Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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giovedì 18 novembre 2010

Il Palazzo reale di Palermo. La Storia di un antico monumento dalle sue origini ai giorni nostri. Seconda parte.

18 Novembre 2010.



Ugo Fancaldo, autore di cronache della seconda metà del secolo XII,  nella sua opera  «Liber De Regno Sicilie », nella quale narrò la storia del regno normanno di Sicilia, soprattutto sotto il regno del re Guglielmo I,detto il Malo, successore di Ruggero, il quale trascorse la maggior parte del suo periodo di regno in Palermo, e la maggior parte delle sue giornate - come sussurravano le malelingue - nei giardini e negli harem del suo palazzo (La presenza fisica del sovrano in Sicilia consenti perciò l'evolversi di un sistema amministrativo alquanto diverso, impostato su fondamenta ad un tempo arabe e bizantine, n.d.r.), continuando nella sua descrizione delle meraviglie del Palazzo reale di Palermo, fra l'altro, aggiunge:" Parecchi altri edifizii per così dire piccoli palazzi, ricchi di splendidi ornamenti erano ivi ancora, dove soleva il Re secretamente trattare coi suoi familiari di affari di stato, o coi magnati dei pubblici e maggiori affari del regno."

Uno di questi era senza dubbio l'aula regia che era attaccata al palazzo; qui fu, come lo stesso Fancaldo riferisce nelle sue cronache, che Guglielmo I il Malo convocò il popolo essendo scappato dalle mani dei congiurati. Nel Palazzo, sappiamo ancora dallo stesso scrittore, vi furono delle carceri. In particolare, il Fancaldo racconta che Guglielmo I, durante la rivolta del Bonello 1160-1161, essendo stati fatti uscire dai congiurati i detenuti dalle carceri del Palazzo, fra i quali dei nobili e dei congiunti del re, durante le fasi concitate della suddetta vicenda, fu per ben due volte assalito da questi, tanto che il sovrano, per evitare il ripetersi di questi  spiacevoli episodi in futuro, fece spostare i detenuti che erano reclusi all'interno del Palazzo facendoli trasferire nelle carceri del Castello a mare, oltre che distribuendoli anche in altri Castelli dell'isola . Anche ai tempi dei Saraceni vi erano all'interno del Palazzo "le pubbliche carceri", come si deduce dalle parole della lettera del monaco Teodosio condotto da Siracusa, dopo l'espugnazione, prigioniero a Palermo:"

Il siracusano Claudio Mario Arezzo, vissuto fra le fine del Quattrocento e il 1575, pubblicò nel 1537 il - De Situ Siciliae -, primo vero tentativo di un completa descrizione geografica della Sicilia, in cui, fra l'altro, riferisce che nel real Palazzo:
Fonte:-

Bibliografia:
  1. "Liber de regno Sicilie";
  2. Descrizione di Palermo antico / ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de' tempi da Salvadore Morso, dalla pagina 17 alla pagina 19.
Linkografia:

mercoledì 17 novembre 2010

Il Palazzo reale di Palermo. La Storia di un antico monumento dalle sue origini ai giorni nostri. Prima parte.

La città di Palermo nell'antichità e la sua Paleopoli  (Fonte: Dalla rete)
17 Nov. 2010.


Il Palazzo reale di Palermo sorge nella parte più antica della città di Palermo, l'antica Paleopoli che durante la dominazione araba venne chiamata Halqah e al suo interno venne edificato un nuovo e grandioso castello ed un'enorme moschea che poteva ospitare fino a 7.000 persone (la moschea risiedeva al posto dell'attuale cattedrale). Gli storici credono che fu, oltre che la residenza dei Principi musulmani e dei sovrani Normanni e Svevi, la dimora dei sovrani che dominarono la Sicilia anche durante il periodo dei Goti, dei Romani, dei Cartaginesi, che fecero di Palermo la capitale del loro impero in Sicilia.
Così come riferisce il Polibio (Πολύβιος), vissuto fra il  206 a.C. ed il  124 a.C., che  fu lo storico greco antico del mondo mediterraneo (studiò in modo particolare il sorgere della potenza della Repubblica Romana. Storie, la sua opera di ricerca storica è estremamente importante per il suo resoconto della Seconda guerra punica e della Terza guerra punica fra Roma e Cartagine), fu proprio sull'antico nucleo del tessuto urbano della città di Palermo che nacque la sede della suprema autorità. La testimonianza dell'autore della geografia nubiese ce ne dà forte argomento. Egli nella descrizione di Palermo riferisce che la città si poteva suddividere in due parti: la prima denominata "il cassaro" e la seconda "i sobborghi". Relativamente al "cassaro", quello più antico e più celebre, si poteva suddividere in tre ordini. Sotto la voce di Cassaro, viene inteso propriamente il Palazzo reale, che il Polibio chiama "antico e celebre", e che diede, secondo lui, la denominazione a tutta l'antica città. Già al tempo di Polibio questo antico palazzo era la residenza del Re. 

Cappella Palatina, Palermo, Sicily, Italia; taken on 6th October 2004 by Christian Campe
Furono poi Ruggero II di Sicilia, figlio di Ruggero I, chiamato da alcuni storici il Gran Conte Ruggero, fratello di Roberto il Guiscardo della dinastia degli Altavilla, conquistatore ed il primo Conte di Sicilia (1062), e suo figlio Guglielmo I, anche detto "il Malo", che apportarono al Palazzo profonde modifiche, che ne modificarono la forma tanto che Ugo Fancaldo, autore di cronache della seconda metà del secolo XII,  nella sua opera  «Liber De Regno Sicilie », nella quale narrò la storia del regno normanno di Sicilia, soprattutto sotto il regno del re Guglielmo il Malo, lo indicò come  "il  Palazzo nuovo". Il Palazzo durante la dominazione Araba dominava tutta la città, tanto che il Fancaldo, volendo usare una metafora, scrisse nelle sue cronache che in quell'epoca  "Signoreggiava la testa su tutto il corpo". 

