ULTIME NEWS DAL BLOG Sicilia, la terra del sole.
venerdì 5 dicembre 2014
Ponte dell'Immacolata nei Parchi di Sicilia.
mercoledì 26 novembre 2014
Codici sconto: le vacanze di Natale in Sicilia con advisato.
mercoledì 15 ottobre 2014
La Sicilia vista dal mare.
|
giovedì 21 agosto 2014
Pubblicato su http://www.lulu.com/ il romanzo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano.
La copertina del romanzo. |
giovedì 19 giugno 2014
C’ERA UNA VOLTA IN SICILIA: TAORMINA RIVELA IL SUO INCANTO.
Il Teatro antico di Taormina è il secondo centro di rappresentazione teatrale classico per dimensione in Sicilia. |
Fonte:
Elisa Fiocchi
Digital PR & Social Media Manager
via Pomponazzi 9, Milano
Office: +39 02 43986130
Skype: elisa.fiocchi22
Email: elisa.fiocchi@optimizedgroup.com
Web: http://www.optimizedgroup.it
LinkedIn: https://www.linkedin.com/pub/elisa-fiocchi/93/853/31bi
sabato 24 maggio 2014
Cinque mete imperdibili: la Sicilia più bella ed economica… la trovate online!
Pantelleria (TP), l'arco dell'elefante. |
- Altavilla
Milicia, in provincia di
Palermo, una vera e propria terrazza sul Mar Tirreno. Sorge su una collinetta,
ed è imperdibile il Belvedere in centro, ideale per passeggiate romantiche
e per bellissime fotografie;
- Cefalù, sempre in provincia di Palermo, merita una
visita per la sua particolare architettura
religiosa. Il Duomo è un esempio di grande varietà di stili: i
dettagli gotici, come le eleganti bifore e monofore ad arco acuto e le
alte torri che ne incorniciano la facciata, si mescolano ad una struttura
massiccia, che lo rende più simile ad una fortezza che a una chiesa;
- Noto
Marina, in provincia di Siracusa,
presenta una lunghissima spiaggia di sabbia e scogli bianchi. Una
colazione vista mare gustando la tipica granita, magari servita in una
fragrante brioche, è un must per la prossima estate;
- San
Saba, in provincia di
Messina, è un antico borgo marinaro. Le dimensioni ridotte ne fanno un
luogo ancora incontaminato, affascinante e ricco di storia, oltre che di
una natura selvaggia e suggestiva.
- Selinunte,
in provincia di Trapani, è
un vero gioiello incastonato nella costa sud-occidentale. Si tratta di
un’antica città greca, che vanta ora un grande parco archeologico: ancora
visibili in parte le colonne sull’acropoli. Imperdibile per gli amanti
della storia antica e della classicità.
mercoledì 21 maggio 2014
"I ru viddrani" di Francesco Toscano - Capitolo Sei.
Sei.
______
Cordiali saluti, Francesco Toscano, l'autore del libro e il webmaster del sito http://www.siciliaterradelsole.com/
martedì 20 maggio 2014
"I ru viddrani" di Francesco Toscano - Capitolo Cinque.
Cinque.
“Ù
pastranu”, dopo aver fatto una ricca colazione, con un uovo e pancetta,
succo di frutta d’ananas, caffè nero bollente, e aver fumato una delle prime
sigarette della giornata, prelevò con cura il quotidiano che si trovava
poggiato sulla credenza della stanza da pranzo, cominciandolo a sfogliare e a
leggerlo con attenzione. A Don Ciccio, in particolare, interessavano tutti i
fatti di cronaca che avessero avuto attinenza con le vicende “ra sò famigghia”.
