Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...

lunedì 13 gennaio 2025

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; "Che cosa scrivo adesso?"- Capitolo dodici: Il Presepe.

 


Dodici.

 

“Il Presepe”

 

Pioveva davvero tanto quel giorno di Natale dell’Ottantuno e il termometro che mamma aveva appeso alla parete di destra della nostra modesta cucina segnava 13,7° Celsius. Ricordo, in particolare, che l’aria intrisa d’umidità ci costringeva a coprirci molto bene, onde evitare di buscarci un serio malanno. Quell’anno piovve e nevicò molto in Provincia, tanto che ancora oggi i palermitani se lo ricordano, almeno chi, come me, ha oltrepassato la soglia dei Cinquant’anni, già da qualche anno. All’ora di pranzo, intorno alle 13:00, la radio quel giorno non allietò i radio ascoltatori con i consueti jingle natalizi, come di solito faceva il mio amico Michele, il disc jockey, in quei giorni di festa. Lo speaker del radiogiornale della Rai esordì dicendo che alle antecedenti ore 11:00 tre auto si inseguirono per le strade di Bagheria e che gli occupanti dei predetti autoveicoli fecero fuoco all’impazzata. Alla fine vennero uccisi Giovanni Di Peri, boss della famiglia di Villabate, Biagio Pitarresi e un uomo che stava uscendo di casa, Onofrio Valvola. Pare che il commando, composto da uomini della cosca di corso dei Mille, capitanati da Filippo Marchese, finiti i colpi, rapirono e uccisero in seguito Antonino Pitarresi. Così, anche il Natale di quell’anno venne insanguinato da vili mafiosi, passando alla storia criminale del nostro Paese come la strage di Natale dell’Ottantuno. Il giorno successivo, in Villabate, veniva pure assassinato, a colpi di arma da fuoco, Caruso Giuseppe. Purtroppo, la vicenda ebbe degli ulteriori strascichi di cronaca nera che ancora oggi ci lasciano sgomenti: Paolo Giaccone, l’11 agosto dell’Ottantadue, venne ucciso da Cosa Nostra per non avere voluto falsificare una perizia su uno degli assassini della strage di Natale dell’anno precedente. Le indagini serrate condotte dagli inquirenti del tempo fecero emergere che la cosiddetta “strage di Natale” fosse stata perpetrata per scalzare il potere mafioso del Pitarresi e contemporaneamente colpire le attività imprenditoriali condotte dai Di Peri ed assumere il controllo della distribuzione delle acque irrigue, elemento vitale per la sopravvivenza dell'economia agricola di tutta la zona, ma non solo. Quel giorno di Natale dell’Ottantuno mio padre e mia madre ricordo che rimasero scioccati da quella funesta notizia che ebbero la sfortuna di apprendere alla radio, così come del resto sia io che mio fratello, all’epoca dei fatti dei bambini. Ricordo che avevamo paura di uscire di casa quel giorno di Natale, tanto che scendemmo per strada, per andare a trovare i nostri nonni materni, solo dopo che i nostri genitori ci rassicurarono che non avremmo dovuto temere, giacché il pericolo era scampato e che non ci sarebbe successo nulla. Il giorno precedente, così come avevamo fatto in altri anni, io, Filippo, mamma e papà avevamo finito di preparare il nostro Presepe con tanto amore: la nostra personalissima ricostruzione della nascita di Gesù. Il nostro Presepe, che faceva bella mostra di sé su di un tavolo del soggiorno, era composto da tanti pastorelli e tanti personaggi che ogni anno diventavano sempre più numerosi. L’ultima casetta che i miei genitori acquistarono la vigilia di Natale dell’Ottantuno e che noi bambini avremmo poi dovuto sistemare all’interno del nostro amato Presepe, ricordo che fu un mulino ad acqua: io, in particolare, avevo avuto il compito di costruire il percorso d’acqua fluviale che avrebbe dovuto ipoteticamente alimentare le pale di quel mulino del Presepe con della bambagia su cui avrei poi fatto cadere della polvere azzurra, così da inscenare il movimento fluido dell’acqua, formando delle curve. All'inizio del suo movimento circolare l'acqua veniva attirata in declivio e, nel seguire questo movimento verso il basso, formava dei tornanti da un lato e dall'altro. L'andamento dei tornanti era un elemento della particolare natura del fiumiciattolo da me creato. In questi ultimi anni ho scoperto che a Marineo, in Provincia di Palermo, si è soliti preparare il Presepe su uno scenario alquanto affascinante e suggestivo, poiché le caratteristiche architettoniche, urbanistiche e geografico-fisiche della cittadina vengono sfruttate al meglio per rendere l'esperienza del Presepe sempre più realistica e fedele agli usi e ai costumi di un tempo ormai lontano.

sabato 4 gennaio 2025

Sinossi di: "Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?"; "Che cosa scrivo adesso?" di Francesco Toscano.

Palermo, 4 gennaio 2025.

È una narrazione autobiografica ambientata nel quartiere Brancaccio di Palermo, tra la fine degli anni Settanta - Ottanta del Novecento, suddivisa in capitoli. In essa si raccontano le esperienze di vita dell'autore, nato e cresciuto tra le vie del quartiere Brancaccio, dalla sua fanciullezza e sino alla maggiore età. Brancaccio diviene, così, il proscenio delle vicende umane vissute dai personaggi tratteggiati nei vari capitoli, i quali vengono indicati volutamente con degli alias. Il periodo storico è quello della lotta dello Stato contro le Brigate Rosse ed è incentrato in quello che passerà alla storia come  "la seconda guerra di mafia", che insanguinò  le strade del capoluogo siciliano in quegli anni bui e tetri. In questo contesto sociale i personaggi narrati con grande maestria da Toscano raccontano una Palermo attanagliata dalla violenza efferata posta in essere dalla criminalità organizzata di stampo mafioso e che la rese succube dei suoi lucrosi traffici: quello dell'eroina tra tutti.

Una città che non riuscì ad affrancarsi dal crimine e che costrinse i suoi abitanti a vivere nel terrore dovuto agli eventi nefasti che colpirono tanti concittadini, morti ammazzati delle varie fazioni mafiose rivali tra loro, timorosi che potessero scalfire anche loro o i propri affetti più cari.

Ma come succede in qualsiasi altro luogo al mondo anche i palermitani, costretti a rincasare al tramonto timorosi di essere uccisi, seppure per sbaglio, cominciarono a nutrire sentimenti di rivalsa e di riscatto sociale, con la speranza postuma di poter vivere un futuro migliore in una città che sarebbe diventata scevra delle dinamiche illegali che sino ad allora la contraddistinguevano; una città in cui il bene avrebbe prevalso sul male, anche grazie al sacrificio di tutti quegli uomini che si immolarono per il raggiungimento di questa onorevole causa.

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; -Che cosa scrivo adesso? -. Capitoli Dieci e Undici.

 

Dieci.

 

“La mia nuova bici da cross”

 