Un'antica tradizione, giunta sino a noi, affermava poi che la vergine Santa Ninfa, figlia di Aureliano, prefetto di Palermo al tempo di Costantino, cioè agli inizi del IV secolo, fosse nata all'interno del Palazzo e che essendo cresciuta fra le sue mura  ed avendo avuto modo di ammirare dalla'alto della torre, che porta il suo nome, la modestia dei discepoli del vescovo Mamiliano, si fosse convertita al Cristianesimo e che in seguito, incontrando l'odio del padre, coronò con il martirio la sua verginità (Aureliano, cercò in tutti i modi di far recedere la figlia dalla nuova religione, fece persino arrestare Mamiliano con duecento altri cristiani e li sottopose a torture. Poiché ogni tentativo risultò vano, li fece rinchiudere in carcere, ma un angelo li liberò e li condusse in riva al mare, dove trovarono pronta una barca per prendere il largo. Si diressero verso nord e viaggiarono per mare fino all’isola del Giglio, dove rimasero qualche tempo in preghiera e solitudine.) . A Palermo, santa Ninfa fu eletta patrona della città assieme ad altre quattro sante vergini, Santa Rosalia, Sant'Agata, Santa Oliva e Santa Cristina. Da Palermo il suo culto si diffuse in tutta la Sicilia, tanto che un paese in provincia di Trapani porta il suo nome.

Le innovazioni di stile  al Palazzo furono apportate inizialmente, così come si diceva, da Ruggero I il Normanno, ma una grandissima ne fu fatta da Guglielmo I. Romualdo salernitano, scrittore coevo di Guglielmo I, che di questo sovrano fu l'autore di tutte le opere a mosaico della chiesa di palazzo, narra che fu proprio Guglielmo, volendo sorpassare le opere fatte da suo padre, che aveva fabbricato Favaria, Mimnerno ed altri luoghi deliziosi, costruì un palazzo nuovo a grandi spese e con meravigliosa celerità; ma suo malgrado, prima che potesse vedere  i frutti del lavoro ed ammirare la maestosità della sua opera finalmente realizzata, vittima di una dissenteria morì.

 Il Fancaldo così descrive il palazzo "Alterius vero lateris partem palatium novu a insedit mira ex quadris lapidibus diligentia, miro labore constructum, exterius quidem spaciosis  murorum naufractibus circumclusum, interius vero multo gemmarum, aurique......ecc..ecc..." che tradotto nella nostra lingua evidenzia e ci fa intuire  la magnificenza dell'opera voluta dal sovrano: "Ben quadrate pietre colla maggiore diligenza e con somma maestria lavorate formavano il grandioso edifizio, larghe muraglie lo chiudevono intorno intorno dalla parte di fuori, e tutto l'interno del palazzo di oro e di gemme sfarzosamente splendea; due torri lo terminavano dall'una e dall'altra estremità la Pisana destinata alla custodia de' regali tesori e la Greca. Decorava il luogo di mezzo quella parte del palazzo risplendente per la verità de' suoi ornamenti per nome Joaria (dall'arabo, che significa luogo spazioso) destinata al sollazzo del re nelle ore di ozio e di quiete. In tutto il resto del palazzo erano distribuite  con ordine le stanze destinate all'abitazione delle Matrone, delle Donzelle e degli Eunuchi impiegati al servizio del Re e della Regina".

Il Palazzo reale di Palermo (Foto 1)
Il Palazzo reale di Palermo (Foto 2)

Fonte:-

Bibliografia:
  •  Descrizione di Palermo antico / ricavata sugli autori sincroni e i monumenti de' tempi da Salvadore Morso, dalla pagina 11 alla pagina 16.
Linkografia:

La frase di oggi.

17 Nov. 2010.

"Ci sono crimini peggiori del bruciare libri. Uno di questi è non leggerli."

Ricorrenze storiche di oggi, mercoledì 17 Novembre 2010.

 

 

 

 

 

Eventi 

martedì 16 novembre 2010

Le vie di Palermo: Via Libertà.

16 Nov. 2010.

Si estende dalla piazza Castelnuovo e Ruggero Settimo alla piazza Vittorio Veneto, nel quartiere Politeama - Libertà.

E' ritenuta, giustamente, la più bella arteria stradale del capoluogo della Sicilia. Trattasi di un bel viale alberato ricco di vetrine e boutique; ampio e grandioso, elegantissimo coi suoi platani verdi e folti (per usare la stessa espressione di Adrien de Saint che scrisse nell'Ottocento la magnificienza del viale). Al tempo in cui visse il de Saint la via era ricca di ville in stile liberty, lo stile di fine Ottocento e dell'inizio del Novecento; le ville e i palazzi di una borghesia che voleva sentirsi all'altezza della vecchia aristocrazia cittadina.Chi giunge a Palermo potra' sentire ancora oggi gli echi di una citta' che, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, aveva scelto il modernismo, la cosiddetta art-nouveau, per realizzare opere che mostrassero la ricchezza e il prestigio di una borghesia imprenditoriale in ascesa. Una classe che intendeva costruire teatri piuttosto che chiese, e poi palazzi e ville all'altezza di quelle dell'antica aristocrazia. Ecco il liberty. Si mostra glorioso negli interni del Teatro Massimo ai quali lavoro' Ernesto Basile che diresse i lavori dal 1891, anno della morte del padre Giovan Battista Filippo ideatore del progetto iniziale, o nello splendido salone di Villa Igiea affrescato da Ettore De Maria Bergler in una esplosione di fanciulle in fiore tra iris, papaveri e melograni. Ma effigie di uno stile che rappresenta meglio di ogni altro un modo di vivere, e' anche il ritratto di Franca Florio come ci giunge attraverso la pennellata rapida, eccentrica del pittore Giovani Boldini. Il quadro, oggi perduto, e' noto soltanto attraverso alcune riproduzioni. Sembra che sia stato rifatto da Boldini per ben due volte: a Ignazio Florio non piaceva l'aria lasciva che il pittore aveva attribuito a sua moglie, splendida e ammiratissima figlia del barone di San Giuliano. Bisogna ammettere pero' che anche nella seconda versione Donna Franca appare in tutta la sua sensuale bellezza. Ha uno sguardo perso a immaginare chissa' cosa, uno scollatissimo abito che pare decorato con inserti tratti da un repertorio di stoffe art-nouveau, e porta al collo il suo celeberrimo filo di perle lungo sette metri. La stessa collana che indossa in una foto scattata nel 1904 mentre riceve l'Imperatore Guglielmo II nel parco della sua casa, appena rinnovata, all' Olivuzza. Ma ritorniamo alla via Libertà. Oggi quelle ville, quei palazzi in stile liberty, purtroppo, non esistono più in quanto una spregiudicata speculazione edilizia ( frutto del malgoverno di una classe politica durata più di vent'anni che aveva trovato in tale attività un'ottima fonte di reddito e di riciclaggio per il danaro sporco della mafia del tempo <-1950-1975> a cui era saldamente legata) ha fatto del cemento armato uno stile e una cultura di vita, facendo perdere alla via quel fascino originario che aveva al tempo delle realizzazioni architettoniche di Ernesto Basile che del liberty palermitano è l'esponente preminente.

