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Palermo, 22 febbraio 2022.
Buongiorno, ho appena finito di completare il romanzo di fantascienza di cui all'oggetto che spero di poter pubblicare quanto prima nel territorio dello Stato. Chi di voi fosse interessato a leggerlo potrà farmene richiesta in privato al mio indirizzo di posta elettronica. Certo di avervi fatto cosa gradita, colgo l'occasione di augurarvi una buona giornata.
Francesco Toscano
31 dicembre 2022.
È finito il 2022! Un anno ricco di emozioni e soddisfazioni per me, sia dal punto di vista professionale che personale.
Un anno che, nel complesso, è stato, per me, molto positivo.
Il mio cuore non può non ricordare quanti, in questo anno, hanno perso degli affetti a loro cari: che il tempo possa lenire il loro dolore!
Oggi, San Silvestro, colgo l'occasione di augurare a ciascuno di voi i miei più cari auguri di buon anno! Che il 2023 sia per tutti voi ricolmo di ogni bene possibile.
Francesco Toscano
-
Accensione dei propulsori principali in
10,9,8,7,6,5,4,3,2,1, decollo! –
-
Teddy, traccia la rotta per Proxima. –
-
Con molto piacere, Frank! –
Pochi istanti
dopo, dinanzi a noi, si aprì un wormhole, un cunicolo gravitazionale o ponte di
Einstein – Rosen, che ci avrebbe consentito nel giro di qualche ora di
raggiungere il sistema solare che avevamo deciso di visitare e abitare.
Lasciavamo Titano e quello che rimaneva del nostro campo base e della nostra
spedizione umana, quasi trent’anni dopo il nostro arrivo su quella Luna di
Saturno. Ci lasciavamo alle nostre spalle tanti momenti felici, ma anche molti
momenti di profonda tristezza e scoramento. Oggi, dopo tutto quello che ci è
accaduto, posso affermare che la vita non è stata clemente con noi. Come dei
bambini gracili che barcollano, pur tuttavia, siamo riusciti sempre a rialzarci
dopo ogni caduta. Il nostro pregio più grande è stato quello di non esserci mai
abbattuti alle difficoltà.
-
Frank, siamo arrivati! – Disse Teddy.
-
Teddy, aziona lo scanner termico, e tieni in
stand-by il cannone a plasma, nel caso in cui ci dovesse servire. –
Ero diventato
guardingo. La responsabilità della nostra sopravvivenza ricadeva su di me ed
era così grave che, volendola assimilare a qualcosa, penso possa essere più
simile a un macigno pronto, da un momento all’altro, a schiacciarmi la testa. Avevo
dato istruzioni ai componenti il mio nucleo familiare di che cosa essi avrebbero dovuto fare nel caso in cui un’entità aliena ci avesse attaccato. Sino ad
allora, ovvero da quando avevamo lasciato il nostro sistema solare, tutto era
andato per il verso giusto e non volevo che le cose cambiassero repentinamente.
Così non fu!
Da tribordo
qualcosa mandò in frantumi parte della nostra navetta. Decisi, d’urgenza, di
atterrare su Proxima Centauri B, un pianeta molto simile alla Terra, scoperto
il 24 agosto del 2016 attraverso il metodo delle velocità radiali, rilevando le
variazioni prodotte dall’effetto Doppler nello spettro di Alfa Centauri C.
Proxima Centauri B è un pianeta terrestre che orbita a 0,05 unità astronomiche
dalla sua stella, ovvero un ottavo circa della distanza che separa Mercurio dal
Sole, all’interno della zona cosiddetta abitabile del sistema.
L’impatto al
suolo fu violentissimo; ma i sistemi di sicurezza che avevamo approntato prima
della nostra partenza da Titano avevano retto bene l’urto. Qualche contusione
fra i passeggeri della nave, ma nulla di più. Era iniziata la nostra avventura
fuori dal sistema solare, ma quanti inquietanti interrogativi ci balenarono in
mente? Chi o che cosa ci aveva colpiti e, soprattutto, perché? Ma questa è
un’altra storia che vi racconterò un altro giorno. Adesso sono impegnato,
unitamente a Teddy e agli altri robot costruttori, a definire il nostro campo
base, ad allestire un sistema di difesa attivo onde evitare che qualcuno o
qualcosa possa mandarci al Creatore.
