Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Libro/E-book: A proposito degli alieni..., di Francesco Toscano ed Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell‘incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l‘uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all‘era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono.Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato. I Sumeri, gli Egizi, i Maya, gli Inca, le civiltà indiane, tutte culture che hanno avuto un livello tecnologico superiore per quel tempo. I miti Babilonesi, la cultura Greca con la sua mitologia, i miti delle popolazioni nordiche, le leggende delle popolazioni precolombiane, (persino nella Bibbia, vedi Genesi o Apocalisse), parlano di esseri soprannaturali, di eventi immani, (come un grande diluvio). Anche in questo periodo alcuni popoli che vivono allo stato primitivo, come ad esempio i Dogon del Mali, hanno conoscenze astronomiche cui l‘uomo moderno ha avuto accesso solo dopo con il progredire della tecnologia. E' nell‘era moderna che la tematica si sviluppa maggiormente. Dal Novecento ad oggi è un susseguirsi di prove, fatti, avvistamenti; l‘episodio di Roswell è il più indicativo. Gli U.S.A. sembrano la nazione che nel secondo dopoguerra abbia beneficiato maggiormente del contatto con gli alieni. L‘oscurantismo della Guerra Fredda, dominante sino a qualche anno fa è crollato. Tutte le Intelligence delle maggiori potenze mondiali stanno rivelando al mondo dossier segretati sino a qualche tempo fa, (in vista forse del 2012, che secondo un‘antica profezia Maya segnerà l‘inizio di una nuova era). Anche il Vaticano ha ammesso la probabile esistenza di extraterrestri, con i relativi problemi etico-religiosi che ne possono derivare. Se esistono gli alieni, e se ci hanno creati loro, esiste anche un Dio Creatore, come lo intendiamo noi? Che cosa succederebbe se così non fosse? La Chiesa sa la verità e non la vuole rivelare? Oppure sia noi che gli alieni facciamo parte di un unico progetto divino? Abbiamo un‘anima? Che cosa succede dopo la morte? L‘aldilà è forse un‘altra dimensione o un Universo parallelo dove i mondi s‘incontrano? Perché (come dicono alcuni ricercatori) gli alieni ci studiano? Che cosa cercano nell‘uomo? Le grandi potenze mondiali ne sono informate? Tutti interrogativi cui non è possibile a oggi dare una risposta certa, però si può provare a dare diverse, probabili soluzioni.

  • Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Le indagini del Maresciallo Ascali: L’usuraio, di Francesco Toscano

    Sinossi: Le indagini del Maresciallo Ascali - L'usuraio Benvenuti nel cuore pulsante e spesso tormentato di Palermo, dove le indagini del Luogotenente dei Carabinieri Roberto Ascali si addentrano ancora una volta nelle pieghe oscure del tessuto sociale. In questo nuovo capitolo, intitolato "L'usuraio", l'arrivo di un certo Colajanni Eduardo nella caserma dei Carabinieri dà il via a un'indagine che promette di svelare inquietanti connessioni. Ciò che inizia come un'indagine sul reato di usura, un crimine silente e devastante che affligge le fasce più vulnerabili della popolazione, prende subito una piega potenzialmente pericolosa. La redazione della Comunicazione di Notizia di Reato non si limita a ipotizzare l'usura, ma prospetta al Magistrato inquirente un legame inquietante tra l’usuraio e “ambienti mafiosi”, suggerendo la possibile aggravante del metodo mafioso. Le dichiarazioni inattese dell'usuraio Cozzolino, denunciato da Colajanni, rivelano che l'indagine prenderà direzioni impreviste. Quando la morte di Colajanni per avvelenamento viene accertata, il quadro che emerge dalle dichiarazioni di Cozzolino è "del tutto inedito", confermando l'intuizione di Ascali riguardo un coinvolgimento più ampio della criminalità organizzata. Sembrava solo una storia di usura all'inizio, ma l'ombra di Cosa Nostra si allunga su tutta la vicenda. Emergono collegamenti con i mandamenti mafiosi palermitani, in particolare Brancaccio e Porta Nuova. Maresciallo Ascali, oggi Luogotenente, deve usare la sua tenacia e il suo acume investigativo per accertare la verità sulla morte di Colajanni e sul sistema criminale sotteso. La sua vita personale è segnata dal dolore per la malattia che affligge la sua amata moglie, ma la sua presenza e l'appartamento confiscato alla mafia in cui vivono a Palermo - divenuto il loro rifugio di pace - gli danno la forza per affrontare le indagini. "L'usuraio" si prospetta come un nuovo avvincente capitolo delle indagini del Maresciallo Ascali, esplorando il legame pericoloso tra l'usura e la criminalità organizzata, mantenendo alta la suspense e conducendo il lettore nei meandri oscuri del potere e della disperazione, dove la linea tra vittima e carnefice è spesso sottile.

giovedì 11 novembre 2010

L'oratorio di Santa Cita di Palermo.

Storia

Il primo impianto della chiesa è del XIV secolo, si trattava di una chiesa di modesta entità che venne abbattuta e ricostruita nel XV secolo, successivamente anche questa fu ritenuta inadeguata e fu stilato un nuovo progetto da parte dell'architetto Giuseppe Giacalone finanziato da un gruppo di pisani che abitavano l'area. La nuova chiesa venne costruita tra il 1583 ed il 1603, anche se la facciata venne ultimata soltanto nel 1781. La chiesa subì grossi danni durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale al termine della quale venne restaurata eliminando le danneggiate navate laterali trasformandola così in una chiesa a singola navata. Dopo i restauri venne riaperta nel 1952.

Architettura

La chiesa ha subito grosse modifiche a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, a causa dei quali sono andate perdute le navate laterali ma sono rimasti intatti l'abside ed il transetto. Annessa alla chiesa ci è un omonimo oratorio. All'interno si conservano molte opere contemporanee alla costruzione della chiesa tra le quali troviamo l'altare maggiore, alcuni sarcofagi e la cappella marmorea. E' presente anche un arco di pietra appartenente alla prima chiesa del XIV secolo.

L'Oratorio

Vi si accede attraverso la Chiesa di S. Zita (Cita è la deformazione toscana) che possiede un elegante arco marmorea di Antonello Gagini (nel presbiterio) e la bella cappella del rosario (a destra del presbiterio) in cui tarsie policrome si sposano a delicati stucchi. L'oratorio è il capolavoro del maggiore decoratore barocco, Giacomo Serpotta, che lavorò tra il 1686 ed il 1718. Un tripudio di angioli e putti dalle espressioni e posizioni estremamente libere e plastiche sembrano giocare tra di loro, si arrampicano sulla cornice delle finestre, fanno capolino da ghirlande floreali, voltano le spalle in maniera irriverente, piangono, dormono, allacciano le mani intorno alle ginocchia in atteggiamento pensoso. L'attenzione è subito catturata dalla controfacciata. Un drappo panneggia tutta la parete ed un nugolo di putti si affanna a sostenerlo. Al centro, un rilievo con a Battaglia di Lepanto è affiancato dalle figure di due giovani emaciati, simbolo degli orrori che la guerra può provocare. Tutt'intorno alcuni riquadri, presenti anche sotto le finestre delle pareti laterali, ripercorrono i Misteri del Rosario. A partire dalla parete di sinistra troviamo i Misteri Gaudiosi: Annunciazione, Visitazione, Natività e Presentazione al Tempio. A destra i Misteri Dolorosi: Gesù nell'Orto del Getsemani, Flagellazione, Coronazione di Spine e il Calvario. Sul fondo i Misteri Gaudiosi (a partire dal basso a sinistra): Risurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione di Maria. In alto, al centro, l'incoronazione di Maria. All'altare, una bella tela di Carlo Maratta raffigura la Madonna del Rosario (1690). Le 8 finestre che ornano le pareti laterali per lato sono "sorvegliate" da figure allegoriche. Il nugolo di putti di S. Cita e la Battaglia di Lepanto Poco lontano, nell'omonima piazza, sorge S, Giorgio dei Genovesi, uno dei pochi esempi tardo-rinascimentali a Palermo. Oggi sconsacrata e spesso utilizzata come spazio espositivo, venne fatta edificare dalla comunità di mercanti genovesi che spesso qui trovarono sepoltura (belle le lastre tombali). In via Cavour, l'edificio della Prefettura in stile neogotico veneziano era la villa Whitaker costruita da uno dei dodici nipoti dell'imprenditore Ingham.

