Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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giovedì 18 novembre 2010

Il Palazzo reale di Palermo. La Storia di un antico monumento dalle sue origini ai giorni nostri. Seconda parte.

18 Novembre 2010.



Ugo Fancaldo, autore di cronache della seconda metà del secolo XII,  nella sua opera  «Liber De Regno Sicilie », nella quale narrò la storia del regno normanno di Sicilia, soprattutto sotto il regno del re Guglielmo I,detto il Malo, successore di Ruggero, il quale trascorse la maggior parte del suo periodo di regno in Palermo, e la maggior parte delle sue giornate - come sussurravano le malelingue - nei giardini e negli harem del suo palazzo (La presenza fisica del sovrano in Sicilia consenti perciò l'evolversi di un sistema amministrativo alquanto diverso, impostato su fondamenta ad un tempo arabe e bizantine, n.d.r.), continuando nella sua descrizione delle meraviglie del Palazzo reale di Palermo, fra l'altro, aggiunge:" Parecchi altri edifizii per così dire piccoli palazzi, ricchi di splendidi ornamenti erano ivi ancora, dove soleva il Re secretamente trattare coi suoi familiari di affari di stato, o coi magnati dei pubblici e maggiori affari del regno."

Uno di questi era senza dubbio l'aula regia che era attaccata al palazzo; qui fu, come lo stesso Fancaldo riferisce nelle sue cronache, che Guglielmo I il Malo convocò il popolo essendo scappato dalle mani dei congiurati. Nel Palazzo, sappiamo ancora dallo stesso scrittore, vi furono delle carceri. In particolare, il Fancaldo racconta che Guglielmo I, durante la rivolta del Bonello 1160-1161, essendo stati fatti uscire dai congiurati i detenuti dalle carceri del Palazzo, fra i quali dei nobili e dei congiunti del re, durante le fasi concitate della suddetta vicenda, fu per ben due volte assalito da questi, tanto che il sovrano, per evitare il ripetersi di questi  spiacevoli episodi in futuro, fece spostare i detenuti che erano reclusi all'interno del Palazzo facendoli trasferire nelle carceri del Castello a mare, oltre che distribuendoli anche in altri Castelli dell'isola . Anche ai tempi dei Saraceni vi erano all'interno del Palazzo "le pubbliche carceri", come si deduce dalle parole della lettera del monaco Teodosio condotto da Siracusa, dopo l'espugnazione, prigioniero a Palermo:"

Il siracusano Claudio Mario Arezzo, vissuto fra le fine del Quattrocento e il 1575, pubblicò nel 1537 il - De Situ Siciliae -, primo vero tentativo di un completa descrizione geografica della Sicilia, in cui, fra l'altro, riferisce che nel real Palazzo:
Fonte:-

Bibliografia:
  1. "Liber de regno Sicilie";
  2. Descrizione di Palermo antico / ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de' tempi da Salvadore Morso, dalla pagina 17 alla pagina 19.
Linkografia:

martedì 16 novembre 2010

Il Barocco e il Serpotta.

Busto dedicato a Giacomo Serpotta in occasione del secondo centenario della sua morte, presso oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita a Palermo.
Giacomo Serpotta,si formò quasi certamente a Roma. Nel 1682 è di sicuro a Palermo per l'esecuzione della statua equestre di Carlo II di Borbone. Iniziò con l'"Oratorio di San Fedelio" (1678) la sua lunga attività di decoratore in stucco d'interni di edifici sacri nella città di Palermo, che viveva sotto i Borboni un periodo fiorente delle arti, grazie al loro mecenatismo. Tra le sue opere più alte ricordiamo le decorazioni degli oratori di Santa Cita, del Rosario a San Domenico, di San Lorenzo e la chiesa di San Francesco d'Assisi.La personalità del Serpotta sovrasta di gran lunga quella, pur notevole, degli artisti siciliani del suo tempo; i suoi rilievi, che si dilatano sulle pareti degli edifici come ramificazioni sinuose e sensuali, riflettono solo in parte i motivi della scultura barocca, ma l'interpretano in chiave assolutamente personale ed inedita con un gusto che prelude già chiaramente allo stile rococò. I suoi famosi Teatrini, vere e proprie nicchie di grande profondità ed elevata complessità, rappresentano un elemento innovativo e geniale che ha cambiato il volto delle decorazioni a stucco nel periodo barocco innovandone il linguaggio formale. Mirabili ed esemplari sono sia quelli dell'Oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita, in cui vengono ripercorsi i misteri gaudiosi e dolorosi, che quelli, altrettanto straordinari anche se mutilati da furti e atti di vandalismo, dell'Oratorio di San Lorenzo, incentrati questa volta sulla vita dei santi Francesco e Lorenzo.


Un percorso nei quattro mandamenti della città alla scoperta dei capolavori di Giacomo Serpotta.

Qualche anno addietro l’Amministrazione comunale di Palermo ha dato ufficialmente il via all’Anno serpottiano, che focalizza l’attenzione nazionale ed internazionale su Palermo e sui capolavori del grande artista siciliano, custoditi in chiese e oratori del centro storico. In quest’anno che vede la ricorrenza del 350° anniversario della nascita di Giacomo Serpotta, sono stati inaugurati quattro percorsi serpottiani, dislocati nei mandamenti del centro storico. I siti visitabili sono complessivamente venti. L’iniziativa, promossa dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Regione, la Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali e la Curia, è stata fortemente voluta dal Sindaco Diego Cammarata. Il percorso “Itinerari serpottiani” s’inserisce nel Progetto Cultourmed, nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria Medocc, a cui partecipano, oltre Palermo, anche Palma di Maiorca, Creta, Malta, la Sardegna e la Campania, e che prevede la realizzazione di differenti itinerari culturali in questi diversi luoghi del Mediterraneo, mete favorite delle navi da crociera. L’avvio dei quattro itinerari è stato anche occasione per eseguire interventi di manutenzione e riqualificazione nei siti interessati. Il sindaco Cammarata ha costituito una task force formata da rappresentanti del settore manutenzioni, del Coime, del Settore Ville e Giardini, con la collaborazione delle aziende Amia e Amap e della Polizia municipale. Una ventina di questi interventi sono già stati eseguiti, dalla sistemazione di alcune basole alla riparazione di caditoie, e si continuerà a monitorare la zona per migliorare l’arredo urbano delle zone che ospitano l’iniziativa, che rimangono sotto stretto controllo anche dal punto di vista della pulizia. Ai visitatori viene distribuita una guida realizzata dal gruppo di lavoro del progetto, coordinato da Donatella Palumbo e Cleo Li Calzi, contenente la piantina del percorso lungo i quattro mandamenti e le schede approfondite delle chiese e degli oratori, appositamente realizzate dallo storico dell’arte e vicedirettore del Museo Diocesano, Pierfrancesco Palazzotto. Il progetto consente, dunque, di unire in un unico circuito chiese e oratori in cui si trovano le opere di Giacomo Serpotta, offrendo tutti gli elementi per renderli fruibili. Ciascun sito è visitabile nei quotidiani orari di apertura, mentre per quelli abitualmente chiusi è possibile prenotare apposite visite guidate.

L’elenco delle chiese e degli oratori inseriti nel circuito degli itinerari Serpottiani.

Il primo itinerario comprende l’oratorio dei Bianchi (via dello Spasimo), la chiesa di Santa Maria della Pietà (via Torremuzza), l’oratorio dell’Immacolatella (via Immacolatella), la chiesa di Santa Maria degli Angeli detta la Gancia (in via Alloro),la chiesa di San Francesco d’Assisi (piazza San Francesco d’Assisi),la chiesa dell’Assunta (in via Maqueda) e l’oratorio di San Lorenzo (via Immacolatella); il secondo itinerario comprende l’oratorio del Santissimo Rosario in San Domenico (in via dei Bambinai), l’oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita (via Valverde) e la chiesa di San Matteo (corso Vittorio Emanuele); il terzo itinerario, la chiesa di Sant’Agostino alias Santa Rita (via S.Agostino), l’oratorio di Santo Stefano Protomartire (piazza Monte di Pietà) e la chiesa di Santa Ninfa (via Maqueda); nel quarto itinerario, infine, sono comprese la chiesa del Carmine Maggiore (in piazza Carmine), la chiesa del Gesù a Casa Professa (piazza Casa Professa), la chiesa di Sant’Orsola (via Maqueda), l’oratorio di San Giuseppe dei Falegnami (via G. D’Alessi), l’oratorio del Carminello (via Porta Sant’Agata), l’oratorio del Sabato a Casa Professa (piazza Casa Professa) e l’oratorio di San Mercurio (cortile San Giovanni degli Eremiti).

LA VITA E LE OPERE DI GIACOMO SERPOTTA.

Stucchi del Serpotta presso la Chiesa di Sant'Agostino, anche detta di Santa Rita, a Palermo
Definito da Donald Garstang “il principale artista dello stucco in Europa” e da Giulio Carlo Argan “uno dei massimi scultori del Settecento”, Giacomo Serpotta (Palermo, 1656-1732) realizzò un’autentica rivoluzione stilistica e culturale, rinnovando la tecnica tradizionalmente povera dello stucco in arte ricercata e alla moda. Ebbe fama, successo e committenze dalle principali congregazioni e compagnie ecclesiastiche cittadine e siciliane: oggi i sontuosi apparati decorativi (suoi o di allievi membri della famiglia) sono presenti in una trentina fra oratori e chiese nella sola Palermo.