È l’alba. A Romagnolo il risveglio degli abitanti del quartiere è lento, calmo. La Moka è già sul fornello che borbotta e a breve il suo prezioso carico di caffè salirà a galla. Il profumo di caffè appena liquefatto satura l’angusta cucina in cui abitiamo e si diffonde in tutte le altre stanze della nostra modesta abitazione. Per strada non c’è anima viva. Le autovetture sono parcheggiate lungo la via G. Alagna, a lisca di pesce. Mio padre possiede una Fiat 127 di colore verde bottiglia, che ha appena acquistato, a rate, e che dice che rivenderà al più presto; anch’essa è parcheggiata lungo la via in cui abitiamo, difronte il portone d’ingresso, così come le altre autovetture degli altri condomini che abitano nella nostra stessa palazzina a due piani, tre col terrazzo verandato. Il mese scorso i ladri hanno rubato tutte e quattro le ruote dell’auto di mio padre, facendocela ritrovare poggiata su due mattoni di tufo giallo, quelli usati nel cantiere edile ubicato a pochi metri da casa. Oggi è sabato 2 dicembre; mancano 23 giorni al Natale del 1978. Dalla camera che condivido con mio fratello, ampia e ben squadrata, che funge anche da soggiorno, vengo svegliato dall’odore pungente del caffè che mamma e papà si stanno preparando per la colazione mattutina, benché la sveglia mattutina programmata la sera precedente da mio padre sia già suonata alle 6:00 in punto. Con non poca fatica mi alzo dal letto, ricavato in un vano dell’armadio a ponte del soggiorno, fatto da un bravo falegname su specifiche fornitegli da mia madre; mi reco in bagno a fare pipì: sono le 7:15, è tardissimo! Mio fratello al mio risveglio, mi guarda sottecchi e si gira dall’altra parte della stanza, con lo sguardo rivolto verso la porta finestra che chiude il balcone che si affaccia su via Alagna. Fa freddo. Ci sono circa dieci gradi Celsius. A marzo, 5 giorni dopo l’equinozio di primavera, ho compiuto 9 anni. Il mio compleanno quest’anno è caduto di martedì. Io, però, sono nato di venerdì. Quest’anno ho festeggiato in maniera diversa il mio compleanno, giacché sono rimasto profondamente impressionato e scosso dalla strage di via Fani, avvenuta a Roma il 16 marzo, in seguito al quale è stato rapito Aldo Moro e barbaramente trucidati cinque uomini della sua scorta. Oggi è un giorno speciale sia per me che per mio fratello. Mamma e papà ieri ci hanno detto che saremmo andati in via Divisi a comperare le nostre nuove biciclette. Mio fratello insiste per avere una Graziella. Io voglio una bicicletta da cross. Come sempre finirà che litigheremo, perché mio fratello, più piccolo di me di due anni, dirà che io ho ricevuto il regalo più bello. Le nostre vecchie bici sono oramai troppo piccole per noi. Facciamo fatica a pedalare e rischiamo di cadere rovinosamente sull’asfalto di catrame. Io, volendoci riflettere, essendo più grande di mio fratello, non mi posso proprio accontentare della Graziella: con una Graziella come faccio ad emulare i miei eroi di CHiPs, Ponch e Jon, che sfrecciano con le loro Kawasaki KZ per le strade di Los Angeles, in California? È troppo lenta e goffa la Graziella per me; non posso pavoneggiarmi. Farei una figura barbina con i miei amici, con i quali già litigo per svariati motivi. Mamma e papà ci hanno detto che sarà il nostro regalo di Natale. Io ho imparato a pedalare qualche anno fa, con una bici più piccola di quella che riceverò in regalo. Qualche foto, conservata nell’album di famiglia e che mia madre conserva come se fosse una reliquia, raffigura sia me che mio fratello Filippo mentre siamo in sella alle nostre due vecchie bici, sorridenti e felici. Ci abbiamo giocato così tanto che sono mezze distrutte. Ho imparato a pedalare e stare in sella alla mia bici a Villa Giulia, una domenica mattina del ’75. In Tv si parla ancora delle Brigate Rosse e della tragica fine del Deputato della Camera e Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, ucciso barbaramente a maggio di quest’anno, dopo cinquantacinque giorni di prigionia. Il TG dice che Moro quest’anno, nel mese di gennaio, ha ricevuto nel suo studio di via Savoia, a Roma, Piersanti Mattarella, Michele Reina e Rino Nicolosi, per parlare della costituenda Giunta regionale della Sicilia. Boh! Io mi annoio con questi discorsi politici, mentre mio padre non aspetta altro che sentire le notizie del TG, la sera, mentre siamo tutti e quattro seduti a tavola intenti a cenare. Dopo aver fatto colazione questa mattina con una tazza di latte caldo e biscotti Colussi, mi sono messo la tuta da ginnastica, le scarpe da tennis, e sono sceso per strada, in quanto papà mi ha detto che per l’acquisto della bici se ne sarebbe riparlato la prossima settimana, dopo l’Immacolata. Ho preso lo zaino verde militare dove custodisco quaderni e libri e mi sono avviato, a piedi, verso la scuola elementare che frequento. Ormai sono grande e mamma mi ha detto che non c’è più di bisogno che mi accompagni lei a scuola. Mio fratello, invece, che è più piccolo, oggi lo accompagna a scuola mamma, giacché dice che sarà impegnato per una recita scolastica: Peter Pan. Filippo frequenta un’altra classe; ha altri amichetti e altri compagni di gioco. È troppo piccolo per fare le stesse cose che faccio io. Io frequento la quarta elementare, mio fratello la seconda. Gli voglio un bene dell’anima, anche se abbiamo due caratteri totalmente diversi e spesso litighiamo.

***

Sono passati 46 anni da allora. Le bici, così come ci avevano promesso i nostri genitori, li ricevemmo in dono il giorno di Santa Lucia del 1978. Mamma e papà quell’anno ci dissero che quello sarebbe stato l’unico regalo che avremmo ricevuto sia per il Natale del 1978, che per l’Epifania del 1979. I soldi erano davvero pochi e i sacrifici dei nostri genitori tanti; i soldi che papà guadagnava in Fiat bastavano solo per pagare l’affitto di casa, le bollette, per la spesa, per lo studio: i regali, potevano attendere. Quell’anno, però, i nostri desideri furono esauditi. Io e Filippo quell’anno toccammo il cielo con un dito in sella alle nostre bici luccicanti. La mia me la ricordo ancora: rosso fuoco, con le stampigliature nere accese lungo la carena. Due specchietti retrovisori. Una sella lunga e nera, che terminava con un piccolo poggia schiena. Una figata!


 

Undici.

 

“Io, playmaker”

 

Mi accingo a varcare l’ingresso di scuola, l’istituto “Don Luigi Milani”, di viale dei Picciotti. Oggi è un giorno speciale per me, e sono entusiasta. Il mio insegnante di Educazione Fisica, l’altro ieri, dopo un provino di circa due settimane, ha deciso che io sarei divenuto il nuovo playmaker della squadra di basket della scuola, che sta disputando il torneo under 14 regionale, con altalenanti risultati. Sostituirò un altro ragazzo che si è trasferito con i genitori in un altro quartiere della città, giacché suo padre, insegnante di Italiano, ha ottenuto la cattedra in un altro istituto cittadino; egli per raggiungere agevolmente la nuova sede lavorativa e non impelagarsi nel traffico mattutino di via Messina Marine ha deciso che fosse stato meglio per tutta la sua famiglia trasferirsi in un altro contesto abitativo: suo figlio, però, il mio amico Lorenzo, non è affatto contento di questa sua decisione, che ritiene un’idea poco felice. Ha pianto tanto, tantissimo, perché di botto deve mollare tutto e cambiare quartiere, compagni di scuola e salutare, forse per sempre, i suoi vecchi amici d’infanzia con cui ha trascorso dei momenti felici negli ultimi anni. Lorenzo ha cominciato a isolarsi dal mondo che lo circonda. L’ho rivisto in parrocchia qualche giorno fa, mentre se ne stava in disparte, seduto su di una panca, tutto solo soletto. L’ho salutato affettuosamente ed egli mi ha detto, ancora in lacrime, che la sua vita fosse finita: io l’ho pregato di farsi coraggio, di reagire, precisandogli che non sono queste le cose brutte della vita. Gli ho detto che avrebbe trovato nuovi compagni di gioco, nuovi amici, e che i suoi vecchi amici, quando egli avesse voluto, li poteva venire a trovare anche utilizzando i mezzi pubblici. Che ci sarebbe voluto davvero poco per metabolizzare questo nuovo cambiamento di vita. È ancora inverno. L’inverno del 1981 è davvero freddo. Le vette che circondano Palermo sono innevate. Ha nevicato anche a Villagrazia e in altri quartieri cittadini. Noi non ci siamo abituati a queste temperature e speriamo che il freddo lasci ben presto quest’aria geografica della Sicilia e ci consenta di essere nuovamente baciati dal Sole. La città negli ultimi giorni è ancora di più attanagliata nel traffico veicolare: i palermitani, già indisciplinati nella normalità mentre si trovano alla guida dei loro autoveicoli, con il nevischio che copre il manto stradale non ci hanno capito più nulla e sembra di stare sulla pista di un autoscontro del Foro Italico, piuttosto che per le vie di una città che si definisce civilizzata. Gli incidenti non si contano più. Regna il caos a Palermo. Oggi è il 9 di gennaio. Ieri, verso le 22:00, ha cominciato a piovere violentemente. Il bidello, Maurizio, parlando con una sua collega, la signora Maria, questa mattina le diceva, durante la pausa caffè, che sembra di rivivere le stesse vicende che hanno vissuto i palermitani nel 1744: questo, a suo dire, è quello che gli ha raccontato Don Giuliani, che insegna Religione qui a scuola, quando crollò, per la più grande ondata di gelo e neve che colpì Palermo, la Sacrestia del convento di San Domenico. Alla radio questa mattina lo speaker ha detto che Castelbuono sembra un paese delle Alpi Graie, a ridosso del Monte Bianco, e che per la tormenta di neve che si è abbattuta in paese nei giorni scorsi si è interrotta l’erogazione di energia elettrica e che le strade sono impraticabili: una situazione drammatica stanno vivendo quei poveretti. Il Giornale di Sicilia di oggi, nelle prime pagine, descrive la situazione in cui versa Monreale, che si è risvegliata sotto mezzo metro di neve ieri mattina. Molte scuole della provincia sono chiuse. Io, però, sono contento di essere venuto a scuola questa mattina. Questa mattina mi ha lasciato mio padre a scuola, dopo che abbiamo accompagnato mio fratello alla Franchetti. In lontananza scorgo il professore Milazzo, il mio insegnante di Educazione Fisica. Mi saluta e mi fa l’occhiolino. Sono felice! Benché io sia il più basso della squadra in cui giocherò, riesco, palleggiando con maestria, a farmi spazio fra gli avversari e far correre sino a canestro i miei compagni. Milazzo, l’altro giorno, mi ha detto che ho una visione di gioco da NBA. Ho toccato il cielo con un dito dopo questo complimento. Spero di non deluderlo.

