Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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sabato 1 settembre 2012

IL COMUNE DI REALMONTE (AG) E LA SCALA DEI TURCHI.


1 Settembre 2012.

In provincia di Agrigento, a pochi chilometri dalla valle dei templi e dal Comune di Porto Empedocle, nel territorio del Comune di Realmonte, è ubicata, lungo il litorale, una meraviglia della natura, frutto di secoli di erosione della marna, una roccia sedimentaria di natura calcarea e argillosa, avente un caratteristico colore bianco puro. Agli occhi del turista e del pellegrino la natura offre uno degli spettacoli più belli che si possono cogliere in Sicilia:  la Scala dei Turchi, un elemento di notevole interesse paesaggistico costituita da uno sperone di marna bianca prominente sul mare, cui le falde degradanti a strato conferiscono un aspetto molto suggestivo dai forti contrasti cromatici, se si pensa all'azzurro del mare e del cielo contrapposto al bianco accecante della roccia.
Foto 1
Si tratta, per l’esattezza, di  una scogliera dal singolare aspetto che si erge in mezzo tra due spiagge di sabbia fine, e per accedervi bisogna procedere lungo il litorale e inerpicarsi in una salita somigliante a una grande scalinata naturale di pietra calcarea. Una volta raggiunta la sommità della scogliera, il paesaggio visibile abbraccia la costa agrigentina fino a Capo Rossello, altro luogo legato alle gesta di Montalbano, il personaggio immaginario, letterario e televisivo (il Commissario di P.S. più famoso d’Italia) protagonista dei romanzi polizieschi di Andrea Camilleri e delle serie televisive derivate. 
La Scala dei Turchi presenta una forma ondulata e irregolare, con linee non aspre bensì dolci e rotondeggianti. Il nome le viene dalle passate incursioni di pirateria da parte dei saraceni, genti arabe e, per convenzione, turche; i pirati turchi, infatti, trovavano riparo in questa zona meno battuta dai venti e rappresentante un più sicuro approdo.
Foto 2
La forma che questo monumento della natura assume è quella per l'appunto di una scalinata, dove -secondo la leggenda- durante le invasioni moresche che imperversarono nel '500 i turchi (erroneamente chiamati) approdarono nel territorio dell'odierna Realmonte inerpicandosi sulle stratificazioni di questa falesia.

Foto 3

Nell'agosto del 2007 è stata presentata all'UNESCO, da parte del comune di Realmonte, una richiesta ufficiale affinché questo sito geologico, insieme alla villa romana, fosse inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità.

Foto 4

Foto 5

Foto 6

Foto 7

Il territorio del Comune di Realmonte presenta aspetti paesaggistici forti e mutevoli per caratteri orografici e tipo di vegetazione. La fascia costiera è orograficamente omogenea -presenta, infatti, il tipo di "costa a picco sul mare" per quasi tutta la sua lunghezza -, ma nello stesso tempo è cromaticamente molto varia, in quanto, procedendo da est verso ovest, la colorazione della costa assume toni che vanno dal bianco, al grigio-azzurro, al rossiccio, con il variare del tipo di roccia. Anche la vegetazione gioca un ruolo determinante sulle variazioni cromatiche, specialmente nelle "zone rosse" (Monterosso e Capo Rossello), dove al rossiccio calcarenitico vediamo contrapposto il verde scuro della macchia mediterranea, fortemente presente in Monterosso e Capo Rossello, la quale fornisce un forte effetto chiaroscurale.
Un altro elemento di forte rilievo ricadente in questa zona è la Torre di Monterosso, una torre del XVI secolo tuttora pressoché intatta, ubicata sul medesimo promontorio con una posizione panoramica eccezionale; essa, con la Scala dei Turchi, costituisce uno degli elementi cardine delle bellezze del territorio di Realmonte.


Fonte:

mercoledì 1 agosto 2012

A Piazza Armerina (EN) fra i giochi medievali.


Fonte: http://www.comune.piazzaarmerina.en.it/

Ogni anno a Piazza Armerina (EN) dal 12 al 14 agosto rivivono suoni e atmosfere del periodo medievale. Nella stupenda cornice del centro storico dame, cavalieri, truppe e milizie creano un suggestivo "ritorno al passato". Una manifestazione unica che permette di immergersi e rivivere suoni e immagini ormai perse nel tempo. Un'esperienza unica e irripetibile che l'intera città vive con passione in attesa della "quintana" dove i quattro quartieri storici si affrontano in un'entusiasmante giostra. Feste medievali, musiche, balli fanno da splendida cornice alla manifestazione. Da non perdere. 
Info: 0935/982.111 - www.comune.piazzaarmerina.en.it.

sabato 5 maggio 2012

PETALI IN FESTA A NOTO È TEMPO D’INFIORATA.

Noto (SR), View from SP 19. (Fonte: it.wikipedia.org)
5 Maggio 2012.