Nell’articolo
di spalla della prima pagina, tale Nuccio De Giorgis, un cronista locale, così
scriveva: «Palermo, 10 marzo 2014. È
stata accoltellata ieri pomeriggio in pieno centro a Palermo, in via Dante, a
due passi dal Teatro Politeama, Ingrid Doroteea Romanescu, badante romena di
trentacinque anni. A ucciderla sarebbe stato, nel corso dell’ennesima lite, il
marito - anche lui cittadino romeno - con cinque coltellate all’addome. I due
non vivevano più sotto lo stesso tetto da un po’ di tempo, ma l’uomo, quarantuno
anni, non aveva mai accettato di essere stato lasciato e non era la prima volta
che pedinava e malmenava la moglie. Nonostante fossero già state avviate le
pratiche per la separazione, il marito continuava a perseguitare la 35enne
intimandole di lasciare il lavoro. Fino al triste epilogo di ieri. Secondo
quanto raccontato da alcuni testimoni oculari l’omicida, dopo aver estratto il
coltello da una tasca, ha colpito la donna e l’ha lasciata in una pozza di
sangue prima di scappare a piedi. Una telefonata anonima ha poi avvisato il
113. Quando è arrivata l’ambulanza, Ingrid Doroteea Romanescu era ancora viva,
ma è deceduta pochi minuti dopo il suo arrivo in ospedale. Il marito, ricercato
con l’accusa di omicidio volontario, è ancora irreperibile.»
«Fofò? Fofò? Fofoooò!» Gridò Don Ciccio
nell’intento di far accorrere con urgenza il suo fidato servitore all’interno
della stanza in cui si trovava.
«Chi succiessi? Chi succiessi Don Ciccio?»
Fofò arrivò di corsa. Dopo essersi sincerato che nulla di grave fosse accaduto
al suo amato “padrino”, che spesso
avrebbe voluto emulare, non avendone tuttavia il coraggio, gli chiese: «M’avi a cumannari?»
Don
Ciccio rispose:
«Da
buttana ri Ingrid, ti ricuordi chidda ca ngannò a Mimì Sinatra, no 2006,
arrubannugli tuttu l’ùoru e l’argìentu, muriu. Ricuordati, Fofò, ca chista è a
fini chi fannu i buttani e i trarituri. Nun tu scurdari!»
Fofò,
a quell’esternazione di Don Ciccio, chinò il capo in segno di rispetto e, dopo
essersi avvicinato al suo padrone, gli baciò il dorso della mano destra, in
segno di devozione.
Dopo
aver rassicurato Don Ciccio che mai e poi mai lo avrebbe potuto tradire,
piuttosto Dio lo avrebbe dovuto fare morire schiacciato da un Tir in corsa,
Fofò chiese licenza di potersi allontanare per riprendere le sue faccende
quotidiane, consistenti nel dar da mangiare ai cani da caccia che si
rincorrevano guaendo per i viali della villa, strigliare e dar da mangiare al
purosangue che si trovava nella stalla attigua alla cantina della villa e,
infine, ma non meno importante, prendersi cura dell’orto di villa Vassallo.
Don
Ciccio, dopo essersi sincerato che il suo devoto Fofò non lo avrebbe mai e poi
mai tradito, gli disse che poteva andare; prima, però, gli ordinò di portargli
le pillole della pressione che, oramai da circa cinque anni, era costretto a
ingurgitare.
Ingrid
Doroteea Romanescu, era nata a Born, in Romania, alla fine del 1979, da padre e
madre contadini, scriveva Nuccio De Giorgis nell’articolo della terza pagina
del quotidiano che Don Ciccio, con tanta bramosia, stava leggendo.
Seconda
di cinque fratelli, continuava nel suo articolo il De Giorgis, alla fine del
2001 era riuscita a entrare in Italia con un visto turistico, rimanendovi a
vivere da clandestina (la Romania, infatti, era entrata a far parte dell’U.E.
l’1 gennaio 2007), e occupandosi negli ultimi anni della sua breve vita di
assistere, in qualità di badante, alcuni anziani residenti nella provincia di
Agrigento.
Di
bella presenza, occhi neri, capelli corvini, fisico atletico, e un paio di gambe
che quando gli uomini le guardavano perdevano il fiato, Ingrid era ben presto
entrata nelle grazie di molti compaesani di Don Ciccio, riuscendo, il più delle
volte subdolamente, con raggiri raffinatissimi, degni di una mente criminale
brillante, a impossessarsi prima della loro morte di tutti i loro averi.