L’aver perso il
40% delle derrate alimentari stoccate nell’apposita area creata dai robot
costruttori nel nostro campo base su Titano significò per la mia famiglia una
grave perdita, giacché c’erano costati tanto tempo e tanto lavoro la
coltivazione di quelle piante di cereali andate perdute, che erano necessarie
per il nostro fabbisogno giornaliero. Ho sempre pensato che nessuno mi ha mai
regalato niente e che tutto quello che io ho, oggi, è direttamente
proporzionale all’impegno da me profuso quotidianamente nel creare e produrre ciò di cui ho avuto di bisogno nella mia lunga vita, per la mia e per l’altrui sopravvivenza.
Ho lavorato incessantemente anche per diciotto ore al giorno per realizzare tutto
quello che oggi noi abbiamo. Ho sudato, e poi ho pianto ogni qualvolta la mia
nuova creazione prendeva vita e ci consentiva di vivere e prosperare, in modo
diverso rispetto al nostro recente passato, fatto, il più delle volte, di
stenti e sofferenze. Fra i dodici coloni, ovvero fra i dodici membri il mio
nucleo familiare, oltre a me e mio figlio, quello che maggiormente contribuiva
alla realizzazione delle nostre opere, che fossero di biologia molecolare, di
bio-genetica, di chimica, ingegneria, era da almeno una decina anni mio nipote
Lorenz, ritornato tra noi dopo una breve permanenza su Encelado. Lorenz era
tutto quello che io avrei voluto essere da giovane. A differenza mia, che ero
basso e tarchiato, Lorenz era alto circa un metro e novanta, corporatura
robusta, fisico perennemente allenato, di muscolatura forte e vigorosa, dotato di
un’intelligenza fuori dal comune. Mentre il mio cervello era più simile a un
personal computer degli anni Ottanta, quello di Lorenz era più assimilabile a
un potente computer quantistico di fine anni Venti del nuovo Millennio, ovvero
quello dotato di processore che ricordo chiamarsi Osprey, dell’IBM, da 433
qubit. E poi, era umile, era riflessivo, era un gioiello che brillava di luce
propria. Purtroppo per noi, questo gioiello che irradiava con la sua luce
abbacinante i nostri occhi, si spense troppo presto. Tutte le nostre conoscenze
in campo medico, tutte le nostre invenzioni, non ci consentirono di sconfiggere
il cancro che gli divorò il colon e gran parte dell’intestino tenue. Il suo
cadavere, riposto con tanto amore all’interno di un’urna funeraria, fu lanciato
in orbita attorno al gigante gassoso Saturno all’alba del 31 gennaio dell’anno
2080. Ho pianto tanto alla sua morte, così tanto che da allora non ho più alcuna
lacrima nei miei condotti lacrimali. Una profonda tristezza mi sovviene quando
la mia mente rievoca quei giorni di lutto e di dolore. Mio figlio, alla perdita
del suo amato Lorenz, si ammalò anch’egli di una forma acuta di depressione
post-traumatica che lo portarono, in meno di due anni, alla morte per
annegamento in uno dei tanti laghi d’idrocarburi presenti su Titano; si era
lasciato morire il mio Michael. Oggi, scusate, sono davvero stanco e non riesco
più a scrivere perché la mia mente, il mio spirito, sono profondamente lacerati
dal dolore per la grave perdita dei miei amati Michael e Lorenz: i miei due
diamanti da cento carati cadauno.