***

All’epoca dei fatti avevo solo dodici anni. Correvo a perdifiato e non mi doleva niente. Oggi, che mi accingo a compiere cinquantasei anni, i dolori mi tormentano giornalmente. Ho da poco finito un ciclo di infiltrazioni alla schiena, per via di alcune protrusioni che mi provocano delle parestesie alla gamba sinistra. Ho sempre pensato sin da piccolo che sarei divenuto un calciatore, giacché era quello il gioco che praticavo frequentemente e che amavo. Pur tuttavia, il professore Milazzo, che considero un vero e proprio talent scout, ha visto in me delle buone potenzialità per assicurare qualche punto in classifica alla sua squadra di basket della Don Milani. Dopo i giochi della gioventù dell’Ottanta, l’unico gioco da me praticato giornalmente, e direi con dei buoni risultati complessivi, è stato solo la pallacanestro. Io, playmaker di una squadra di basket: e chi lo doveva dire che fra tutti i più bassi ragazzi delle Medie qualcuno avrebbe scelto proprio me per far quadrare il gioco di una squadra che se ne ritornava dalle trasferte dei campi di provincia solitamente con le ossa rotte? Rimpiango quei giorni di fatica e sudore, quando respiravo a pieni polmoni e riuscivo, ancor prima che gli altri potessero pensare un’azione di gioco, a mandare a canestro il pivot della mia squadra di basket, dalla casacca giallo e rossa, che sul retro aveva stampigliato un numero stilizzato color oro, con pantaloncini bianchi e calze rosso e giallo. Bisogna davvero vivere il momento: “Carpe Diem”.


 

mercoledì 25 dicembre 2024

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; -Che cosa scrivo adesso? -. Capitoli Otto e Nove.

 

Otto.

 

“La bambina del balcone difronte”

 

Fra la via Giacomo ALAGNA, via Antonio PIGAFETTA, e la via Gino FUNAIOLI insiste un fabbricato di sette piani, all’ultimo del quale, nel piano attico, vi abitava negli anni Settanta - Ottanta del secolo scorso una famiglia che ricordo avesse come iniziale del cognome la lettera “S.”; in quel nucleo familiare vi era anche una bambina che aveva pressappoco la mia età; ella aveva fratelli e sorelle molto più grandi di me, che mai conobbi o che frequentai. Penso che il nonno della bambina fosse stato uno dei costruttori dell’edificio in cui ella abitava. Premetto che io di questa bambina non seppi mai il nome di battesimo; pur tuttavia, è stato il mio primo amore, benché solo platonico. Mentre io giocavo per strada la bambina, dalle lunghe trecce color corvino, mi guardava estasiata dal balcone di casa, ed io ricambiavo il suo sguardo cercando, come un gallo cedrone, di apparire quello che non ero. E questa stessa sensazione la ebbi anche quando, già adolescente, sedicenne, la incontravo giornalmente lungo il viale Amedeo D’Aosta, dopo che mio padre mi faceva scendere dal suo autoveicolo affinché io raggiungessi, a piedi, l’I.T.I.S. “A. Volta”. All’epoca dei fatti anche lei era una adolescente, molto bella, che, purtroppo, aveva deciso di iscriversi e frequentare una altra scuola cittadina; il nostro rapporto era fatto di sguardi, di sospiri profondi, desiderandoci l’un l’altra. Ma né io, né lei, avemmo mai il coraggio di parlarci, di proferire parola, di conoscerci: il nostro amore restò per sempre solo un amore platonico. Non l’ho più rivista. L’ultima volta che la vidi, ricordo, ero un giovane diciottenne ed entrambi ci trovavamo a bordo del bus della linea 24 dell’AMAT, che viaggiava lungo la tratta che da via Messina Marine, angolo viale Amedeo D’Aosta, avrebbe poi raggiunto la Stazione Centrale. La sensazione che ebbi allora, e che ancora oggi ho, era che il destino ci avesse messo difronte solo per farci struggere dentro. Mannaggia a me e alla mia timidezza. Era destino che non ci saremmo mai dovuti parlare. Qualcosa limitava le mie azioni e la bambina, divenuta poi un’adolescente, che oggi spero sia divenuta una donna felice, con figli al seguito, è rimasta solo un ricordo della mia memoria la quale oggi, dopo essermi concentrato profondamente, è riuscita a farmi fare un salto pindarico nella mia infanzia.


 

Nove.

 

“Acchiana ù patri cu tutti i so’ figghi!”

 

Quando vassallus ci tagliava la palla di gioco, non ci restava che sperimentare altri giochi; allora qualcuno di noi proponeva “l’ammucciareddu”, altri “’na manta e ‘na luna”, altri ancora “pirullè”, ma la stragrande maggioranza, ovvero quelli che non si stancavano mai di giocare, proponevano “Acchiana ù patri cu tutti i so’ figghi”. Dopo che il consesso di bambini aveva deciso a maggioranza, si procedeva oltre. Il più grande tra di noi formava due squadre: quattro bambini venivano schierati da una parte e gli altri quattro dall’altra; l’anziano, inoltre, sceglieva i componenti delle due squadre che avrebbe dovuto formare con attenzione, selezionando i bambini da schierare tenuto conto sia della loro età, che della loro struttura corporea. La squadra che iniziava il gioco, la sottomessa o la groppa di “un cavaddu longu longu”, era quella che perdeva nel lancio della monetina, oppure a seguito del risultato negativo della “cunta”. La squadra perdente era costretta a schierare uno dei suoi partecipanti, il capitano, all’in piedi e con la schiena appoggiata lungo un solido muro, mentre gli altri tre componenti della squadra si sarebbero dovuti piegare a 90 gradi, tenendosi con le mani e con le braccia alle gambe di chi li precedeva, mentre il bambino all’in piedi avrebbe dovuto sorreggere l’impalcato formato dalle schiene dei suoi tre compagni di gioco che gli stavano difronte. La squadra avversaria che aveva vinto nel lancio della monetina, o nella “cunta”, iniziava così il gioco. Il primo dei suoi giocatori, il capitano, di solito il bambino più grande tra i quattro componenti della sua squadra, dopo una breve rincorsa sarebbe così salito a cavalcioni sulla schiena dei bambini che si erano schierati davanti a lui, proni a 90 gradi, raggiungendo, con non poca difficoltà e facendosi strada sull’impalcato di schiene venutesi a formare, il petto del bambino che gli stava difronte, all’in piedi, e che sosteneva i suoi compagni di gioco, più forte che potesse. Al grido di “Acchiana ù patri cu tutti i so’ figghi!”, i bambini fantini, o i “figghi ru patri”, dopo il loro capitano, sarebbero dovuti salire, uno dopo l’altro, sull’impalcato di schiene formatasi in seguito allo schieramento della squadra sottomessa, e sino a quando “la groppa” avrebbe resistito alla “cunta” recitata da “ù patri chi so’ figghi”, (ovvero avrebbe dovuto sopportare il peso dei rivali dominanti; quasi sempre la squadra sottomessa perdeva perché mandava in frantumi l’impalcato di schiene), ed in particolare: “Quattru e quattru uottu, scarrica u buottu; l’acieddu cu li pinni, scarrica e vattinni: unu, dui e tri fannu vintitrì, unu dui e tri fannu vintitrì, ti dugnu un pizzicuni e mi nni vaju” (pizzicotto che deve darsi per davvero). La squadra avversaria, a sua volta, avrebbe dovuto rispondere:abbìriri-chi-mi-ni- vegnu-e-ricu-àschi.”.