Toponomastica

Il nome Cita deriva dal termine Zita ma pronunciato in dialetto fiorentino. In realtà la chiesa è consacrata al culto di San Mamiliano.


La Chiesa di San Giuseppe dei Teatini di Palermo.

11 Novembre 2010.

La Chiesa fu eretta nei primi del Seicento per l'ordine dei Teatini. La facciata principale presenta una statua settecentesca che raffigura San Giuseppe, opera di Baldassarre Pampillonia, posta su uno scudo di marmo, sul quale è scolpito l'emblema dei falegnami. Presso la facciata secondaria sono collocate le sculture raffiguranti Sant'Andrea Avellino, San Gaetano e lo stemma dell'ordine dei Teatini.La struttura interna è basilicale, con tre navate scandite da colonne. Negli archi che separano le navate si trovano le decorazioni tardo settecentesche di Antonio Manno, che raffigurano gli Apostoli. La copertura a botte della navata principale è decorata dai dipinti di Filippo Tancredi incorniciati dagli stucchi di Paolo Corso. Nelle navatelle si aprono le cappelle ornate da affreschi e stucchi. La Cappella della Madonna della Purità presenta la raffigurazione dell'omonima Madonna incastonata nella decorazione marmorea policroma. La Cappella della Madonna di Trapani contiene una scultura cinquecentesca di Madonna con Bambino proveniente dall'ambito del Gagini. La Cappella del Crocifisso è ornata da una statua lignea di Cristo, probabilmente opera di Frate Umile da Petralia. Nella Cappella alla sinistra dell'abside, dedicata a San Giuseppe, si trova un gruppo scultoreo dorato che raffigura il Santo mentre tiene la mano a Gesù. La Cappella di Sant'Irene contiene un dipinto che raffigura la Santa e diversi affreschi che hanno per soggetto Papa Pio X. La Cappella della Madonna di Pompei presenta un apparato decorativo in marmo di notevole pregio e l'emblema dei Teatini. Nella Cappella dei Beati si conserva un dipinto che rappresenta il Beato Giovanni Marinoni inginocchiato dinanzi alla Madonna delle Grazie. Anche la cupola è riccamente decorata. Il soggetto del Trionfo del Santi Teatini fu realizzato da Guglielmo Borremans, mentre le figure degli Evangelisti sono di Giuseppe Velasquez. La volta della zona absidale fu affrescata da Andrea Carrera e Giacinto Calandrucci. Va menzionato il seicentesco altare maggiore, coperto di preziose pietre dure e ornato con elementi di bronzo, sul quale è posto il crocifisso. La figura di Cristo è realizzata in avorio, mentre la croce è di bronzo e agata. Un altro elemento notevole è l'altare di San Gaetano, in marmi colorati, sul quale si trova il baldacchino coperto di agata.

La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo.

La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo
11 Novembre 2010.


La chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi è una chiesa normanna di Palermo. Secondo la leggenda sarebbe stata costruita nel 1071 mentre i Normanni tenevano sotto assedio la città. Sarebbe stata costruita sulla base di un castello arabo dopo la sua distruzione. Venne subito dedicata a san Giovanni. Dopo aver conquistato il castello “Yahia” - di cui restano solo tracce nel pavimento della chiesa - i Normanni avrebbero edificato la chiesa stessa, dedicandola a S. Giovanni a conquista avvenuta. In ogni caso, la chiesa ebbe una vita movimentata: dapprima ospitò un ospedale militare, poi un lebbrosario; nel periodo barocco fu ricoperta di stucchi, tanto da perdere l’aspetto originario. All’inizio del Novecento fu recuperata e fu costruito il campanile. Nel suo insieme, l’edificio presenta i caratteri di un’architettura di transizione tra la Contea ed il Regno. L'esterno è semplice e privo di decorazioni, salvo quelli alle finestre che sembrano intarsiate. L'ingresso è preceduto da un piccolo porticato, che consiste di una sola colonna, su cui si regge il campanile: quest’ultimo si fregia di una cupola rossa sullo stile di quelle - più note - di San Giovanni degli Eremiti. L'interno ha forma basilicale tripartita da pilastri con copertura lignea e presbiterio cupolato: esso si presenta spoglio e ben illuminato dalle finestre laterali, monofore, leggermente ogivali come anche gli archi interni. Vi si può ammirare un bel crocifisso ligneo dipinto, che risale al Quattrocento.È l'edificio normanno più antico sul suolo palermitano.

La Chiesa di S. Giovanni degli Eremiti di Palermo.

La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti di Palermo
11 Novembre 2010.

Nei pressi del Palazzo dei Normanni, che è diventato oggi la sede del Parlamento Siciliano, è collocata la chiesa di San Giovanni degli Eremiti che con le sue caratteristiche cupole rosse è diventata uno dei simboli della città. Giulio Carlo Argan scrive: “I Normanni che instaurarono la loro dinastia in Sicilia nel 1072, distruggono i monumenti, non la tradizione dell’architettura bizantina e araba. San Giovanni degli Eremiti a Palermo (1132) è araba nel nitido rapporto tra i corpi cubici e le cupole emisferiche”. Certamente più che a quella di una chiesa cristiana questa chiesa rimanda alla concezione spaziale delle moschee islamiche e tale richiamo all’Oriente viene ancor più enfatizzato dalle cupole di colore rosso acceso. La chiesa, le cui origini risalgono al VI secolo, subì la trasformazione in moschea prima di essere ricondotta all’antico culto da Ruggero II che, intorno al 1136, affidò la costruzione ai discepoli di San Guglielmo da Vercelli. Pesantemente manomessa nel corso dei secoli è stata ripristinata intorno al 1880, dall’architetto Giuseppe Patricolo. La chiesa, a tutti nota per le sue caratteristiche cupole di colore rosso, appoggiata con un fianco ad un corpo quadrato anteriore (forse una moschea) e realizzata a croce divisa in campate quadrate su ciascuna delle quali poggia una semisfera. Il presbiterio, terminante in nicchia, è sormontato da una cupola, come quella dei due corpi quadrangolari che la fiancheggiano e di cui quello di sinistra si eleva a campanile. Il chiostro, abbellito da un lussureggiante giardino, è la parte meglio conservata del convento antico; spiccano per bellezza e leggerezza le colonnine binate con capitelli a foglie d’acanto che reggono archi ogivali a doppia ghiera. Vi si trova inoltre una cisterna araba. F. Elliot – in Diary of an Idle Woman in Sicily (1881) – descrive San Giovanni degli Eremiti come “una chiesa normanna vicino al palazzo reale e alla Porta di Castro… riparata in un incavo, è del tutto orientale, e con le sue cinque cupole starebbe benissimo a Baghdad o a Damasco. Accanto, il campanile gotico a quattro ordini di logge è sormontato da un’altra cupola, singolare adattamento di costruzione araba ad un costume cristiano. La pianta della chiesa è a croce latina con tre absidi, la navata è divisa in tre campate ognuna delle quali è sormontata da una cupola con pennacchi, necessari perché la torre su cui poggiano è quadrata, le pareti sono in pietra intagliata come spesso se ne vedono nei monumenti arabi senza decorazione alcuna e l’insieme è illuminato da finestre ad arco acuto”. Oggi l’edificio presenta, invece, una nuda cortina muraria fatta con conci di tufo squadrati; l’interno ha tre absidi semicircolari ed è suddiviso in cinque campate quadrate coperte da cupolette che si raccordano alle pareti tramite nicchie.
La costruzione attuale sorge su un terreno ricco di caverne anticamente lambito dal fiume Kemonia. In quel luogo sorgeva il più importante dei sette monasteri fatti costruire da S. Gregorio Magno in Sicilia, un cenobio benedettino dedicato a S. Ermete. La tradizione vuole tra i suoi monaci vi fosse quell'Agatone siciliano che divenne papa nel 678. Pare che, verso la metà del IX secolo, gli Arabi lo abbiano distrutto, elevando sui ruderi edifici di culto islamico. Nel 1132 re Ruggero riedificò il convento dedicandolo a S. Giovanni Evangelista e arricchendolo di privilegi, che Guglielmo I ampliò. Per molti secoli ricco e fiorente, il monastero decadde lentamente e si spopolò. Nel 1882 furono effettuati restauri della chiesa e di ciò che restava del convento. Il complesso edilizio è costituito da tre distinte costruzioni: la chiesa, il chiostro, la moschea. a)La chiesa è stata restituita all'aspetto originario. La pianta è a croce latina; vi è un'unica navata divisa in due corpi quadrati da un grande arco acuto. Il braccio longitudinale è diviso in tre campate quadrangolari; ognuna di esse è sormontata da una cupola emisferica. Sulla campata settentrionale del trasetto si innalza il campanile, fornito anch'esso di cupola. L'interno dell'edificio è nudo e severo; la luce vi piove da transenne di gesso che schermano le finestre. Il paramento murario è fatto di piccoli conci di tufo. Solo nel campanile troviamo,nell'ultimo ordine, la tipica decorazione a rincassi e cornici attorno alle finestre. Le cupole rosse conferiscono all'edificio uno spiccato carattere orientale. b) il chiostro è la sola parte rimasta dell'antico monastero. La sua datazione è incerta. E' formato da quattro portici archiacuti con colonnine binate. c) La moschea è uno dei pochissimi edifici sicuramente arabi che ci siano pervenuti. Parte di essa è inglobata nella chiesa attuale. E' formata da un corpo centrale rettangolare diviso longitudinalmente da una serie di pilastri che sostenevano archi ogivali. Nella parte superiore della parete orientale si apre la finestra rivolta verso la Mecca. All'esterno si trovano un porticato e mura di un recinto, luoghi che in epoca normanna erano usati come cimitero palatino (cioè delle persone della corte, addette al palatium).