Dopo pochi giorni dall'atterraggio su Titano, finalmente, l'ape Teddy e gli altri robot costruttori avevano terminato di allestire il nostro primo campo base. Era grande quanto un campo da tennis. Io e mia moglie ci eravamo sistemati a destra del campo, in un modulo abitativo che era grande circa 30 mq, mentre mio figlio e il resto della sua famiglia sulla parte sinistra, in un'area grande, approssimativamente, circa 50 mq. La navetta spaziale, cui il campo base era collegato elettricamente, forniva la necessaria energia per soddisfare le nostre esigenze primarie. Per me che ero vecchio e stanco non era facile spostarsi su Titano: di volta in volta, per ciò, per la mia locomozione sulla luna di Saturno mi affidavo al sostegno fisico e morale di qualcuno dei miei nipoti, i quali mi sorreggevano e mi aiutavano nei miei spostamenti divenuti, ormai, quasi quotidiani. Mia moglie, mia nuora e le sue ragazze i primi giorni erano rimasti all'interno dei moduli abitativi per sistemare le nostre cose e per iniziare la nostra vita di relazione in quel nuovo corpo celeste ove avevamo deciso di andare a vivere. Il primo mese di vita su Titano trascorse sereno. Dal secondo mese al terzo mese, invece, fummo costretti a rimanere all'interno dei nostri alloggi, giacché una tempesta di vento e pioggia di idrocarburi non voleva cessare e sferzava il nostro campo base e la nostra navetta spaziale come il tennista fa con la sua racchetta allorquando colpisce la pallina, al volo, per mandarla dall'altra parte del campo. Mio figlio Michael, dopo che il campo base era stato allestito, si era messo in contatto con gli altri esseri umani di stanza su Titano per indicare loro la nostra posizione geografica, il numero di esseri umani che vivevano in quell'insediamento a carattere familiare, così da connettersi con la loro infrastruttura in modo tale da potere attingere ai loro dati di sistema, ai dati meteorologici, ai dati afferenti le loro recenti scoperte e quant'altro ci potesse servire per vivere su Titano nel miglior modo possibile. Il capo del penultimo insediamento umano su Titano, Jeffry, aveva comunicato a mio figlio che a breve la luna saturniana sarebbe stata colpita da uragani e da altri eventi atmosferici cui noi, marziani, non eravamo abituati; ci consigliava, per questo motivo, di fare attenzione e di non uscire dai nostri moduli abitativi sino a quando le tempeste previste non fossero terminate. Consigliai a mio figlio di rinforzare con degli ancoraggi più resistenti i moduli abitativi e l'intero insediamento, in modo tale da non fare la fine di veri e propri sprovveduti il giorno in cui saremmo stati proiettati nell'occhio del ciclone che si sarebbe abbattuto, a dire di Jeffry, su di noi con una forza e una violenza inaudita. E la tempesta di cui Jeffry ci aveva avvisati non tardò ad arrivare, colpendoci il primo giorno del suo atteso arrivo con una violenza tale da farci saltare, nel giro di poche ore, il collegamento elettrico con la nostra nave, disconnettendoci dalla rete dati che avevamo allestito e che, con nostra somma sorpresa, ci aveva consentito di relazionarci sino ad allora con gli altri esseri umani di stanza su Titano. I robot costruttori, a capo dei quali c'era l'amico Teddy, impiegarono quasi ventiquattr'ore terrestri prima di ripristinare la rete elettrica e la rete dati. Il vento urlava tutta la sua voglia di spazzarci via dalla superficie della luna che avevamo avuto l'ardire di calpestare, mentre la grandine di idrocarburi che ci si scaraventò contro distrusse quella che era stata da noi individuata come l'area di stoccaggio delle derrate alimentari, facendoci perdere in poche ore circa il 40% delle nostre scorte alimentari. Tutti noi fummo costretti a rimboccarci le maniche delle nostre tute in modo tale da risolvere quel problema che si era verificato. Tra di noi, la più preoccupata di quanto era accaduto, era Eleonore, la secondogènito di mio figlio Michael.
- Nonno!-
- Si, dimmi?-
- Ma quando terminerà la tempesta?-
- Non temere, quanto prima.-
- Ma sei sicuro?-
- Certo!-
- Ho paura!-
- Non devi temere, noi siamo al sicuro all'interno dei moduli abitativi. Papà ha messo in sicurezza l'intero campo base; Teddy e gli altri robot costruttori hanno terminato e quanto prima avremo nuovamente l'energia elettrica e il ripristino dei sistemi vitali. Come hai potuto notare i sistemi di sicurezza e di sopravvivenza hanno tenuto al meglio. Non c'è da preoccuparsi, mia cara. Non temere!-
Mi guardava basita, come se le stessi propinando una storiella che, a suo avviso, si sarebbe conclusa nel peggiore dei modi. Ma non era così. Io sapevo benissimo quello che stava accadendo e sapevo che nessuno di noi dovesse temere per la sua incolumità e che la tempesta, che si era abbattuta sul nostro insediamento umano con tanta violenza, prima o poi sarebbe terminata. Erano ben altre le cose che avremmo dovuto temere per davvero. E di ciò, dopo tanti anni di vita, ne ero certo.