Il nome alla via fu dato dai patrioti del 1848 che ne tracciarono il percorso, creando quel polmone urbanistico che congiungeva il centro storico con il parco della Favorita. Repressi i moti rivoluzionari del '848, tornati i Borbone, la via divenne "via della Real Favorita". Raggiunta l'indipendenza il nome precedente fu ripristinato.

Al termine del viale vi è piazza Vittorio Veneto ove si erge il monumento commemorativo del 27.05.1860, opera di Ernesto Basile (1909-1910) con bassorilievi di Antonio Ugo. Nel 1931, ad opera del Basile, fu aggiunto l'emiciclo che si trasformò in monumento ai caduti.

Lungo il percorso del viale, in piazza Mordini vi è il monumento della Libertà, con l'immagine simbolo dell'aquila; nella successiva piazza Crispi, il monumento al Crispi, opera di Mario Rutelli (1905). Lungo il percorso si incontra il prospetto in stile neo - medioevale del Conservatorio delle Croci (fondato nel 1690 per accogliervi fanciulle povere), che fu costruito da Giovan Battista Filippo Basile.

Proseguendo nel percorso , sulla sinistra c'è Villa Garibaldi, con il monumento a Garibaldi (1892), opera di Vincenzo Ragusa. Alla base del monumento è scolpito un leone, ad opera di Mario Rutelli. Di fronte vi è il Giardino Inglese con all'interno la famosa scultura dei fratellli Canaris, di Benedetto Civiletti.Il Giardino Inglese, realizzato tra il 1850 ed il 1853 su disegno di Giovan Battista Filippo Basile, si ispira ai canoni della tradizione anglosassone, sfruttando ed enfatizzando le caratteristiche orografiche del terreno, snodando percorsi con andamenti sinuosi e piccoli manufatti all'interno: padiglioni, fontane, statue, busti, cippi commemorativi, una serra ed una voliera.

Il parco è strettamente connesso a quello che in origine fu chiamato lo Stradone della via Libertà, aperto nel 1848 a seguito della deliberazione adottata dal giovane e provvisorio Governo rivoluzionario siciliano, che ne comportò la suddivisione in due aree una di fronte all'altra: il Parterre Garibaldi, realizzato su un unico livello, nel quale si erge la statua equestre di Giuseppe Garibaldi, e il Bosco, nel quale si trova la maggior parte dei manufatti interessati dal progetto.

Nell'estate del 2003, dopo quattro mesi di lavori (appalto assegnato riutilizzando residui dei fondi Onu messi a disposizione dalla Prefettura), sono stati restituiti alla città l'intero nonché pregiato parco statuario e la casa del custode del Giardino Inglese.

Trentuno, in tutto, gli elementi scultorei recuperati, tra statue, cippi, busti e fontanelle, espressioni della creatività di maestri siciliani: da Benedetto Civiletti a Mario Rutelli, da Antonio Ugo a Ettore Ximenes. Le opere, disposte lungo i percorsi del giardino, presentavano evidenti segni di degrado, provocati dagli agenti atmosferici, da atti di vandalismo, ma anche dall'incuria in cui erano state lasciate per anni. Fra i monumenti restaurati c'è anche la statua equestre che raffigura Giuseppe Garibaldi, posta nel parterre di fronte al giardino (oggi intitolato a Giovanni Falcone e Francesca Morbillo), opera bronzea di Giovan Battista Ragusa sul cui basamento è collocato un leone in bronzo scolpito dal Rutelli.

E nuovo smalto è stato dato anche all'ottocentesca casa del custode, ridotta ormai quasi a un rudere. L'edificio, tirato a lucido con un'azione mirata sia alla conservazione che a un vero e proprio recupero formale-estetico e funzionale, è stato riportato al suo originario aspetto, in armonia con la riqualificazione dell'intero parco. Fra le parti della villa recuperate figurano anche l'imponente voliera per gli uccelli e la serra.

Nell'ambito dei lavori, attraverso una ricerca negli archivi della Civica Galleria d'arte moderna “Empedocle Restivo”, e grazie anche ad alcune testimonianze, sono stati ritrovati e ricollocati decine di frammenti di statue di marmo, oltre alla mano di bronzo della Piccola vedetta lombarda, statua che si trova in prossimità dell'ingresso da via Libertà. I frammenti, tutti ben conservati, sono stati rinvenuti nei depositi della stessa Galleria. Inoltre, sono stati restaurati e ricollocati sui loro piedistalli originali due busti in marmo che ritraggono Felice Cavallotti e Nino Bixio, rinvenuti nei magazzini dei giardinieri del Giardino Inglese.

I lavori hanno portato anche al recupero di una vasca che, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, veniva utilizzata per l'accumulo dell'acqua ad uso irriguo e che poi, negli anni Sessanta, era sta soprelevata con un cordolo in cemento armato di un metro e mezzo. Il cordolo, adesso, è stato rimosso. La vasca, riportata alla sua altezza originaria e nuovamente ben visibile, è stata trasformata in una fontana con pesci, piante acquatiche, zampilli d'acqua e un nuovo impianto di illuminazione che consentirà di apprezzarne il valore ornamentale anche nelle ore serali.