Così
facendo, andando di casa in casa, come è solito fare un predatore famelico,
dopo la morte dei vecchietti di cui si era presa cura, era riuscita a
intrufolarsi nella vita di Domenico Sinatra.
Questa
era stata la sua sventura che l’avrebbe, nel giro di pochi anni, portata alla
morte.
Ingrid
era riuscita, così facendo, a racimolare una buona somma di denaro, circa
cinquantamila euro, che ben presto le sarebbero serviti per rientrare in patria
e lì condurre una vita agiata, come una gran signora.
Signora,
con la “S” maiuscola, Ingrid non lo era mai stata.
Giunta
in Italia, infatti, non riuscendo da subito a trovare lavoro e dovendo mangiare
per sopravvivere, si era rivolta ad alcuni suoi connazionali che, approfittando
di lei e del suo stato di bisogno, sotto minaccia di rispedirla a raccogliere
il letame degli animali della fattoria rumena da cui proveniva, dopo averla
stuprata, l’avevano costretta a prostituirsi.
Ridotta
ben presto in schiavitù, così come altre donnine sue connazionali, la
poveretta, dopo qualche anno che era stata costretta a vendere il suo corpo per
denaro, era riuscita a estinguere il suo “debito da clandestina”, togliendosi
definitivamente dalla vita di strada e dal malaffare.
Dedicatasi
agli anziani in qualità di badante, un errore Ingrid lo aveva fatto durante la
sua permanenza in Sicilia: l’essersi scontrata, e schierata apertamente, contro
Don Ciccio “ù pastranu” e contro i suoi accoliti.
Alla
fine del mese di gennaio del 2006, infatti, Fofò Macchiarella, uomo di fiducia
di Don Ciccio, era riuscito a mettersi sulle sue tracce e su quelle del suo
amante, Paul Dominescu, nell’intento di venire in possesso di tutto l’oro e
l’argento che i due giovani amanti avevano asportato a don Mimì Sinatra.
Nei primi giorni del mese di febbraio
del 2006, nel quartiere San Siro di Milano, dopo che Fofò e Marco Guarraggiano,
inteso “ù bombetta”, per via di alcuni fetidi rumori che fuoruscivano dal suo
deretano, erano riusciti a rintracciare Ingrid e il suo uomo, avevano richiesto
loro di riconsegnare tutto l’oro e l’argento che avevano asportato al Mimì
durante la loro permanenza in Sicilia; Ingrid, nell’occorso, aveva avuto il
barbaro coraggio di rispondere a Fofò: «..digli
al tuo padrone di farsi fottere!»
Un tale affronto non poteva essere
tollerato da Don Ciccio.
Fofò e Marco dissero ai due giovani
amanti che avrebbero riferito dell’accaduto a Don Ciccio e che sarebbe stato
meglio per loro che fossero spariti dalla faccia della Terra. Riscesi d’urgenza
in Sicilia, a bordo di un aereo di linea Alitalia, il Fofò e Marco raccontarono
dell’accaduto a Don Ciccio; questi, appreso i fatti, aveva ordinato loro: «Pigghiati dâ buttana e tagghiatici a tiesta!»
Non passò molto tempo prima che quel
desiderio di Don Ciccio venisse esaudito.
La punizione di Ingrid, a dir di Don
Ciccio, non poteva che essere la pena capitale; non era possibile, infatti, che
una donna, e soprattutto una puttana, sfidasse un capo mafia dal pedigree di
Don Ciccio in tal guisa.
Ma commettere un omicidio non sarebbe
stato così facile; di ciò Don Ciccio e i suoi uomini erano pienamente convinti.
La Commissione Provinciale, formata dai
capi dei mandamenti mafiosi dell’agrigentino, non avrebbe autorizzato un
omicidio di una donna, benché fosse una puttana che si era permessa il lusso di
offendere l’onore “ru pastranu”.