Bibliografia:




La Chiesa di San Francesco d'Assisi di Palermo.

La Chiesa di San Francesco d'Assisi di Palermo.
11 Novembre 2010.

La chiesa di San Francesco d’Assisi è situata in un antico quartiere mercantile che, nel passato, rappresentava un punto nevralgico della città di Palermo. La storia di quest’edificio sacro è segnata da continue trasformazioni e rifacimenti che giustificano la complessità e la varietà dei linguaggi artistici in essa presenti. Dalle fasi costruttive più antiche risalenti al XIII secolo si passa al Trecento e al Quattrocento, quando vennero eretti i portali e numerose cappelle in stile gotico o rinascimentale. In età barocca l’edificio venne ricoperto da stucchi ed affreschi (di Pietro Novelli) e nel Settecento Giacomo Serpotta adornò i pilastri con le statue delle Virtù. Ferita dal terremoto del 1823, fu restaurata secondo il gusto neoclassico, mentre nel Novecento fu riportato alla luce l’aspetto originario della facciata con la ricostruzione in stile del rosone perduto. L’interno, col vano basilicale scandito da archi acuti su pilastri, è impreziosito da sedici cappelle che custodiscono opere d’arte d’inestimabile valore. Nella cappella di San Giuseppe si trova un altorilievo con San Giorgio che uccide il drago, realizzato nel 1526 da Antonello Gagini. Nella cappella dell’Immacolata risplendono i colori dei marmi policromi seicenteschi. Nella cappella trecentesca introdotta da un portale di splendida fattura è sistemato il sarcofago di Atanasio Speciale, di attribuzione incerta tra Domenico Gagini e Francesco Laurana. Particolarmente importante la Cappella Mastrantonio del Laurana che irrompe con forme rinascimentali in un clima siciliano ancora tardo-gotico alla metà del quattrocento (1468). Si trova a Palermo nel cuore della città antica e precisamente a ridosso del Kàssaro, tra la via Alessandro Paternostro e la storica piazza San Francesco d'Assisi. Situato in una cornice architettonica di rara bellezza, da qui si può ammirare la magnifica facciata della chiesa romanica di San Francesco d'Assisi che domina la omonima piazza. L' opera, risalente al periodo 1266-1277, costituisce in città un esemplare unico nel suo stile e si caratterizza all'esterno per il portale trecentesco ed il raffinato rosone. All'interno le numerose cappelle conservano splendide opere d'arte medievali e rinascimentali di autori quali Antonello e Domenico Gagini e Francesco Laurana, ma anche barocche e neoclassiche di artisti come Giacomo Serpotta ed Ignazio Marabitti. Accanto alla basilica sorge il seicentesco oratorio dell' Immacolatella.