Il divertimento “sadico” stava nel fatto che se quelli che stavano giù, mentre gli altri recitavano la cantilena, sopportavano il peso di “chiddi” che stanno “‘ncapu” avrebbero vinto la sfida, andando sopra; se, invece, fossero caduti prima del termine della “cunta” sarebbero rimasti sottomessi, poveri loro. “Acchiana ù patri cu tutti i so’ figghi” era un gioco all’aria aperta che univa al sano movimento la bellezza della lingua siciliana, bene da custodire, di cui essere fieri e da insegnare ai nostri figli. Bei tempi quelli, che ricordo con tanta, tantissima nostalgia.


 


"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; -Che cosa scrivo adesso? -. Capitolo Sette.

 

Sette.

 “S.G., alias Totò”

 

S.G., alias “Totò”, è stato il primo essere umano, estraneo al mio nucleo familiare, con cui mi sia per davvero confrontato sin da quando ero bambino. “Totò” è stato il mio compagno di banco sin dalla prima elementare; ci siamo salutati solo alla fine delle elementari, che entrambi abbiamo frequentato presso il Circolo Didattico “Nazario Sauro” di viale Amedeo D’Aosta, ovvero quella stessa scuola in cui insegnava la maestra Clara Alfano, che mi rimbrottò tante e tante volte perché non mi impegnavo a dovere, malgrado avessi delle buone capacità, asserendo che le lacune che avevo nello scrivere e nel parlare fluentemente in Italiano erano dovuti al fatto che a casa si parlasse prevalentemente il dialetto siciliano; in Matematica ero scarso, mentre in Storia ero brillante, giacché la studiavo con tanta, tantissima passione. È grazie anche ai suoi insegnamenti che sono diventato l’uomo di oggi. “Totò” invece, a differenza mia, era in gamba in Matematica e in tante altre materie, dimostrandomi, giorno dopo giorno, che la sua struttura mentale fosse, anche se solo in parte, totalmente differente dalla mia. Malgrado ci avessimo lasciato l’ultimo giorno delle elementari, continuavamo a frequentarci spesso perché abitavamo entrambi in via G. ALAGNA, presso due stabili prospicienti l’uno dall’altro. Compagno di giochi e non solo, di “Totò” ricordo che è stato anche un marittimo, essendosi diplomato al Nautico. Dopo essersi imbarcato quale ufficiale di macchina, è poi sbarcato definitivamente a Palermo, trovando lavoro presso un esercizio commerciale del quartiere dove siamo cresciuti, gestito da alcuni suoi parenti. Sono a conoscenza del fatto che si fosse sposato, diventando poi un padre amorevole. Qualche anno addietro si è ammalato di cancro. La sua vita è finita davvero troppo presto. Addio “Totò”, ovunque tu sia: sappi che sarai sempre nel mio cuore ove, in più di un anfratto, rimarrà sempre un buon ricordo di te.


 


martedì 24 dicembre 2024

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; -Che cosa scrivo adesso? -. Capitolo Sei.

 

Sei.

 

“Michele, il Deejay”

 

All’età di sedici anni frequentavo il terzo anno dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “A. Volta” di Palermo, nel cuore del quartiere Brancaccio, in viale dei Picciotti, posto a pochi metri da Piazzale Anita Garibaldi 5, luogo in cui viveva “3P”, ovvero Padre Pino Puglisi. Ricordo che all’epoca venni coinvolto in un progetto ideato da un’associazione culturale cittadina, di cui non ricordo la denominazione, teso alla rieducazione e all’accrescimento culturale, al fine di un loro eventuale inserimento sociale e in un contesto cittadino migliore di quello in cui abitavano, di alcuni bambini che vivevano negli appartamenti ubicati in seno alle palazzine popolari che si elevavano “maestose” a ridosso di Piazzale Anita Garibaldi e nelle strade limitrofe. Ricordo che feci alcune ore di doposcuola, rendendomi conto, sin da subito, della triste realtà in cui quei bambini erano costretti a vivere e a crescere. Una realtà che non mi apparteneva: io, benché figlio di un operaio Fiat e di una casalinga, ebbi la fortuna di studiare con profitto. I miei genitori, con non pochi sacrifici, anche pagandoci delle lezioni private, ci consentirono di elevarci culturalmente rispetto a tutti quei tanti bambini che avevo frequentato e con cui avevo giocato, scherzato, litigato. Erano gli anni in cui le radio cittadine mandavano in onda i brani di maggior successo degli “Spandau Ballet”, dei loro rivali “Duran Duran”, degli “Wham!”, dei “The Police”, di “Elton John” e di tanti altri ancora. Brani che hanno segnato la storia degli anni Ottanta del Novecento, e non solo. Fra le tanti emittenti radiofoniche cittadine vi era anche “Tele Radio Normanna” che trasmetteva la musica che ascoltavo, e che ancora ascolto, sulla frequenza dei 101,250 MHz, e la cui sede operativa e sociale era ubicata in via Federico Ferrari Orsi, all’intersezione con quella che poi sarebbe divenuta via Padre Giuseppe Puglisi e che all’epoca dei fatti era solo la via S. 35; emittente radiofonica che nel 1984 aderì al circuito radiofonico “Fortissima”, syindication creata a Palermo per iniziativa di alcuni dj radiofonici isolani e che aveva sede in viale Michelangelo 230, a Palermo. Ricordo che tutti i pomeriggi, mentre ero intento a studiare Matematica, Fisica, Elettrotecnica, andava in onda un programma radiofonico, che aveva un buon seguito, condotto da Michele, il deejay, un ragazzo che abitava in via Giacomo ALAGNA, nei pressi della mia abitazione. Michele era più grande di me di qualche anno. Dopo qualche “ospitata” in radio, ovvero nella stanza d’ingresso dell’appartamento da cui trasmetteva “Tele Radio Normanna”, alle spalle del vetro che separava i locali tecnici della radio da quelli usati per la “vita comune”, qualche musicassetta registrata “a gratis”, di Michele ho perso le tracce, sebbene mi avrebbe fatto davvero piacere poterlo rincontrare e ricordare quei bei momenti trascorsi insieme a lui. Michele era un deejay provetto; fu egli ad iniziarmi alla musica disco degli anni Ottanta, sound che ancora oggi, talvolta, ascolto con passione alla radio. Era proprio in gamba Michele: la sua voce suadente ricordo che fece cadere nella rete sociale da lui tessuta non poche fanciulle del quartiere e di altri quartieri cittadini. Michele è stato uno dei primi playboy che ho conosciuto nella mia vita. Ma di questa frequentazione non ne ricavai “un ragno dal buco” sul fronte “rimorchio” e il “gentil sesso” rimase per molti anni solo una mera chimera, giacché andai troppe volte in bianco. Michele era geloso sia della sua passione, la radio, la musica, che delle donne che frequentava. Ricordo che egli era proprio un bravo ragazzo, una persona molto perbene, che riusciva ad ammaliarti con il suo savoir faire.

lunedì 23 dicembre 2024

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?”; -Che cosa scrivo adesso? - Capitolo Cinque.

 

Cinque.