«Don
Ciccio, vuatri u sapiti quantu vi stimu, ma n’omicidiu, ri na fimmina, puoi,
unn’è cuosa ri pocu cuntu…» Disse Fofò a Don Ciccio, che in un momento di
maggior lucidità mentale annuì a quella osservazione proferita dal suo fedele
servitore.
«N’aviti
a rari nu puocu ri tiempu, ca sta facenna a sistimamu nuautri, in maniera
pulita, pulita, senza fari troppu scrusciu!» Continuò Fofò, sempre più
amareggiato di doversi schierare apertamente contro il volere dell’anziano capo
mafia.
Don Ciccio rifletté qualche minuto e,
alle contestazioni mossegli dal Fofò, disse: «Fofò, pigghiati tuttu u tiempu ca ti sierbi, m’ammazza ru viermi ri
Ingrid.. a costu ri finiri ‘npriciuni. L’ammazzari!»
Fofò non replicò; se ne rimase in
silenzio. Baciò le mani di Don Ciccio e, così com’era entrato in quella stanza,
se ne andò, senza mai voltarsi.
domenica 18 maggio 2014
"I ru viddrani" di Francesco Toscano - Capitolo Quarto.
I ru viddrani
Quattro.
U zu Peppino e za
Pina, dopo aver chiuso la porta di casa e lasciato per strada Domenico Sinatra,
immerso nei suoi pensieri e nei suoi farraginosi ragionamenti su come dovesse
fare per rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, quasi tre chili
d’argento e ottocento grammi d’oro, si accomodarono in soggiorno, locale
attiguo alla cucina, e all’unica stanza da letto della loro modesta residenza.
Cominciarono, solo
allora, a dissertare sul perché quell’uomo, che sovente trascorreva la sua
quotidianità in solitudine, lontano anni luci dalla vita di paese e dagli altri
“viddrani”, avesse deciso di raccontare loro la sua triste vicenda umana.
Fortunatamente per
loro, la sventura o la iattura che Mimì si portava al seguito, non aveva
intaccato la loro serenità familiare. Pina chiese a suo marito come avessero
potuto aiutare Mimì a riprendersi tutto quell’oro e tutto quell’argento,
asportatogli subdolamente dalla sua badante rumena che, ricordavano, Mimì amava
in maniera viscerale, anche se quell’amore era più il frutto di un sentimento
paterno che la sommatoria di desideri lascivi.
Si rammentarono, nel
frattempo, di come Mimì fosse cambiato dopo la morte di sua moglie; i due si
abbracciarono teneramente, ringraziando Iddio di averli lasciati vivere insieme
per tutti quegli anni.
U zu Peppino e a za
Pina si erano sposati il 18 maggio dell’anno 1942, durante la Seconda Guerra
Mondiale. Lui, soldato di fanteria di stanza a Messina, aveva richiesto e
ottenuto un giorno di permesso dal suo Comando per contrarre matrimonio con la
sua amata Pina, a suo dire bella come una rosa rossa, come il sole a
mezzogiorno, dopo circa sette anni di fidanzamento, cinque dei quali vissuti
lontano da lei per via della guerra.
Lei aveva atteso il
suo ritorno dal fronte con tanta pazienza e amore; negli anni Trenta del
Novecento, durante il ventennio fascista, si erano giurati amore eterno.
Alto circa un metro e
sessantacinque, corporatura esile, occhi neri, testa rasata, per via di quella
peluria biancastra che gli era rimasta nel corso degli anni, che quando
cresceva lo faceva apparire orribile agli occhi della sua donna, pelle bruciata
dal sole, e con qualche incisivo rimastogli ancora in bocca, Peppino aveva da
poco festeggiato i suoi settantacinque anni d’età.
Per l’occasione, lui
e sua moglie, avevano deciso di recarsi in Francia, ed esattamente a Parigi,
luogo in cui, per tutta una vita, avevano desiderato andare.