C’è un luogo in Sicilia dove il barocco trionfa in tutta la sua bellezza, lasciando senza fiato chi vi si trova davanti: ci troviamo a Noto, che si prepara alla tradizionale “Infiorata”, una festa per gli occhi che va avanti da 32 anni. Ogni terzo weekend di maggio, per quest’edizione sabato 19 e domenica 20, la via Corrado Nicolaci fa da cornice all’evento, dal grande impatto visivo: 122 metri di petali e fiori che collegano in alto la Chiesa di Montevergini, contrapposta al palazzo del principe Nicolaci, con i suoi splendidi balconi, considerati da molti i più belli del mondo. Vi troverete davanti ad un tappeto dai mille colori che copre un’area di 700 metri quadri, composto da 16 bozzetti che, di anno in anno, sono ispirati a motivi religiosi, mitologici e di folklore popolare. Se arrivate a Noto venerdì 18 maggio, potrete,inoltre, assistere alla preparazione dell’”Infiorata”, una festa nella festa: è il momento in cui gli artisti e i loro collaboratori tracciano le sagome lungo la strada. Sabato 19 inizia il lavoro di “infioratura” vera e propria che si protrae per tutta la notte. L’indomani, domenica 20, è il gran giorno: la strada è pronta per essere ammirata in tutta la sua bellezza fino al tramonto del giorno successivo. Non mancheranno manifestazioni collaterali all’evento, che è la punta di diamante della “Primavera barocca”, una kermesse che dura quasi tutto il mese di maggio, fino al 27. Se non potete recarvi nella cittadina del Siracusano in occasione dell’”Infiorata”, avrete a disposizione tutti gli altri fine settimana: sabato 12 maggio sarà la volta del Corteo Barocco, con banditori in costume d’epoca, figuranti, sbandieratori e musici, che sfileranno per le vie del centro storico. Sabato 26 potrete assistere alla decima edizione del Festival della danza, mentre il 27 si terrà la Festa dell’Alveria, una suggestiva giornata trascorsa tra i ruderi di Noto Antica, la città medievale distrutta dal terremoto del 1693.

Fonte:

mercoledì 29 febbraio 2012

Alla scoperta di Caccamo (Pa).

Il castello di Caccamo (Pa) - (Fonte: dalla rete)
29 Febbraio 2012.