Nell'ambito dei lavori è stato anche demolito un manufatto degradato che si trovava tra la Casa del custode e l'attigua villa Pottino. L'edificio, ormai in disuso e pericolante, aveva ospitato fino a quindici anni fa il laboratorio di un calzolaio. Nel '91, cessata tale attività, era stata emanata dal Comune un'ordinanza di demolizione dell'immobile, mai eseguita fino ad ora. Al posto della vecchia e cadente costruzione, è stato realizzato un prato. Sono stati rifatti, inoltre, circa venti metri di recinzione della villa, laddove prima sorgeva il muro perimetrale del manufatto.

Le vie di Palermo:Via Emerico Amari.

16 Nov. 2010.

La Via E. Amari di Palermo
La via Emerico Amari (1810-1870) si estende dalla via Francesco Crispi alla piazza Ruggero Settimo. E' intitolata all'uomo politico,economista e giurista Palermitano che fu protagonista dei moti rivoluzionari del 1848 contro i Borbone. Fu poi arrestato e si diede all'esilio. Divenne professore di diritto penale a Firenze e si dedicò ai problemi statistici ed economici. Fu poi per ben due volte deputato nazionale. Si ricorda la sua opera, Degli elementi che costituiscono la scienza del Diritto Penale, e i suoi scritti sul "Giornale di Sicilia". Divenne un famoso e apprezzato criminalista. Insegnò anche all'Università di Palermo. Fu anche filosofo.

Biografia

L' Amari nacque a Palermo il 10 maggio 1810 dal ramo principale di una tra le più antiche e nobili famiglie siciliane.Figlio del Conte di S. Adriano Mariano Salvatore Amari, che si distinse come deputato nel Parlamento siciliano del 1812, e di Rosalia Baiardi dei Marchesi di S. Carlo, fu il terzogenito di altri fratelli illustri come il Conte Michele e Gabriele. Studiò dai padri Scolopi nel collegio Colasanzio di Palermo con Vito D'Ondes Reggio, dove si distinse per ingegno e vivacità culturale.Iscritto all'Università di Palermo, intorno ai vent'anni si laureò in giurisprudenza e intraprese per un brevissimo periodo l'attività forense che abbandonò per dedicarsi agli studi scientifici. Nel 1833 fu pubblicato, sulle"Effemeridi scientifiche letterarie" il suo primo scritto dal titolo Sopra gli elementi di filosofia del Prof. V. Tedeschi che, ispirato all'empirismo lockiano e alla filosofia di Romagnosi, si opponeva a Kant e all'eclettismo allora dominanti in Sicilia.Dal 1836 collaborò attivamente al "Giornale di Statistica" e, nel 1838, divenne socio dell'Istituto di incoraggiamento con Francesco Ferrara, Raffaele Busacca e Vito D'Ondes Reggio. Fra loro nacque una solida amicizia che durò negli anni e si trasformò in parentela. Lo stesso Amari nel 1837 sposò Concetta Busacca di Gallidoro, sorella dell'amico Raffaele.Gli scritti di Emerico Amari sul "Giornale di Statistica" furono principalmente di natura giuridica ed economica, questi ultimi ispirati al liberismo .

Nel 1844, nei volumi degli "Atti dell'Accademia di Scienze e lettere ed arti", apparve L'indole, la misura e il progresso dell'industria comparata delle nazioni, introduzione ad un lavoro più ampio mai portato a termine. Lo stesso anno collaborò con Francesco Ferrara e Raffaele Busacca a una nuova serie del "Giornale di Commercio". Dal 1841 fino al 1848 insegnò diritto penale nell'Università di Palermo. Le sue lezioni, ispirate ai principi liberali, gli procurarono i sospetti della polizia borbonica; sospetti che si rafforzarono nel dicembre 1842 dopo una lezione contro la pena di morte svolta tra il plauso degli studenti.

Durante lo stesso periodo fu direttore della Real Casa dei Matti, Deputato della Biblioteca comunale di Palermo e membro del Consiglio distrettuale. Presiedette pure alcune commissioni governative su importanti progetti come la riforma carceraria e il popolamento dell'isola di Lampedusa.

In parte coinvolto nelle agitazioni del novembre 1847, alla vigilia dello scoppio della Rivoluzione del 1848 fu arrestato la notte del 10 gennaio insieme al fratello Gabriele, all'amico Ferrara e ad altri illustri personaggi sospettati di cospirazione. Liberato dopo alcuni giorni, quando le truppe napoletane abbandonarono Palermo, entrò a far parte del Comitato rivoluzionario e redasse l'Atto di Convocazione del General Parlamento di Sicilia.

Eletto deputato a Salemi e a Palermo, fu vice presidente della Camera e presidente della Commissione per la riforma della costituzione del 1812. Successivamente fu inviato come diplomatico prima a Roma e poi a Torino dove offrì, insieme al Barone Pisani, al Principe di Granatelli e a La Farina, la corona di Sicilia al Duca di Genova.

Rientrato a Palermo mentre le truppe borboniche riconquistavano l'isola, fuggì a Malta e successivamente a Genova. In esilio collaborò come giornalista a "La Croce di Savoia", al "Monitore dei comuni italiani" e all'"Economista". Scrisse molti memoriali indirizzati a governi stranieri in difesa della Rivoluzione siciliana.Tra i curatori di alcune delle opere inserite nella Biblioteca dell'Economista - che tradusse dall'inglese, francese e tedesco - fu vice presidente della sezione archeologica della Società di Storia Patria Ligure e membro dell'Accademia di Filosofia italica che pubblicò, nel 1857, la sua opera più importante, La Critica di una scienza delle legislazioni comparate, trattato di filosofia che ebbe un grande successo tra i contemporanei sia in Italia, sia all'estero. Nel 1859 Amari divenne docente di Filosofia della storia nell'Istituto di studi superiore di Firenze dove pronunciò la prolusione Del concetto generale e dei sommi principi della filosofia della storia, dato alle stampe nel 1860.

Rientrato in Sicilia dopo la spedizione garibaldina, ricevette in ottobre la carica di vice Presidente del Consiglio Straordinario di Stato per la Sicilia, organo che avrebbe dovuto suggerire i provvedimenti necessari per armonizzare le condizioni dell'isola con il resto della nazione, dal quale si dimise per protestare contro l'annessione e la mancata convocazione di un'assemblea costituente.