La navata centrale della Chiesa di San Francesco d'Assisi di Palermo
Pare che la prima fondazione sia avvenuta mentre S. Francesco era ancora in vita. Tuttavia, per la contesa tra l'imperatore Federico II e il Papa Gregorio IX, protettore dei francescani, tutto quanto i fraticelli avevano costruito "iuxta portum civitatis" fu distrutto per disposizione imperiale. L'opera di costruzione dell'attuale basilica fu ini­ziata nel 1255 e completata nel 1277. Ogni secolo ha lasciato nel tempio francescano testimonianze d'arte e di storia. Al Trecento risalgono alcune cappelle dal tipico impianto gotico svevo, con costoloni e volte a crociera. Nel sec. XV, in un periodo in cui l'arte isolana era ancora legata alle forme del gotico catalano, nel­la basilica fiorirono le prime opere architettoniche e scultoree di impronta rinascimentale. Profonde trasformazioni strutturali furono effet­tuate nel Cinquecento. Nel sec. XVII le vicende della città si legarono stret­tamente a quelle del tempio francescano. Nel 1624, infuriando la peste, il Pretore di Palermo si impegnò in pubblico parlamento a professare il privilegio dell'immacolato concepimento di Maria "fino allo spargimento di sangue" e ad offrire annualmente alla Vergine Immacolata che si venera in S. Francesco un donativo di cento onze. Nel dicembre di quello stesso, anno, declinando la peste, la città celebrò la festa dell'Immacolata con sfarzose luminarie e con una grandiosa pro­cessione. Il Senato erogò le cento onze promesse, obbligo che la civica amministrazione tuttora annualmente assolve la sera del 7 dicembre, nel corso di una sug­gestiva cerimonia. Il Sindaco, alla presenza dell'Arcivescovo e della Giunta Comunale ripete l'antica preghiera rin­novando il cosiddetto 'Voto sanguinario", e offre al superiore del convento l'equivalente delle anti­che cento onze, versando una pioggia di monete in un bacile d'argento. Sempre nel sec. XVII il pittore Pietro Novelli ricoprì d'affreschi le volte della chiesa, ma di tale opera oggi non rimane quasi nulla. Alcune cappelle decorate a marmi mischi restano a testimonianza del periodo barocco. Nel '700 le pareti furono ricoperte di candido stucco; le colonne furono trasformate in pilastri, cui furono appoggiate alcune statue di Giacomo Serpotta, raffigurazione allegorica di altrettante virtù. Nel 1823 un terremoto danneggiò gravemente la basilica. Dovendo procedere all'opera di consolidamento, si dette alla chiesa un impianto neo-classico, tra­sformando gli archi ogivali in archi a tutto sesto. L'opera di restauro della basilica per rimettere in luce gli elementi architettonici originari cominciò con l'Architetto Giuseppe Patticelo alla fine del secolo scorso e proseguì in questo con l'architetto Valenti. Nel 1943 due bombardamenti apportarono alla chiesa ed al convento danni ritenuti irreparabili. L'opera di ricostruzione, subito iniziata, ebbe l'intento di riportare il tempio alle forme origina­rie. Gli archi, i capitelli il rivestimento a mischio di alcune cappelle, andati in frantumi, furono ricostruiti con opera sapiente. La facciata, di impianto romanico, è notevole per il suo equilibrio compositivo. È divisa orizzontalmente in due parti da una cor­nice: nello scomparto superiore s'apre uno stu­pendo rosone, mentre quello inferiore si arricchi­sce di un ampio portale centrale a cui si affiancano due porte minori del sec. XVI. Il portale, tipicamente romanico, è un prodotto inconfondibile di quella architettura trecentesca siciliana che prese il nome di arte chiaramontana. Al di sopra dell'arco ogivale, racchiuso in una settemplice cornice, il portale è completato da un timpano sostenuto da quattro colonnine che rac­chiudono un trittico, con la Vergine in trono tra S. Francesco e S. Chiara. Su una delle colonnine del portale è scolpito lo stemma dei Chiaramonte, poiché il completamento della facciata è dovuto a tale casata. L'impianto originario della basilica è simile a quello attuale: aveva tre navate e i muri perime­trali erano illuminati da sedici bifore gotiche, aggraziatissime: (oggi ne sussistono solo quat­tro): il soffitto era a capriate di legno. Le absidi erano poligonali: oggi rimane solo quel­la di sinistra. La seconda parte della chiesa, cioè il santuario e le absidi, è di parecchi metri più alta della prima parte, costituita dalle navate. È questo un carat­tere che si riscontra in altre chiese dell'epoca; l'impianto planimetrico della basilica francescana è identico a quello della chiesa di S. Spirito, di cui, però, raddoppia le dimensioni. Percorriamo ora il tempio, incominciando dalla navata sinistra, seguendo la numerazione di seguito indicata ed evidenziata sulla pianta della Chiesa sottostante:
  • n. 1: Arco della cappella di S. Lucia, poi di S. Elisabetta, della famiglia Del Tignoso. 
  • n. 2: Cappella della Madonna della Neve, della famiglia Alliata. L'arco d'ingresso ed il gruppo della Madonna col Bambino e S. Giovanni sono attribuiti a Domenico Gagini, come pure la Madonna della Neve inserita in un finissimo taber­nacolo marmoreo. Tra gli ornati di esso si notano gli stemmi delle famiglie che ebbero il patronato della cappella (v. stemma n. 10). Anche i sepolcri di Mariano e di Sigismondo Alliata sono di scuola gaginiana. 
  • n. 3: Cappella della Custodia, in cui è riposta la statua argentea dell'Immacolata (1647).
  • n. 4: Cappella di S. Antonio, in marmi mischi.
  • n. 5: Cappella Mastrantonio. n portale, scolpito da Francesco Laurana con l'aiuto di Pietro Bontade è il monumento più significativo del­la basilica, la prima opera rinascimentale della nostra città. L'arco romano del portale è fiancheggiato da sei pannelli marmorei per lato, incavati da bassorilievi. Le formelle rappresentano, dal basso in alto putti alati, quattro Padri della Chiesa occidentale (S. Agostino e S. Ambrogio a destra, S. Girolamo e S. Gregorio a sini­stra); i quattro evangelisti, stemmi gentili­zi e i profeti Isaia e Geremia. Sulla parete sinistra vi è un quadro di Vincenzo di Pavia raffigurante la Madonna tra S. Giovanni e Santa Brigida. Sull'altare si trova una Madonna scolpita dal Laurana. 
  • n. 6: Cappella di stile chiaramontano con deco­razioni a zig-zag nell'arco d'ingresso. Nell'infradosso di tale arco si scorgono avan­zi di affreschi giotteschi. All'interno si trova una tela di Pietro Novelli riproducente la visione di S. Francesco. 
  • n. 7: Andito che conduce alla sacrestia. 
  • n. 8: Cappella dell'Angelo Custode attribuita a Domenico Gagini. La famiglia da Bologna (v. stemma n. 13) vi lasciò alcuni monumenti sepolcrali, di cui sussiste quello di Eleonora Bononia (1570). Sull'altare vi è un quadro musivo con le Sante Agata e Lucia, opera moderna di padre Cianci (1958).
  • n. 9: Cappella di S. Giovanni Battista, della fami­glia Riggio. Contiene il busto in terracotta del Santo, ope­ra di Antonello Gagini. 
  • n. 10: Cappella della Madonna del Rosario. Tra la cappella n.10 e quella n. 11 si trova il monumento funerario di Antonello Speciale, rimesso in luce dal restauro del dopoguerra. Faceva parte del grande sepol­cro della famiglia Speciale costruito nel 1464 da Domenico Gagini per Pietro Speciale, Pretore di Palermo e Presidente del Regno. Di tale grande monumento rimangono sol­tanto la lapide (v. iscr. n. 33) e la figura giacente del giovinetto Antonello Speciale, unico figlio di Pietro, scultura piena di sere­nità e di grazia. 
  • n. 11: Cappella di S. Giuseppe, da cui oggi si acce­de al convento ed al chiostro. 
  • n. 12: Cappella di S. Francesco d'Assisi, opera secentesca ornata di marmi mischi e di colonne tortili intarsiate. 
  • n. 13: Altare maggiore, davanti al quale pende un grande crocifisso su tavola, opera moder­na del padre Cianci. 
  • n. 14: Cappella dell'Immacolata, nel 1649 elevata a cappella senatoria, come indica l'aquila palermitana nella chiave dell'arco. Le pareti sono fastosamente decorate a marmi mischi; nel '700 vi furono addossate otto statue raffiguranti santi e sante paler­mitani, opera di G. B. Ragusa. Sull'altar maggiore campeggia un grande quadro musivo dell'Immacolata, disegnato da Vito D'Anna. Al di sopra dell'altare le figure degli angeli sono del Marabitti. Notevole lo stupendo paliotto in marmi mischi. 
  • n. 15: Cappella già della Madonna delle Grazie, oggi adibita a deposito di cera. 
  • n. 16: Cappella del Crocifisso, della famiglia Calvello. Ha costoloni gotici di tufo grigio, con intarsi di pietra lavica. Tra essi spicca lo stemma della famiglia (v. stemma n. 7); sulla parete di fondo un bel crocifisso marmoreo. 
  • n. 17: Cappella dell'Ecce Homo, con tre bassorilievi di I. Marabitti. n. 18 Cappella di B. Gerardo Gagnoli o.f. m. ; contiene due sarcofagi della famiglia Grimaldi (v. stemma n. 16). 
  • n. 19: Cappella del S. Cuore, della famiglia Amodei (v. stemma n. 14). Fondata nel 1386 dalla famiglia Federici, di cui riproduce lo stem­ma (v. stemma n. 15), fu poi concessa alla casata di cui porta il nome. Contiene il sar­cofago della B. Elisabetta Amodei, morta nel 1492, squisita opera di Domenico Gagini; esso è sormontato da una bellissima Madonna di arte catalana del sec. XV. 
  • n. 20: Cappella di S. Maria degli Angeli. 
  • n. 21: Cappella di S. Giorgio, già di S. Giuseppe. H portale ha carattere rinascimentale e narra la leggenda di S. Ranieri di Pisa. Nel pie­distallo dell'arco si nota lo stemma della famiglia Galletti (v. stemma n. 12). Sull'alta­re campeggia un bassorilievo raffigurante S. Giorgio a cavallo, opera di Antonello Gagini, realizzata su commissione della colonia genovese, che dal 1480 al 1576, onorò il patrono della repubblica nel tempio fran­cescano (v. iscr. n. 35). 
  • n. 22: Cappella del S. Rosario.
  • n. 23: Cappella Chirco, di cui sussiste soltanto l'arco. Lungo le navate, appoggiate alle colonne, sono distribuite le figure allegoriche in stuc­co modellate da Giacomo Serpotta, rappre­sentanti altrettante virtù.
  • Esse simboleggiano:
  • n. 24 l'Umiltà; n. 25 la Fede; n. 26 la Mansuetudine; n. 27 la Modestia; n. 28 la Teologia; n. 29 la Carità; n. 30 la Verità; n. 31 la Fortezza. Notevole è il coro ligneo cinquecentesco, di nobile fattura, nell'abside centrale. Nell'ornato di alcuni stalli spiccano stemmi nobiliari lavorati a tarsia (v. stemmi nn. 9, 11). La basilica francescana fu particolarmente cara ai Gagini; Domenico e Antonello vi ebbero infatti sepoltura. Delle molte opere eseguite da Antonello nella basilica ci sono pervenute soltanto il busto di S. Giovanni Evangelista, il bassorilievo di S. Giorgio e il sepolcro Basadone, oggi sistemato nel chiostro. Nella sua ala superstite sono collocati altresì alcuni sarcofagi del IV sec. d. C. Sul capitello dell'ultima colonna della navata destra un'iscrizione ricorda la distruzione subita dal tempio nel 1943 (v. iscr. n. 34).

Bibliografia:
  • F. Rotolo, La Basilica di S. Francesco d'Assisi in Palermo, Palermo 1952;
  • La vicenda culturale nel convento di S. Francesco di Palermo, in "La Biblioteca francescana di Palermo a cura di Diego Ciccarelli", Palenno (s.d.),pp.II-157;
  • La cappella dell'Immacolata nella Basilica di S. Francesco a Palermo, Palermo 1998.

La Chiesa di San Domenico di Palermo.