Il suo “segreto” fu quello di aggiungere polvere di marmo alla calce e al gesso, fino ad allora normalmente usati per formare lo stucco: polvere di marmo che dava una inusitata patina di lucentezza alle figure. La difficoltà di questa tecnica, cioè la rapidità con cui doveva essere lavorato lo stucco prima che si asciugasse, richiedeva un artista particolarmente fantasioso nell’improvvisare dettagli nei volti, nei gesti e negli ornamenti. Accadde, così, che molte confraternite che, per motivi economici, non potevano permettersi il marmo, si rivolsero a Serpotta, il quale con lo stucco realizzava opere assai meno costose, ma dai risultati ugualmente brillanti. L’eccezionale tecnica di Serpotta si sposò al suo talento compositivo, all’esuberanza del gusto e alla capacità di organizzare spazio, immagini e forme nell’ambiente in cui doveva operare. Quel che continua ad essere sorprendente, infatti, dopo 350 anni, nell’opera di questo genio della plastica scultorea, è la sua qualità di magistrale regista di spettacoli d’incomparabile grazia, rispetto al contesto spaziale in cui sono poste le sculture, dove risulta stupefacente la loro orchestrazione plastica e fluttuante. Al punto che, forse, più che di decorazione, è più opportuno parlare di un raffinato teatro nel quale figure allegoriche, putti e “teatrini prospettici” possiedono una vitalità così intensa e morbida, da realizzare una dinamica ritmica quasi musicale. La vita. Poco si sa della sua vita, che non provenga da documenti riguardanti le opere. Nacque nel 1656 a Palermo, nel quartiere della Kalsa, da una famiglia di lapicidi e marmorari palermitani. Il padre Gaspare – autore di due gradevoli statue in Cattedrale – era un uomo difficile, amava i cavalli da corsa e nel 1656 rimase gravemente ferito in una rissa; fu poi arrestato e andò in galera, lasciando la famiglia in gravissime difficoltà economiche. Questa condizione di estrema povertà dei Serpotta e i loro legami di parentela con le principali famiglie artigiane della città fanno pensare che la formazione di Giacomo avvenne nelle botteghe locali, peraltro di eccellenti tradizioni. Certi suoi riferimenti al Barocco romano, più che dovuti ad una sua permanenza nella capitale (piuttosto dubbia), sono da ascrivere alla conoscenza di stampe coeve o a collaborazioni con artisti che a Roma avevano lavorato. Il primo incarico lo ebbe a Monreale, dove collaborò alla decorazione della chiesetta della Madonna dell’Itria. Ma il primo lavoro significativo lo fece nell’oratorio della compagnia della Carità in San Bartolomeo (1679), una delle più antiche di Palermo, distrutto nell’ultima guerra. Fu forse grazie a questo intervento che gli venne commissionata (1680) la statua di Carlo II di Spagna, fusa in bronzo a Messina e distrutta durante i moti del 1848. L’opera più antica che ci è pervenuta, invece, è costituita dai due altari del transetto della chiesa del Carmine, a Ballarò, con l’uso di gigantesche colonne tortili. Il primo capolavoro è l’apparato decorativo nell’oratorio del Rosario a Santa Cita (1685-1690), dove l’artista stuccatore diventa scultore a tutto tondo, padroneggiando sia i grandi spazi che i più piccoli dettagli; e dove si mescolano armoniosamente senso drammatico, sottigliezza psicologica e capacità comunicativa. Qui è importante la probabile collaborazione progettuale con Giacomo (o Paolo) Amato. Ma l’opera forse più equilibrata e solenne di Giacomo Serpotta è la decorazione per l’oratorio dei Santi Lorenzo e Francesco (1699-1706), dove la fusione tra lo stucco e i dipinti seicenteschi presenti nell’ambiente crea un’atmosfera da sacra rappresentazione barocca; un barocco non più grave e pesante, bensì giocoso e leggiadro. Le principali opere successive andranno verso una visione sempre più tendente al rococò: i modelli per i marmi scolpiti da Gioacchino Vitagliano a Casa Professa (primi ’700), gli stucchi nelle chiese di Sant’Agostino (1711), di San Francesco d’Assisi (1723) e di San Matteo (1728). Famiglia e allievi. Serpotta si circondò spesso di allievi e collaboratori, anche per gestire l’enorme quantità di commesse che riceveva. Alcune opere, così, seppure documentate a Giacomo, non sono a lui riferibili, se non nel disegno generale e in qualche parziale intervento. Tra questi collaboratori, che raggiunsero peraltro ottimi livelli di qualità, ci furono il fratello Giuseppe (Palermo, 1659-1719), autore degli stucchi dell’oratorio dei Falegnami; il figlio Procopio (Palermo o Monreale, 1679 - Caccamo 1755), considerato il vero erede del padre, cui si devono, fra l’altro, le decorazioni della chiesa dell’Assunta e degli oratori di Santa Caterina d’Alessandria e del Sabato a Casa Professa; e il nipote Giovan Maria Serpotta (notizie nella metà del ’700), figlio di Procopio. “Il progetto – sottolinea il sindaco Diego Cammarata – promuove la nostra città, ne mette in mostra un passato illustre, evidenziandone, nello stesso tempo, un presente fatto di cantieri aperti, di lavori per creare infrastrutture e sviluppo. I quattro itinerari serpottiani danno la possibilità ai turisti e anche agli stessi cittadini di conoscere un patrimonio prezioso; ma mostranno pure una città che ha fatto della riqualificazione e del recupero una delle sue priorità, che accende i riflettori sul suo cuore antico, con grande attenzione al decoro e all’arredo urbano”.

ITINERARI SERPOTTIANI (una task-force si occupa degli interventi di manutenzioni e riqualificazione).

L’avvio dei quattro itinerari alla scoperta delle opere del Serpotta è stato anche l’occasione per portare avanti interventi di riqualificazione e manutenzione nei siti dove insistono chiese ed oratori. Numerosi interventi sono già stati eseguiti nelle strade inserite nei percorsi interessati. Si va dalla sistemazione del basolato alla riparazione di alcune caditoie, allo spostamento e alla ricollocazione di alcuni cassonetti. E si continua a lavorare per migliorare l’arredo urbano delle aree interessate alla manifestazione. La zona resta sostanzialmente sotto stretto controllo, anche dal punto di vista della pulizia, affinché sia gradevole ed accogliente. La filosofia che anima ancora una volta questo progetto è quella del recupero, della riqualificazione e rivalutazione del territorio, che va di pari passo con l’offerta culturale, con l’apertura e la fruizione di uno dei patrimoni più preziosi che la città possiede. Per raggiungere questo obiettivo è stata messa in campo una task-force, coordinata dall’ingegnere Girolamo D’Accardio, formata da rappresentanti del Settore Manutenzioni, del Coime e dell Settore Ville e Giardini, con la collaborazione delle aziende Amia ed Amap.

Tratto dal sito:
  • http://www.comune.palermo.it/

I monumenti di Palermo: Fontana Pretoria o della vergogna.

Piazza Pretoria, Palermo (Fonte: Wikipedia)


16 Nov. 2010.


Fontana Pretoria, situata sull'omonima piazza a Palermo.

Commissionata agli scultori Francesco Camilliani e Michelangelo Naccherino da Don Pedro di Toledo, suocero di Cosimo I de’ Medici quale fontana per lo splendido giardino della sua villa fiorentina.

Nel 1552 la fontana venne acquistata dal Senato Palermitano e collocata nella piazza su cui prospetta il Palazzo Pretorio, oggi sede del Consiglio Comunale e degli uffici del Sindaco.

La fontana ruota attorno ad un bacino centrale circondato da quattro ponti di scalinate e da un recinto di balaustre.Distribuite all’interno di questa complessa costruzione architettonica le statue raffigurano gli dei dell'olimpo e i fiumi di Palermo, Oreto, Papireto, Gabriele e Maredolce.

La Fontana Pretoria occupando gran parte dell'estensione caratterizza fortemente il Piano Pretorio. Tre dei quattro lati sono chiusi da edifici: il Palazzo Pretorio (sede del Comune) costruito nel XIV secolo e ristrutturato nel XIX secolo, la Chiesa di Santa Caterina (fine del XVI secolo), e due palazzi baronali: Palazzo Bonocore e Palazzo Bordonaro. Sul quarto lato la piazza scende con una scalinata su via Maqueda.


La piazza e' anche detta da alcuni “Piazza delle Vergogne” per le nudità delle statue e per un curioso fatto di cronaca avvenuto nei primi anni '70 quando un Pretore fece arrestare una giovane turista che ammirava la fontana in hot-pants e censuro' le statue costringendo i vigili urbani a rivestirle con pezzi di stoffa (lo stesso Pretore partecipo' poi ad una esilarante puntata del salotto televisivo di Costanzo, confrontandosi con Ilona Staller). 

Nella parte centrale, la Fontana è del tipo a “candelabra”, secondo la tradizione rinascimentale fiorentina, con pianta ellittica con tre tazze che si susseguono in modo degradante in altezza attorno ad uno stelo, culminante con la figura di Bacco; alla base è stata aggiunta una vasca grande.

Al livello inferiore sono quattro vasche ovali con quattro figure adagiate, personificazioni di fiumi (l’Oreto, il Papireto, il Gabriele e il Maredolce), addossate al bordo esterno della grande peschiera, all’interno della quale versano acqua le teste di sei animali che fuoriescono da nicchie; la peschiera è divisa in quattro settori separati da gradinate,che conducono al circuito superiore, e da balaustre su cui spiccano quattro figure di divinità. Una balaustra di marmo recinta il tutto, interrotta da quattro aperture inquadrate da due Erme ciascuna. 



Per visualizzare la galleria di immagini relativa alla fontana, vi invito a visitare il seguente link .


giovedì 11 novembre 2010

Cucina: storia e tradizioni,l'arte del gusto.

11 novembre 2010. "Palermo la ghiotta" è definita con caratteristica proverbiale, perché i suoi abitanti hanno sempre ritenuto il cibo non solo alimento fisiologico, ma pure appagamento del gusto. I palermitani non si nutrono, mangiano. La città ha quasi tremila anni, ma non li dimostra. Il primo insediamento umano al riparo del Monte Pellegrino - in una tranquilla caletta dove sfociavano due ruscelli - fu opera di Fenici, Sicani, Greco-ciprioti e mercenari provenienti da ogni angolo del Mediterraneo. Una città emporio per i commerci, con un cosmopolitismo che continuò anche quando arrivarono i Romani, e che influenza ancora oggi la cucina derivante proprio da quelle antiche culture. Occidente e Oriente qui fusero spirito e materia: attorno a Palermo confluì quel corredo. Per conseguenza, anche la cucina è un immenso giacimento culturale. La tavola può diventare, così, luogo di introspezione delle differenti civiltà che si sono avvicendate. Testo tratto dall'opuscolo informativo "alla scoperta della provincia di Palermo - Cucina storia delle e tradizioni" edito dall'Azienda Autonoma Provinciale per l'incremento Turistico di Palermo, sita a Palermo alla piazza Castelnuovo 35. Il webmaster del sito, Francesco Toscano, ringrazia l'AAPIT per la gentile concessione fattagli a seguito della quale è stato possibile realizzare questa e le successive pagine web. L'azienda è presente sul web all'indirizzo: 

Il Palermo calcio in Europa dal 2005 al 2008.