Sono incerte le origini e la storia del paese di Caccamo, in provincia di Palermo, dato che pochissimi sono i documenti storici a cui attingere per le informazioni sulle sue origini. Si presume che il primo impianto urbanistico sia stato realizzato dai Cartaginesi, rifugiatisi nel paese dopo che Himera (nelle vicinanze dell'attuale Termini Imerese) era stata distrutta da Gelonetiranno di Siracusa. Ma sono state trovate anche successive tracce bizantine e, inoltre, alcuni nomi di quartieri e di contrade fanno presupporre la presenza di un nucleo saraceno (lo stesso toponimo Caccamo potrebbe essere d'origine araba). In seguito, nel 1094, Caccamo fu affidata ai Normanni, concessa in feudo a Goffredo de Sageyo. Il paese è una borgata medievale dominata dal suo Castello in alto su una collina nella parte più antica del paese. A Caccamo nacque l'architetto e pittore manierista Nicasio Azzarello (Contino & Mantia, 1998), discepolo e genero dell'architetto, pittore e cartografo palermitano Antonino Spatafora, cognato dell'architetto e pittore termitano Vincenzo La Barbera. L'Azzarello lavorò, in qualità di architetto ai Quattro Canti (Ottagono di Piazza Villena) di Palermo. Unico suo dipinto noto, come hanno recentemente documentato Contino & Mantia (2001), è l'Annunciazione della chiesa del Carmelo di Termini Imerese, realizzata assieme al discepolo, il termitano Francesco La Quaraisima. 
Oltre al Castello che domina l’intero paese e che merita certamente una visita, Caccamo è ricca di meravigliose chiese. Vi proponiamo qui una breve guida studiata dall’amministrazione comunale. L’itinarario non può che iniziare dal Duomo, dedicato a San Giorgio. Fondato dai Normanni nel 1090, ampliato nel 1614, custodisce preziose opere d’arte: il blocco marmoreo del fonte battesimale datato 1466, della scuola del Gagini; cosi come il ciborio della cappella del SS. Sacramento del XV secolo; la tavola di Simone De Wobrek, raffigurante la caduta di Gesù sotto la croce del XVI secolo; le tele dei cinque sensi di scuola fiamminga e la grande tela raffigurante il miracolo di San Isidoro Agricola del 1641. All’interno della sagrestia si possono inoltre ammirare bassorilievi, dipinti, statue, messali, manoscritti, paramenti sacri ricamati in oro, calici, ostensori. Non lontano da Piazza Duomo, troviamo la chiesa dell’Annunziata. Fondata intorno al 1200, presenta agli esterni interessanti elementi barocchi. L’interno è suddiviso in tre navate ed impreziosito da opere d’arte come la tela raffigurante l’Annunciazione di Guglielmo Borremans, e alcuni stucchi di Bartolomeo Sanseverino. Poco distante troviamo la chiesa di San Benedetto alla Badia. Fondata nel 1615 dalle suore benedettine, l’interno presenta un grande pavimento in maiolica di Nicolò Sarzana, una splendida cancellata in ferro battuto a forma di grande ventaglio, una grandissima quantità di stucchi attribuiti alla scuola del Serpotta ed inoltre marmi policromi, affreschi sulla volta e le tele degli altari laterali. La piazza del Duomo è circondata da altri splendidi monumenti barocchi: la chiesa dell’Oratorio, il palazzo del Monte di Pietà, la chiesa delle anime sante del Purgatorio. Questo complesso monumentale costituisce uno dei più eleganti ambienti architettonici di Caccamo, scenario suggestivo utilizzato come cornice ad importanti spettacoli all’aperto e manifestazioni culturali. Fra gli edifici religiosi di interesse artistico che consigliamo di visitare, ricordiamo: la chiesa di Santa Maria degli Angeli, che custodisce una preziosa “Madonna col Bambino”, capolavoro del Gagini, ed i resti mortali del Beato Giovanni Liccio, patrono e protettore della città di Caccamo e la chiesa con annesso convento dei Cappuccini, con il suo imponente altare maggiore ligneo di stile dorico e corinzio. 
Laboriosa e piena era la vita dei cittadini che vivevano al di fuori delle mura del castello. Lì, al riparo di arcieri e ponti levatoi, nascevano tradizioni e riti che, secoli dopo secoli, sono arrivati sino ai giorni nostri. Alcuni di questi si tengono ancora all’ombra di mura medioevali che, seppur spogliate di cavalieri con arco e frecce, conservano il loro fascino quasi intatto. È il caso di Caccamo, centro collinare in provincia di Palermo, in cui ogni anno si rinnova un rito dedicato a San Giuseppe. La festa del santo, come è noto, ricorre il 19 di marzo ma in questo paese, ricco di chiese e bei palazzi, tutto ha inizio domenica 4 marzo. Sono due le manifestazioni, strettamente collegate, per cui vale la pena pensare di organizzare un visita. La prima è "a retina", che consiste in una raccolta porta a porta di frumento in onore del santo. Dalle otto del mattino, dalla zona del Carmine, cavalli bardati a festa, passeranno per tutte le vie del paese. Porta dopo porta, i cittadini avranno da offrire grano dal quale nascerà il pane in onore del famoso falegname. La passeggiata tra le vie cittadine terminerà infatti nel vecchio mulino del paese, luogo in cui sarà effettuata la molitura necessaria alla preparazione del pane del 19 marzo. Il secondo evento da segnalare è "a scalunata". In questo caso protagonista è la chiesa della SS. Annunziata, la cui scalinata, dall’altare all’abside, si ricopre di candele. I ceri terminano il loro virtuale percorso davanti al simulacro ligneo di Gaspare Serpotta, del XVII secolo. E, per la prima volta, una terza manifestazione arricchisce la giornata del 4 marzo: dalle 9 del mattino, in piazza Marconi, è l’ora della “Sfinciata”, appuntamento da non perdere per gli amanti delle prelibatezze culinarie. Per informazioni: 091.8103111.


Fonte: 


domenica 29 gennaio 2012

LE TRADIZIONI E IL CULTO DI SAN SEBASTIANO: DOVE ANDARE.

San Sebastiano in un dipinto di Marco Palmezzano, (Museo di Belle Arti, Budapest)