11 Novembre 2010.

La Chiesa di San Domenico, Palermo
L’attuale chiesa di San Domenico fu edificata a partire dal 1640 su progetto dell’architetto domenicano Andrea Cirrincione che la realizzò abbattendo una precedente costruzione rinascimentale innalzata tra il 1458 e il 1480. La facciata è di costruzione più tarda, risale infatti al 1726 ed è in stile barocco, essa è incorniciata da due campanili che ne slanciano la figura ed è abbellita da alcune statue in stucco raffiguranti santi e papi domenicani che, insieme alla decorazione, sono opera di Giovan Maria Serpotta, nipote del grande Giacomo. L’interno, benché realizzato nella seconda metà del Seicento, risponde, come la facciata, alla scelta di un barocco severo e moderato secondo la sobrietà tipica dello stile di vita dell’ordine Domenicano, esso ha un impianto a croce latina con tre navate divise da sedici colonne di ordine tuscanico che reggono arcate a tutto sesto. Le navate sono arricchite da numerose cappelle che ospitano preziose opere d’arte, molte delle quali risalgono alla seconda chiesa costruita, come già accennato, nel secolo XV. Dal 1853, grazie all’impegno del letterato Agostino Gallo, la chiesa di San Domenico assurse al ruolo di Pantheon degli Illustri di Sicilia. Per la sua estensione complessiva, 88,92x34,68 metri, essa è l’edificio di culto più vasto dell’isola. Entrando a destra ci si sofferma ad ammirare sopra l’acquasantiera, un bassorilievo marmoreo del XIII secolo che rappresenta l’arrivo dei primi Domenicani a Palermo. In alto è collocata una tela raffigurante l’Angelo custode, opera del XVIII secolo attribuita al pittore palermitano Vito D’Anna. Iniziando a percorrere la navata destra, nella prima cappella è collocato un gruppo scultoreo ligneo raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù e San Domenico che riceve il Rosario, è opera dei primi anniInterno della chiesa di S. Domenico del secolo XIX attribuita a Girolamo Bagnasco, il più celebre componente di una famiglia di artisti dedita all'intaglio del legno e morto nel 1832; la tradizione vuole che la parte pittorica sia stata eseguita da Giuseppe Velasco, celebre pittore dell'epoca. A Maronna i San Numinicu, come viene denominata nel dialetto palermitano, è oggetto di grande devozione a Palermo, e viene esposta nei mesi di maggio e ottobre al culto dei numerosi fedeli. La cappella della Madonna di Lourdes ospita il monumento sepolcrale del marchese di Villabianca, erudito e bizzarro personaggio della Palermo del Settecento Nella cappella di S. Tommaso D’Aquino, costruita nel 1784, è collocata una tavola dipinta nel 1573 da Gian Paolo Fondulli da Cremona, al centro della quale domina il Cristo crocifisso con in basso a destra la Maddalena ed a sinistra S. Tommaso D’Aquino, qui sono stati posti i monumenti sepolcrali di Lauretta Li Greci e Giuseppina Turrisi Colonna, due giovani poetesse siciliane vissute nella prima metà dell’Ottocento. Segue la cappella di S. Giuseppe, di rara bellezza, che don Giovanni Stefano Oneto, duca di Sperlinga, fece costruire nella seconda metà del ?600 in devozione del quadro acheropito di San Domenico venerato a Soriano Calabro (VV) ed a cui la cappella era precedentemente dedicata. Essa che serviva da sepoltura alla famiglia Sperlinga-Maiorca-Francavilla-Mortillaro, è in stile barocco, con marmi policromi, tarsie, fregi e puttini di Gaspare Serpotta, mentre la statua di S. Giuseppe è opera di Antonello Gagini. La volta fu decorata da Ernesto Basile nel 1898. Nella cappella di S. Anna si può ammirare una tela del secolo XVII raffigurante la Santa con Maria bambina tra i Santi Gioacchino e Agnese da Montepulciano, opera di Rosalia Novelli, figlia del famoso Pietro Novelli. Dove anticamente era aperta una entrata da via Meli, ora vi è un vano dedicato al giurista Emerico Amari, qui ritratto sulla sua cattedra di diritto penale. Nella cappella dedicata al santo spagnolo Vincenzo Ferrer, si può ammirare una tela raffigurante il grande taumaturgo domenicano, opera del pittore palermitano Giuseppe Velasquez, datata 1787. Addossato all’ultimo pilastro della navata destra è il bassorilievo commemorativo del beato Giuliano Maiali, benedettino morto nel 1470, fondatore dell’Ospedale civico. Proseguendo si incontra la cappella di S. Domenico, in stile barocco, nella quale è collocata una pregevole tela che ritrae il santo in estasi davanti al Crocifisso, attorno 18 piccoli riquadri narrano alcuni episodi miracolosi della sua vita. L’opera è stata tradizionalmente attribuita dagli studiosi al Paladini o al Salerno, ma recenti studi ne riconducono la paternità a Gaspare Bazzano o Vazzano, uno dei due "zoppo di Gangi", a cui fu commissionato nel 1603. Questa cappella è una fedele imitazione di quella opposta dedicata alla Madonna del Rosario. Prima della cappella del Crocifisso si trova il monumento scolpito nel 1904 da Giovanni Nicolini alla memoria di Francesco Crispi. Appena fuori la medesima cappella si apre sul pavimento l’ingresso all’ampia cripta chiusa da griglie, dedicata al medesimo uomo politico e statista di rilievo nazionale, le cui spoglie sono state qui tumulate nel gennaio del 1905. All’interno della cappella, un’ampia nicchia contiene un Crocifisso ligneo, modellato anteriormente al 1514 da Giovanni Matinati, intagliatore messinese; sono da segnalare anche alcune opere attribuite ad Antonello Gagini: il bel fregio di puttini dell’acquasantiera, l’alto rilievo raffigurante la Pietà e un bassorilievo che ritrae S. Caterina d’Alessandria circondata da angeli. Sulla parete di sinistra si ammira un bassorilievo marmoreo rappresentante la SS. Trinità, pregevole opera del 1477. Appena fuori dalla cappella sulla parete a destra, in alto, è collocato il monumento in memoria di Annetta Turrisi Colonna, scultura attribuita ad Antonio Canova. L’ampia fuga della navata centrale termina nell’abside, preceduta da due grandi organi settecenteschi che si fronteggiano, collocati su due identiche cantorie, racchiusi in casse lignee con prospetto a tre campate, ricchi di sculture e dorature in oro zecchino. L’organo in cornu Evangelii, a sinistra di chi guarda l’altare maggiore, recentemente restaurato, è stato costruito nel 1769 da Donato Del Piano, quello in cornu Epistulae nel 1781 dal palermitano Giacomo Andronico. L’altare maggiore è in marmi mischi con modanature in rame, la mensa dell’altare ospita l’urna con le reliquie del beato Pietro Geremia (1399-1452), scrittore domenicano nato a Palermo i cui Sermones autografi insieme alla prima edizione a stampa della stessa opera del 1502, sono custoditi presso la Biblioteca dei Domenicani. Dietro l’altare si può ammirare un grande coro ligneo in noce del 1700, eseguito su disegno del domenicano Giovanni Battista Ondars. Nel transetto della chiesa è stato posto il nuovo altare basilicale di bronzo realizzato nel 1987 dallo scultore Sebastiano Milluzzo, con smalti colorati su argento, pregevole opera del P. Leonardo Cristina O.P., raffiguranti scene evangeliche e santi domenicani. Uscendo dal presbiterio sul pilastro di sinistra si trova tumulata la salma di Giuseppe Pitrè, grande studioso delle tradizioni popolari della Sicilia. Sulla destra, nella cappella del Sacro Cuore di Gesù, si trovano un bassorilievo rappresentante s. Girolamo ed un medaglione con l’Annunziata, anche queste opere attribuite ad Antonello Gagini, a destra è il sarcofago di Michele Amari, studioso della cultura araba in Sicilia. Sulla parete sinistra si trova il monumento del domenicano Luigi Di Maggio che volle in San Domenico la sede della Società Siciliana per la Storia Patria. Superato l’ingresso dell’antisacrestia, ci si trova dinanzi all’altare di S. Giacinto di Polonia: due colonne tortili in stucco affiancano l’immagine del santo, dipinto su lavagna e recentemente attribuito a Gaspare Bazzano che, probabilmente, lo dipinse intorno al 1598 anno di canonizzazione del santo. Il monumentale sarcofago a sinistra contiene le spoglie di Ruggero Settimo, capo del governo rivoluzionario palermitano del 1848. All’interno del cappellone del SS. Rosario, è contenuta un’opera di grande pregio, un dipinto su tavola del 1540, realizzato dal pittore Vincenzo degli Azzani detto da Pavia, esso raffigura la Madonna che consegna la corona del Rosario a San Domenico che si protende estatico; accanto i santi: Cristina, Vincenzo Ferrer e Ninfa, ai piedi dei quali sono inginocchiati, probabilmente, i coniugi Plaia committenti dell’opera. Volgendo lo sguardo alla navata centrale, si incontra il pregevole pulpito in noce, eseguito su disegno del domenicano P. Ondars, da ignoto intagliatore nel 1732 con grande finezza degli intagli e delle figure, tra le quali spiccano cinque santi e beati domenicani: da sinistra a destra: b. Giovanni Liccio, s. Vincenzo Ferrer, s. Tommaso d’Aquino, s. Antonino Pierozzi, b. Giacomo Salomoni. Proseguendo lungo la navata laterale sinistra, si incontra la cappella della santa domenicana Rosa da Lima, prima donna canonizzata in Sud America, la tela è di Girolamo di Fiandra pittore attivo nel secolo XVII. Segue la sepoltura dei fratelli palermitani Salvatore, Pasquale e Raffaele De Benedetto, patrioti risorgimentali. La cappella di S. Raimondo di Peñafort, contiene una tela raffigurante un episodio miracoloso della vita del santo: il santo attraversa il mare a bordo del suo mantello, opera eseguita nel 1601 da Gaspare Bazzano. Sulla destra si trova il monumento funebre di Rosolino Pilo. Dove prima sorgeva un’antica cappella è stato aperto il passaggio dalla chiesa al chiostro, la nicchia della parete destra ospita una statua di s. Caterina V. e M. scolpita nel 1527 da Antonello Gagini, quella a sinistra ospita una statua di fattura gaginesca raffigurante s. Barbara V. M. che prima era collocata nell’omonima cappella con ingresso dal chiostro. Superato il passaggio al chiostro, si trova la cappella di S. Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa nella quale si può ammirare una bella statua della vergine senese, rara terracotta di scuola siciliana della metà del 1500, il cui autore è ignoto, ma sicuramente artista di grande bravura. Nell’ultima cappella, dedicata alla patrona di Palermo, s. Rosalia, si trova una tela raffigurante la santa, opera dipinta dopo il 1670 dal pittore trapanese Andrea Carreca e il sarcofago di Giovanni Meli, poeta dialettale siciliano, primo personaggio illustre ad essere tumulato in chiesa dopo l’innalzamento della medesima a pantheon. Prima dell’uscita si può ammirare, sopra l’acquasantiera, un bassorilievo del XIII secolo raffigurante un gruppo di frati domenicani in preghiera. In alto la tela, attribuita a Vito D’Anna, che ritrae il beato domenicano Giacomo Salomoni. L'identificazione con tale soggetto è stata recentemente posta in dubbio dal padre Vincenzo Romano O.P. che riconosce in esso gli attributi iconografici classici del Beato Pietro Geremia. Bibliografia essenziale. Per maggiori approfondimenti bibliografici si rimanda al Repertorio bibliografico degli edifici religiosi di Palermo di Rosario La Duca (Palermo, EDI OFTES, 1991), pp. 87-89. Antonino Barilaro, San Domenico di Palermo. Pantheon degli uomini illustri di Sicilia. Palermo, Convento San Domenico, stampa 1971 (Palermo, Tip. F.lli De Magistris). Salvatore Scozzari, La chiesa e il Pantheon di S. Domenico di Palermo. Palermo, Tip. C. Vena, 1910. Matteo Musso, Illustrazione del Pantheon siciliano nel tempio di S. Domenico in Palermo. Palermo, Stabilimento tipografico Virzì, 1910. Luigi Maria Majorca Mortillaro, La cappella dei Majorca nel pantheon di San Domenico in Palermo. 2 ed. Palermo, A. Reber, 1907.