 

“Pacchionello – Diecimila”

 

All’inizio del mese di ottobre dell’anno 1981, quando per le vie di Palermo erano già passati a miglior vita circa settanta mafiosi, o presunti tali, barbaramente uccisi da “Cosa Nostra” panormita e lasciati agonizzanti sull’asfalto freddo e viscido delle strade del capoluogo, giocava in via Giacomo ALAGNA del quartiere Brancaccio un bambino che, come me, aveva da poco compiuto dieci anni. Figlio di un boss mafioso del quartiere, poi arrestato e processato col Maxi I, egli veniva schernito dagli altri bambini del quartiere in quanto in sovrappeso, e perché aveva delle movenze goffe e stanche; il piccolo monello era solito girare per le vie di Brancaccio con una banconota da Diecimila lire in tasca e svariate caramelle, cioccolatini, merendine, che difficilmente era disposto a condividere con gli altri bambini. Marco, F., G., C., ed altri bambini del quartiere, gli avevano affibbiato il nomignolo di “Pacchionello – Diecimila”, a ragion veduta. Era difficile coinvolgerlo nei giochi che si facevano in gruppo, che necessitavano, giocoforza, il dispendio di energie psicofisiche. Perennemente stanco, si pavoneggiava di possedere oltre a quella banconota da 10.000 lire, altri soldi, tantissimi altri soldi, che il padre, a suo dire, gli dava sovente per le sue bricconerie, per i suoi capricci, per tenerlo buono e quieto. Dalla personalità borderline, o giù di lì, vestiva abiti griffati, indossava scarpe firmate, che difficilmente gli altri bambini del quartiere si sarebbero mai potuto permettere di indossare. Non ricordo quale fosse il suo nome di battesimo; pur tuttavia, ricordo benissimo il suo cognome e quello che disse suo padre, mafioso di spicco di Brancaccio, all’udienza dibattimentale del Maxi I, impettito e spavaldo dinanzi alle telecamere Rai che riprendevano le fasi salienti del Processo. Ma di questo non mi va di parlarne. Ormai è storia giudiziaria, facilmente reperibile in rete. “Pacchionello – Diecimila” quando stava con gli altri bambini era solito sedersi su un muretto posto a ridosso di via Antonio PIGAFETTA intento a osservare ciò che gli altri monelli stessero facendo, quasi volesse studiarne la psiche, entrare nelle loro menti, vivere il loro mondo: un mondo che, purtroppo, non gli apparteneva; e come sarebbe stato possibile, per un bambino così viziato, vivere le stesse emozioni e le stesse esperienze dei suoi coetanei? Quel bambino non l’ho più rivisto; né, tantomeno, l’ho più incontrato da adulto. Di lui mi colpì da subito il fatto che in un contesto così povero, ostentasse con tanta nonchalance così tanta ricchezza. Era ovvio che quei soldi erano il frutto delle attività criminali condotte da suo padre. Ma di questo io, a quel tempo, non ero sicuro; né, tantomeno, ne ero a conoscenza. Sembrava proprio una brava persona suo padre, uno di quelli che, di solito, si vogliono emulare: aveva fatto i soldi! Ma come, non era dato sapere. Eppure qualcuno sommessamente, sibilando, proferiva il perché quella famiglia si fosse arricchita in così poco tempo. Ma questi non aveva il coraggio di parlarne pubblicamente. A quel tempo si moriva per poco a Brancaccio e chi lavorava, pagava le tasse, ed era costretto a barcamenarsi e sbarcare il lunario mensilmente, solitamente non era avvezzo a commentare quello che succedeva per le vie del quartiere: né in bene, né in male. La gente continuava a ignorare i problemi del quartiere. Sino a quando i singoli membri di quella comunità non venivano intaccati dai problemi, non ne parlavano: punto! Di che cosa avrebbero dovuto parlare? Era facile parlare delle disgraziate partite del Palermo calcio, ma le parole spaccio, droga, mafia, erano tabù. E tabù rimasero per tantissimi anni, sino a quando le stragi di mafia, gli omicidi eccellenti, non convinsero molte coscienze che forse era arrivato il momento di fare mente locale, di affrontare i problemi in maniera diversa. Ma, essendo che “una nuci sula intra o saccu un n’ha mai scrusciutu!”, allora era meglio continuare a farsi i fatti propri e seguitare ad andare avanti con le proprie vite. Purtroppo, ahimè, ancora oggi la mentalità di molti abitanti del quartiere e di tantissimi altri abitanti dei quartieri di Palermo non è cambiata; è rimasta tale e quale a quella degli abitanti della Palermo degli anni Ottanta - Novanta del Novecento. Mi viene da dire che mai cambierà, ma voglio essere ottimista e pensare che prima o poi le cose cambieranno in meglio. Me lo auguro di cuore.

sabato 14 dicembre 2024

È uscito Penny, il nuovo romanzo thriller di Sara Bontempi .


 Palermo, 14 dicembre 2024.


“Penny” è un thriller psicologico originale e imprevedibile. Nasce come perfetta storia d’amore, per diventare all’improvviso qualcos’altro.
E questo grazie all’abilità della scrittrice Sara Bontempi che unisce a questo giallo thriller una dose di romance, depistando il lettore.”

 

- Dalla prefazione di Daniela Merola -

 

Disponibile nelle migliori librerie e store online.

Link Amazon: https://amzn.to/4fmITSG

 

Sinossi del libro

 

Penny è un romanzo che svela lentamente il suo lato oscuro, in un crescendo di tensione e mistero.
La storia ruota attorno a Penny e Marvin, due anime solitarie che si incontrano e si innamorano perdutamente, promettendosi amore eterno. La loro relazione sembra perfetta, un'oasi di felicità e serenità.

 

Marvin, tuttavia, soffre di sonnambulismo, un disturbo che inizialmente non sembra influire sulla loro vita di coppia.
Penny è affascinata da questo aspetto insolito di Marvin, vedendolo come un'ulteriore prova della complessità e profondità del suo amato.
Tuttavia, man mano che la storia procede, emergono segni inquietanti che suggeriscono che il sonnambulismo di Marvin potrebbe essere più di una semplice disturbo medico.

 

Un viaggio emozionante e avvincente nel cuore dell'amore e dell'inconscio umano, un racconto che esplora come le pulsioni nascoste e i segreti più oscuri possano minacciare anche i legami più forti.

 


Sara Bontempi, biografia

 

Sara Bontempi, nata in provincia di Varese nel 1979 e attualmente residente nel Golfo dei Poeti, in Liguria, lavora come freelance offendo servizi di promozione editoriale ad autori e artisti.

Ha partecipato a diversi concorsi letterari, i suoi racconti sono stati inclusi in varie antologie, tra cui "Giappone Desire” e “Nippomania” (Idrovolante edizioni), "Racconti Vol.3 Alcova Letteraria" e "Diventa ciò che sei" di Atile Edizioni.

Ha pubblicato la guida “Golfo dei Poeti, a spasso per Lerici, San Terenzo, Tellaro” (2023) e il libro di ricette “Cucina senza frontiere: Viaggio gastronomico in versione senza glutine e senza lattosio” (2024) in self publishing.

Il suo romanzo d’esordio, “Il bacio sulla fronte” (2023 LFA Publishing), ha ricevuto il premio di merito “Spunti di analisi e dialettica” al XII Premio Letterario Internazionale di Poesie e Narrativa della Città di Sarzana 2024.

 

 

La strategia di comunicazione dell’autrice Sara Bontempi è affidata a Sara Servizi Editoriali.

Web:  saraservizieditoriali.wordpress.com
Contatto: saraservizieditoriali@gmail.com

 

 

venerdì 6 dicembre 2024

Il Significato della Legge Universale e il suo ruolo nel destino dell'umanità.

 

Palermo, 6 dic. 2024.

La "Legge Universale" descritta nelle pagine del blog rappresenta un principio fondamentale che governa l'esistenza e l'evoluzione di tutte le forme di vita, inclusi gli esseri umani. Questa legge trascende i confini terrestri e si applica a tutti gli esseri viventi in tutto il cosmo.

  • La Legge Universale non è una semplice ipotesi, ma una realtà consolidata. Non si basa su supposizioni o teorie, ma su una profonda comprensione dei principi che regolano l'universo.
  • Questa legge si manifesta in diverse forme e modi, influenzando ogni aspetto della vita. Le sue manifestazioni possono essere complesse e richiedono un'attenta osservazione e interpretazione per comprenderle appieno.
  • La Legge Universale determina il destino di ogni individuo e dell'umanità nel suo insieme. La comprensione e l'accettazione di questa legge sono essenziali per il progresso e l'evoluzione dell'umanità.

Un aspetto cruciale della Legge Universale è il suo impatto sulla coscienza e sulla percezione della realtà.

  • L'accettazione e la piena comprensione di questa legge portano a una profonda trasformazione interiore. La consapevolezza della Legge Universale influenza il modo in cui gli individui pensano e agiscono, guidandoli verso un percorso di crescita e di evoluzione.
  • Coloro che abbracciano la Legge Universale possono raggiungere un livello superiore di consapevolezza e comprensione. Questa consapevolezza consente loro di vedere la realtà da una prospettiva più ampia, trascendendo i limiti del pensiero ordinario.
  • La Legge Universale ha un ruolo fondamentale nel processo di evoluzione spirituale dell'umanità. Tramite la sua influenza, gli esseri umani possono progredire verso uno stato di maggiore armonia e equilibrio con il cosmo.