- Eleonore, non è una bella storia!-
- E tu raccontamela lo stesso! -
- Ehm, fammici pensare... ho rimosso gran parte dei miei ricordi. Sono trascorsi tanti anni ed io, come vedi, sono vecchio e stanco. -
- Ma che dici? -
- Sì, Eleonore, sono vecchio. Però una cosa te la voglio raccontare. Ti racconto di quella volta in cui conobbi tua nonna.
- Sì, dai! -
- La nonna era bellissima quel giorno che la vidi per la prima volta. Come sai era il comandante di una nave spaziale che trasportava gli esseri umani verso Marte. Di lei ricordo le sue linee sinuose e aggraziate, ma anche la postura: era fiera di sé! Era molto sicura di sé e teneva testa a tutti gli uomini che erano al suo comando. La divisa le stava a pennello, come se il sarto gliel'avesse cucita addosso. Io, appena la vidi, me ne innamorai subito. Ella, però, non si innamorò di me sin da subito. Dovetti penare molto prima che mi notasse e prima che ricambiasse tutto l'amore che io nutrivo per lei. Sai, Eleonore, ne abbiamo passate tante io e tua nonna. -
- Che cosa nonno? -
- Quando iniziò la nostra vita su Marte, non era la stessa vita che oggi noi conduciamo su questo pianeta. Tutto era una novità, una scoperta continua. Noi esseri umani, per esempio, non eravamo pronti ad abitare questo brullo pianeta, a differenza di quanto sostenevano gli scienziati del mio mondo quando mi costrinsero a lasciare la Terra. Ti ho già raccontato dei miei sfortunati compagni d'avventura; ti ho raccontato di loro e di come facemmo a sopravvivere e a raggiungere New Millenium. Ti ricordi di New Millenium? -
- No, nonno. Ero troppo piccola per ricordarmelo; venne distrutta quando io avevo appena sei anni. Ricordo solo le esplosioni e le grida delle persone che mi circondavano; del sangue che sgorgava dai loro corpi martoriati. -
- Ti ricordi del nostro alloggio? -
- No! -
- Sai, io e la nonna andammo a vivere su New Millenium circa sei anni dopo il mio ammartaggio. Tuo padre è nato lì. Lui, sicuramente, si ricorderà di quanto fosse bello quel luogo. I robot costruttori avevano fatto davvero un ottimo lavoro. Sai, essi somigliavano, per molti aspetti, al nostro Teddy.-
- Sì? -
- Sì! Teddy è la versione riveduta e corretta dei primi robot costruttori. -
- Davvero? -
- Teddy, spiegaglielo tu a mia nipote la differenza che intercorre fra te e i robot costruttori, tuoi simili.-
Teddy mi guardò torvo, mostrandosi infastidito da quella assonanza che il mio cervello aveva fatto allorquando lo aveva descritto molto simile ai robot costruttori. Si limitò a dire che, sostanzialmente, c'erano poche differenze fisiche. Che l'unica differenza fra quelle macchine e lui era che egli aveva preso coscienza di sé, sentendosi un individuo a tutti gli effetti; che gli altri avrebbero dovuto temerlo e che lo avrebbero dovuto rispettare come un essere senziente.
- Ma su, Teddy, non è il caso di infervorarsi. Capisci bene che mia nipote anela a conoscere il nostro passato e che, giovane qual è, ha sete di conoscenza.
- Si Joseph, ma non dire più che sono simile a un robot costruttore, perché mi offendo.
Dalla porta che chiudeva l'alloggio dove ci trovavamo si udirono dei rumori di passi di qualcuno che si stava avvicinando e che a breve sarebbe entrato. Così fu. Mio figlio ci salutò, asserendo che eravamo pronti al decollo. Sì, eravamo pronti a decollare alla volta di Titano, il satellite naturale più grande di Saturno. Un mondo in cui avremmo potuto costruire il nostro futuro.