Quella era stata
l’unica volta in cui Pina e Peppino non avevano pensato ai loro averi, ai
risparmi di una vita fatta di stenti e di sacrifici continui, ritenendo che
fosse più che giusto uscire dal comune di nascita prima di passare a miglior
vita.
Si recarono così in
un paese estero di cui avevano sempre sentito parlare tanto bene, in modo tale
da potersi recare in quella città incantata, romantica, qual è Parigi, da loro
tanto agognata; ovvero la capitale di Stato fra i vicoli e i sobborghi della
quale l’amore trionfa su tutto e tutti. Pina aveva festeggiato il suo
settantatreesimo compleanno durante il mese di marzo di quell’anno.
La sua vita,
interamente dedicata alla campagna, sovente a raccogliere ortaggi e agrumi, le
aveva ben presto reso la schiena curva, facendola apparire agli occhi degli
altri ancora più vecchia rispetto alla sua reale età anagrafica.
In gioventù a za Pina
era stata una bella ragazza, almeno così dicevano gli altri suoi coetanei.
Occhi celesti,
carnagione chiara, corporatura normale, un seno prosperoso, gambe dritte e
forti, e un corpo sinuoso, avevano fatto girare la testa a parecchi uomini;
lei, tuttavia, aveva scelto Peppino, non perché fosse più bello degli altri, ma
perché era stato sin da subito l’uomo che la sapeva capire all’istante, a un
batter di ciglia. Ora, a quell’età, la bellezza di un tempo era scomparsa.
Nessuno, a parte coloro i quali l’avevano conosciuta da giovane, avrebbe
scommesso una lira sulla sua beltà giovanile.
Mentre i due anziani
coniugi erano seduti sul divano del soggiorno, intenti a sentire alla radio le
ultime notizie di cronaca, Pina disse al marito di chiamare Don Ciccio “ù
pastranu”, loro compare d’anelli, per raccomandargli di ricevere quanto prima
Don Mimì, di ascoltare le sue suppliche e di esaudire al più presto le sue
preghiere, a costo di andare a cercare quella puttana di Ingrid e quello
stronzo del suo uomo, sin sulla Luna.
Peppino non se lo
fece dire due volte. Prese il telefono e cominciò a comporre il numero della
villa di “Punta Aguglia”.
La voce di un uomo,
rauca e gutturale, rispose al terzo squillo. Era quella di Fofò, il servo
fedele di Don Ciccio.
Fofò disse allo zio
Peppino che Don Ciccio in quel momento non era in casa, ma che se avesse voluto
poteva riferire direttamente a lui. Peppino gli raccontò quello che era
accaduto a Mimì, pregandolo di intercedere presso Don Ciccio affinché la
vicenda venisse risolta tempestivamente. Fofò gli disse di non preoccuparsi e
di considerare la cosa come già fatta, specificandogli di considerare come già
restituito alla persona offesa tutto l’oro e l’argento asportatogli da quella
peripatetica di Ingrid. Pur tuttavia, sarebbero passati alcuni anni da quel
giorno prima che qualcuno gliel’avesse fatta pagare ad Ingrid, così rendendo
giustizia a Don Mimì.
Francesco Toscano
"I ru viddrani" di Francesco Toscano - Capitolo Terzo.
I ru viddrani
Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, viventi o defunte, sono del tutto casuali.
Tre.
Francesco Vassallo,
di anni sessantacinque, corporatura robusta, poco più alto del muro di cinta
che delimitava il suo feudo in località “Punta
Aguglia”, che era solo un metro e sessanta, era divenuto capo famiglia a
soli quarant’anni e solo dopo aver collezionato una sfilza di precedenti penali
per delitti contro il patrimonio e la persona che avevano tanto fatto
preoccupare il maresciallo Comandante della Stazione Carabinieri del luogo.
Il maresciallo,
pertanto, fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta del
Novecento, come “estrema ratio”, al
solo fine di frenare la capacità delinquenziale del Vassallo, era stato
costretto a segnalarlo alla Questura di Agrigento affinché adottasse tutte
quelle misure di competenza che potessero sortire l’effetto sperato e in specie
limitarne la libertà d’azione.