11 Novembre 2010.

Il Palermo riesce a qualificarsi per la prima volta in una coppa europea nella stagione 2004/2005, l'anno del suo ritorno in serie A dopo 31 anni.

Stagione 2005/2006

La prima avventura del Palermo in coppa Uefa comincia contro la squadra dell'Anorthosis Famagosta: il doppio confronto avviene il 15 settembre ed il 29 settembre 2005 ed è una doppia vittoria per il Palermo, in casa vince 2-1 e stravince in trasferta 4-0, il primo storico goal nella competizione viene segnato dal capitano Eugenio Corini su punizione, nello stadio amico, raddioppierà poi Franco Brienza su rigore, mentre nel secondo tempo i ciprioti dell'Anorthosis dimezzeranno lo svantaggio. Il ritorno in terra cipriota sarà una valanga rosanero, infatti andranno a segno Andrea Caracciolo, due volte Stephen Makinwa e Mario Alberto Santana. I rosanero si qualificano quindi alla fase a gironi, la prima partita contro il Maccabi P.T. verrà vinta in trasferta dal Palermo (risultato finale 1-2), poi in casa un pareggio a reti inviolate contro i russi del Lokomotiv Mosca, quindi si vola a Barcellona dove l'Espanyol pareggia all'ultimo minuto di recupero una partita che il Palermo stava vincendo (risultato finale 1-1); infine in casa contro i danesi del Brondby il Palermo vince nuovamente (risultato finale 3-0). In virtù di questi risultati, con 8 punti, la squadra si qualifica prima nel girone ed accede ai sedicesimi. Ai sedicesimi il Palermo incontra i cechi dello Slavia Praga, l'andata in trasferta il 15 febbraio si perde di misura (2-1) con goal di Giovanni Tedesco; al ritorno il 22 febbraio vince il Palermo 1 a 0 con goal di Denis Godeas: in virtù del goal in trasferta è il Palermo ad accedere agli ottavi. Gli avversari sono i forti tedeschi dello Shalke 04 Gelsenkirchen. L'andata si gioca a Palermo il 6 marzo 2006: un goal di Brienza illude i rosanero che vincono 1 a 0. Il ritorno in Germania il 16 marzo è una disfatta: allo scadere del primo tempo, per fallo di mano in area, con il pallone che stava terminando in rete, viene espulso il capitano Eugenio Corini e fischiato un rigore contro il Palermo, poi realizzato: la partita terminerà 3 a 0 per lo Shalke 04 Gelsenkirchen. Si conclude così la prima avventura europea del Palermo.

Il Palermo comincia con una vittoria la sua avventura in Europa superando la formazione cipriota dell'Anorthosis Famagosta per 2-1.

Stagione 2006/2007

La seconda stagione consecutiva in Coppa Uefa inizia con un preliminare di lusso, il 14 settembre, a Londra contro il West Ham United: il Palermo riesce a vincere con un goal di Andrea Caracciolo; il ritorno in casa è una festa del goal, il 28 settembre il Palermo vince 3 a 0 con doppietta di Fabio Simplicio e goal di David Di Michele.

Si passa alla fase a gironi, i primi avversari del Palermo sono i tedeschi dell'Eintracht Francoforte sul Meno, in trasferta il 19 ottobre Franco Brienza e Cristian Zaccardo saranno i marcatori per il 2 a 1 finale per il Palermo. Sembra il preludio per una nuova avventura europea; in realtà negli incontri successivi il sogno svanirà con la vittoria per 1 a 0 del Newcastle United a Palermo, la vittoria per 3 a 0 del Fenerbhace Istanbul in Turchia e il pareggio 1 a 1 in casa, in rimonta, contro il Celta Vigo.

Il Palermo con 4 punti arriva quarta nel girone e non si qualifica per la fase successiva.

Stagione 2007/2008

Il Palermo vince la prima partita in trasferta contro il Mlada Boleslav grazie ad un goal di Bosko Jankovic negli ultimi minuti. Ma incredibilmente si fa eliminare al ritorno, ai calci di rigore (sbagliati da Edinson Cavani e Fabio Caserta, (contro un solo errore degli avversari cechi), dopo aver perso la gara interna in virtù di un goal in fuorigioco subito negli ultimi secondi del recupero. Enorme la delusione dei tifosi.

L'Unione Sportiva Palermo e l'anno della rinascita.

11 Novembre 2010.

Nella stagione calcistica 1986/1987, il Palermo calcio non veniva ammesso alla Serie B per inadempienze finanziarie. La città per un lungo anno esce di scena dal calcio che conta e i palermitani sono costretti a recarsi nei campetti di periferia la Domenica per assistere ad una partita di calcio, calcio dilettantistico, dopo circa novant'anni di calcio disputato, a fase alterne, anche nella massima serie A, sfiorando per ben due volte la vittoria della Coppa Italia con il Bologna e con la Juventus. A fine stagione assume la denominazione di Città di Palermo e, per bacino d'utenza e storia calcistica,viene ammesso a partecipare al campionato di serie C2. Una cordata di imprenditori locali creano la nuova società nominando presidente il Sig. Salvino Lagumina dal 07 gennaio 1987 al 12 giugno 1989. Il Palermo disputa il campionato nel Girone D della Serie C/2. Conquita la promozione sul campo classificandosi primo nel suo girone.

Storia del Palermo calcio dal 1920 al 2007.

11 Novembre 2010.

 Nel 1920 la squadra con il nome di Unione Sportiva Palermo conquistò il primo titolo nella Coppa Federale Siciliana dove militavano anche le squadre di Catania e Messina. L'anno dopo partecipò per la prima volta al campionato di Prima Divisione (Serie A) e venne inserito nel campionato siciliano della lega sud. Lo vinse e si qualificò alla fase finale della lega Sud dove venne però eliminata al primo turno dall'Audace Taranto per 1-0. Nel 1924 vinse il campionato siciliano e si qualificò così alle semifinali interregionali della Lega Sud dove viene però eliminata. A seguito di una riforma dei campionati il Palermo venne ammesso nel 1926 in Prima Divisione (una sorta di Serie B), da dove però dovette ritirarsi a stagione iniziata per problemi finanziari. Nel 1929 il Palermo venne ammesso in I Divisione, l'equivalente della Serie C di oggi, per l'occasione venne creato un nuovo scudetto in stile futurista.
Fu promosso in Serie B l'anno successivo. Nella stagione 1930-31 sfiorò la promozione in A terminando il campionato al terzo posto a soli tre punti dal Bari. Nella stagione successiva il Palermo ottenne la promozione in A grazie anche ai 27 goal segnati dal suo bomber, Radice. Nello stesso anno venne inaugurato lo Stadio "La Favorita" di Palermo che allora si chiamava Stadio Littorio. 
La prima partita nel nuovo stadio venne disputata il 24 gennaio 1932 contro l'Atalanta; il Palermo vinse la partita per 5-1. Nel 1934-35 la squadra giocò un buon campionato classificandosi settima. La stagione successiva tuttavia venne retrocessa in B. 
In quegli anni in Serie B militavano tre squadre siciliane, il Palermo, il Messina e il Catania; fu in quegli anni che il Palermo giocò i primi derby contro il Calcio Catania. La prima partita ufficiale tra le due squadre in Coppa Italia si giocò a Catania nel 1935-36 e finì 1-0 per la squadra di casa. Il primo derby in campionato si disputò il 1 novembre 1936 allo Stadio Littorio, finì 1-1 e fu vista da solo otto tifosi del Catania; il Palermo vinse poi la gara di ritorno per 1-0. Nel 1940 la squadra venne esclusa dal campionato per inadempienze finanziarie; ricominciò dalla serie C in seguito alla fusione con la Juventina Palermo. 
Nel 1942 la squadra tornò in Serie B ma nella stagione successiva il presidente della società Beppe Agnello fu costretto a ritirare la squadra dal campionato in seguito all'invasione americana della Sicilia.

Il dopoguerra

Nella stagione 1947-48 il Palermo vinse il campionato di Serie B e ritornò così in Serie A; in quella squadra militavano giocatori come il Cecoslovacco Cestmír Vycpálek e gli italiani Conti, Di Bella e Pavesi. Il presidente del Palermo era il Principe Raimondo Lanza di Trabia. Il Palermo arrivò 11° in Serie A la stagione successiva a cui seguirono tre stagioni concluse a metà classifica. Nel 1953-54 venne retrocessa di nuovo in Serie B. Senza scoraggiarsi il Palermo cambiò molti membri della società incluso il presidente. Fu assunto un nuovo allenatore, Carlo Rigotti, insieme a 14 giocatori, inclusi Enzo Benedetti che fu il capitano della squadra dal 1955 al 1962.Grazie a un secondo posto in B nella stagione 1955 – 56 il Palermo tornò in Serie A. Palermo divenne negli anni successivi una sorta di squadra "yo-yo" che alternava promozioni in A a retrocessioni in B. Il campione del AC Milan Ettore Puricelli allenò la squadra in questo periodo e la star del River Plate Santiago Vernazza divenne l'idolo dei tifosi grazie a 51 goal in 115 partite. È tuttora oggi secondo nella classifica marcatori del Palermo.
Negli anni '60 militò nel Palermo il portiere Roberto Anzolin che poi venne ceduto alla Juventus con cui giocò oltre 200 partite.
Un altro buon giocatore che militò nel Palermo a quei tempi fu Giuseppe Furino. Negli anni '60 la società rosanero ebbe un buon rapporto con la Juventus che prestò ai rosanero Carlo Mattrel e Franco Causio. Nella stagione 1961 – 62 il Palermo disputò un ottimo campionato arrivando 8° in Serie A. Negli anni '60 il Palermo militò soprattutto in Serie B (dal 1963 al 1968) cambiando il nome in Società Sportiva Palermo nel 1967.