Le pagine del blog suggeriscono che la Legge Universale opera anche a livello cosmico, influenzando il destino dell'umanità nel suo insieme.

  • L'umanità sta attraversando un periodo di grande cambiamento e trasformazione. Questo periodo è segnato da una crescente consapevolezza della Legge Universale e del suo impatto sulla vita.
  • La comprensione della Legge Universale potrebbe portare l'umanità verso un futuro di pace e prosperità. L'accettazione di questa legge potrebbe unire l'umanità in un percorso comune di crescita e di evoluzione.
  • La mancata comprensione della Legge Universale potrebbe condurre l'umanità verso la catastrofe. L'ignoranza o il rifiuto di questa legge potrebbero avere conseguenze disastrose per il futuro dell'umanità.

Al prossimo post!

martedì 3 dicembre 2024

Il bullo come leader.

Il bullo | Fonte: dalla rete

Palermo, lì 3 dicembre 2024.

Bullo: leader impostore? 

Appare chiaro che il fenomeno del bullismo non risiede soltanto nella relazione bullo-vittima, ma è un fenomeno collettivo, che coinvolge l’intero gruppo, che può sostenere e rinforzare il fenomeno. 

Il bullo è il leader del gruppo? 

Tra le caratteristiche fondamentali del leader vi sono l’empatia, l’abilità a relazionarsi, la valorizzazione e il coinvolgimento degli altri, il senso della comunità, l’agire efficacemente, l’essere attento al clima del gruppo e ad arbitrare eventuali conflitti, l’essere assertivo; ciò posto ci rendiamo conto che queste caratteristiche non appartengono al bullo. Il bullo non è empatico, non possiede la facoltà di porsi nei panni altrui, l’identificazione con l’altro da sé è un concetto che non gli attiene, l’identificazione invece è un concetto fondamentale relativo alla sicurezza e costituisce un efficace inibitore dell’aggressività. Infatti secondo studi di etologia, l’essere umano possiede una facoltà di inibizione innata all’aggressività che gli impedisce di eliminare il proprio simile, facoltà basata sulla possibilità di identità ed empatia con l’altro percepito come essere uguale a sé. […]

Il bullo è quindi un leader impostore? 

Nonostante nell’uso comune questo termine abbia una connotazione negativa (bugiardo, ciarlatano, imbroglione), secondo la Gestalt Psicosociale rappresenta una parte dell’identità che appartiene a tutti, vuol dire che a volte si mostra una parte o un solo aspetto di se stessi, si modifica in qualche misura e in qualche circostanza la percezione che si dà di sé, e questo può avere una valenza positiva o negativa, a seconda se lo si attua funzionalmente o rigidamente. Il bullo è un leader impostore e lo è in modo rigido e quindi disfunzionale. Persegue deliberatamente i propri obiettivi di dominanza e di mantenimento della reputazione attraverso modalità aggressive e di supremazia, dando nessuna importanza ai sentimenti altrui per il proprio tornaconto. Quindi manipola le situazioni per vantaggio personale, ignorando l’infelicità della vittima e non accettando la responsabilità delle proprie azioni. 


Per la Linkografia: 











Bullismo - Wikipedia. 


Per la Bibliografia: 

Saggi 

- Chiarugi M. Anichini S., (2012) "Sono un bullo quindi esisto. I volti della violenza nella ricerca della felicità", Franco Angeli. 
· Aleandri G. (2011) Giovani senza paura. Analisi socio-pedagogica del fenomeno bullismo, Roma, Armando. 
· Iannaccone N. (a cura di), Stop al bullismo. Strategie per ridurre i comportamenti aggressivi e passivi a scuola, La Meridiana, 2005. 
· Buccoliero E., Maggi M. (2005) Bullismo e bullismi: le prepotenze in adolescenza dall'analisi dei casi agli strumenti d'intervento, Milano, Angeli. 
· Dominici R., Montesarchio G. (2003) Il danno psichico: mobbing, bulling e wrongful life: uno strumento psicologico e legale per le nuove perizie e gli interventi nelle organizzazioni, Milano, Angeli. · Florindi, E., (2017) Bulli 2.0: bullismo e cyberbullismo: evoluzione di un fenomeno e possibili rimedi, Imprimatur, ISBN 978-88-6830-583-3. 
· Garbarino J., De Lara E. (2003). And Words Can Hurt Forever: How to Protect Adolescents from Bullying, Harassment, and Emotional Violence Archiviato il 27 settembre 2011 in Internet Archive., The Free Press: New York NY. 
· Guarino A., Lancellotti R., Serantoni G. (2011) Bullismo: aspetti giuridici, teorie psicologiche e tecniche di intervento, Milano, Angeli. 
· Menesini Ersilia (a cura di), Bullismo: le azioni efficaci della scuola. Percorsi italiani alla prevenzione e all'intervento, Erickson, 2003, ISBN 978-8879465137. 
· Mengheri M., Bianca Rita Berti, Lara Busoni, (2007) Il fenomeno del bullismo: come riconoscerlo, come intervenire, in "Sentieri", 7. 
· Pini G.(2011), Prima del bullismo. La prevenzione del bullismo nelle scuole con il Teatro d'Animazione Pedagogico, Roma, Armando Curcio Editore. ISBN 978-88-95049-87-8 
· Prati G., et al., (2010) Bullismo Omofobico, Milano, Editore Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0738-7 · Zanetti M.A (2007), L'alfabeto dei bulli. Prevenire relazioni aggressive nella scuola, Trento, Centro Studi Erickson. ISBN 88-6137-118-3 
· Zanetti M.A, et al., (2009) Il Fenomeno del bullismo. Tra prevenzione ed educazione, Roma, Ma.Gi. ISBN 978-88-7487-280-0 
· Cerutti, Manca (2008). I comportamenti aggressivi. Percorsi evolutivi a rischio psicopatologico. Roma: Kappa Menesini. (2003). 


Romanzi e altri generi 

· Albonico M., (2012) "Nemici miei. Una lunga storia di bullismo", Albatros Il Filo. · Calabretta M., (2009) Le fiabe per... affrontare il bullismo. Un aiuto per grandi e piccini, Milano, Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0677-9 
· Filippo B., (2008) Bulli. Il romanzo choc di un adolescente, Milano, Mursia. ISBN 978-88-425-4090-8 · Lombardo Pijola M., (2007) Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano Principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi, Milano, Bompiani. ISBN 978-88-452-5839-8

lunedì 2 dicembre 2024

Chi è il bullo?

Il bullo | Fonte: dalla rete

Palermo, lì 2 dicembre 2024.

Ci sono diverse tipologie di bullo: 


bullo dominante, le cui caratteristiche sono: 
  • aggressività generalizzata sia verso gli adulti sia verso i coetanei, impulsività e scarsa empatia verso gli altri, questi bambini vantano la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione, hanno un atteggiamento positivo verso la violenza, poiché è ritenuta uno strumento positivo per raggiungere i propri obiettivi. La loro prepotenza non è dovuta ad insicurezza e scarsa autostima, al contrario si tratta di bambini sicuri di sé, con elevate abilità sociali, capaci di istigare gli altri. Hanno buone doti psicologiche utilizzate però al fine di manipolare la situazione a proprio vantaggio, con forte bisogno di dominare gli altri. Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare contrarietà e frustrazioni. Tentano, a volte, di trarre vantaggio anche utilizzando l'inganno. Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l'aumentare dell'età e, parallelamente a questa, si manifesta un atteggiamento negativo verso la scuola. […] 
bullo gregario: più ansioso, insicuro, poco popolare, cerca la propria identità e l’affermazione nel gruppo attraverso il ruolo di aiutante o sostenitore del bullo. 

Bullismo: ci sono differenze tra maschi e femmine? 

La differenza tra i due sessi sta maggiormente nel modo in cui viene messo in atto il comportamento disfunzionale. I ragazzi sono per lo più protagonisti di aggressioni dirette e fisiche; le ragazze, invece, tendono a ferire gli altri attraverso la prevaricazione e la violenza psicologica, colpendo così la sfera più intima della vittima. 

Che cos’è il cyberbullismo? 

Il cyberbullismo è una nuova forma di bullismo che usa Internet e le tecnologie digitali per manifestarsi, con un impatto ancor più forte. Una volta, infatti, il bullismo era in gran parte confinato alla scuola, oggi invece, le potenzialità e le risorse offerte dalle Applicazioni di messaggistica e dai social media, danno oggi ai bulli maggior potere d’azione con un accesso costante alle vittime, senza limiti di tempo e spazio. Inoltre, le aggressioni informatiche, garantendo l’anonimato di chi le ha agite, allentano molti freni inibitori, indebolendo le remore etiche e amplificando la ferocia dell’aggressione (è più facile infliggere dolore e sofferenza agli altri quando chi comunica non è a contatto diretto con l’interlocutore). 