29 Gennaio 2012.

Correva l’anno 1575 quando la Sicilia venne colpita da una terribile epidemia di peste che mieteva vittime in maniera indiscriminata; fu allora che il culto di San Sebastiano crebbe tra il popolo, invocato solennemente affinché intervenisse a placare l’evento nefasto. 
Ancora oggi imperituro rimane il suo culto nell'isola tanto che, in alcune località, viene festeggiato due volte l’anno: è il caso di Melilli, nel Siracusano, dove ogni 20 gennaio e ogni 4 maggio ricorrono i giorni a lui dedicati. Scopriamo il perché di tanta devozione. San Sebastiano, santo martirizzato ai tempi dell’imperatore Diocleziano, era già conosciuto, secondo la storia testimoniata da un documento custodito nella Basilica di Melilli , dal 1414 anno in cui una sua statua venne rinvenuta presso l’isola Magnisi in provincia di Siracusa. All’interno del documento si leggeva anche la testimonianza di un gruppo di marinai salvatisi da un naufragio per sua intercessione; alla notizia del ritrovamento della statua accorsero centinaia di persone che, pur unendo le loro forze, non riuscirono a sollevare e spostare da lì il simulacro del santo. Solamente i cittadini di Melilli, giunti sul luogo il 1° maggio dello stesso anno, riuscirono a spostare la cassa che, entrata in paese, ridivenne pesante, segno che San Sebastiano avesse scelto quello come luogo per risiedere definitivamente; e, come narra la storia, in quel momento avvenne la guarigione improvvisa di un lebbroso. Da allora ogni 4 maggio (la festa è stata spostata a questa data dopo l’introduzione della Festa del Lavoro) alle 4 del mattino il santo viene festeggiato solennemente con l’apertura del santuario ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo; i più devoti giungono invocando una grazia con queste parole: “semu vinuti di tantu luntanu, Primu Diu e Sammastianu! E chiamamulu ca n’ajuta”. Caratteristico, in questi giorni di festa, è l’arrivo dei “nuri” di Melilli e di Solarino ovvero di devoti che in passato arrivavano quasi nudi e con mazzi di fiori, oggi invece indossano vestiti bianchi e una fascia rossa in vita, camminando scalzi per chilometri prima di giungere a destinazione, offrendo torce e ceri votivi e testimoniando le grazie già ricevute. San Sebastiano è  particolarmente venerato anche ad Acireale poiché gli Acesi, durante la Seconda Guerra Mondiale, sotto la minaccia di un bombardamento lo invocarono ottenendo la salvezza; da allora è patrono, assieme a Santa Venera, della città. Anche la città di Palazzolo Acreide lo ha scelto come santo patrono e lo venera particolarmente tanto che la festa a lui dedicata ogni anno è stata iscritta nel registro dell’ Eredità Immateriali di Interesse Locale (Reil) secondo i principi stabiliti dall’Unesco. San Sebastiano è considerato patrono degli arcieri e archibugieri, tappezzieri, fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con oggetti a punta simili alle frecce, date le sue rappresentazioni iconografiche che lo vedono trafitto da frecce in punto di orte, per ordine dell’imperatore Diocleziano, reo di aver diffuso il cristianesimo tra i funzionari e i militari della legione di stanza a Roma, di cui lui faceva parte come comandante. L’ultima domenica di gennaio, gli abitanti di Santa Venerina, nel Catanese, continuano i festeggiamenti in onore di San Sebastiano. Dopo la festa liturgica in chiesa, che si è celebrata il 20 gennaio scorso, la mattina di domenica 29 gennaio, il simulacro del santo sarà svelato tra le grida di giubilo dei fedeli e verrà trasportato sull’altare maggiore della settecentesca Chiesa Madre dedicata a Santa Venera, addobbata a festa per l’evento. Info: 095 7001149.

Fonte:
  1. http://siciliaweekend.info/

mercoledì 21 dicembre 2011

L’emigrazione in mostra a Balestrate(Pa).

Balestrate (Pa) (Fonte: dalla rete)
21 Dic. 2011.


Balestrate (Pa) dal 22 al 28 Dicembre.

La storia della Sicilia e dei suoi abitanti raccontata attraverso un suggestivo percorso iconografico e antropologico, questo il fine della mostra fotografica “La Merica”, organizzata dall’Associazione Pianeta che si inaugurerà giovedì (17.30) presso l’Istituto Comprensivo Rettore F. Evola di Balestrate, in provincia di Palermo. Leit motiv dell’esposizione sarà il fenomeno dell’emigrazione siciliana, rappresentato in più di cento pannelli espositivi di grandi dimensioni, quasi a formare un vero percorso “fisico” nella storia. Una prima sezione vi darà conto delle cause del fenomeno migratorio, legate prevalentemente alle condizioni economiche; una seconda sezione sarà dedicata al rituale della partenza e al viaggio vero e proprio verso le Americhe; una terza sezione, infine, vi farà conoscere la realtà delle società del mutuo soccorso degli italiani emigrati in terra straniera. Info: www.comune.balestrate.pa.gov.it; 091.898.00.50.

Fonte:

giovedì 8 dicembre 2011

DOLCE O SALATA È TEMPO DI CUCCÌA.


La Cuccia. (Fonte: dalla rete.)
8 Dic. 2011.

Un piatto carico di leggende per una festa dal sapore antico e magico. È tutto pronto per la XVII edizione della Sagra della Cuccìa a San Michele di Ganziria, piccolo paese della provincia di Catania. Il 10 e l’11 dicembre i vicoli del centro storico si animeranno di musica e profumi per festeggiare la minestra povera, ma gustosa, a base di frumento cotto, condita con aglio e olio o ricotta. Per due giorni il paese fa un salto indietro nel tempo, trasformandosi in un borgo medievale con cortei storici e botteghe di antichi mestieri e sapori perduti. 