Gli anni '70

Il 4 maggio 1970 Renzo Barbera divenne il nuovo presidente del club; viene considerato da molti il miglior presidente del Palermo di sempre. Dopo il 1973 il Palermo militò in Serie B per un lungo periodo di tempo. Nonostante giocasse in B in quel periodo il Palermo sfiorò la vittoria della Coppa Italia nel 1974 e nel 1979; nel 1974 venne battuta a Roma in finale dal Bologna ai calci di rigore dopo che i tempi regolamentari e supplementari si erano chiusi sul risultato di 1-1, con rete del pareggio bolognese ottenuta nei minuti di recupero su rigore concesso magnanimamente dall'arbitro Gonella; nel 1979 perse la finale a Napoli per 2-1, dopo i tempi supplementari, battuta dalla Juventus che era riuscita a pareggiare sul finale di partita il goal di Chimenti. Nel 1977 la società rosanero cambiò il nome in Società Sportiva Calcio Palermo.

Gli anni '80

Il 7 marzo 1980 Barbera vendette il club al costruttore Gaspare Gambino, in seguito ad una penalizzazione di cinque punti legata allo scandalo Totonero che coinvolse il centrocampista del Palermo Guido Magherini che venne squalificato per 3 anni e mezzo. Nel 1984 il Palermo venne retrocesso in Serie C1 per la prima volta della sua storia ma ritornò in Serie B la stagione successiva. Al termine della stagione 1985 – 86 il Palermo fu radiato dalla FIGC per un debito di poco inferiore ai 500 milioni di vecchie lire. Dopo la radiazione il club scomparve per un anno e rinacque nel 1987. Per concessione della Federazione venne ammesso direttamente alla serie C2, invece di ripartire dalla categoria dell'Eccellenza come prevedevano le norme. Nel 1988 il Palermo tornò in C1.

Gli anni '90

Il Palermo tornò in Serie B solo nel 1991 ma l'anno dopo tornò in C1. Il Palermo vinse il campionato di Serie C1 nel 1993: in quella stagione in Serie C1 militavano numerose altre squadre siciliane come il Messina, il Catania, il Giarre, il Siracusa e l'Acireale, con l'Acireale che venne promosso in Serie B insieme al Palermo. I rosanero restarono in Serie B per quattro stagioni e nel 1994 ottennero una prestigiosa vittoria in trasferta per 1-0 contro il A.C. Milan nel secondo turno di Coppa Italia.

In quegli anni a causa delle ristrettezze finanziarie della società la squadra era composta da moltissimi ex primavera che riuscirono una stagione (1995/1996) a sfiorare la promozione in serie A. Tra i giovanissimi che militavano in quel Palermo ricordiamo: Gaetano Vasari e Giacomo Tedesco che da lì a poco passarono alla serie maggiore. A guidare questo gruppo era presente un capitano di lunga esperienza, Roberto Biffi. Nella stagione successiva il Palermo venne retrocesso in Serie C1. Nel 1997 il Palermo giocò uno dei suoi peggiori campionati, retrocedendo in Serie C2 dopo un drammatica e scioccante sconfitta nei play-out contro la Battipagliese (0-1 in trasferta, 0-0 in casa); tuttavia il Palermo venne ripescato in C1, in seguito all'esclusione, per problemi finanziari, dell'Ischia Isolaverde, un'altra squadra di Serie C1. E' in pratica, senza che nessuno lo sappia ancora, l'inizio della riscossa verso i massimi livelli del calcio italiano. Il presidente della AS Roma Franco Sensi comprò il club nel 2000 e nella stagione 2000-01, dopo una fuga solitaria che stava però per terminare prima del traguardo (con il cambio di allenatore a due giornate dalla fine, da Sonzogni a Sella), il Palermo vinse la Serie C1/B e venne promossa in Serie B.

Dal 2001 ad oggi


Nella stagione 2001/02, il Palermo disputa il campionato di Serie B classificandosi all' 11° posto in classifica con 48 punti. L'anno successivo, stagione 2002/03, il Palermo disputa il campionato di serie B, classificandosi al 5° posto in classifica con 58 punti. Ma questa volta 
c'è Maurizio Zamparini. Nella stagione 2003/04,il Palermo disputa il campionato di Serie B, classificandosi al 1° posto in campionato con 83 punti. Il Palermo vince il campionato di serie B e, dopo 32 anni, viene Promosso in serie A. 
Nella stagione 2004/05, in Serie A, si classifica al 6° posto con 53 punti. Il Palermo termina 6° in classifica questa magnifica stagione e per la prima volta nella sua storia si qualifica in Coppa Uefa. Nella stagione 2005/06, in Serie A, si classifica al 5° posto con 52 punti. Si qualifica nuovamente in Coppa Uefa. Nella stagione 2006/07, in Serie A, si classifica al 5° posto con 58 punti. Stabiliti i seguenti record della storia rosanero: 1) maggior numero di punti in un campionato di serie A: 58 ; 2)maggior numero di vittorie in un campionato di serie A: 16; 3)maggior numero di vittorie in trasferta in un campionato di serie A: 7 .



L'oratorio di Santa Cita di Palermo.

Storia

Il primo impianto della chiesa è del XIV secolo, si trattava di una chiesa di modesta entità che venne abbattuta e ricostruita nel XV secolo, successivamente anche questa fu ritenuta inadeguata e fu stilato un nuovo progetto da parte dell'architetto Giuseppe Giacalone finanziato da un gruppo di pisani che abitavano l'area. La nuova chiesa venne costruita tra il 1583 ed il 1603, anche se la facciata venne ultimata soltanto nel 1781. La chiesa subì grossi danni durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale al termine della quale venne restaurata eliminando le danneggiate navate laterali trasformandola così in una chiesa a singola navata. Dopo i restauri venne riaperta nel 1952.

Architettura

La chiesa ha subito grosse modifiche a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, a causa dei quali sono andate perdute le navate laterali ma sono rimasti intatti l'abside ed il transetto. Annessa alla chiesa ci è un omonimo oratorio. All'interno si conservano molte opere contemporanee alla costruzione della chiesa tra le quali troviamo l'altare maggiore, alcuni sarcofagi e la cappella marmorea. E' presente anche un arco di pietra appartenente alla prima chiesa del XIV secolo.

L'Oratorio

Vi si accede attraverso la Chiesa di S. Zita (Cita è la deformazione toscana) che possiede un elegante arco marmorea di Antonello Gagini (nel presbiterio) e la bella cappella del rosario (a destra del presbiterio) in cui tarsie policrome si sposano a delicati stucchi. L'oratorio è il capolavoro del maggiore decoratore barocco, Giacomo Serpotta, che lavorò tra il 1686 ed il 1718. Un tripudio di angioli e putti dalle espressioni e posizioni estremamente libere e plastiche sembrano giocare tra di loro, si arrampicano sulla cornice delle finestre, fanno capolino da ghirlande floreali, voltano le spalle in maniera irriverente, piangono, dormono, allacciano le mani intorno alle ginocchia in atteggiamento pensoso. L'attenzione è subito catturata dalla controfacciata. Un drappo panneggia tutta la parete ed un nugolo di putti si affanna a sostenerlo. Al centro, un rilievo con a Battaglia di Lepanto è affiancato dalle figure di due giovani emaciati, simbolo degli orrori che la guerra può provocare. Tutt'intorno alcuni riquadri, presenti anche sotto le finestre delle pareti laterali, ripercorrono i Misteri del Rosario. A partire dalla parete di sinistra troviamo i Misteri Gaudiosi: Annunciazione, Visitazione, Natività e Presentazione al Tempio. A destra i Misteri Dolorosi: Gesù nell'Orto del Getsemani, Flagellazione, Coronazione di Spine e il Calvario. Sul fondo i Misteri Gaudiosi (a partire dal basso a sinistra): Risurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione di Maria. In alto, al centro, l'incoronazione di Maria. All'altare, una bella tela di Carlo Maratta raffigura la Madonna del Rosario (1690). Le 8 finestre che ornano le pareti laterali per lato sono "sorvegliate" da figure allegoriche. Il nugolo di putti di S. Cita e la Battaglia di Lepanto Poco lontano, nell'omonima piazza, sorge S, Giorgio dei Genovesi, uno dei pochi esempi tardo-rinascimentali a Palermo. Oggi sconsacrata e spesso utilizzata come spazio espositivo, venne fatta edificare dalla comunità di mercanti genovesi che spesso qui trovarono sepoltura (belle le lastre tombali). In via Cavour, l'edificio della Prefettura in stile neogotico veneziano era la villa Whitaker costruita da uno dei dodici nipoti dell'imprenditore Ingham.

Toponomastica

Il nome Cita deriva dal termine Zita ma pronunciato in dialetto fiorentino. In realtà la chiesa è consacrata al culto di San Mamiliano.


La Chiesa di San Giuseppe dei Teatini di Palermo.