Chi sono le vittime di bullismo? 

La vittima: Le caratteristiche della vittima sono: scarsa autostima e opinione negativa di sé, i bambini vittimizzati sono ansiosi e insicuri, spesso cauti, sensibili e calmi. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l'incapacità, l'impossibilità o difficoltà di reagire di fronte ai soprusi. Esiste, tuttavia, un altro gruppo di vittime: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiose e aggressive. Possono essere iperattivi, inquieti e offensivi. Tendono a controbattere e hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli. […]
 
Le conseguenze: Essere vittima o essere prepotente ed esserlo a lungo nel corso del tempo può rappresentare un fattore di rischio. Gli studi longitudinali, già messi in atto da Olweus e altri, rivelano che chi rimane a lungo nel ruolo di prepotente corre più rischi di altri di entrare in quella escalation di violenza che va da piccoli episodi di vandalismo, furti, piccola criminalità, fino a incorrere in problemi seri con la legge. Questi bambini hanno quindi più probabilità da adulti di venire condannati per comportamenti antisociali. Per contro chi rimane a lungo nel ruolo di vittima rischia di andare incontro a livelli di autostima sempre più bassi (“non valgo nulla”, “non sono capace di far nulla”, “gli altri ce l’hanno tutti con me”), a forme di depressione che possono aggravarsi sempre di più, fino a diventare forme di autolesionismo con conseguenze estreme come il suicidio. 

Le cause: Nel tempo si sono susseguite varie ipotesi esplicative del bullismo, relative al sistema familiare, a fattori personologici e al contesto culturale, si può dire che siano tutte valide e che il fenomeno sia multi- causale: 

contesto familiare: ci sono due diverse prospettive di studio che hanno preso in considerazione il sistema familiare dei bambini coinvolti, come bulli o vittime, in episodi di prepotenze. Una prima prospettiva ha indagato la qualità della relazione affettiva tra genitori e figli, in particolare ha considerato il legame di attaccamento madre-bambino. Da tali ricerche è emerso che i bambini con attaccamento insicuro-evitante esibiscono con più probabilità comportamenti di attacco e prepotenza verso i compagni (poiché non sviluppano un atteggiamento di fiducia verso gi altri e si aspettano risposte ostili), mentre i bambini con attaccamento insicuro-resistente assumono con più probabilità il ruolo di vittime (poiché hanno poca fiducia e poca stima in se stessi, sono insicuri e ansiosi). […] 

fattori personali, tutti quegli elementi personologici che sono caratteristici del bullo e della vittima;
 
contesto culturale in cui si vive: come afferma Olweus, i ragazzi che opprimono e quelli che subiscono sono il frutto di una società che tollera la sopraffazione. Il bullismo è quindi figlio di un contesto culturale più ampio, in cui si persegue un modello di forza e potere, in cui vige la distinzione dell’umanità tra vincenti e perdenti, l’esaltazione di leader autoritari e di immagini maschili e femminili di successo, in cui la sconfitta non è ben vista. I mass media, televisione, cinema, videogiochi, ci presentano modelli di violenza giovanile come espressione di forza e vitalità, risolutrice di conflitti e depurata da ogni segno di sofferenza o conseguenza per le vittime. In una cultura fondata sui (dis)valori della sopraffazione, dell’arroganza, della furbizia e della competizione, sarà naturale per il piccolo bullo prevaricare il compagno più debole. 

Il gruppo: I coetanei hanno un ruolo importante nello sviluppo, mantenimento o modificazione del comportamento aggressivo nel gruppo. Il bullo non agisce da solo: alcuni compagni svolgono un ruolo di rinforzo, altri formano un pubblico che incita e sostiene, altri ancora si disinteressano a quello che accade, non manca poi chi tenta di opporsi alle prepotenze per proteggere la vittima, in questo ruolo di difesa si trovano spesso le bambine. Il bullismo è quindi un fenomeno di gruppo ed è utile per comprenderlo fare riferimento ai meccanismi che caratterizzano coloro i quali prendono parte all’azione aggressiva. Innanzitutto alcuni studi hanno dimostrato che l’individuo agisce aggressivamente se ha osservato qualcun altro agire in tal modo (un modello), soprattutto se questo altro gode della stima dell’osservatore, ed è riconosciuto come forte e coraggioso. Coloro i quali sono molto influenzati da tali modelli sono soprattutto i ragazzi più insicuri e dipendenti, che non hanno un ruolo definito fra i pari e che vorrebbero affermarsi. Vi è un altro fattore che interviene in tale contesto di gruppo, cioè la diminuzione del senso di responsabilità individuale. La diffusione di responsabilità all’interno del gruppo è un meccanismo che rende più facile l’azione aggressiva, poiché il senso di responsabilità personale nei confronti dell’azione negativa è minore se si partecipa in tanti. Prendiamo ora in considerazione i meccanismi di disimpegno morale elaborati da Bandura, cioè le strategie cognitive con cui i ragazzi giustificano le loro aggressioni. Le forme di disimpegno morale possono strutturarsi, stabilizzarsi e quindi diventare un modello per il soggetto, che in qualche maniera lo svincolano da regole e norme. […]

Popolarità del bullo: Godere del favore dei compagni significa disporre di preziose opportunità sociali, mentre il rifiuto porta all’esclusione dalle attività collettive. Diversi studi dimostrano che i bulli hanno una popolarità che rientra nella media, o poco al di sotto di essa e sono spesso circondati da un gruppo di due o tre coetanei sostenitori. Spesso i compagni esprimono nei confronti della vittima antipatia e rifiuto, mentre l’atteggiamento verso il bullo varia in base a diverse circostanze, in particolare i fattori contestuali e individuali assumono un ruolo cruciale nel determinare l’atteggiamento dei pari nei confronti del bullo. Tra i fattori contestuali, un elemento molto importante è l’efficacia delle azioni: il rifiuto viene espresso verso quei compagni che con le loro condotte aggressive non raggiungono lo scopo. Tra i fattori individuali, ricordiamo che la popolarità dei bulli è destinata a diminuire con l’aumentare dell’età, perché con l’età le strategie aggressive cambiano e si passa da forme di aggressività dirette a modalità indirette e si sviluppa la capacità di giudicare secondo criteri morali i comportamenti propri e altrui, per cui chi utilizza condotte aggressive è considerato riprovevole e degno di rifiuto. 

L’autoaffermazione del bullo: Il bullismo è una modalità proattiva, ossia, è un comportamento messo in atto senza provocazione da parte della vittima ed è agito dall’aggressore al fine di raggiungere il suo scopo, il dominio e il potere sugli altri. Il bullismo trova la sua motivazione nell’affermazione di dominanza interpersonale. Il bullo sa affermare se stesso nel gruppo soltanto attraverso l’uso deliberato della forza. L’aggressività, però, non ha solo una valenza negativa, può essere pro sociale nel momento in cui non mira a infliggere un danno ma a conquistare un obiettivo socialmente accettabile. E’ inoltre una funzione centrale al servizio dell’autorealizzazione, ci permette di confrontarci, reagire, difenderci, avere rapporti con gli altri. […] 

 

Per la Linkografia: 

 

Chi è il bullo e chi la vittima? - Humanitas Medical Care

Il Bullo

Il bullo è debole? Facciamo attenzione anche a chi usa la violenza! – Newid Psicologi

https://www.cmt-ig.org/wp-content/uploads/2018/01/bullismo_cicalese.pdf;

https://www.sinapsi.unina.it/artbiblio1_bullismoomofobico;

https://www.edscuola.it/archivio/parliamone/bullismo/bullismo_3.htm;

https://www.focus-scuola.it/guida-al-bullismo-chi-sono-i-bulli-tre-tipologie/;

Bullismo: Cos'è, Conseguenze E Quanti Tipi Ne Esistono?;

Il bullismo: significato e prevenzione;

Bullismo - Wikipedia. 

 


Per la Bibliografia: 


Saggi 

 

- Chiarugi M. Anichini S., (2012) "Sono un bullo quindi esisto. I volti della violenza nella ricerca della felicità", Franco Angeli. 