Oltre al piatto a cui la sagra è dedicata, potrete gustare, infatti, anche i piatti tipici della zona, come frittelle e “sfinci”, godendovi spettacoli di giocolieri, giullari, trampolieri, sbandieratori e musicisti. La cuccìa, legata al giorno di Santa Lucia, che si festeggia il 13 dicembre, viene preparata mettendo il frumento a bagno in acqua fresca per tre giorni, poi avviene la cosiddetta “mazziata”, ovvero il grano viene battuto all’interno di un sacco di tela con una particolare mazza di legno: questa operazione serve a separare i chicchi dalla crusca. In altre occasioni il frumento viene pulito sfregandolo il sacco su una tegola (“frigatura ‘nto geramitu”). Infine, si fa bollire in acqua per almeno 8 ore lasciandolo riposare a lungo nella sua acqua di cottura. Ed ecco che il grano è pronto per essere condito e gustato in tutta la sua semplicità.

LA STORIA

La cuccìa è legata al culto di Santa Lucia e la sua preparazione è un rito di tante famiglie non solo siciliane, ma anche di buona parte del Mezzogiorno e del resto d’Italia. Tante sono le storie e leggende che legano il cibo alla festa del 13 dicembre. Ve ne raccontiamo una fra le più significative. Si narra che, diversi secoli fa, in Sicilia, dopo una lunga carestia, arrivò nel porto di Palermo una nave carica di grano proprio il giorno di Santa Lucia. L’evento fu accolto dalla popolazione stremata come un aiuto divino. Il grano fu subito distribuito e la gente, affamata, per non perdere ancora del tempo per macinarlo e trasformarlo in farina e poi in pane o pasta, lo cucinò così com’era. Da allora, in segno di riconoscenza, il giorno di Santa Lucia, ritenuta l’artefice del miracolo, non si mangiano pane e pasta, ma “si cuccìa” dal verbo “cucciari” derivato da “còcciu” cosa piccola, chicco.


LA RICETTA CUCCIA DOLCE CON RICOTTA

Ingredienti:
500 gr. di frumento tenero, 1,5 kg. di ricotta di pecora freschissima,
450 gr. di zucchero semolato, 300 gr. di capello d’angelo,
150 gr. di cioccolato fondente (a gocce o a pezzettini), granella di
pistacchio q.b., cannella in polvere q.b., un pizzico di sale.

Preparazione:

Lasciare il frumento in acqua per tre giorni, cambiando quotidianamente l’acqua. Prima della cottura versarlo in un contenitore e ricoprirlo nuovamente d’acqua con un pizzico di sale. Lasciare riposare per un’oretta e quindi procedere alla cottura, in pentola, a fiamma bassissima, per 6-8 ore. Dopo aver lasciato riposare per tutta la notte nella propria acqua di cottura, il grano è finalmente pronto. Preparare, a questo punto, la crema di ricotta, lavorandola con una frusta o uno sbattitore insieme allo zucchero, fino ad ottenere un composto denso e cremoso. Lasciare riposare per circa mezz’ora, quindi aggiungere il capello d’angelo tagliato a cubetti e le gocce di cioccolato fondente. Dopo aver scolato bene il frumento, mescolatelo alla crema di ricotta e servite il tutto in ciotoline, spolverando con la granella di pistacchio e la cannella in polvere.

Fonte:

Gustando la Testa di Turco, una delizia per il palato.

Castelbuono (Pa) - (Fonte: dalla rete)
8 Dic. 2011


Castelbuono (Pa), 8 dicembre. Quale migliore occasione, in un giorno di festa, per scoprire e gustare la “Testa di Turco”, dolce tipico castelbuonese, all’interno della tradizionale sagra ad esso dedicata. Le sue origini risalgono a molti secoli fa e, precisamente, secondo la tradizione il dolce fu realizzato per la prima volta in occasione della sconfitta degli Arabi a favore dei Normanni. Una vera e propria bontà tutta da scoprire, preparato con crema di latte bovino, farina, uova, sugna, scorza di limone, cannella in polvere e una croccante sfoglia fritta. La sagra sarà l’occasione per degustare, gratuitamente, la specialità locale ma anche un momento significativo per rivivere antiche tradizioni del passato legate alla nostra terra. 
Info: www.igattopardi.it – 0921/671211.


Fonte:

mercoledì 20 luglio 2011

ALCAMO (TP): “La piccola Parigi”.