- Okay, Michael. Dacci altri due minuti che completiamo il nostro ragionamento. -
- Va bene, padre. Tu, piccola, non fare stancare il nonno.-
Fece un segno di saluto a Teddy, che lo guardava, e Michael lasciò l'alloggio. Eleonore continuò a chiedermi del mio passato, ma io, con una scusa, non risposi più alle sue domande, preferendo recarmi d'urgenza sulla navetta spaziale che io avevo realizzato unitamente a mio figlio Michael e che ci avrebbe consentito, in pochi minuti, di raggiungere il nuovo mondo. Nuovo, si fa per dire. L'umanità, un consistente numero di individui, abitava Titano già da anni sfruttando appieno le sue risorse minerarie e la massiccia presenza di idrocarburi allo stato liquido sulla sua superficie. Ero così eccitato all'idea di lasciare Marte, dopo oltre sessant'anni, che mai avrei permesso a qualcuno di impedirmi di godermi quel momento.
- meno 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, decollo! -
Mio figlio, dopo il suo conto alla rovescia, aveva tracciato la rotta verso Titano. L'atmosfera di Titano è composta al 95% da azoto; sono presenti inoltre componenti minori quali il metano e l' etano, che si addensano formando nuvole. La temperatura superficiale media è molto vicina al punto triplo del metano dove possono coesistere le forme liquida, solida e gassosa di questo idrocarburo. Viaggiavamo alla scoperta di un nuovo mondo. Per noi era l'inizio di una nuova vita, di una nuova avventura da vivere e condividere con tutti gli altri componenti il nostro stesso nucleo familiare. Ci eravamo imbarcati in 12 esseri umani su quella nuova navetta, unitamente a Teddy. Essa ci era costata anni di lavoro e di sudore. Non era, a differenza della navetta a bordo della quale giunsi su Marte, una scialuppa di salvataggio. Essa era dotata di tutti i confort necessari per raggiungere un altro pianeta, malgrado Titano fosse la luna di un gigante gassoso del nostro stesso sistema solare. Lì i robot costruttori, che avevamo imbarcato e che avevamo stivato, ci avrebbero aiutato a realizzare il nostro sogno: affrancarci da Marte.
Il pluridecorato pilota ha vinto la prima task volata lungo un percorso di 93 km e si è classificato secondo nella successiva di 70, vinta dal ciociaro Marco Laurenzi che nella valle è di casa. Nella classifica finale per deltaplani classe 1, decisamente i più diffusi, alle spalle di Ciech, Manuel Revelli di Cuneo e l’alto atesino Anton Moroder.
Questo Campionato Italiano 2022 è stato agganciato alla prima edizione del Trofeo Valcomino, gara aperta anche ai piloti stranieri. Tra costoro l’austriaco Anton Raumauf si è aggiudicato la competizione seguito dal tedesco Diek Ripkens e da Konrad Baumgartner, pilota sud tirolese residente a Milano che è il nuovo campione italiano per deltaplani classe 5, detti anche ad ala rigida per la conformazione della loro struttura. Vice campione d’Italia il trentino Claudio Deflorian davanti a Marzio Digiusto di San Vito al Torre (Udine).
L’evento, inserito nel calendario della Federazione Aeronautica Internazionale, è stato organizzato dall’Aero Club Lega Piloti e dal Volo Libero Valcomino. I decolli sono avvenuti da una pedana sospesa in modo spettacolare sulla valle a Forca D’Acero e gli atterraggi a Campo Guerrano, due località del comune di San Donato Val di Comino (Frosinone) dove era posto anche il centro operativo.
Gustavo Vitali - Ufficio Stampa FIVL
Associazione Nazionale Italiana Volo Libero (registro CONI n. 46578)
il volo in deltaplano e parapendio - 335 5852431 - skype: gustavo.vitali
IMMAGINI di libero utilizzo – VIDEO di repertorio nel sito ufficiale
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Tutti i comunicati stampa FIVL - foto di repertorio
Sono seduto ormai da diverse ore intento ad osservare il panorama che si staglia davanti ai miei occhi; esso è magnificente ed io ho il privilegio di guardarlo dalla finestra della mia camera da letto, la quale si affaccia su Vasistas Borealis. Vasistas Borealis, il più vasto bassopiano di Marte, è l’area geografica di Marte posta a pochi chilometri dal suo polo nord. È estate. Le giornate trascorrono serene. Mio figlio Michael e i suoi figli sono indaffarati a terminare gli ultimi lavori edili e di ammodernamento della loro unità abitativa, da loro edificata nella regione marziana meglio nota come Utopia Planitia, posta a soli dieci chilometri dal luogo di atterraggio della sonda Viking 1.