Piazza S. Domenico, tel. 091329588.

Nei pressi del famoso mercato della Vucciria, sorge la Chiesa di San Domenico che rappresenta una delle più alte espressioni del barocco in Sicilia. L'attuale costruzione è il risultato della sovrapposizione di tre chiese edificate dai frati domenicani, rispettivamente nel 1217, nel 1458 e nel 1640. La facciata fu aggiunta solamente nel 1726, dopo che, due anni prima, era stata aperta la nuova piazza. L'interno è a croce latina con tre navate e profonde cappelle laterali, abbellito da colonne ed archi a tutto sesto. Durante il secolo scorso si diffuse l'abitudine di seppellire al suo interno i più nobili ed illustri uomini di quel tempo. A sinistra della chiesa si trova l'ingresso all'ex convento dei domenicani, facente parte del complesso della prima chiesa di San Domenico, fortemente danneggiato in seguito alla demolizione della chiesa originaria.the baroque chiesa di san domenico - The San Domenico Basilica is located in Piazza San Domenico, off Via Roma. I originally looked out for it as a landmark for locating the adjacent Vucciria Market and was unprepared for how amazing the architecture was. The outer appearance has been changed several times over the last few hundred years and the frontage is now Baroque with twin belltowers and flanked with pillars and statues. Stepping inside, I was again amazed as the interior was so much larger than I had expected. A lot of the interior in the main Section is unadorned, which highlights the beautiful architecture. The Chapels are a complete contrast, and are beautifully ornate, particularly the Chapel dedicated to the Oneto di Sperlinga family with it's marble decorations and a Statue of St Joseph. I'm not usually very interested in Churches but the beautiful exterior architecture drew me in! San Domenico is only open in the mornings.

L'Oratorio di San Domenico
Nella fase della piena maturità di Giacomo Serpotta si pone l’oratorio costruito dalla compagnia della Madonna del Rosario in San Domenico, fondata nel 1568, ed oggi restaurato a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo. L’artista vi mise mano tra i primi anni del Settecento e il 1717 dialogando con la straordinaria pinacoteca lì contenuta. L’oratorio, difatti, dai primi del ’600 era divenuto il contenitore di quadri commissionati per conto degli illustri e colti membri del sodalizio. Spicca ancora oggi la maestosa pala d’altare della Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena, e i Santi Vincenzo Ferreri, Oliva, Ninfa, Agata, Cristina e Rosalia, dipinta dal celeberrimo pittore fiammingo Anton Van Dyck, allievo di Rubens (1625-1627). Il quadro è dedicato alla memoria del flagello della peste che aveva colpito Palermo nel 1624, e che era stato debellato dal salvifico intervento di Santa Rosalia, da allora Patrona della città. Altre pregevoli pitture raffiguranti i quindici Misteri del Rosario ad opera di fiamminghi, genovesi e artisti locali avevano arricchito l’oratorio entro la prima metà del XVII secolo, e tra queste ricordiamo solo la Disputa di Gesù al Tempio, la Pentecoste, e l’Incoronazione della Vergine di Pietro Novelli, l’Assunzione di Giovan Andrea de Ferrari, la Resurrezione di Orazio de Ferrari, Cristo alla colonna di Matthias Stom, ed ancora nel secondo decennio del ’700 la Visitazione di Guglielmo Borremans. Il maestro palermitano dovette dunque valorizzare questi quadri esaltandone la bellezza e i significati teologici. A tal fine furono realizzati, al di sopra delle pitture, entro ovali ad altorilievo, episodi dell’Apocalisse e due del Vecchio Testamento, legati ai Misteri del Rosario di cui sono la prefigurazione. Ai lati, invece, stanno le statue allegoriche di Virtù: Obbedienza, Fortezza, Pazienza, ecc., incredibilmente abbigliate come dame. E tra le dame palermitane sono le più à la page, vestite alla moda secondo il gusto corrente di derivazione francese. Sfoggiano pizzi e merletti, silhouette invidiabili, corredate da accessori pretenziosi, copricapi piumati e acconciature fissate da diademi, spille, e movenze da smaliziate “modelle” d’altri tempi. Sono in posa, bloccate come in un’istantanea o da un deciso comando di un abile regista che dirige uno spettacolo, un vero e proprio sacro teatro barocco. Tutto ciò ha convinto Rudolf Wittkower a scrivere che “probabilmente non c’è altro luogo in Italia dove la scultura si sia così avvicinata a un vero spirito rococò”.




La Chiesa di San Cataldo di Palermo.

La Chiesa di San Cataldo di Palermo
11 Novembre 2010.