20 Luglio 2011.

Alcamo (Àrcamu in siciliano) è un comune italiano di 45.985 abitanti della provincia di Trapani in Sicilia. Alcamo è situata al confine con la provincia di Palermo, ad una distanza di circa 50 km sia da Palermo che da Trapani. Sorge ai piedi del Monte Bonifato. Il territorio comunale oggi si estende su una superficie di 130,79 km². A nord è bagnata dal mar tirreno, confina ad est con i comuni di Balestrate e Partinico, a sud con quello di Camporeale e ad ovest con quelli di Calatafimi-Segesta e Castellammare del Golfo. La sua più importante frazione è Alcamo Marina, che dista circa 6 km dal centro cittadino.
Fondata una prima volta dall’arabo Alquama (donde il nome) sul monte Bonifato nel sec. IX; Federico II di Svevia fondò (1233) la nuova Alcamo ai piedi del monte. Nel sec. XIV gli Aragonesi la costituirono in feudo, che sino al 1812 ebbe molti signori, fra cui i Peralta, i Chiaramonte, ecc. ecc.
Esagerando un po’ gli alcamesi definiscono la loro città “la piccola Parigi”. Ma Alcamo ricca lo è davvero: nel 1988 si calcolava, infatti, che nei forzieri delle banche cittadine fossero depositati circa 300 miliardi di lire. L’asse portante dell’economia alcamese è senz’altro l’agricoltura ed in particolare la viticultura. Alcamo è uno dei centri principali in Sicilia per la produzione del vino. A questa attività, che contribuisce non poco al reddito dei residenti, sia per i possedimenti agricoli che per il cosiddetto indotto, si affianca l'allevamento bovino e ovino, la coltivazione dell'olivo, dei cereali e del famoso melone locale, chiamato localmente miluni purceddu. Nel settore primario è significativa anche l'attività estrattiva (in particolare del marmo, ma anche travertino), il terziario più o meno avanzato rimane comunque il settore con più occupati.
Dal 1972 il vino prodotto nelle campagne alcamesi, il “Bianco d’Alcamo”, è stato riconosciuto a denominazione di origine controllata e viene prodotto da un consorzio di quindici cantine e cooperative, capaci di ammassare un milione e seicentomila quintali di uva con circa 6.700 conferenti. Per gli intenditori e gli amanti del buon vino e della buona tavola, le Associazioni delle strade del vino promuovono percorsi turistici alternativi, attraverso i quali, il turista può, non solo apprezzare il vino e la buona cucina alcamese, ritrovando gli antichi odori e sapori dei prodotti naturali, ma anche ammirare lo splendido paesaggio naturalistico dove le aziende produttrici sono collocate.
L’edilizia è stata ad Alcamo un settore economico particolarmente florido. Fra gli anni Sessanta e gli anni Novanta del secolo scorso sono stati costruiti tre nuovi quartieri: Santa Lucia; Sant’Anna; Crocicchia. Questi nuovi quartieri, tuttavia, sono stati formati per lo più da case abusive. La casa per l’alcamese è stata la principale forma di investimento, sia per gli emigranti (si stima che dal 1921 al 1988 gli alcamesi emigranti siano stati circa ventimila; molti di loro si sono stabiliti nelle Americhe ed in alcuni paesi Europei come la Germania, la Svizzera, i Paesi Bassi) sia per i residenti. Ma oltre a possedere la casa in città si sono costruiti “il villino” ad Alcamo Marina, la spiaggia della città. Negli ultimi trent’anni la società alcamese si è molto evoluta. Non esistono quasi più gli analfabeti mentre numerosi sono i giovani diplomati e laureati.




Fonte:
                                                                                  

      "Sicilie – L’emigrazione nei Comuni dei Golfi", Edizioni Centro Kolbe 1988, da pagina 79 a pagina 82.

 it.wikipedia.org;  
http://www.alcamo.tp-net.it/;
http://youtu.be/_I8z82umfuU.

giovedì 25 novembre 2010

Il Palazzo Reale di Palermo. Storia di un antico monumento. La storia di Guglielmo II di Sicilia. Parte terza.

Federico Barbarossa
25 Novembre 2010.

Cari lettori, gentili lettrici, continuano gli articoli dedicati alla Storia del Palazzo Reale di Palermo e dei sovrani che l'abitarono. L'ultimo post da me realizzato, ricorderete, era dedicato a Guglielmo II, detto il Buono. Grazie all'opera di Isidoro La Lumia "Storia della Sicilia sotto Guglielmo il buono", pubblicato a Firenze nel 1867 dai successori di Le Monnier, abbiamo appreso parecchie notizie interessanti sulla vita di Guglielmo, sul suo modo di agire, di essere, e del periodo storico in cui visse. Oggi parleremo di quanto accaduto negli anni 1173 e  1174, anno dell'assedio di Ancona. (1