11 Novembre 2010.

La Chiesa fu eretta nei primi del Seicento per l'ordine dei Teatini. La facciata principale presenta una statua settecentesca che raffigura San Giuseppe, opera di Baldassarre Pampillonia, posta su uno scudo di marmo, sul quale è scolpito l'emblema dei falegnami. Presso la facciata secondaria sono collocate le sculture raffiguranti Sant'Andrea Avellino, San Gaetano e lo stemma dell'ordine dei Teatini.La struttura interna è basilicale, con tre navate scandite da colonne. Negli archi che separano le navate si trovano le decorazioni tardo settecentesche di Antonio Manno, che raffigurano gli Apostoli. La copertura a botte della navata principale è decorata dai dipinti di Filippo Tancredi incorniciati dagli stucchi di Paolo Corso. Nelle navatelle si aprono le cappelle ornate da affreschi e stucchi. La Cappella della Madonna della Purità presenta la raffigurazione dell'omonima Madonna incastonata nella decorazione marmorea policroma. La Cappella della Madonna di Trapani contiene una scultura cinquecentesca di Madonna con Bambino proveniente dall'ambito del Gagini. La Cappella del Crocifisso è ornata da una statua lignea di Cristo, probabilmente opera di Frate Umile da Petralia. Nella Cappella alla sinistra dell'abside, dedicata a San Giuseppe, si trova un gruppo scultoreo dorato che raffigura il Santo mentre tiene la mano a Gesù. La Cappella di Sant'Irene contiene un dipinto che raffigura la Santa e diversi affreschi che hanno per soggetto Papa Pio X. La Cappella della Madonna di Pompei presenta un apparato decorativo in marmo di notevole pregio e l'emblema dei Teatini. Nella Cappella dei Beati si conserva un dipinto che rappresenta il Beato Giovanni Marinoni inginocchiato dinanzi alla Madonna delle Grazie. Anche la cupola è riccamente decorata. Il soggetto del Trionfo del Santi Teatini fu realizzato da Guglielmo Borremans, mentre le figure degli Evangelisti sono di Giuseppe Velasquez. La volta della zona absidale fu affrescata da Andrea Carrera e Giacinto Calandrucci. Va menzionato il seicentesco altare maggiore, coperto di preziose pietre dure e ornato con elementi di bronzo, sul quale è posto il crocifisso. La figura di Cristo è realizzata in avorio, mentre la croce è di bronzo e agata. Un altro elemento notevole è l'altare di San Gaetano, in marmi colorati, sul quale si trova il baldacchino coperto di agata.

La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo.

La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo
11 Novembre 2010.


La chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi è una chiesa normanna di Palermo. Secondo la leggenda sarebbe stata costruita nel 1071 mentre i Normanni tenevano sotto assedio la città. Sarebbe stata costruita sulla base di un castello arabo dopo la sua distruzione. Venne subito dedicata a san Giovanni. Dopo aver conquistato il castello “Yahia” - di cui restano solo tracce nel pavimento della chiesa - i Normanni avrebbero edificato la chiesa stessa, dedicandola a S. Giovanni a conquista avvenuta. In ogni caso, la chiesa ebbe una vita movimentata: dapprima ospitò un ospedale militare, poi un lebbrosario; nel periodo barocco fu ricoperta di stucchi, tanto da perdere l’aspetto originario. All’inizio del Novecento fu recuperata e fu costruito il campanile. Nel suo insieme, l’edificio presenta i caratteri di un’architettura di transizione tra la Contea ed il Regno. L'esterno è semplice e privo di decorazioni, salvo quelli alle finestre che sembrano intarsiate. L'ingresso è preceduto da un piccolo porticato, che consiste di una sola colonna, su cui si regge il campanile: quest’ultimo si fregia di una cupola rossa sullo stile di quelle - più note - di San Giovanni degli Eremiti. L'interno ha forma basilicale tripartita da pilastri con copertura lignea e presbiterio cupolato: esso si presenta spoglio e ben illuminato dalle finestre laterali, monofore, leggermente ogivali come anche gli archi interni. Vi si può ammirare un bel crocifisso ligneo dipinto, che risale al Quattrocento.È l'edificio normanno più antico sul suolo palermitano.

La Chiesa di S. Giovanni degli Eremiti di Palermo.

La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti di Palermo
11 Novembre 2010.

Nei pressi del Palazzo dei Normanni, che è diventato oggi la sede del Parlamento Siciliano, è collocata la chiesa di San Giovanni degli Eremiti che con le sue caratteristiche cupole rosse è diventata uno dei simboli della città. Giulio Carlo Argan scrive: “I Normanni che instaurarono la loro dinastia in Sicilia nel 1072, distruggono i monumenti, non la tradizione dell’architettura bizantina e araba. San Giovanni degli Eremiti a Palermo (1132) è araba nel nitido rapporto tra i corpi cubici e le cupole emisferiche”. Certamente più che a quella di una chiesa cristiana questa chiesa rimanda alla concezione spaziale delle moschee islamiche e tale richiamo all’Oriente viene ancor più enfatizzato dalle cupole di colore rosso acceso. La chiesa, le cui origini risalgono al VI secolo, subì la trasformazione in moschea prima di essere ricondotta all’antico culto da Ruggero II che, intorno al 1136, affidò la costruzione ai discepoli di San Guglielmo da Vercelli. Pesantemente manomessa nel corso dei secoli è stata ripristinata intorno al 1880, dall’architetto Giuseppe Patricolo. La chiesa, a tutti nota per le sue caratteristiche cupole di colore rosso, appoggiata con un fianco ad un corpo quadrato anteriore (forse una moschea) e realizzata a croce divisa in campate quadrate su ciascuna delle quali poggia una semisfera. Il presbiterio, terminante in nicchia, è sormontato da una cupola, come quella dei due corpi quadrangolari che la fiancheggiano e di cui quello di sinistra si eleva a campanile. Il chiostro, abbellito da un lussureggiante giardino, è la parte meglio conservata del convento antico; spiccano per bellezza e leggerezza le colonnine binate con capitelli a foglie d’acanto che reggono archi ogivali a doppia ghiera. Vi si trova inoltre una cisterna araba. F. Elliot – in Diary of an Idle Woman in Sicily (1881) – descrive San Giovanni degli Eremiti come “una chiesa normanna vicino al palazzo reale e alla Porta di Castro… riparata in un incavo, è del tutto orientale, e con le sue cinque cupole starebbe benissimo a Baghdad o a Damasco. Accanto, il campanile gotico a quattro ordini di logge è sormontato da un’altra cupola, singolare adattamento di costruzione araba ad un costume cristiano. La pianta della chiesa è a croce latina con tre absidi, la navata è divisa in tre campate ognuna delle quali è sormontata da una cupola con pennacchi, necessari perché la torre su cui poggiano è quadrata, le pareti sono in pietra intagliata come spesso se ne vedono nei monumenti arabi senza decorazione alcuna e l’insieme è illuminato da finestre ad arco acuto”. Oggi l’edificio presenta, invece, una nuda cortina muraria fatta con conci di tufo squadrati; l’interno ha tre absidi semicircolari ed è suddiviso in cinque campate quadrate coperte da cupolette che si raccordano alle pareti tramite nicchie.
La costruzione attuale sorge su un terreno ricco di caverne anticamente lambito dal fiume Kemonia. In quel luogo sorgeva il più importante dei sette monasteri fatti costruire da S. Gregorio Magno in Sicilia, un cenobio benedettino dedicato a S. Ermete. La tradizione vuole tra i suoi monaci vi fosse quell'Agatone siciliano che divenne papa nel 678. Pare che, verso la metà del IX secolo, gli Arabi lo abbiano distrutto, elevando sui ruderi edifici di culto islamico. Nel 1132 re Ruggero riedificò il convento dedicandolo a S. Giovanni Evangelista e arricchendolo di privilegi, che Guglielmo I ampliò. Per molti secoli ricco e fiorente, il monastero decadde lentamente e si spopolò. Nel 1882 furono effettuati restauri della chiesa e di ciò che restava del convento. Il complesso edilizio è costituito da tre distinte costruzioni: la chiesa, il chiostro, la moschea. a)La chiesa è stata restituita all'aspetto originario. La pianta è a croce latina; vi è un'unica navata divisa in due corpi quadrati da un grande arco acuto. Il braccio longitudinale è diviso in tre campate quadrangolari; ognuna di esse è sormontata da una cupola emisferica. Sulla campata settentrionale del trasetto si innalza il campanile, fornito anch'esso di cupola. L'interno dell'edificio è nudo e severo; la luce vi piove da transenne di gesso che schermano le finestre. Il paramento murario è fatto di piccoli conci di tufo. Solo nel campanile troviamo,nell'ultimo ordine, la tipica decorazione a rincassi e cornici attorno alle finestre. Le cupole rosse conferiscono all'edificio uno spiccato carattere orientale. b) il chiostro è la sola parte rimasta dell'antico monastero. La sua datazione è incerta. E' formato da quattro portici archiacuti con colonnine binate. c) La moschea è uno dei pochissimi edifici sicuramente arabi che ci siano pervenuti. Parte di essa è inglobata nella chiesa attuale. E' formata da un corpo centrale rettangolare diviso longitudinalmente da una serie di pilastri che sostenevano archi ogivali. Nella parte superiore della parete orientale si apre la finestra rivolta verso la Mecca. All'esterno si trovano un porticato e mura di un recinto, luoghi che in epoca normanna erano usati come cimitero palatino (cioè delle persone della corte, addette al palatium).

Bibliografia:




La Chiesa di San Francesco d'Assisi di Palermo.

La Chiesa di San Francesco d'Assisi di Palermo.
11 Novembre 2010.

La chiesa di San Francesco d’Assisi è situata in un antico quartiere mercantile che, nel passato, rappresentava un punto nevralgico della città di Palermo. La storia di quest’edificio sacro è segnata da continue trasformazioni e rifacimenti che giustificano la complessità e la varietà dei linguaggi artistici in essa presenti. Dalle fasi costruttive più antiche risalenti al XIII secolo si passa al Trecento e al Quattrocento, quando vennero eretti i portali e numerose cappelle in stile gotico o rinascimentale. In età barocca l’edificio venne ricoperto da stucchi ed affreschi (di Pietro Novelli) e nel Settecento Giacomo Serpotta adornò i pilastri con le statue delle Virtù. Ferita dal terremoto del 1823, fu restaurata secondo il gusto neoclassico, mentre nel Novecento fu riportato alla luce l’aspetto originario della facciata con la ricostruzione in stile del rosone perduto. L’interno, col vano basilicale scandito da archi acuti su pilastri, è impreziosito da sedici cappelle che custodiscono opere d’arte d’inestimabile valore. Nella cappella di San Giuseppe si trova un altorilievo con San Giorgio che uccide il drago, realizzato nel 1526 da Antonello Gagini. Nella cappella dell’Immacolata risplendono i colori dei marmi policromi seicenteschi. Nella cappella trecentesca introdotta da un portale di splendida fattura è sistemato il sarcofago di Atanasio Speciale, di attribuzione incerta tra Domenico Gagini e Francesco Laurana. Particolarmente importante la Cappella Mastrantonio del Laurana che irrompe con forme rinascimentali in un clima siciliano ancora tardo-gotico alla metà del quattrocento (1468). Si trova a Palermo nel cuore della città antica e precisamente a ridosso del Kàssaro, tra la via Alessandro Paternostro e la storica piazza San Francesco d'Assisi. Situato in una cornice architettonica di rara bellezza, da qui si può ammirare la magnifica facciata della chiesa romanica di San Francesco d'Assisi che domina la omonima piazza. L' opera, risalente al periodo 1266-1277, costituisce in città un esemplare unico nel suo stile e si caratterizza all'esterno per il portale trecentesco ed il raffinato rosone. All'interno le numerose cappelle conservano splendide opere d'arte medievali e rinascimentali di autori quali Antonello e Domenico Gagini e Francesco Laurana, ma anche barocche e neoclassiche di artisti come Giacomo Serpotta ed Ignazio Marabitti. Accanto alla basilica sorge il seicentesco oratorio dell' Immacolatella.