Coerente nella sua opposizione al centralismo del nascente Stato italiano, rifiutò anche le numerose cariche pubbliche che gli furono offerte, come quella di Presidente del Consiglio Superiore di Istruzione Pubblica.

Nominato docente di Storia del diritto e di legislazione comparata nell'Università di Palermo, respinse anche questo incarico, ribadendo i motivi del suo isolamento e della sua opposizione con una lettera, affettuosa e cordiale, al ministro della pubblica istruzione Michele Amari.
Dietro insistenza di Francesco Crispi, resse però l'ufficio di Consigliere di Luogotenenza dell'Interno, con il solo intento di aiutare la città di Palermo in un momento di disordini.
Candidato da tutti gli schieramenti politici nel collegio elettorale di Castellammare di Palermo, fu eletto a primo scrutinio deputato del I Parlamento italiano. Tra i suoi interventi parlamentari si ricordano quelli in difesa della città di Palermo e della Sicilia, contro lo scioglimento dell'esercito meridionale e sull'abolizione degli enti ecclesiastici.

Presentò le dimissioni alla Camera nel 1862, a causa della grave malattia del figlio Salvatore che morì lo stesso anno, ma, in segno di stima, il Parlamento le rigettò. Profondamente prostrato, attraversò un lungo periodo di isolamento dalla vita pubblica e da ogni attività.
Nel 1864 fondò la Nuova società per la storia di Sicilia, il primo nucleo della futura Società di storia patria.

Durante gli eventi rivoluzionari palermitani del 1866 fece in modo di non lasciarsi coinvolgere e, per evitare il contagio del colera, si trasferì a Livorno dal fratello, il Conte Michele, allora prefetto in quella città.

Nel 1867 fu rieletto deputato del III collegio di Palermo e durante quella legislatura si oppose al progetto di legge sull'asse ecclesiastico, per poi dimettersi dopo pochi mesi.
Dal 1868 fece parte del Consiglio municipale di Palermo e di quello provinciale, cariche che ricoprì fino alla morte.

Colpito da una fulminea e ignota malattia si spense il 20 settembre 1870. Per volontà del Comune di Palermo le sue spoglie furono tumulate nel Pantheon di S. Domenico dove gli venne innalzata una scultura celebrativa.

Le vie di Palermo: Via Roma.

Via Roma a Palermo vista dall'alto
16 Novembre 2010.
Nel 1885 iniziò la realizzazione di un secondo asse che attraversava la città, collegando la stazione ferroviaria con la zona portuale. Per la realizzazione di questa nuova arteria, via Roma, vennero demoliti numerosi edifici, che lasciarono spazio a palazzi di architettura eclettica e liberty.

Si estende dalla piazza Giulio Cesare alla via Benedetto Gravina e piazza Luigi Sturzo nel quartiere Tribunali-Castellammare e Politeama. Importante strada della città, parallela alla via Maqueda.
 
Il Teatro Biondo in via Roma a Palermo

Nuova energia è stata data al processo di ammodernamento della disposizione della città di Palermo quando nel 1885, alcuni anni dopo l'unificazione dell'Italia, l'ingegnere Felice Giarrusso, con la redazione del nuovo piano regolatore, ideò e chiese la costruzione di via Roma. L'opera richiese ben trent'anni di lavoro,dopo molte polemiche, soprattutto dovute alla distruzione di preziose opere d'arte quali la chiesa di S. Giovanni Evangelista, quella di S. Vincenzo dei Confettieri, quella di S. Rosalia e i palazzi Monteleone e Fitalia, e a sospetto di speculazioni edilizie. Fu ultimata nel 1922.Lo scopo era collegare la stazione ferroviaria direttamente alla nuova città ed alla zona portuale.
La costruzione di questa nuova via pubblica ha modificato l'estetica di numerose costruzioni e drasticamente alterato determinate zone come Piazza San Domenico. Via Roma presto è stata fiancheggiata da qualsiasi lato dalle costruzioni imponenti costruite nello stile eclettico del periodo della fine del diciannovesimo secolo. Dalla via Roma si dipartono il quartiere della Loggia, a cominciare da piazza San Domenico e da antiche strade, e potremmo anche accennare alla longitudinale di via Alloro, che giunge sino al Foro Italico, che venne a costituirsi presso la cittadella Al Alisah, in cui si affacciavano i maggiori palazzi nobiliari del secolo scorso. Parecchi sono ormai scomparsi. Restano i sopravvissuti. Dal palazzo Sambuca del secolo XVIII, al palazzetto Rostagni di S. Ferdinando, al palazzo Monroy di Pandolfina, al palazzo Abatellis o Patella e della Galleria regionale d'arte medievale e moderna, e che è ubicata in questo antico palazzo. Su via Roma sboccano la Vucciria, il mercato-suk, e proseguendo il monumentale palazzo delle Poste, tipico dell'architettura "imperiale" del fascismo, e infine all'Hotel des Palmes, aristocratico albergo della Palermo fin de siècle. Partendo dall'area antistante la stazione ferroviaria centrale (1886), piazza Giulio Cesare, dove è presente una statua equestre di Vittorio Emanuele II (1886) di Benedetto Civiletti, oltre cui vi è l'entrata monumentale di via Roma, fiancheggiata da due exedras progettati nel 1936 da Giuseppe Capitò. La via presenta una susseguirsi di costruzioni, tra cui: l'elegante palazzo Napolitano, progettato da Salvatore Caronia Roberti (1923), davanti il palazzo delle Ferrovie (1930) ; il cinema - teatro (1926) Finocchiaro nello stile deco; il Palazzo del Banco Di Sicilia(1936) , anch'esso progettato da Salvatore Caronia Roberti e, alle sue spalle, il palazzo della Cassa Centrale di Risparmio , progettato da Ernesto Basile nel 1907, in stile della nouveau art; Palazzo Savona (1922), ad angolo con Corso Vittorio Emanuele; Palazzo Arezzo (1897). Lungo via Roma, all'intersezione con Corso Vittorio Emanuele, vediamo la Chiesa di Sant' Antonio, del quattordicesimo secolo che nel corso del tempo ha subito molte trasformazioni, particolarmente nel sedicesimo secolo, mentre nel 1823 un terremoto ha danneggiato severamente la costruzione, dopo di che è stata ricostruita in stile neogotico; qui vicino vi è il campanile del quattordicesimo secolo, che ha usato effettuare una funzione civica, radunando le sedute del senato e del Parlamento siciliano.
All'inizio del XX secolo, la città comincia ad estendersi fuori le mura verso nord, soprattutto lungo una nuova strada chiamata Via della Libertà. In questo quartiere vengono costruite numerose ville in stile Liberty, da parte di Ernesto Basile e dei suoi allievi. Per la città inizia una nuova età dell'oro, grazie soprattutto all'opera della famiglia Florio. In quest'epoca la città si rinnova, dotandosi di nuovi ospedali, teatri (tra cui il celebre Teatro Massimo ed edifici pubblici. Fra i molti villini Liberty va ricordato senzaltro il Villino Florio nei pressi della Zisa, che con il suo stile eclettico rappresenta un magnifico esempio dell'Art Nouveau messa in luce dal Basile. La maggior parte delle altre ville verranno demolite per far posto ad alti edifici di nuova costruzione mentre rimarranno come monito di quel periodo di ricchezza le residenze borghesi nella borgata di Mondello che diventerà in breve tempo la spiaggia preferita dei palermitani.