Le tre cupolette rosse della chiesa di San Cataldo situata in piazza Bellini costituiscono uno dei più suggestivi angoli d'oriente di Palermo. Fondato da Maione di Bari, negli anni in cui era grande ammiraglio di Guglielmo I, e cioè fra il 1154 e il 1160, l'edificio venne successivamente affidato ai Benedettini di Monreale, che lo custodirono fino al 1787. Nel 1882, dopo varie vicissitudini che videro la chiesa trasformata persino in ufficio postale, venne interamente restaurata da Giuseppe Patricolo e restituita alla rigorosa struttura architettonica originaria. L'esterno presenta un compatto paramento murario in arenaria addolcito da intagli di arcate cieche e ghiere traforate. In alto s'impongono i profili solenni di tre cupole rosse poste in felice contrasto cromatico con la severa monocromia delle pareti. L'interno presenta tre corte navate - di cui quella centrale è scandita dalla sequenza ritmica delle tre cupolette - separate da colonne. La chiesa fu sede dell'Ordine dei Cavalieri del S. Sepolcro. La severa forma squadrata, il coronamento a merloni dentellati, le finestre traforate della facciata e le cupole rosate ricordano gli edifici arabi. L'interno spoglio e suggestivo ha conservato l'altare e il pavimento originali. E' sita in Piazza Bellini nr. 3. E' aperta al pubblico da lunedì al sabato (Mon. to Sat.) 9.30 - 12.30. Ingresso € 1 - Chiuso dom. (closed on sunday)

La Chiesa della Martorana di Palermo.

La Chiesa della Martorana di Palermo
11 Novembre 2010.

Come dimostrato da un diploma greco-arabo del 1143, da un'iscrizione greca all'esterno della facciata meridionale e dalla stessa raffigurazione musiva di dedicazione, la chiesa fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia , il grande ammiraglio siriaco al servizio del re normanno Ruggero II dal 1108 al 1151, e fu dedicata alla Madonna: motivo per il quale diventò nota come "Santa Maria dell'Ammiraglio". All'edificio sacro, che nel corso dei secoli è stato più volte distrutto e restaurato, si accede dal campanile: una costruzione a pianta quadrata del XIII secolo, aperta in basso da arcate arcuate a colonne angolari e con tre grandi ordini di grandi bifore. La chiesa possiede una pianta a croce greca, prolungata con il nartece e l'atrio. Un portale assiale (ancora esistente) da sull'atrio e il nartece, come nelle prime chiese cristiane. Al di là del nartece, l'edificio era sistemato e decorato come una chiesa bizantina a 4 colonne, tranne gli archi a sesto acuto e i pennacchi della cupola che erano di origine islamica. Nel 1193 le case attorno vengono adibite a Convento basiliano per le donne e la chiesa verrà poi ad esso inglobata. Attorno al 1394 avviene la fondazione del convento della Martorana (dal nome dei proprietari) che sarà ceduto ai Benedettini dalla corona normanna e che darà poi il nome alla chiesa. Negli anni 1683-87, l'abside centrale viene distrutta e sostituita da una nuova abside rettangolare, progettata da Paolo Amato. Nel 1740 Nicolò Palma progetta un nuovo prospetto, secondo il gusto barocco dell'epoca, che si affaccia sulla piazza.Nel 1846 si realizza l'abbassamento del piano della piazza e viene realizzata la scalinata.Nel 1870-73 Giuseppe Patricolo ne realizza il drastico restauro. Stacca i marmi settecenteschi delle pareti laterali del presbiterio (di cui era prevista la distruzione) e accenna il muro di chiusura originale. Entrati nel primo corpo della costruzione - rifacimento settecentesco con volte affrescate da Olivio Sozzi, Antonio Grano e Guglielmo Borremans - due decorazioni musive sul fronte del corpo originario raffigurano Ruggero II e Giorgio d'Antiochia; solo la testa e le mani di quest'ultimo sono originali dell'epoca.Superato l'ambiente suddetto, si giunge nella chiesa vera e propria. Qui la parte superiore delle pareti e la cupola, al sommo della quale è l'immagine del Cristo Pantocratore, sono interamente rivestite di decorazioni musive di periodo bizantino, le più antiche di tutta la Sicilia e di grande importanza, in connessione con quelle riguardanti Dafne, nell'Attica. I mosaici della cupola rappresentano al centro il Cristo, poi scendendo si vedono i 4 arcangeli (tre originali più uno apocrifo) e i patriarchi, mentre nelle nicchie sono ospitati i quattro evangelisti e infine, nelle volte, i rimanenti apostoli. L'abside, distrutta sul finire del Seicento, venne sostituita con l'attuale cappella barocca a tarsie marmoree. I dolci a base di marzapane e per lo più a forma di frutta devono il nome di "martorana" al fatto che a prepararli e a venderli erano fino al XIX secolo le suore del monastero della Martorana. Da qui l'espressione "frutta di Martorana".

La navata centrale della Chiesa della Martorana di Palermo
La chiesa originaria era preceduta da un atrio a forma trapezoidale a cui si accedeva da una torre-ingresso, posta sull'asse dell'abside principale, e costituita dai primi due ordini dell'attuale campanile. Questo tipo di impianto si ricollega, a quello di alcune moschee fatimite del Nord Africa, alle cui architetture si ispirano i particolari costruttivi e deco­rativi della chiesa. Nel 1588 ha luogo la prima sostanziale manomissione dell'edificio, che viene allungato in seguito alla demolizione della facciata originaria e del nartece interno; l'atrio trapezoidale fu coperto e trasformato e venne aggiunta la facciata di gusto manieristico (barocca) che attualmente prospetta lateralmente sulla piazza. Tra il 1783 e il 1786 fu abbattuta l'abside centrale e con esse i mosaici ivi esistenti e venne realizza­to l'attuale presbiterio. La pianta della chiesa primitiva era centrale, inserita in un quadrato e il nucleo dell'edificio più antico gravita intorno alla cupola; quattro coppie di colonne dividono la chiesa in tre navate. L'interno reca gli elementi antichi misti a quelli d'età barocca. H manto decorativo, costituito da mosaici in tessere d'oro, in origine continuo, databile alla metà del XII sec., si svolge sulle pareti laterali, sulla cupola, sul­le volte e sulle absidi minori. Esso è frammisto al pittoricismo barocco degli affreschi ed ai marmi mischi. Del ciclo completo dei mosaici (v. test. stor. n. 10) che rivestivano la chiesa, rimane un numero di figure sufficienti alla comprensione dell'intero programma decorativo originario. Tra le immagini più famose e significative; quella di Buggero II coronato da Cristo (v. test. stor. nn. 11, 12, 13) e quella di Giorgio d'Antiochia ai piedi della Vergine, sulle pareti laterali. La volta fu dipinta nel sec. XVIII da Olivio Sozzi, mentre la parte mediana della chiesa è coperta dagli affreschi settecenteschi di Guglielmo Borremans (v. test. lett. n. 15). Sulla parete sinistra, al limite del rifacimento barocco, è il quadro della "Madonna del Rosario", dello Zoppo di Ganci. Pregevole opera barocca è il tabernacolo, in bronzo e lapislazzuli dell'altare maggiore; l'Ascensione di Vincenzo da Pavia (sec. XVI) lo sovrasta. Il presbiterio è ornato di marmi mischi; la volta è decorata da affreschi di Antonino Grano.

Bibliografia:-

La Chiesa della Magione di Palermo.

La Chiesa della Magione di Palermo
11 Novembre 2010.

La Chiesa della Magione, o Chiesa della Santissima Trinità, è una delle più antiche chiese della città di Palermo, sita nei pressi del quartiere della Kalsa, di fronte l'omonima Piazza Magione. Fu fondata nel 1191 dal cancelliere del regno Normanno Mattero d'Aiello ed annessa alla contigua abbazia cistercense. Nel 1197 venne concessa all'ordine dei Cavalieri Teutonici che, in seguito a donazioni, ne aumentarono la proprietà e il prestigio. Divenuta la "Casa dei Cavalieri Teutonici" era così la magione (da qui il nome della chiesa) del precettore generale dell'ordine. In seguito a mutamenti politici, nel 1492 la chiesa passò agli abati Commendatori per poi passare sotto il patronato dei re borbonici nel 1782. Nel corso dei secoli subì varie manomissioni, come l'edificazione di un portale barocco, ancora presente, e l'integrazione di un loggiato in stile neoclassico, poi demolito durante il restauro iniziato nel 1920 da Valenti. Adesso la chiesa, con annesso il chiostro del XII secolo, si presenta come un particolare esempio di arte arabo normanna con le finestre ogivali incassate e il motivo delle arcate intrecciate riprodotto nell'abside tipico del periodo. L'interno, ormai quasi spoglio, conserva un trittico marmoreo del XVI secolo e una "Crocifissione" di ignoto del quattrocento conservata nell'attiguo oratorio.

Estratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_della_Magione 


Molto manomessa nei secoli scorsi, è stata restaurata dopo i gravi danni subiti nell'ultima guerra. Da questo tempio usciva nell'ottocento la processione del Corpus Domini. La chiesa, con il suo slancio verso l'alto e la concezione dell'interno, risente già di modelli cistercensi, impostati su criteri di grandiosità. La facciata è a tre elevazioni, con forti lineassi nel secondo e terzo ordine, mentre i tre portali di ingresso sono ornati da ghiere con bugne a cuscinetto. Il paramento murario è monocromo, con forti chiaroscuri dati dagli incassi delle finestre, tranne che nelle absidi, dove sono intagliati archi che si intrecciano; l'abside centrale è conclusa da archi ciechi incassati, a ritmo continuo. All'interno si sviluppa un corpo formato dal transetto e dal coro, dando forte slancio verso l'alto alla basilica ed eliminando così ogni cupola di copertura. L'abside centrale ha anch'essa un grande sviluppo, ed è segnata come quelle laterali - più piccole - da un triplice ordine di colonnine annicchiate. Sobria è la decorazione interna; due statue gaginesche si trovano nelle navate laterali. Passando per la chiesa si può visitare un chiostrino del XII secolo con poche parti originali. La basilica è preceduta da un cortile con portale del periodo borbonico.


Bigliografia:
  1. Dai Momumenti alla storia - Itinerari didattici attraverso Palermo Medioevale, di G. Di Simone, Zelmira Marazio Schiera, Zito Arti Grafiche - Palermo 1995. Pagina 33,34.

Chiesa del SS Salvatore di Palermo.

La Chiesa di San Salvatore di Palermo
11 Novembre 2010.


La bella chiesa del SS. Salvatore si trova sul Corso Vittorio Emanuele ed è di origine normanna, essendo sorta nell’XI secolo. Originariamente era il luogo di culto del convento delle Suore Basiliane. La sua fama è legata alla leggenda, secondo cui Costanza d’Altavilla, futura madre dell’imperatore Federico II, ne sarebbe stata per qualche tempo la badessa. E’ inoltre antica tradizione che il monastero sia legato a Santa Rosalia, patrona e protettrice della città. L’aspetto attuale della chiesa è assai diverso da quello della costruzione originaria. Già rimaneggiato nel XVI secolo, l’edificio divenne completamente barocco quando - negli ultimi anni del Seicento - vi pose mano l’architetto Paolo Amato. La particolare planimetria, una delle poche del genere realizzate a Palermo, si presenta come un ottagono irregolare inscritto in un’ellisse; con cappelle quadrate ed altari incassati lungo le diagonali, ed una grande cupola ellittica. Le pareti interne sono decorate con marmi policromi ed affreschi del Settecento, attribuiti a Filippo Tancredi e a Vito d’Anna. Di quest’ultimo restano, sulla cupola, frammenti del grande affresco raffigurante la Gloria di S. Basilio (1763). La chiesa è stata danneggiata dai bombardamenti del 1943. Ora è utilizzata in prevalenza come auditorium.

E' ubicata in Corso Vittorio Emanuele - tel. 091323392. Tutti i giorni (daily) dalle ore 09.30 alle ore 12.30. Chiuso il martedì (Closed on Tuesdays).

Paolo Amato (Ciminna, 24 gennaio 1634 – Palermo, 3 luglio 1714) è stato un architetto italiano. Allievo di Angelo Italia, ebbe una lunga e feconda carriera, anche grazie all'incarico di Architetto del Senato di Palermo, carica per cui fu spesso incaricato di progettare carri e apparati effimeri per la festa di Santa Rosalia. Va ricordato anche il suo trattato La nuova prattica di prospettiva, pubblicato a Palermo nel 1732. Paolo Amato fu anche progettista di decorazioni; per lui lavorava un'equipe di marmorari e scalpellini che spesso arricchì le sue opere con spettacolari decorazioni a commesso. La sua opera migliore è sicuramente la Chiesa del Santissimo Salvatore, iniziata nel 1682, dalla curiosa pianta dodecagonale allungata sormontata da una cupola ellittica.

Il Seicento e il Settecento. Di elevato livello appare l'architettura siciliana dei secc. XVII-XVIII, sebbene non manchino goffe ripetizioni dei motivi del barocco spagnolo. Fra i maggiori esponenti Paolo Amato e Giacomo Amato, attivi a Palermo (SS. Salvatore e Paolo), vicini in parte al gusto manieristico. Notevole, dopo il terremoto del 1693, fu l'opera di ricostruzione nella Sicilia orientale, con la costituzione di organismi urbani spesso di notevole gusto e imponenza (Noto, Grammichele, Avola, Ragusa, Modica). Si distingue in questo ambito l'opera di Giovanni Battista Vaccarini, cui si deve la ricostruzione di Catania; suoi capolavori sono il collegio Cutelli e la chiesa di S. Agata, borrominiana. Notevole, a Siracusa, l'opera di Giovanni Vermexio e Andrea Palma. Importante, infine, il complesso di ville barocche fatte costruire a Bagheria (a 15 km da Palermo) dalla nobiltà palermitana a partire dal sec. XVII; tra le più interessanti sono la villa Butera, la più antica (1658), e le ville Valguarnera e Palagonia (sec. XVIII), entrambe di Tommaso Maria Napoli. Importante esponente della scultura fu Giacomo Serpotta, abilissimo stuccatore, autore di mirabili decorazioni in chiese e oratori, specie di Palermo. Di minore importanza la pittura, influenzata dal passaggio di Caravaggio e di Antonie van Dyck; le maggiori figure del sec. XVII (Pietro Novelli) e del XVIII (F. Randazzo, O. Sozzi, Vito D'Anna) non superarono in genere l'ambito locale. Il fiammingo italianizzato Matthias Stomer, particolarmente influenzato da Gherardo delle Notti (Gerrit van Honthorst ), ne divulgò in Sicilia i modi e la tipica tecnica luministica.

mercoledì 10 novembre 2010

Calcio, serie A Tim: Milan 3 vs Palermo 1. Un risultato falsato da tanti errori arbitrali in danno del Palermo.

10 Nov. 2010.

Il Palermo perde questa sera per tre reti ad uno contro il Milan allo stadio "G. Meazza" di San Siro di Milano, in seguito a numerose sviste arbitrali che hanno falsato il risultato consentendo alla compagine rossonera di aggiudicarsi i tre punti in danno di un ottimo Palermo che, sino al 77^ del secondo tempo, aveva ampiamente meritato il risultato di partità di 1 a 1 (il Milan era passato in vantaggio con  Alexandre Pato al 19^ del p.t. mentre il Palermo aveva pareggiato al 63^ del s.t. con Bacinovic). Ne consegue che il Milan, forte dei tre punti conquistati immeritatamente nei confronti della nostra squadra del cuore, scavalca la Lazio e si pone in testa alla classifica del campionato di Serie A a ventitré punti. Una vittoria non meritata, secondo molti, quella degli uomini di Allegri che con l'aiuto della terna arbitrale, dopo il pareggio del Palermo, passano in vantaggio su rigore  calciato da  Zlatan Ibrahimovic, a seguito di un  inesistente fallo che l'arbitro Banti presumeva fosse stato commesso da Sirugu su Ambrosini, azione in precedenza viziata da un fallo di mani dello stesso centrocampista rossonero. Il terzo gol dei padroni di casa è invece viziato dal fuori gioco di Ibraimovic, non visto dall'arbtiro e dai suoi assistenti, che consentono allo svedese di mandare in gol , in un'azione di contropiede, il brasiliano Robinho all'83^. In conclusione: tifosi rosanero amareggiati dall'ennesimo torto arbitrale patito dalla propria squadra del cuore. Se si considera ancora che nel corso della partita non sono stati concessi ben due calci di rigore a favore del Palermo ( il primo su fallo di  un difensore rossonero sul cileno Pinilla, il secondo su fallo di mani di Boateng a seguito di una punizione calciata da Fabrizio Miccoli) il variegato mondo dei tifosi rosanero si ritiene legittimato a credere che in futuro, per la legge di compensazione dei torti arbitrali patiti, la loro squadra del cuore sarà ampiamente ricompensata.

La frase di oggi.

10 Nov. 2010.

" Gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso dei vincitori."

Ricorrenze storiche di oggi, mercoledì 10 Novembre 2010.

 

 

 

 

 

Eventi

Fonte: it.wikipedia.org

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