La navata centrale della Chiesa di San Francesco d'Assisi di Palermo
Pare che la prima fondazione sia avvenuta mentre S. Francesco era ancora in vita. Tuttavia, per la contesa tra l'imperatore Federico II e il Papa Gregorio IX, protettore dei francescani, tutto quanto i fraticelli avevano costruito "iuxta portum civitatis" fu distrutto per disposizione imperiale. L'opera di costruzione dell'attuale basilica fu ini­ziata nel 1255 e completata nel 1277. Ogni secolo ha lasciato nel tempio francescano testimonianze d'arte e di storia. Al Trecento risalgono alcune cappelle dal tipico impianto gotico svevo, con costoloni e volte a crociera. Nel sec. XV, in un periodo in cui l'arte isolana era ancora legata alle forme del gotico catalano, nel­la basilica fiorirono le prime opere architettoniche e scultoree di impronta rinascimentale. Profonde trasformazioni strutturali furono effet­tuate nel Cinquecento. Nel sec. XVII le vicende della città si legarono stret­tamente a quelle del tempio francescano. Nel 1624, infuriando la peste, il Pretore di Palermo si impegnò in pubblico parlamento a professare il privilegio dell'immacolato concepimento di Maria "fino allo spargimento di sangue" e ad offrire annualmente alla Vergine Immacolata che si venera in S. Francesco un donativo di cento onze. Nel dicembre di quello stesso, anno, declinando la peste, la città celebrò la festa dell'Immacolata con sfarzose luminarie e con una grandiosa pro­cessione. Il Senato erogò le cento onze promesse, obbligo che la civica amministrazione tuttora annualmente assolve la sera del 7 dicembre, nel corso di una sug­gestiva cerimonia. Il Sindaco, alla presenza dell'Arcivescovo e della Giunta Comunale ripete l'antica preghiera rin­novando il cosiddetto 'Voto sanguinario", e offre al superiore del convento l'equivalente delle anti­che cento onze, versando una pioggia di monete in un bacile d'argento. Sempre nel sec. XVII il pittore Pietro Novelli ricoprì d'affreschi le volte della chiesa, ma di tale opera oggi non rimane quasi nulla. Alcune cappelle decorate a marmi mischi restano a testimonianza del periodo barocco. Nel '700 le pareti furono ricoperte di candido stucco; le colonne furono trasformate in pilastri, cui furono appoggiate alcune statue di Giacomo Serpotta, raffigurazione allegorica di altrettante virtù. Nel 1823 un terremoto danneggiò gravemente la basilica. Dovendo procedere all'opera di consolidamento, si dette alla chiesa un impianto neo-classico, tra­sformando gli archi ogivali in archi a tutto sesto. L'opera di restauro della basilica per rimettere in luce gli elementi architettonici originari cominciò con l'Architetto Giuseppe Patticelo alla fine del secolo scorso e proseguì in questo con l'architetto Valenti. Nel 1943 due bombardamenti apportarono alla chiesa ed al convento danni ritenuti irreparabili. L'opera di ricostruzione, subito iniziata, ebbe l'intento di riportare il tempio alle forme origina­rie. Gli archi, i capitelli il rivestimento a mischio di alcune cappelle, andati in frantumi, furono ricostruiti con opera sapiente. La facciata, di impianto romanico, è notevole per il suo equilibrio compositivo. È divisa orizzontalmente in due parti da una cor­nice: nello scomparto superiore s'apre uno stu­pendo rosone, mentre quello inferiore si arricchi­sce di un ampio portale centrale a cui si affiancano due porte minori del sec. XVI. Il portale, tipicamente romanico, è un prodotto inconfondibile di quella architettura trecentesca siciliana che prese il nome di arte chiaramontana. Al di sopra dell'arco ogivale, racchiuso in una settemplice cornice, il portale è completato da un timpano sostenuto da quattro colonnine che rac­chiudono un trittico, con la Vergine in trono tra S. Francesco e S. Chiara. Su una delle colonnine del portale è scolpito lo stemma dei Chiaramonte, poiché il completamento della facciata è dovuto a tale casata. L'impianto originario della basilica è simile a quello attuale: aveva tre navate e i muri perime­trali erano illuminati da sedici bifore gotiche, aggraziatissime: (oggi ne sussistono solo quat­tro): il soffitto era a capriate di legno. Le absidi erano poligonali: oggi rimane solo quel­la di sinistra. La seconda parte della chiesa, cioè il santuario e le absidi, è di parecchi metri più alta della prima parte, costituita dalle navate. È questo un carat­tere che si riscontra in altre chiese dell'epoca; l'impianto planimetrico della basilica francescana è identico a quello della chiesa di S. Spirito, di cui, però, raddoppia le dimensioni. Percorriamo ora il tempio, incominciando dalla navata sinistra, seguendo la numerazione di seguito indicata ed evidenziata sulla pianta della Chiesa sottostante:
  • n. 1: Arco della cappella di S. Lucia, poi di S. Elisabetta, della famiglia Del Tignoso. 
  • n. 2: Cappella della Madonna della Neve, della famiglia Alliata. L'arco d'ingresso ed il gruppo della Madonna col Bambino e S. Giovanni sono attribuiti a Domenico Gagini, come pure la Madonna della Neve inserita in un finissimo taber­nacolo marmoreo. Tra gli ornati di esso si notano gli stemmi delle famiglie che ebbero il patronato della cappella (v. stemma n. 10). Anche i sepolcri di Mariano e di Sigismondo Alliata sono di scuola gaginiana. 
  • n. 3: Cappella della Custodia, in cui è riposta la statua argentea dell'Immacolata (1647).
  • n. 4: Cappella di S. Antonio, in marmi mischi.
  • n. 5: Cappella Mastrantonio. n portale, scolpito da Francesco Laurana con l'aiuto di Pietro Bontade è il monumento più significativo del­la basilica, la prima opera rinascimentale della nostra città. L'arco romano del portale è fiancheggiato da sei pannelli marmorei per lato, incavati da bassorilievi. Le formelle rappresentano, dal basso in alto putti alati, quattro Padri della Chiesa occidentale (S. Agostino e S. Ambrogio a destra, S. Girolamo e S. Gregorio a sini­stra); i quattro evangelisti, stemmi gentili­zi e i profeti Isaia e Geremia. Sulla parete sinistra vi è un quadro di Vincenzo di Pavia raffigurante la Madonna tra S. Giovanni e Santa Brigida. Sull'altare si trova una Madonna scolpita dal Laurana. 
  • n. 6: Cappella di stile chiaramontano con deco­razioni a zig-zag nell'arco d'ingresso. Nell'infradosso di tale arco si scorgono avan­zi di affreschi giotteschi. All'interno si trova una tela di Pietro Novelli riproducente la visione di S. Francesco. 
  • n. 7: Andito che conduce alla sacrestia. 
  • n. 8: Cappella dell'Angelo Custode attribuita a Domenico Gagini. La famiglia da Bologna (v. stemma n. 13) vi lasciò alcuni monumenti sepolcrali, di cui sussiste quello di Eleonora Bononia (1570). Sull'altare vi è un quadro musivo con le Sante Agata e Lucia, opera moderna di padre Cianci (1958).
  • n. 9: Cappella di S. Giovanni Battista, della fami­glia Riggio. Contiene il busto in terracotta del Santo, ope­ra di Antonello Gagini. 
  • n. 10: Cappella della Madonna del Rosario. Tra la cappella n.10 e quella n. 11 si trova il monumento funerario di Antonello Speciale, rimesso in luce dal restauro del dopoguerra. Faceva parte del grande sepol­cro della famiglia Speciale costruito nel 1464 da Domenico Gagini per Pietro Speciale, Pretore di Palermo e Presidente del Regno. Di tale grande monumento rimangono sol­tanto la lapide (v. iscr. n. 33) e la figura giacente del giovinetto Antonello Speciale, unico figlio di Pietro, scultura piena di sere­nità e di grazia. 
  • n. 11: Cappella di S. Giuseppe, da cui oggi si acce­de al convento ed al chiostro. 
  • n. 12: Cappella di S. Francesco d'Assisi, opera secentesca ornata di marmi mischi e di colonne tortili intarsiate. 
  • n. 13: Altare maggiore, davanti al quale pende un grande crocifisso su tavola, opera moder­na del padre Cianci. 
  • n. 14: Cappella dell'Immacolata, nel 1649 elevata a cappella senatoria, come indica l'aquila palermitana nella chiave dell'arco. Le pareti sono fastosamente decorate a marmi mischi; nel '700 vi furono addossate otto statue raffiguranti santi e sante paler­mitani, opera di G. B. Ragusa. Sull'altar maggiore campeggia un grande quadro musivo dell'Immacolata, disegnato da Vito D'Anna. Al di sopra dell'altare le figure degli angeli sono del Marabitti. Notevole lo stupendo paliotto in marmi mischi. 
  • n. 15: Cappella già della Madonna delle Grazie, oggi adibita a deposito di cera. 
  • n. 16: Cappella del Crocifisso, della famiglia Calvello. Ha costoloni gotici di tufo grigio, con intarsi di pietra lavica. Tra essi spicca lo stemma della famiglia (v. stemma n. 7); sulla parete di fondo un bel crocifisso marmoreo. 
  • n. 17: Cappella dell'Ecce Homo, con tre bassorilievi di I. Marabitti. n. 18 Cappella di B. Gerardo Gagnoli o.f. m. ; contiene due sarcofagi della famiglia Grimaldi (v. stemma n. 16). 
  • n. 19: Cappella del S. Cuore, della famiglia Amodei (v. stemma n. 14). Fondata nel 1386 dalla famiglia Federici, di cui riproduce lo stem­ma (v. stemma n. 15), fu poi concessa alla casata di cui porta il nome. Contiene il sar­cofago della B. Elisabetta Amodei, morta nel 1492, squisita opera di Domenico Gagini; esso è sormontato da una bellissima Madonna di arte catalana del sec. XV. 
  • n. 20: Cappella di S. Maria degli Angeli. 
  • n. 21: Cappella di S. Giorgio, già di S. Giuseppe. H portale ha carattere rinascimentale e narra la leggenda di S. Ranieri di Pisa. Nel pie­distallo dell'arco si nota lo stemma della famiglia Galletti (v. stemma n. 12). Sull'alta­re campeggia un bassorilievo raffigurante S. Giorgio a cavallo, opera di Antonello Gagini, realizzata su commissione della colonia genovese, che dal 1480 al 1576, onorò il patrono della repubblica nel tempio fran­cescano (v. iscr. n. 35). 
  • n. 22: Cappella del S. Rosario.
  • n. 23: Cappella Chirco, di cui sussiste soltanto l'arco. Lungo le navate, appoggiate alle colonne, sono distribuite le figure allegoriche in stuc­co modellate da Giacomo Serpotta, rappre­sentanti altrettante virtù.
  • Esse simboleggiano:
  • n. 24 l'Umiltà; n. 25 la Fede; n. 26 la Mansuetudine; n. 27 la Modestia; n. 28 la Teologia; n. 29 la Carità; n. 30 la Verità; n. 31 la Fortezza. Notevole è il coro ligneo cinquecentesco, di nobile fattura, nell'abside centrale. Nell'ornato di alcuni stalli spiccano stemmi nobiliari lavorati a tarsia (v. stemmi nn. 9, 11). La basilica francescana fu particolarmente cara ai Gagini; Domenico e Antonello vi ebbero infatti sepoltura. Delle molte opere eseguite da Antonello nella basilica ci sono pervenute soltanto il busto di S. Giovanni Evangelista, il bassorilievo di S. Giorgio e il sepolcro Basadone, oggi sistemato nel chiostro. Nella sua ala superstite sono collocati altresì alcuni sarcofagi del IV sec. d. C. Sul capitello dell'ultima colonna della navata destra un'iscrizione ricorda la distruzione subita dal tempio nel 1943 (v. iscr. n. 34).