Un tratto di Via Roma a Palermo
Durante l'epoca fascista vengono costruiti importanti edifici pubblici quali il Tribunale ed il Palazzo delle Poste in via Roma, pregevole edificio monumentale con arredi futuristi. Dopo il rovinoso bombardamento del maggio 1943 il centro storico venne in buona parte abbandonato dai suoi abitanti (che preferirono trasferirsi nelle zone residenziali che vennero costruite tra gli anni cinquanta e '60). Fino agli '80 si registrarono numerosi crolli di edifici storici. Attualmente il Centro Storico di Palermo, che è il più grande d'Europa, sta subendo notevoli rifacimenti e restauri affinché sia valorizzato al meglio.Sono stati spesi fino ad ora circa 8 milioni di euro e fervono i cantieri per la riqualificazione di esso e molti altri ancora ne saranno spesi per il completo recupero di un vero e proprio gioiello d'Italia che viene rivalorizzato ogni giorno sempre di più. Questa è stata la più grande sfida della giunta comunale e quella che sembra avere fino ad ora l'esito migliore. Lungo la strada vi è Piazza San Domenico, una delle piazze più importanti del vecchio centro abitato, progettata nel 1724 da Tommaso Maria Napoli e modificata dopo la creazione di via Roma; qui si eleva in piedi una statua bronzea dell'Immacolata Concezione con una base in marmo. Alle sue spalle si può ammirare la maestosa Chiesa di San Domenico , una chiesa barocca costruita nel 1640 con un prospetto spettacolare del 1726, fiancheggiato da due campanili eleganti. Questa chiesa è considerata il Pantheon di Sicilians illustrious e contiene molte opere d'arte, compreso alcune di Antonello Gagini, Antonio Canova, il pittore conosciuto come Zoppo di Gangi basso (“il Cripple di Gangi„), Rosalia Novelli, Gaspare Guercio, Lorenzo Olivier, Filippo Pennino e Giuseppe Velasco. Il Convento domenicano precedente adiacente, con il relativo chiostro del quattordicesimo secolo, ora è la sede del Società Siciliana per La Storia Patria (società storica siciliana) come anche del Museo del Risorgimento. Al lato vi è Palazzo Montalbano del diciottesimo secolo, parzialmente demolito durante i lavori di costruzione di via Roma e Palazzo Paternò Moncada (1905), di fronte la piazza. Avanzando giù per la via, oltre Palazzo Rossi - una costruzione probabilmente del quindicesimo secolo e riprogettata nel secolo diciassettesimo. Poi vi è il voluminoso Palazzo delle Poste, costruito durante il ventennio fascista da Angiolo Mazzoni, con una scala larga, un colonnato monumentale e pitture ed arredamento futuristici interessanti all'interno. A seguire Palazzo Ammirata, una costruzione in stile liberty progettato da Francesco Paolo Rivas nel 1908-11 e il palazzo delle Assicurazioni Generali Venezia , progettato da Ernesto Basile nel 1912. Nell'adiacente via Cavour vi è la villa Whitaker, costruita nel 1884 nello stile Gotico-Veneziano da un architetto inglese, Cristiano di Henry. Inoltre nella via Roma vi sono la chiesa Anglicana (1875), voluta dalle famiglie Ingham e del Whitaker (industriali inglesi ricchi che si sono stanziati in Sicilia nella parte precedente del diciannovesimo secolo) e, come anzidetto, l'eclettico Hotel des Palme, originariamente residenza della famiglia Ingham ma trasformata da Ernesto Basile nel 1907 - fra molti ospiti distinti dell'hotel nel corso degli anni si ricorda il compositore Richard Wagner.

Il Barocco e il Serpotta.

Busto dedicato a Giacomo Serpotta in occasione del secondo centenario della sua morte, presso oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita a Palermo.
Giacomo Serpotta,si formò quasi certamente a Roma. Nel 1682 è di sicuro a Palermo per l'esecuzione della statua equestre di Carlo II di Borbone. Iniziò con l'"Oratorio di San Fedelio" (1678) la sua lunga attività di decoratore in stucco d'interni di edifici sacri nella città di Palermo, che viveva sotto i Borboni un periodo fiorente delle arti, grazie al loro mecenatismo. Tra le sue opere più alte ricordiamo le decorazioni degli oratori di Santa Cita, del Rosario a San Domenico, di San Lorenzo e la chiesa di San Francesco d'Assisi.La personalità del Serpotta sovrasta di gran lunga quella, pur notevole, degli artisti siciliani del suo tempo; i suoi rilievi, che si dilatano sulle pareti degli edifici come ramificazioni sinuose e sensuali, riflettono solo in parte i motivi della scultura barocca, ma l'interpretano in chiave assolutamente personale ed inedita con un gusto che prelude già chiaramente allo stile rococò. I suoi famosi Teatrini, vere e proprie nicchie di grande profondità ed elevata complessità, rappresentano un elemento innovativo e geniale che ha cambiato il volto delle decorazioni a stucco nel periodo barocco innovandone il linguaggio formale. Mirabili ed esemplari sono sia quelli dell'Oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita, in cui vengono ripercorsi i misteri gaudiosi e dolorosi, che quelli, altrettanto straordinari anche se mutilati da furti e atti di vandalismo, dell'Oratorio di San Lorenzo, incentrati questa volta sulla vita dei santi Francesco e Lorenzo.