Io e mia moglie, momentaneamente, ci siamo trasferiti in quest’ultima unità abitativa, non molto dissimile dal primo campo base in cui vissi da giovane sul Pianeta rosso, in attesa che la famiglia si possa ricongiungere definitivamente. Con me e mia moglie è rimasto a darci compagnia l’ape Teddy, ormai giunta alla versione 10.1. Si è guadagnato, ormai da troppo tempo, a ragion veduta, il titolo di membro onorario del mio nucleo familiare. In quest’area geografica del pianeta ci trasferimmo per la prima volta circa venti anni addietro, per scampare alla distruzione di “New Millenium” che avvenne per mano dei coloni di stanza sul nostro satellite naturale: la Luna. Correva l’anno 2060 sul pianeta Terra, mentre per me erano da poco trascorsi venticinque anni dal giorno in cui posai per la prima volta i miei piedi sul suolo polveroso di Marte, quando un missile colpì la base marziana “New Millenium”, distruggendola. Quell’atto di guerra, ignobile, uccise più di novemila esseri umani, la cui unica colpa era stata quella di continuare a sopravvivere su questo desolato e brullo pianeta, in armonia. Il colonnello Mchunzi, leader militare della colonia marziana, aveva preparato i suoi uomini alla controffensiva, ma non vi riuscì tenuto conto che molti dei suoi militari erano deceduti sotto il fuoco nemico;
la sua
risposta all’attacco dei lunari fu impalpabile. Raggruppai i componenti il mio
nucleo familiare, sopravvissuti miracolosamente all’attacco sferrato dal
nemico, e, a bordo di una navetta spaziale da me costruita, trovammo rifugio,
così come altri coloni, su questa immensa distesa di roccia, distante migliaia
di chilometri dall’area del conflitto fratricida. Mia nuora e il più piccolo
dei suoi figli, Lorenz, si erano diretti, momentaneamente, su Encelado, corpo
celeste in cui avevano trovato rifugio i genitori di lei e i suoi fratelli,
sopravvissuti all’attacco sferrato dall’armata lunare nel mese di dicembre
dell’anno 2060. Il 18 maggio del 2061, con mia somma sorpresa, giacché mai
avrei sperato che potesse accadermi una cosa del genere, fui incaricato dal
generale Mchunzi, che nel frattempo si era arrogato il diritto di promuoversi
al grado apicale della sua carriera, di costruire un’arma che potesse essere da
questi utilizzata per sferrare un attacco contro gli uomini del generale
Winchester, la cui unità operativa era da anni di stanza sulla Luna, luogo da
cui era stato sferrato l’attacco da parte del nemico. Non ubbidii a quell’ordine datomi,
preferendo fuggire, nottetempo, con i componenti il mio nucleo familiare in
quell’area geografica marziana che ancor’oggi ci ospita. Sono stato bandito dai
marziani e ritenuto un traditore dai lunari. Manca poco tempo e la navetta spaziale
da me costruita sarà in grado di affrontare un viaggio a velocità
superluminale. Ho intenzione di rifugiarmi su Titano, la luna più grande di
Saturno, ove i robot costruttori da me ideati potranno erigere un habitat per
il futuro mio e degli altri miei cari. Meglio essere stato un bandito che
sapere di essermi macchiato le mani del sangue degli individui della mia stessa
specie. Sono sereno, oggi, della scelta fatta a quel tempo. Il tempo mi ha dato
ragione. L’IA e i robot, nell’inverno del 2070, dopo che avevano preso il
sopravvento, riuscirono a disarmare sia gli uomini di Winchester che quelli del
suo acerrimo nemico, Mchunzi, riportando la pace fra i popoli del cielo. Dieci
anni era durato il conflitto. Dieci interminabili anni, nel corso dei quali io,
mia moglie, mio figlio, sua moglie, e i miei nipoti, abbiamo continuato a
sopravvivere su questo lembo di terra marziana, lontani dal conflitto che ci
aveva quasi sterminato. “Mai più!” Questa era stata la decisione presa dall’IA
e dai robot che ella fu in grado di costruire nel corso di questi ultimi anni.