Questa immagine mostra lo stemma della famiglia Hohenstaufen.
"L'imperator Barbarossa avea mandato di qua dalle Alpi, a preparargli il terreno, il suo Arcicancelliere Cristiano, eletto arcivescovo di Magonza, che raccozzasse le forze della fazione imperiale, procurasse metter fine a'litigi tra Genova e Pisa congiungendole in un pensiero comune di devozione all' Impero, rinfrescasse in Italia la memoria degl'imperiali suoi diritti con adunar parlamenti e amministrare la giustizia in suo nome. In una dieta tenuta a Ratisbona nel maggio di quel medesimo anno 1174 rappresentando la ostinata insolenza e infedeltà de'Lombardi, la congiura tramata con essi dal papa e dal re di Sicilia, il concorso apportatovi dal greco Manuele Comneno, la oltraggiata e pericolante maestà dell'Impero, dirigea nuovo appello a'principi efeudatarii alemanni; poi nel seguente settembre, dopo sei anni di assenza, dopo aver provveduto ad assicurar fortemente i suoi negozii in Germania e fatto eleggere a re de' Romani Enrico suo figlio, si calava, pel solito sbocco della valle di Susa, con un valido esercito composto per lo più di mercenarii raccolti nel settentrione di Francia, nel quale, fra gli altri, si notavano Corrado suo fratello, Ladislao re di Boemia, Enrico il Leone, duca di Baviera e di Sassonia, Ottone di Wittelsbach, gli arcivescovi di Colonia e di Treveri.

Con una parte delle genti imperiali messe insieme tra Toscana e Romagna, Cristiano, lo scismatico pastore di Magonza, tristo arnese di raggiri e di guerre, aveva incominciato le ostilità contro Ancona, al lembo opposto d'Italia. Volevasi strappar da quel nido l'autorità del Conineno, che sotto specie di tutela amichevole, o fors'anche di effettivo dominio, lo teneva occupato; e,nel combattere Ancona, staccare Venezia dalla Lega italiana, Venezia nemica alla detta città per emulazione di traffici, mal disposta e testè mal conciliata col Greco. Quest'ultimo fine, almeno per poco, riusci di asseguirlo: Ancona ebbe incontro il tedesco aggressore e le feroci sue torme ; e, dal mare, il navilio dell' avversa repubblica. Pugnò e resistè arditamente; non ascritta alla Lega, ne sostenne con fermezza i propositi: per più mesi, il coraggio de' suoi eroici abitanti, la virtù delle stesse sue donne, gli strazii sofferti e le incredibili estremità della fame fornirono dovizia di esempi che ricorda ammirata e intenerita la storia.

Federigo segnava il suo ingresso coll' incendio di Susa ; occupava Torino ; Asti gli apria le sue porte dopo un debole principio d'assedio, e d'allora, abbandonata la Lega, si dava a parteggiar per l'Impero. Eccitato anche più da' Pavesi e dal marchese di Monferrato, il Barbarossa mirava soprattutto ad Alessandria, la nuova città dalle mura di terra e da'tetti di paglia, surta appena come sfida e come insulto per lui. Vi fe' intorno trinceramenti e bastie ; cominciò ad oppugnarla. Quel pugno di prodi convenuti da ogni parte d'Italia a popolare la recente colonia si difese con virile costanza. L'esercito alemanno infermava e struggevasi fra gl' inutili assalti, i rigori sopraggiunti del verno, le inondate pianure: i capi scongiuravano invano Federigo a levar le sue tende, cercare a queir impresa più opportuna stagione, e rivolgersi altrove: persistea Federigo, risoluto di avere ad ogni costo la invisa città e disperderne le reliquie ed il nome. Il re di Sicilia non partecipava al conflitto colle terrestri sue forze, di cui non era uopo a' Lombardi : vi partecipava co'danari, col morale prestigio, con impedire al nemico il possesso e le comunicazioni del mare. Fortunatamente Venezia, trascinata in Ancona a combattere contro l'interesse italiano, non avrebbe seguitato più oltre la causa del dominatore straniero. La marittima riputazione dell' isola teneva in rispetto Genova e Pisa; e i dissidii fra le due contendenti repubbliche, ragione di lutti e di sciagure all' Italia, in ciò solo allora giovarono che lo straniero vi trovasse ugualmente la difficoltà di tirarne efficace assistenza. In Pisa la tradizione imperiale durava più costante ed antica. La genovese politica, nell'urto tra l'Impero e i Comuni italiani, poteva così sostanzialmente riassumersi: tenersi in disparte, quanto fosse possibile; protestare, sottomano, a'Lombardi inclinazione amichevole, scusandosi di manifestarla all' aperto ; protestare obbedienza all'Impero, schermendosi, secondo il possibile, di servirlo co'fatti (* Vincens, Histoire de la Républ. de Génes, ch. 3, t. 197, Parigi, 1842.). Intrattenendo da' tempi del re Ruggiero in Palermo e in Messina comunicazioni e cambii attivissimi, i Genovesi, malgrado le promesse e le anticipate concessioni nell'isola, che nel 1162 facea loro il Barbarossa, aveano, a malincuore e costretti, aderito alla chiesta alleanza contro il re siciliano (Caffaro, Annales Genuenses, lib. 2, f. 292, presso Muratori, Rer. it. scr., t. VI.). Giusta i patti allora fermati, accordavasi lo spazio di un anno ad allestire i necessarii apparecchi dopo la intima formale che dall' imperatore sarebbe loro diretta per la spedizione divisata nell' isola; ma, ad esprimere la propria prontezza, pare scegliessero que' dati momenti in cui le circostanze si mostrassero evidentemente men propizie all'impresa. Nel 1164 loro oratori portandosi ad inchinare Federigo in Romagna, erano venuti perciò interrogandolo se fosse o no da por mano a' dovuti armamenti: Federigo ringraziò della offerta, ma soggiunse avrebbe dato risposta dopo intesi i feudalarii tedeschi e lombardi in una dieta che seguirebbe a Parma per la metà di quaresima: a Parma gli oratori tornarongli innanzi, e rimandavali a novello convegno in Savona per la prossima Pasqua; giunse anche la Pasqua, e le cose rimasero ov'erano ("Regni siculi omnia commoda renuimus", > Caflaro, lib. -, t. 311.). Dicemmo dell'ambasceria genovese venuta indarno a Palermo nel 1168. Dopo quel tempo tra Genova e Pisa erasi più che mai ridestata la lite per le reciproche ambizioni in Sardegna: i navigli dell'una parte e dell'altra si cercavano, si appostavano, si azzuffavano insieme pe 'l mare; i navigli del re di Sicilia, correndo ostili del pari alle due opposte repubbliche, faceano prede ad entrambe. (Due galere Genovesi avevano nel 1170 catturato una galera di Pisa e la traevano nel porto della loro città: una squadra siciliana che navigava verso le coste di Spagna diede addosso ai Genovesi e ritolse quell acquisto per sè. Oberli Annales presso Pertz., Mon. Germ Hist .Scrip.,t . XVIII, f. 87 ) 

