo, ama la madre e soffre per la sofferenza che le ha causato con il suo comportamento sregolato. Dopo anni di lontananza, il rimorso per averla abbandonata e per averla fatta soffrire lo tormenta, portandolo a desiderare di riconciliarsi con lei.

Un evento significativo che evidenzia la complessità del rapporto con la madre si verifica quando Turiddu, presso il Santuario di Monte Pellegrino, dove si è recato per omaggiare Santa Rosalia per il miracolo fattogli, la vede in preghiera tra i banchi di quel luogo sacro. Invece di affrontare la situazione e cercare un riavvicinamento, Turiddu si nasconde, fuggendo da quel luogo come un ladro, incapace di superare il muro di rabbia e risentimento che lui stesso ha eretto. Questo episodio dimostra come il conflitto interiore di Turiddu sia irrisolto, un groviglio di amore, rabbia e senso di colpa che lo paralizza e gli impedisce di riallacciare i rapporti con la madre.

La morte della madre, avvenuta durante la detenzione di Turiddu, rappresenta un punto di svolta nella sua vita. La perdita, unita a quella del figlio e del suocero, lo spinge a rivalutare le sue scelte e a desiderare un cambiamento radicale, ma la profonda depressione lo porterà al suicidio. 

Sebbene non venga descritto esplicitamente, è plausibile che il rapporto conflittuale con sua madre e suo padre, abbia contribuito alla decisione di Turiddu di collaborare con la giustizia, come per esorcizzare i demoni del passato e trovare una forma di redenzione per gli errori commessi.

 

 

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