Un percorso nei quattro mandamenti della città alla scoperta dei capolavori di Giacomo Serpotta.

Qualche anno addietro l’Amministrazione comunale di Palermo ha dato ufficialmente il via all’Anno serpottiano, che focalizza l’attenzione nazionale ed internazionale su Palermo e sui capolavori del grande artista siciliano, custoditi in chiese e oratori del centro storico. In quest’anno che vede la ricorrenza del 350° anniversario della nascita di Giacomo Serpotta, sono stati inaugurati quattro percorsi serpottiani, dislocati nei mandamenti del centro storico. I siti visitabili sono complessivamente venti. L’iniziativa, promossa dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Regione, la Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali e la Curia, è stata fortemente voluta dal Sindaco Diego Cammarata. Il percorso “Itinerari serpottiani” s’inserisce nel Progetto Cultourmed, nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria Medocc, a cui partecipano, oltre Palermo, anche Palma di Maiorca, Creta, Malta, la Sardegna e la Campania, e che prevede la realizzazione di differenti itinerari culturali in questi diversi luoghi del Mediterraneo, mete favorite delle navi da crociera. L’avvio dei quattro itinerari è stato anche occasione per eseguire interventi di manutenzione e riqualificazione nei siti interessati. Il sindaco Cammarata ha costituito una task force formata da rappresentanti del settore manutenzioni, del Coime, del Settore Ville e Giardini, con la collaborazione delle aziende Amia e Amap e della Polizia municipale. Una ventina di questi interventi sono già stati eseguiti, dalla sistemazione di alcune basole alla riparazione di caditoie, e si continuerà a monitorare la zona per migliorare l’arredo urbano delle zone che ospitano l’iniziativa, che rimangono sotto stretto controllo anche dal punto di vista della pulizia. Ai visitatori viene distribuita una guida realizzata dal gruppo di lavoro del progetto, coordinato da Donatella Palumbo e Cleo Li Calzi, contenente la piantina del percorso lungo i quattro mandamenti e le schede approfondite delle chiese e degli oratori, appositamente realizzate dallo storico dell’arte e vicedirettore del Museo Diocesano, Pierfrancesco Palazzotto. Il progetto consente, dunque, di unire in un unico circuito chiese e oratori in cui si trovano le opere di Giacomo Serpotta, offrendo tutti gli elementi per renderli fruibili. Ciascun sito è visitabile nei quotidiani orari di apertura, mentre per quelli abitualmente chiusi è possibile prenotare apposite visite guidate.

L’elenco delle chiese e degli oratori inseriti nel circuito degli itinerari Serpottiani.

Il primo itinerario comprende l’oratorio dei Bianchi (via dello Spasimo), la chiesa di Santa Maria della Pietà (via Torremuzza), l’oratorio dell’Immacolatella (via Immacolatella), la chiesa di Santa Maria degli Angeli detta la Gancia (in via Alloro),la chiesa di San Francesco d’Assisi (piazza San Francesco d’Assisi),la chiesa dell’Assunta (in via Maqueda) e l’oratorio di San Lorenzo (via Immacolatella); il secondo itinerario comprende l’oratorio del Santissimo Rosario in San Domenico (in via dei Bambinai), l’oratorio del Santissimo Rosario in Santa Cita (via Valverde) e la chiesa di San Matteo (corso Vittorio Emanuele); il terzo itinerario, la chiesa di Sant’Agostino alias Santa Rita (via S.Agostino), l’oratorio di Santo Stefano Protomartire (piazza Monte di Pietà) e la chiesa di Santa Ninfa (via Maqueda); nel quarto itinerario, infine, sono comprese la chiesa del Carmine Maggiore (in piazza Carmine), la chiesa del Gesù a Casa Professa (piazza Casa Professa), la chiesa di Sant’Orsola (via Maqueda), l’oratorio di San Giuseppe dei Falegnami (via G. D’Alessi), l’oratorio del Carminello (via Porta Sant’Agata), l’oratorio del Sabato a Casa Professa (piazza Casa Professa) e l’oratorio di San Mercurio (cortile San Giovanni degli Eremiti).

LA VITA E LE OPERE DI GIACOMO SERPOTTA.

Stucchi del Serpotta presso la Chiesa di Sant'Agostino, anche detta di Santa Rita, a Palermo
Definito da Donald Garstang “il principale artista dello stucco in Europa” e da Giulio Carlo Argan “uno dei massimi scultori del Settecento”, Giacomo Serpotta (Palermo, 1656-1732) realizzò un’autentica rivoluzione stilistica e culturale, rinnovando la tecnica tradizionalmente povera dello stucco in arte ricercata e alla moda. Ebbe fama, successo e committenze dalle principali congregazioni e compagnie ecclesiastiche cittadine e siciliane: oggi i sontuosi apparati decorativi (suoi o di allievi membri della famiglia) sono presenti in una trentina fra oratori e chiese nella sola Palermo.

