Lo storico Giuseppe Di Stefano lo ritenne una costruzione sorta su una fortezza araba, ristruttura e ampliata da Ruggero II che fece costruire la Cappella Palatina e aggiungere dei corpi turriformi la cui altezza venne ridotta nel XVI s. Identifica le parti normanne con la Torre Pisana (con la stanza del Tesoro) e con la Torre della Gioaria (con la sala degli Armigeri al piano inferiore, e con la sala di re Ruggero e la restrostante sala dei Venti al piano superiore). Al secondo piano del palazzo (cosidetto "Piano parlamentare") si trovano la Sala d'Ercole, dove si riunisce il Parlamento siciliano, e la Sala di re Ruggero II, ricca di preziosi mosaici con motivi ornamentali, raffiguranti animali ed intrecci floreali, la sala dei venti, la sala Giallae la sala dei Viceré. Due scale laterali portano alla cripta. Questa si articola in un vano a pianta quadrata sottostante al presbiterio, scompartito mediante due colonne di pietra e con un'ampia abside centrale e due piccole laterali. Il palazzo reale è posto nel luogo più elevato dell'antica città tra le depressioni dei fiumi Kemonia e Papireto. Anche se alla costruzione vengono attribuite origini molto antiche risalenti alle dominazioni puniche, romane e bizantine, è all'epoca araba (IX secolo) che si deve attribuire l'edificazione del maestoso Qasr, "Palazzo" o "Castello", da cui ha preso il nome la via del Cassaro, l'odierno corso Vittorio Emanuele. Tuttavia, furono i Normanni a trasformare questo luogo in un centro polifunzionale, simbolo del potere della monarchia. Scrive Maria Teresa Montesanto in Palermo città d'arte (a cura di Cesare De Seta, Maria Antonietta Spadaro e Sergio Troisi): “Il palazzo era costituito da edifici turriformi collegati da portici e giardini che formavano un complesso unitario comprendente anche opifici tessili (il tiraz) e laboratori di oreficeria. Una via coperta lo collegava direttamente con la cattedrale. Nello spiazzo antistante vi era anche la cosiddetta Aula verde, di epoca anteriore, un ambiente aperto e riccamente decorato dove il re accoglieva i suoi ospiti. Nel 1132 venne costruita la Cappella Palatina che assunse una funzione baricentrica dei vari organismi in cui si articolava il palazzo. Con gli Svevi di Re Federico II, che vi risiede solo nell'età giovanile, il palazzo rimane sede dell'attività amministrativa, della cancelleria e della scuola poetica siciliana. Il ruolo periferico della città inizia con gli Angioini e gli Aragonesi che privilegiarono altre sedi. La rinascita del palazzo si ha con i viceré spagnoli che, nella seconda metà del XVI secolo, scelsero di risiedervi adeguandolo alle nuove esigenze difensive e di rappresentanza, ristrutturandolo notevolemte, creando bastioni e modificando il palazzo. Durante i Borboni furono create le sale di rappresentanza (Sala Rossa, sala Gialla e Sala Verde) e fu ristrutturate Sala d'Ercole, con gli affreeschi raffiguranti le fatiche dell'eroe mitologico. Un profondo restauro ha subito negli anni '60, sotto la cura di Rosario La Duca. Dal 1947 il Palazzo dei Normanni è sede dell'Assemblea Regionale Siciliana.
La Cappella Palatina
La stanza di re Ruggero
Luci d'oriente dentro il Palazzo Reale. “Sempre nel Palazzo Reale ci siamo trattenuti nell'incantevole appartamento di re Ruggero. I mosaici di scuola bizantina, raffiguranti alberi e animali, hanno una loro magnifica convenzionalità fiabesca e nella composizione perfetta sembrano di stile persiano o meglio ancora selgiuchida, piuttosto che araba”. Così si esprime Bernard Berenson, il grande storico dell'arte che visitò Palermo nella primavera nel 1953. È unico esempio in Sicilia di mosaici non raffiguranti soggetti sacri. La stanza è abbellita da mosaici del XII secolo con l'esclusione della volta d'epoca di Federico II con la rappresentazione dell'aquila sveva. Il grande e luminoso "tappeto" di tessere luccicanti ricopre la zona superiore delle pareti e presenta una scena di caccia, una lotta fra centauri ed animali affrontati ai lati di alberi e palmizi – leopardi, pavoni, cervi, cigni – che si stagliano sul fondo dorato. Nel loro complesso le scene non hanno carattere narrativo, cioè non raccontano una vicenda, ma dispongono invece le figure e le piante secondo uno schema esclusivamente decorativo. La tecnica del mosaico è molto antica ed ebbe origine presso le civiltà mesopotamiche raggiungendo un grande sviluppo nel periodo ellenistico-romano in cui venne utilizzata per pavimentazioni e rivestimenti murali. Nel periodo bizantino il mosaico arrivò ai massimi risultati espressivi e si diffuse da Bisanzio a Roma, a Venezia e in Sicilia. Elemento fondamentale di questa tecnica sono le tessere che vengono inserite una ad una in uno strato d'intonaco fine e fresco, seguendo un disegno prestabilito. Le tessere vitree composte di silicati, colorate con sostanze minerali, riflettono la luce moltiplicando le vibrazioni del colore. Le tessere d'oro sono realizzate inserendo una lamina di questo metallo fra due strati di vetro trasparente. Strettamente legati al gusto orientale islamico sono i mosaici profani con scene venatorie nella sala di Re Ruggero (la Gioaria, dall'arabo al-jawhariyya, che significa “l'ingioiellata”) situata anch'essa nel palazzo dei Normanni. Ed è verosimilmente la stessa fonte iconografica ad aver ispirato il simmetrico confronto tra due fiere su una delle pareti della stanza, come nel manto regale appartenuto a Ruggero II ed oggi conservato nel Tesoro Imperiale di Vienna (un prezioso tessuto in seta ricamata databile al 1133). Una scena concepita in modo analogo si trova in un mosaico palestinese dell'VIII secolo, proveniente dal palazzo di Khirbet al-Mafjar e adesso al museo archeologico di Gerusalemme, ma anche in un frammento musivo del IV secolo proveniente questa volta da Cartagine e attualmente nel Museo del Bardo a Tunisi.
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