È grazie a loro che continuiamo a vivere in pace.
- - Joseph, vieni qui un momento! – Esclamò Red.
- - Che cosa c’è? – Gli chiesi io un po’ timoroso,
consapevole del fatto che il mio stato di salute non eccellesse.
- - I tuoi valori non mi piacciono per niente!-
- - Perché qual è il problema?-
Red cominciò ad elencarmi una decina di valori risultati dal mio prelievo
ematico che erano fuori scala. Il ferro era basso e altri miei parametri vitali
gli avevano fatto sorgere il dubbio che io non mangiassi a sufficienza.
- - Ma se non mangi quasi nulla! – Disse Johannés.
- - Ma che dici, amica mia, non è vero!-
- - Senti Joseph, il problema non è perché non
ti nutri a sufficienza, ma perché sei l’unico di noi sopravvissuti in grado di
condurci, forte delle tue conoscenze ingegneristiche, a “New Millenium”; devi
mangiare non solo per te stesso ma anche per la nostra sopravvivenza.
- - Non temete, che appena mi rimetterò in forma la prima cosa che farò è di costruire un robot in grado di assemblare un mezzo meccanico che ci consenta di viaggiare agevolmente sulla superficie polverosa di Marte alla volta della stazione marziana.-
Dissi ai miei
giovani amici, mentendo; ero consapevole che avrei impiegato tantissimo tempo a
costruire qualcosa che potesse funzionare e che potesse consentirci il
trasferimento dal nostro campo base a “New Millenium”. Alla fine ci impiegai
quasi un anno a costruire il robot che fosse stato in grado, a sua volta, di
costruire una macchina in grado di trasportarci e farci arrivare a “New
Millenium”. Costruire una struttura solida con gli elementi di cui disponevamo
non era stato facile. Il robot, pur tuttavia, fu in grado di assemblare un
rover, dall’aspetto bizzarro, sfruttando le parti meccaniche ancora integre
della nostra navetta spaziale. Il robot costruttore, il prototipo di quelli che
oggi scorrazzano sulla superficie di Marte assemblando tutte le strutture che
costituiscono oggi la nostra base, sventrò, letteralmente, la navetta spaziale
estraendo da essa l’alluminio necessario per la costruzione dello chassis del
nuovo rover, oltre che tutta la componentistica elettronica necessaria per la “navigazione”
sul Pianeta rosso. La costruzione delle quattro ruote motrici fu davvero
un’impresa titanica. Non so come abbia fatto, ma alla fine il robot vi riuscì.
Partendo dalla chimica di base presente su Marte, il robot costruttore riuscì a
realizzare, in una specie di fonderia distante dal campo base oltre 100 metri,
una struttura molecolare che aveva paritetiche caratteristiche della gomma
utilizzata dai terrestri per la realizzazione delle ruote dei rover che
avrebbero dovuto solcare il terreno polveroso di Marte. Il software di
controllo e gestione era quello che era già stato installato nel drive del
“Minotauro”, il quale divenne parte integrante della nuova creatura, una sorta di nuovo "perseverance". Ancora
oggi se penso a quel risultato ottenuto in modo provvidenziale, mi viene ancora da
piangere. Non piango per rispetto dei miei nipoti e degli altri componenti il
mio nucleo familiare, i quali si potrebbero preoccupare per me vedendomi piangere. Ora spengo
il computer. Vado a riposare un po’. Scusatemi, ma sono stanco. Un abbraccio, Joseph.