Nel 1993, Francesco
Vassallo, dopo che qualche anno prima era stato avvisato oralmente dal Questore
della Provincia di Agrigento a non commettere più delitti, venne sottoposto
alla Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza di anni tre, con obbligo di
dimora nel comune di residenza.
Il Vassallo era anche
conosciuto nell’ambiente criminale come “ù
pastranu” in quanto avvezzo ad indossare “nu cappuottu luongu ca' arriva 'nde pieri come chiddu ca usavunu
l'antichi quannu si truavunu supra u scieccu o sopra lu mulu.”
Don Ciccio, pertanto,
sulla scorta della misura di prevenzione erogata a suo carico, se ne stava
rintanato tutto il giorno, anche al fine di poter agire liberamente e
continuare a dettare legge, lontano da occhi ed orecchie indiscrete,
all’interno del suo feudo, uno sterminato appezzamento di terreno, di quasi
trenta tummini, ossia duecentoquindici tumuli circa, che per intenderci sono
circa duecentotrentaquattromila e settecento metri quadrati, all’interno del
quale, alla fine dell’Ottocento, il suo bisnonno aveva fatto edificare una
villa sfarzosa con tutti i confort di quel tempo.
Lungo il muro di
cinta che delimitava il feudo di “Punta
Aguglia”, alcuni “campieri”, che
portavano al seguito la lupara, fungevano da sentinelle.
Sembrava che fosse
una fortezza inespugnabile la residenza di Don Ciccio “ù pastranu”; tale fu l’impressione che ebbe Mimì allorquando si
accinse ad entrare all’interno della suddetta proprietà. Mimì venne allora
bloccato da due campieri che gli chiesero chi fosse, che cosa cercasse lì, e se
portasse al seguito armi o oggetti atti ad offendere, perquisendolo
sommariamente, tanto che, ad un tratto, a Mimì gli si era chiusa la bocca dello
stomaco per lo spavento.
«Sabbenerica!» Disse Mimì ai presenti.
«Sabbenerica a vossia!» Risposero i due campieri.
«A cu circati?”
«A Don Ciccio. C’avissi a parrari, si mi po’ arriciviri…. E’ possibili?»
Concluse Mimì.
«Nca ciertu! Nu minutu cuntatu, u tièmpu ca jamu e turnamu. Assittativi
ca, ntâ stu pitruni. Ora turnamu.»
Così dicendo i due
uomini armati si allontanarono addentrandosi in una fitta boscaglia, lasciando
il Mimì da solo intento a ragionare su quello che avrebbe dovuto dire a Don
Ciccio, di come si sarebbe dovuto comportare, ed in particolare se gli avesse
dovuto fare l’inchino, il baciamani..
La sua mente era
confusa. Sudava freddo. Gli faceva male lo stomaco. Le gambe avevano cominciato
a tremargli.
Trascorsero più di
due ore da quando Mimì era giunto all’interno del feudo, ma nessuno gli aveva
fatto sapere qualcosa. Dei due campieri, e soprattutto di Don Ciccio, nessuna
traccia.
Aspettò, aspettò a
lungo. Infine, quando erano da poco trascorse quattro ore dal momento in cui si
era seduto su quel masso, che gli aveva ridotto il sedere in un colabrodo, vide
in lontananza due uomini che si avvicinavano al luogo in cui egli si trovava,
in sella a due giumente.
venerdì 16 maggio 2014
"I ru viddrani" di Francesco Toscano. Capitolo Due.
I ru viddrani
Due.
Post in evidenza
Recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano, redatta dalla lettrice Maria Giulia Noto.
Buonasera! Oggi mi pregio di pubblicare la recensione del romanzo giallo "L'infanzia violata", dello scrivente Francesco ...
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9 sett. 2023. Di recente è stato auto pubblicato dall'autore Francesco Toscano , attraverso il portale internet Amazon.it, il romanzo gi...
Il blogroll dei miei blog preferiti
La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."
La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.