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martedì 14 gennaio 2025

"Brancaccino! Ù sai a cu ammazzaru steinnata?"; "Che cosa scrivo adesso?" - Capitolo Tredici: La caccia.

 

Tredici.

 

“La caccia”

 

Nel mese di ottobre del 1977, quando avevo otto anni, mio padre mi portava sulla spiaggia dei bagni Virzì – Petrucci ove uno dei suoi sei fratelli, cacciatore in erba, unitamente ad altre numerose persone avrebbe cacciato con la sua nuova doppietta le allodole che migravano in direzione di lidi molto più caldi. La Sicilia nord-occidentale era a quel tempo un’area di passo migratorio ove grandi stormi di allodole facevano bella mostra di sé, inconsapevoli che molti di loro avrebbero terminato quel lungo viaggio, dopo essere stati impallinati, in bocca ad un cane da riporto che attendeva impaziente di catturare la preda lungo il bagnasciuga di quel litorale palermitano, trasformatosi nottetempo in un improvvisato poligono di tiro. Posizionatici a ridosso del muro perimetrale delle cabine in muratura del lido, all’in piedi e lungo un camminamento in cemento armato ivi presente e prospiciente il mare, osservavamo così, a distanza di sicurezza, tutti quei cacciatori che dislocati in un appostamento temporaneo, armati sino ai denti e dotati di richiami per accoppare quelle povere creature, si posizionavano all’in piedi e col calcio del loro fucile sull’omero della spalla destra, pronti a far fuoco. Qualcuno di loro era in compagnia di alcuni cani da caccia e da riporto che non aspettavano altro che andare a recuperare le prede che, dopo un boato assordante, cadevano dal cielo plumbeo di un autunno che annunciava l’arrivo di uno degli inverni più freddi di sempre. Di quei giorni ricordo, in particolare, l’odore dei gas dello sparo liberatisi nell’area del malagevole poligono di tiro, dovuto allo scoppio delle numerose cartucce dei fucili, spesso delle lupare, di quei numerosi cacciatori che sovente le abbandonavano in prossimità del bagnasciuga; mi è rimasta impressa nella mia memoria, inoltre, la corsa dei cani da riporto che, tra un guaito e un latrato, erano di stanza sulla spiaggia per recuperare quel prezioso bottino: dei minuscoli uccellini che, dicevano in molti, erano deliziosi da mangiare. L’allodola è un uccello gregario che vive in piccoli stormi e che si sposta in grandi stormi durante i periodi di migrazione. Ha un volo potente e ondulato piuttosto caratteristico, in cui alterna battiti d’ala a chiusure d’ala. La caccia alle allodole viene attivamente esercitata soprattutto durante il passo, a volo, alla borrita, con zimbelli vivi o artificiali, e anche mediante lo specchietto e il richiamo. Terminata la caccia io e gli altri numerosi bambini che avevamo appena osservato le fasi di quella cruente lotta tra l’uomo e uno stormo di uccellini impauriti, ci premuravamo a raccogliere le cartucce sparse sulla spiaggia e che poi avremmo utilizzato per i nostri giochi. Le cartucce calibro 12, ancora dotate del fondello in ottone su cui il percussore della lupara aveva terminato la sua violente corsa, risultavano essere dei veri e propri gioielli: di colore rosso, blu, giallo ocra, erano per noi bambini degli oggetti da conquistare e da collezionare e, a volte, da scambiarci o da barattare.

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