Bibliografia:
  • F. Rotolo, La Basilica di S. Francesco d'Assisi in Palermo, Palermo 1952;
  • La vicenda culturale nel convento di S. Francesco di Palermo, in "La Biblioteca francescana di Palermo a cura di Diego Ciccarelli", Palenno (s.d.),pp.II-157;
  • La cappella dell'Immacolata nella Basilica di S. Francesco a Palermo, Palermo 1998.

La Chiesa di San Domenico di Palermo.

11 Novembre 2010.

La Chiesa di San Domenico, Palermo
L’attuale chiesa di San Domenico fu edificata a partire dal 1640 su progetto dell’architetto domenicano Andrea Cirrincione che la realizzò abbattendo una precedente costruzione rinascimentale innalzata tra il 1458 e il 1480. La facciata è di costruzione più tarda, risale infatti al 1726 ed è in stile barocco, essa è incorniciata da due campanili che ne slanciano la figura ed è abbellita da alcune statue in stucco raffiguranti santi e papi domenicani che, insieme alla decorazione, sono opera di Giovan Maria Serpotta, nipote del grande Giacomo. L’interno, benché realizzato nella seconda metà del Seicento, risponde, come la facciata, alla scelta di un barocco severo e moderato secondo la sobrietà tipica dello stile di vita dell’ordine Domenicano, esso ha un impianto a croce latina con tre navate divise da sedici colonne di ordine tuscanico che reggono arcate a tutto sesto. Le navate sono arricchite da numerose cappelle che ospitano preziose opere d’arte, molte delle quali risalgono alla seconda chiesa costruita, come già accennato, nel secolo XV. Dal 1853, grazie all’impegno del letterato Agostino Gallo, la chiesa di San Domenico assurse al ruolo di Pantheon degli Illustri di Sicilia. Per la sua estensione complessiva, 88,92x34,68 metri, essa è l’edificio di culto più vasto dell’isola. Entrando a destra ci si sofferma ad ammirare sopra l’acquasantiera, un bassorilievo marmoreo del XIII secolo che rappresenta l’arrivo dei primi Domenicani a Palermo. In alto è collocata una tela raffigurante l’Angelo custode, opera del XVIII secolo attribuita al pittore palermitano Vito D’Anna. Iniziando a percorrere la navata destra, nella prima cappella è collocato un gruppo scultoreo ligneo raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù e San Domenico che riceve il Rosario, è opera dei primi anniInterno della chiesa di S. Domenico del secolo XIX attribuita a Girolamo Bagnasco, il più celebre componente di una famiglia di artisti dedita all'intaglio del legno e morto nel 1832; la tradizione vuole che la parte pittorica sia stata eseguita da Giuseppe Velasco, celebre pittore dell'epoca. A Maronna i San Numinicu, come viene denominata nel dialetto palermitano, è oggetto di grande devozione a Palermo, e viene esposta nei mesi di maggio e ottobre al culto dei numerosi fedeli. La cappella della Madonna di Lourdes ospita il monumento sepolcrale del marchese di Villabianca, erudito e bizzarro personaggio della Palermo del Settecento Nella cappella di S. Tommaso D’Aquino, costruita nel 1784, è collocata una tavola dipinta nel 1573 da Gian Paolo Fondulli da Cremona, al centro della quale domina il Cristo crocifisso con in basso a destra la Maddalena ed a sinistra S. Tommaso D’Aquino, qui sono stati posti i monumenti sepolcrali di Lauretta Li Greci e Giuseppina Turrisi Colonna, due giovani poetesse siciliane vissute nella prima metà dell’Ottocento. Segue la cappella di S. Giuseppe, di rara bellezza, che don Giovanni Stefano Oneto, duca di Sperlinga, fece costruire nella seconda metà del ?600 in devozione del quadro acheropito di San Domenico venerato a Soriano Calabro (VV) ed a cui la cappella era precedentemente dedicata. Essa che serviva da sepoltura alla famiglia Sperlinga-Maiorca-Francavilla-Mortillaro, è in stile barocco, con marmi policromi, tarsie, fregi e puttini di Gaspare Serpotta, mentre la statua di S. Giuseppe è opera di Antonello Gagini. La volta fu decorata da Ernesto Basile nel 1898. Nella cappella di S. Anna si può ammirare una tela del secolo XVII raffigurante la Santa con Maria bambina tra i Santi Gioacchino e Agnese da Montepulciano, opera di Rosalia Novelli, figlia del famoso Pietro Novelli. Dove anticamente era aperta una entrata da via Meli, ora vi è un vano dedicato al giurista Emerico Amari, qui ritratto sulla sua cattedra di diritto penale. Nella cappella dedicata al santo spagnolo Vincenzo Ferrer, si può ammirare una tela raffigurante il grande taumaturgo domenicano, opera del pittore palermitano Giuseppe Velasquez, datata 1787. Addossato all’ultimo pilastro della navata destra è il bassorilievo commemorativo del beato Giuliano Maiali, benedettino morto nel 1470, fondatore dell’Ospedale civico. Proseguendo si incontra la cappella di S. Domenico, in stile barocco, nella quale è collocata una pregevole tela che ritrae il santo in estasi davanti al Crocifisso, attorno 18 piccoli riquadri narrano alcuni episodi miracolosi della sua vita. L’opera è stata tradizionalmente attribuita dagli studiosi al Paladini o al Salerno, ma recenti studi ne riconducono la paternità a Gaspare Bazzano o Vazzano, uno dei due "zoppo di Gangi", a cui fu commissionato nel 1603. Questa cappella è una fedele imitazione di quella opposta dedicata alla Madonna del Rosario. Prima della cappella del Crocifisso si trova il monumento scolpito nel 1904 da Giovanni Nicolini alla memoria di Francesco Crispi. Appena fuori la medesima cappella si apre sul pavimento l’ingresso all’ampia cripta chiusa da griglie, dedicata al medesimo uomo politico e statista di rilievo nazionale, le cui spoglie sono state qui tumulate nel gennaio del 1905. All’interno della cappella, un’ampia nicchia contiene un Crocifisso ligneo, modellato anteriormente al 1514 da Giovanni Matinati, intagliatore messinese; sono da segnalare anche alcune opere attribuite ad Antonello Gagini: il bel fregio di puttini dell’acquasantiera, l’alto rilievo raffigurante la Pietà e un bassorilievo che ritrae S. Caterina d’Alessandria circondata da angeli. Sulla parete di sinistra si ammira un bassorilievo marmoreo rappresentante la SS. Trinità, pregevole opera del 1477. Appena fuori dalla cappella sulla parete a destra, in alto, è collocato il monumento in memoria di Annetta Turrisi Colonna, scultura attribuita ad Antonio Canova. L’ampia fuga della navata centrale termina nell’abside, preceduta da due grandi organi settecenteschi che si fronteggiano, collocati su due identiche cantorie, racchiusi in casse lignee con prospetto a tre campate, ricchi di sculture e dorature in oro zecchino. L’organo in cornu Evangelii, a sinistra di chi guarda l’altare maggiore, recentemente restaurato, è stato costruito nel 1769 da Donato Del Piano, quello in cornu Epistulae nel 1781 dal palermitano Giacomo Andronico. L’altare maggiore è in marmi mischi con modanature in rame, la mensa dell’altare ospita l’urna con le reliquie del beato Pietro Geremia (1399-1452), scrittore domenicano nato a Palermo i cui Sermones autografi insieme alla prima edizione a stampa della stessa opera del 1502, sono custoditi presso la Biblioteca dei Domenicani. Dietro l’altare si può ammirare un grande coro ligneo in noce del 1700, eseguito su disegno del domenicano Giovanni Battista Ondars. Nel transetto della chiesa è stato posto il nuovo altare basilicale di bronzo realizzato nel 1987 dallo scultore Sebastiano Milluzzo, con smalti colorati su argento, pregevole opera del P. Leonardo Cristina O.P., raffiguranti scene evangeliche e santi domenicani. Uscendo dal presbiterio sul pilastro di sinistra si trova tumulata la salma di Giuseppe Pitrè, grande studioso delle tradizioni popolari della Sicilia. Sulla destra, nella cappella del Sacro Cuore di Gesù, si trovano un bassorilievo rappresentante s. Girolamo ed un medaglione con l’Annunziata, anche queste opere attribuite ad Antonello Gagini, a destra è il sarcofago di Michele Amari, studioso della cultura araba in Sicilia. Sulla parete sinistra si trova il monumento del domenicano Luigi Di Maggio che volle in San Domenico la sede della Società Siciliana per la Storia Patria. Superato l’ingresso dell’antisacrestia, ci si trova dinanzi all’altare di S. Giacinto di Polonia: due colonne tortili in stucco affiancano l’immagine del santo, dipinto su lavagna e recentemente attribuito a Gaspare Bazzano che, probabilmente, lo dipinse intorno al 1598 anno di canonizzazione del santo. Il monumentale sarcofago a sinistra contiene le spoglie di Ruggero Settimo, capo del governo rivoluzionario palermitano del 1848. All’interno del cappellone del SS. Rosario, è contenuta un’opera di grande pregio, un dipinto su tavola del 1540, realizzato dal pittore Vincenzo degli Azzani detto da Pavia, esso raffigura la Madonna che consegna la corona del Rosario a San Domenico che si protende estatico; accanto i santi: Cristina, Vincenzo Ferrer e Ninfa, ai piedi dei quali sono inginocchiati, probabilmente, i coniugi Plaia committenti dell’opera. Volgendo lo sguardo alla navata centrale, si incontra il pregevole pulpito in noce, eseguito su disegno del domenicano P. Ondars, da ignoto intagliatore nel 1732 con grande finezza degli intagli e delle figure, tra le quali spiccano cinque santi e beati domenicani: da sinistra a destra: b. Giovanni Liccio, s. Vincenzo Ferrer, s. Tommaso d’Aquino, s. Antonino Pierozzi, b. Giacomo Salomoni. Proseguendo lungo la navata laterale sinistra, si incontra la cappella della santa domenicana Rosa da Lima, prima donna canonizzata in Sud America, la tela è di Girolamo di Fiandra pittore attivo nel secolo XVII. Segue la sepoltura dei fratelli palermitani Salvatore, Pasquale e Raffaele De Benedetto, patrioti risorgimentali. La cappella di S. Raimondo di Peñafort, contiene una tela raffigurante un episodio miracoloso della vita del santo: il santo attraversa il mare a bordo del suo mantello, opera eseguita nel 1601 da Gaspare Bazzano. Sulla destra si trova il monumento funebre di Rosolino Pilo. Dove prima sorgeva un’antica cappella è stato aperto il passaggio dalla chiesa al chiostro, la nicchia della parete destra ospita una statua di s. Caterina V. e M. scolpita nel 1527 da Antonello Gagini, quella a sinistra ospita una statua di fattura gaginesca raffigurante s. Barbara V. M. che prima era collocata nell’omonima cappella con ingresso dal chiostro. Superato il passaggio al chiostro, si trova la cappella di S. Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa nella quale si può ammirare una bella statua della vergine senese, rara terracotta di scuola siciliana della metà del 1500, il cui autore è ignoto, ma sicuramente artista di grande bravura. Nell’ultima cappella, dedicata alla patrona di Palermo, s. Rosalia, si trova una tela raffigurante la santa, opera dipinta dopo il 1670 dal pittore trapanese Andrea Carreca e il sarcofago di Giovanni Meli, poeta dialettale siciliano, primo personaggio illustre ad essere tumulato in chiesa dopo l’innalzamento della medesima a pantheon. Prima dell’uscita si può ammirare, sopra l’acquasantiera, un bassorilievo del XIII secolo raffigurante un gruppo di frati domenicani in preghiera. In alto la tela, attribuita a Vito D’Anna, che ritrae il beato domenicano Giacomo Salomoni. L'identificazione con tale soggetto è stata recentemente posta in dubbio dal padre Vincenzo Romano O.P. che riconosce in esso gli attributi iconografici classici del Beato Pietro Geremia. Bibliografia essenziale. Per maggiori approfondimenti bibliografici si rimanda al Repertorio bibliografico degli edifici religiosi di Palermo di Rosario La Duca (Palermo, EDI OFTES, 1991), pp. 87-89. Antonino Barilaro, San Domenico di Palermo. Pantheon degli uomini illustri di Sicilia. Palermo, Convento San Domenico, stampa 1971 (Palermo, Tip. F.lli De Magistris). Salvatore Scozzari, La chiesa e il Pantheon di S. Domenico di Palermo. Palermo, Tip. C. Vena, 1910. Matteo Musso, Illustrazione del Pantheon siciliano nel tempio di S. Domenico in Palermo. Palermo, Stabilimento tipografico Virzì, 1910. Luigi Maria Majorca Mortillaro, La cappella dei Majorca nel pantheon di San Domenico in Palermo. 2 ed. Palermo, A. Reber, 1907.