Il suo “segreto” fu quello di aggiungere polvere di marmo alla calce e al gesso, fino ad allora normalmente usati per formare lo stucco: polvere di marmo che dava una inusitata patina di lucentezza alle figure. La difficoltà di questa tecnica, cioè la rapidità con cui doveva essere lavorato lo stucco prima che si asciugasse, richiedeva un artista particolarmente fantasioso nell’improvvisare dettagli nei volti, nei gesti e negli ornamenti. Accadde, così, che molte confraternite che, per motivi economici, non potevano permettersi il marmo, si rivolsero a Serpotta, il quale con lo stucco realizzava opere assai meno costose, ma dai risultati ugualmente brillanti. L’eccezionale tecnica di Serpotta si sposò al suo talento compositivo, all’esuberanza del gusto e alla capacità di organizzare spazio, immagini e forme nell’ambiente in cui doveva operare. Quel che continua ad essere sorprendente, infatti, dopo 350 anni, nell’opera di questo genio della plastica scultorea, è la sua qualità di magistrale regista di spettacoli d’incomparabile grazia, rispetto al contesto spaziale in cui sono poste le sculture, dove risulta stupefacente la loro orchestrazione plastica e fluttuante. Al punto che, forse, più che di decorazione, è più opportuno parlare di un raffinato teatro nel quale figure allegoriche, putti e “teatrini prospettici” possiedono una vitalità così intensa e morbida, da realizzare una dinamica ritmica quasi musicale. La vita. Poco si sa della sua vita, che non provenga da documenti riguardanti le opere. Nacque nel 1656 a Palermo, nel quartiere della Kalsa, da una famiglia di lapicidi e marmorari palermitani. Il padre Gaspare – autore di due gradevoli statue in Cattedrale – era un uomo difficile, amava i cavalli da corsa e nel 1656 rimase gravemente ferito in una rissa; fu poi arrestato e andò in galera, lasciando la famiglia in gravissime difficoltà economiche. Questa condizione di estrema povertà dei Serpotta e i loro legami di parentela con le principali famiglie artigiane della città fanno pensare che la formazione di Giacomo avvenne nelle botteghe locali, peraltro di eccellenti tradizioni. Certi suoi riferimenti al Barocco romano, più che dovuti ad una sua permanenza nella capitale (piuttosto dubbia), sono da ascrivere alla conoscenza di stampe coeve o a collaborazioni con artisti che a Roma avevano lavorato. Il primo incarico lo ebbe a Monreale, dove collaborò alla decorazione della chiesetta della Madonna dell’Itria. Ma il primo lavoro significativo lo fece nell’oratorio della compagnia della Carità in San Bartolomeo (1679), una delle più antiche di Palermo, distrutto nell’ultima guerra. Fu forse grazie a questo intervento che gli venne commissionata (1680) la statua di Carlo II di Spagna, fusa in bronzo a Messina e distrutta durante i moti del 1848. L’opera più antica che ci è pervenuta, invece, è costituita dai due altari del transetto della chiesa del Carmine, a Ballarò, con l’uso di gigantesche colonne tortili. Il primo capolavoro è l’apparato decorativo nell’oratorio del Rosario a Santa Cita (1685-1690), dove l’artista stuccatore diventa scultore a tutto tondo, padroneggiando sia i grandi spazi che i più piccoli dettagli; e dove si mescolano armoniosamente senso drammatico, sottigliezza psicologica e capacità comunicativa. Qui è importante la probabile collaborazione progettuale con Giacomo (o Paolo) Amato. Ma l’opera forse più equilibrata e solenne di Giacomo Serpotta è la decorazione per l’oratorio dei Santi Lorenzo e Francesco (1699-1706), dove la fusione tra lo stucco e i dipinti seicenteschi presenti nell’ambiente crea un’atmosfera da sacra rappresentazione barocca; un barocco non più grave e pesante, bensì giocoso e leggiadro. Le principali opere successive andranno verso una visione sempre più tendente al rococò: i modelli per i marmi scolpiti da Gioacchino Vitagliano a Casa Professa (primi ’700), gli stucchi nelle chiese di Sant’Agostino (1711), di San Francesco d’Assisi (1723) e di San Matteo (1728). Famiglia e allievi. Serpotta si circondò spesso di allievi e collaboratori, anche per gestire l’enorme quantità di commesse che riceveva. Alcune opere, così, seppure documentate a Giacomo, non sono a lui riferibili, se non nel disegno generale e in qualche parziale intervento. Tra questi collaboratori, che raggiunsero peraltro ottimi livelli di qualità, ci furono il fratello Giuseppe (Palermo, 1659-1719), autore degli stucchi dell’oratorio dei Falegnami; il figlio Procopio (Palermo o Monreale, 1679 - Caccamo 1755), considerato il vero erede del padre, cui si devono, fra l’altro, le decorazioni della chiesa dell’Assunta e degli oratori di Santa Caterina d’Alessandria e del Sabato a Casa Professa; e il nipote Giovan Maria Serpotta (notizie nella metà del ’700), figlio di Procopio. “Il progetto – sottolinea il sindaco Diego Cammarata – promuove la nostra città, ne mette in mostra un passato illustre, evidenziandone, nello stesso tempo, un presente fatto di cantieri aperti, di lavori per creare infrastrutture e sviluppo. I quattro itinerari serpottiani danno la possibilità ai turisti e anche agli stessi cittadini di conoscere un patrimonio prezioso; ma mostranno pure una città che ha fatto della riqualificazione e del recupero una delle sue priorità, che accende i riflettori sul suo cuore antico, con grande attenzione al decoro e all’arredo urbano”.

ITINERARI SERPOTTIANI (una task-force si occupa degli interventi di manutenzioni e riqualificazione).

L’avvio dei quattro itinerari alla scoperta delle opere del Serpotta è stato anche l’occasione per portare avanti interventi di riqualificazione e manutenzione nei siti dove insistono chiese ed oratori. Numerosi interventi sono già stati eseguiti nelle strade inserite nei percorsi interessati. Si va dalla sistemazione del basolato alla riparazione di alcune caditoie, allo spostamento e alla ricollocazione di alcuni cassonetti. E si continua a lavorare per migliorare l’arredo urbano delle aree interessate alla manifestazione. La zona resta sostanzialmente sotto stretto controllo, anche dal punto di vista della pulizia, affinché sia gradevole ed accogliente. La filosofia che anima ancora una volta questo progetto è quella del recupero, della riqualificazione e rivalutazione del territorio, che va di pari passo con l’offerta culturale, con l’apertura e la fruizione di uno dei patrimoni più preziosi che la città possiede. Per raggiungere questo obiettivo è stata messa in campo una task-force, coordinata dall’ingegnere Girolamo D’Accardio, formata da rappresentanti del Settore Manutenzioni, del Coime e dell Settore Ville e Giardini, con la collaborazione delle aziende Amia ed Amap.

Tratto dal sito:
  • http://www.comune.palermo.it/

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