· Aleandri G. (2011) Giovani senza paura. Analisi socio-pedagogica del fenomeno bullismo, Roma, Armando. 

· Iannaccone N. (a cura di), Stop al bullismo. Strategie per ridurre i comportamenti aggressivi e passivi a scuola, La Meridiana, 2005. 

· Buccoliero E., Maggi M. (2005) Bullismo e bullismi: le prepotenze in adolescenza dall'analisi dei casi agli strumenti d'intervento, Milano, Angeli. 

· Dominici R., Montesarchio G. (2003) Il danno psichico: mobbing, bulling e wrongful life: uno strumento psicologico e legale per le nuove perizie e gli interventi nelle organizzazioni, Milano, Angeli. · Florindi, E., (2017) Bulli 2.0: bullismo e cyberbullismo: evoluzione di un fenomeno e possibili rimedi, Imprimatur, ISBN 978-88-6830-583-3. 

· Garbarino J., De Lara E. (2003). And Words Can Hurt Forever: How to Protect Adolescents from Bullying, Harassment, and Emotional Violence Archiviato il 27 settembre 2011 in Internet Archive., The Free Press: New York NY. 

· Guarino A., Lancellotti R., Serantoni G. (2011) Bullismo: aspetti giuridici, teorie psicologiche e tecniche di intervento, Milano, Angeli. 

· Menesini Ersilia (a cura di), Bullismo: le azioni efficaci della scuola. Percorsi italiani alla prevenzione e all'intervento, Erickson, 2003, ISBN 978-8879465137. 

· Mengheri M., Bianca Rita Berti, Lara Busoni, (2007) Il fenomeno del bullismo: come riconoscerlo, come intervenire, in "Sentieri", 7. 

· Pini G.(2011), Prima del bullismo. La prevenzione del bullismo nelle scuole con il Teatro d'Animazione Pedagogico, Roma, Armando Curcio Editore. ISBN 978-88-95049-87-8 

· Prati G., et al., (2010) Bullismo Omofobico, Milano, Editore Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0738-7 · Zanetti M.A (2007), L'alfabeto dei bulli. Prevenire relazioni aggressive nella scuola, Trento, Centro Studi Erickson. ISBN 88-6137-118-3 

· Zanetti M.A, et al., (2009) Il Fenomeno del bullismo. Tra prevenzione ed educazione, Roma, Ma.Gi. ISBN 978-88-7487-280-0 

· Cerutti, Manca (2008). I comportamenti aggressivi. Percorsi evolutivi a rischio psicopatologico. Roma: Kappa Menesini. (2003). 

 

 Romanzi e altri generi 

 

· Albonico M., (2012) "Nemici miei. Una lunga storia di bullismo", Albatros Il Filo. · Calabretta M., (2009) Le fiabe per... affrontare il bullismo. Un aiuto per grandi e piccini, Milano, Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0677-9 

· Filippo B., (2008) Bulli. Il romanzo choc di un adolescente, Milano, Mursia. ISBN 978-88-425-4090-8 · Lombardo Pijola M., (2007) Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano Principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi, Milano, Bompiani. ISBN 978-88-452-5839-8


domenica 1 dicembre 2024

Il 15% degli adolescenti italiani è stato vittima di bullismo o cyberbullismo almeno una volta nella vita.

Il bullo | Fonte: dalla rete.

Palermo, lì 1 dicembre 2024. 

Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di Sanità, il 15% degli adolescenti italiani è stato vittima di bullismo o cyberbullismo almeno una volta nella vita

Ma che cos’è il bullismo? 

Secondo lo studioso Dan Olweus, esperto in materia, il bullismo è caratterizzato da comportamento aggressivo intenzionale; azioni “vessatorie” persistenti nel tempo; uno squilibrio di forza/potere nella relazione, dove la vittima è incapace di difendersi. 

Come riconoscere il bullismo? 

Il bullismo può presentarsi sotto vari aspetti: attacchi fisici (come calci, percosse e spintoni; più comune tra i bambini più giovani), verbali (insulti, prese in giro, minacce, danni e altre forme di intimidazione o esclusione) ma anche vessazioni indirette (come diffondere voci ed esclusione sociale; più comune man mano che i bambini crescono), che colpiscono la sfera psicologica della vittima, e può verificarsi ovunque: a scuola, nei centri di aggregazione, a casa o sul web, Nella maggior parte dei casi, il bullo agisce nell’ombra al di fuori del controllo degli adulti, anche se spesso cerca degli spettatori (i pari) che possano ammirare la sua condotta. 

Chi sono i bambini più a rischio di bullismo? 

Secondo i recenti studi, il bullismo raggiunge un picco tra gli 11 e i 13 anni (coinvolgendo in egual modo entrambi i sessi) e diminuisce man mano che i ragazzi crescono. 

Quali sono le cause del bullismo? 

Le cause che portano al bullismo sono spesso difficili da individuare e generalmente hanno un’origine profonda: possono andare da una mancanza di controllo degli impulsi a problemi di gestione della rabbia, essere legate più a sentimenti di gelosia o invidia, o ad un sentimento di inadeguatezza da parte dell’autore di questi gesti. 


Per la Linkografia: 











Bullismo - Wikipedia. 

Per la Bibliografia: 

Saggi 

- Chiarugi M. Anichini S., (2012) "Sono un bullo quindi esisto. I volti della violenza nella ricerca della felicità", Franco Angeli. 
· Aleandri G. (2011) Giovani senza paura. Analisi socio-pedagogica del fenomeno bullismo, Roma, Armando. 
· Iannaccone N. (a cura di), Stop al bullismo. Strategie per ridurre i comportamenti aggressivi e passivi a scuola, La Meridiana, 2005. 
· Buccoliero E., Maggi M. (2005) Bullismo e bullismi: le prepotenze in adolescenza dall'analisi dei casi agli strumenti d'intervento, Milano, Angeli. 
· Dominici R., Montesarchio G. (2003) Il danno psichico: mobbing, bulling e wrongful life: uno strumento psicologico e legale per le nuove perizie e gli interventi nelle organizzazioni, Milano, Angeli. · Florindi, E., (2017) Bulli 2.0: bullismo e cyberbullismo: evoluzione di un fenomeno e possibili rimedi, Imprimatur, ISBN 978-88-6830-583-3. 
· Garbarino J., De Lara E. (2003). And Words Can Hurt Forever: How to Protect Adolescents from Bullying, Harassment, and Emotional Violence Archiviato il 27 settembre 2011 in Internet Archive., The Free Press: New York NY. 
· Guarino A., Lancellotti R., Serantoni G. (2011) Bullismo: aspetti giuridici, teorie psicologiche e tecniche di intervento, Milano, Angeli. 
· Menesini Ersilia (a cura di), Bullismo: le azioni efficaci della scuola. Percorsi italiani alla prevenzione e all'intervento, Erickson, 2003, ISBN 978-8879465137. 
· Mengheri M., Bianca Rita Berti, Lara Busoni, (2007) Il fenomeno del bullismo: come riconoscerlo, come intervenire, in "Sentieri", 7. 
· Pini G.(2011), Prima del bullismo. La prevenzione del bullismo nelle scuole con il Teatro d'Animazione Pedagogico, Roma, Armando Curcio Editore. ISBN 978-88-95049-87-8 
· Prati G., et al., (2010) Bullismo Omofobico, Milano, Editore Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0738-7 · Zanetti M.A (2007), L'alfabeto dei bulli. Prevenire relazioni aggressive nella scuola, Trento, Centro Studi Erickson. ISBN 88-6137-118-3 
· Zanetti M.A, et al., (2009) Il Fenomeno del bullismo. Tra prevenzione ed educazione, Roma, Ma.Gi. ISBN 978-88-7487-280-0 
· Cerutti, Manca (2008). I comportamenti aggressivi. Percorsi evolutivi a rischio psicopatologico. Roma: Kappa Menesini. (2003). 


Romanzi e altri generi 

· Albonico M., (2012) "Nemici miei. Una lunga storia di bullismo", Albatros Il Filo. · Calabretta M., (2009) Le fiabe per... affrontare il bullismo. Un aiuto per grandi e piccini, Milano, Franco Angeli. ISBN 978-88-568-0677-9 
· Filippo B., (2008) Bulli. Il romanzo choc di un adolescente, Milano, Mursia. ISBN 978-88-425-4090-8 · Lombardo Pijola M., (2007) Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano Principessa. Storie di bulli, lolite e altri bimbi, Milano, Bompiani. ISBN 978-88-452-5839-8

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La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.