Piazza S. Domenico, tel. 091329588.

Nei pressi del famoso mercato della Vucciria, sorge la Chiesa di San Domenico che rappresenta una delle più alte espressioni del barocco in Sicilia. L'attuale costruzione è il risultato della sovrapposizione di tre chiese edificate dai frati domenicani, rispettivamente nel 1217, nel 1458 e nel 1640. La facciata fu aggiunta solamente nel 1726, dopo che, due anni prima, era stata aperta la nuova piazza. L'interno è a croce latina con tre navate e profonde cappelle laterali, abbellito da colonne ed archi a tutto sesto. Durante il secolo scorso si diffuse l'abitudine di seppellire al suo interno i più nobili ed illustri uomini di quel tempo. A sinistra della chiesa si trova l'ingresso all'ex convento dei domenicani, facente parte del complesso della prima chiesa di San Domenico, fortemente danneggiato in seguito alla demolizione della chiesa originaria.the baroque chiesa di san domenico - The San Domenico Basilica is located in Piazza San Domenico, off Via Roma. I originally looked out for it as a landmark for locating the adjacent Vucciria Market and was unprepared for how amazing the architecture was. The outer appearance has been changed several times over the last few hundred years and the frontage is now Baroque with twin belltowers and flanked with pillars and statues. Stepping inside, I was again amazed as the interior was so much larger than I had expected. A lot of the interior in the main Section is unadorned, which highlights the beautiful architecture. The Chapels are a complete contrast, and are beautifully ornate, particularly the Chapel dedicated to the Oneto di Sperlinga family with it's marble decorations and a Statue of St Joseph. I'm not usually very interested in Churches but the beautiful exterior architecture drew me in! San Domenico is only open in the mornings.

L'Oratorio di San Domenico
Nella fase della piena maturità di Giacomo Serpotta si pone l’oratorio costruito dalla compagnia della Madonna del Rosario in San Domenico, fondata nel 1568, ed oggi restaurato a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo. L’artista vi mise mano tra i primi anni del Settecento e il 1717 dialogando con la straordinaria pinacoteca lì contenuta. L’oratorio, difatti, dai primi del ’600 era divenuto il contenitore di quadri commissionati per conto degli illustri e colti membri del sodalizio. Spicca ancora oggi la maestosa pala d’altare della Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena, e i Santi Vincenzo Ferreri, Oliva, Ninfa, Agata, Cristina e Rosalia, dipinta dal celeberrimo pittore fiammingo Anton Van Dyck, allievo di Rubens (1625-1627). Il quadro è dedicato alla memoria del flagello della peste che aveva colpito Palermo nel 1624, e che era stato debellato dal salvifico intervento di Santa Rosalia, da allora Patrona della città. Altre pregevoli pitture raffiguranti i quindici Misteri del Rosario ad opera di fiamminghi, genovesi e artisti locali avevano arricchito l’oratorio entro la prima metà del XVII secolo, e tra queste ricordiamo solo la Disputa di Gesù al Tempio, la Pentecoste, e l’Incoronazione della Vergine di Pietro Novelli, l’Assunzione di Giovan Andrea de Ferrari, la Resurrezione di Orazio de Ferrari, Cristo alla colonna di Matthias Stom, ed ancora nel secondo decennio del ’700 la Visitazione di Guglielmo Borremans. Il maestro palermitano dovette dunque valorizzare questi quadri esaltandone la bellezza e i significati teologici. A tal fine furono realizzati, al di sopra delle pitture, entro ovali ad altorilievo, episodi dell’Apocalisse e due del Vecchio Testamento, legati ai Misteri del Rosario di cui sono la prefigurazione. Ai lati, invece, stanno le statue allegoriche di Virtù: Obbedienza, Fortezza, Pazienza, ecc., incredibilmente abbigliate come dame. E tra le dame palermitane sono le più à la page, vestite alla moda secondo il gusto corrente di derivazione francese. Sfoggiano pizzi e merletti, silhouette invidiabili, corredate da accessori pretenziosi, copricapi piumati e acconciature fissate da diademi, spille, e movenze da smaliziate “modelle” d’altri tempi. Sono in posa, bloccate come in un’istantanea o da un deciso comando di un abile regista che dirige uno spettacolo, un vero e proprio sacro teatro barocco. Tutto ciò ha convinto Rudolf Wittkower a scrivere che “probabilmente non c’è altro luogo in Italia dove la scultura si sia così avvicinata a un vero spirito rococò”.




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La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.