Gli esseri
umani non sono nati per trascorrere tanto tempo nello spazio profondo; essi,
infatti, quali entità biologica a base di carbonio, non tollerano di buon grado
le radiazioni che scaturiscono dalle esplosioni stellari, oppure di tipo
galattico o intergalattico, fra cui i raggi gamma e raggi-X: i cosiddetti raggi
cosmici che, in maniera silente, possono bombardare sino a distruggerle le
cellule di cui si compone il loro organismo. Gli scienziati terrestri, in virtù
di ciò, inventarono nei primi anni Venti del nuovo Millennio una tuta spaziale
in grado di consentire al nostro organismo di viaggiare fra le stelle senza
colpo ferire. Questa piccola invenzione, ma grande dal punto di vista
tecnologico, ci consentì di raggiungere il pianeta Marte senza che i nostri
organi interni venissero danneggiati. Questa invenzione ci permise durante il
nostro lungo viaggio fra le stelle alla volta di Marte di non sviluppare il
cancro. Nell'arco degli otto mesi del lungo viaggio che avremmo dovuto
affrontare oltre le fasce di Van Allen, quindi, malgrado non avessimo il campo
magnetico terrestre a proteggerci, non avremmo dovuto temere di sviluppare
alcun tumore nelle nostre cellule. I raggi cosmici sono fatti per lo più di
protoni liberi, ma si possono trovare nuclei atomici di elementi di varia
natura, con tracce di antimateria. Le loro energie spaziano dalle centinaia di
MeV alle centinaia di miliardi di GeV: essi sono, perciò, estremamente
variegate. Gli scienziati, oltre alla realizzazione delle tute di cui fummo equipaggiati, ci protessero schermando
il nostro "catafalco cosmico" usando materiale idrogenato, ovvero
degli schermi attivi per attutire le radiazioni ionizzanti. Io, pur tuttavia e
malgrado tutte le precauzioni adottate dagli scienziati terrestri, mi ammalai
di tumore al colon-retto quando mi accingevo a festeggiare i miei primi
sessant'anni di vita. Grazie alla IA e ai robot chirurghi, alle terapie mediche
a cui venni sottoposto all'interno della stazione marziana "New Millenium", sconfissi il cancro
prima che le mie cellule si ammalassero definitivamente. Il tumore del
colon-retto rappresentava il 10 per cento di tutti i tumori diagnosticati nel
mondo, ed era terzo per incidenza dopo il cancro del seno femminile e del
polmone. Io fui il primo umano sopravvissuto su Marte che ebbe la sfortuna di contrarre
tale tipologia di tumore. Fortunatamente per me all'epoca dei fatti su Marte la
IA e i robot erano in grado di sconfiggere questo male in tempi celeri: ma
questa è una storia che non mi va di raccontare; preferisco raccontare ai
posteri quello che fummo in grado di realizzare noi piccoli esseri umani su
Marte, la nostra nuova "casa". Erano da poco trascorsi sessanta
giorni dal nostro ammartaggio, quando riuscimmo a realizzare la nostra prima serra
idroponica all'interno del cunicolo lavico in cui avevamo allestito il nostro angusto campo base. La serra da noi realizzata era il frutto di anni di studi
condotti dai ricercatori dell'Università dell'Arizona, anni prima di imbarcarci
all'interno della nostra navetta spaziale. La serra ci consentì oltre che di
sfamarci, anche di produrre, in quantità sufficiente, ossigeno per respirare.
La serra produceva l'ossigeno per il nostro fabbisogno giornaliero e noi
astronauti, in cambio, gli consegnavamo l'anidride carbonica prodotta dalla
nostra respirazione. Si trattava di un piccolo sistema biologico di supporto
vitale auto-rigenerante ed era il risultato dell'impegno profuso da quegli
scienziati che anni prima vennero incaricati dalla Nasa di sviluppare tale
tecnologia per le future esplorazioni umane di Marte. La serra era stata da noi
realizzata con tubi leggeri e pieghevoli che misuravano 5,5 metri di lunghezza
per 2 metri di diametro. La serra era lunga 30 metri e sarebbe stata in grado
di garantirci la nostra sopravvivenza sul Pianeta rosso per anni. Il sistema
era stato progettato in origine per auto-assemblarsi in modo autonomo in modo
da precedere di qualche mese l'arrivo degli astronauti su Marte, così da
accoglierli con piante già cresciute e sfruttabili. La serra ricreava una sorta
di versione idroponica in miniatura dei sistemi terrestri che consentivano la
vita. Era per noi un vero portento! Sono stanco, scusate, ma vado a letto. Non
riesco più a scrivere per oggi. Abbiate pazienza, vi racconterò il resto della
storia fra qualche giorno. Un abbraccio, Joseph.
Buonasera! Oggi mi pregio di pubblicare la recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", dello scrivente Francesco ...
La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.
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Sicilia, la terra del sole. by Francesco Toscano è licenziato sotto CC BY 4.0