Quando il magonzese arcivescovo, innanzi l' ultima calata di Federigo in Italia, ebbe a condursi e fermarsi qualche tempo in Genova, que' cittadini gli resero onore e gli si adoperarono intorno, procurando di farne strumento contro l'emula Pisa; e tra' titoli da loro vantati alle benemerenze imperiali si fu l'avere, per seguir Federigo, incorso la nimistà di Manuele Comneno e rinunciato a' vantaggi che loro fruttava il commerciare in Sicilia ( "Regni siculi omnia commoda renuimus", > Caffaro, lib. 2, f. 311.).

Lo scaltro arcivescovo profuse blandizie, ma pregò non toccassero quel tasto di Pisa, essa pure congiunta e devota all'Impero: ciò scemava il fervore delle genovesi ovazioni ; i Pisani, d'altra parte, sospettando del vicario imperiale, che sembrava preferire il soggiorno in mezzo a' loro nemici, entrarono in punto di fargli viso un po' arcigno. Il prelato tedesco dovè infine convincersi come non gli verrebbe mai fatto aver tutti con sè volenterosi e disposti: mandato a metter la pace, sposò contro Pisa la causa di Genova, contro Firenze la causa di Lucca; ne ricavò per sè stesso pecunia e vergogna: poi Federigo lo indirizzava in Ancona, e rimanea quel garbuglio di municipali interessi e di municipali discordie. Le carezze usate all'arcicancelliere Cristiano aveano in ogni modo contro Genova istigato i Lombardi, che, a punirla, le interdicevano il grano ed ogni altra vettovaglia del loro paese; la penuria cominciò a risentirvisi, e vi durava per più mesi strettissima: importava allora disarmare lo sdegno e guadagnarsi il favore del re di Sicilia. Venne Ottobuono degli Alberici, anch' egli (come già il Bellamuto) uno de' Consoli che amministravano in quel torno il Comune, ed erano seco due altri inviati, Ingo Tortelli ed Oberto Recalcato. Ebbero in Palermo decorose accoglienze. Un trattato fu sollecitamente proposto e conchiuso ripristinando gli accordi fermati diciott anni innanzi tra i Genovesi ed il vecchio Guglielmo. (II Caffaro (lib. cit. t. 352) riferisce il trattato, e parla  della missione del console Ottobuono. II relativo diploma che porta la data di Novembre 1174, è stato pubblicato per la prima volta a Torino nel 1854, nella collezione "Historim Patriae Monumenta , t. 1, f. 300. ).

E quel trattato con pregiudizio della parte imperiale riusciva a neutralizzare del tutto nella guerra presente la marinaresca repubblica."


Fonte:-

Bibliografia:-
Linkografia:-
(1) [Con l'istituzione del Sacro Romano Impero la città fu posta a capo della Marca di Ancona, che dopo aver assorbito le marche di Camerino e di Fermo comprese quasi tutta l'odierna regione Marche. Il potere imperiale ben presto si affievolì, fino a diventare solo formale. Infatti, a partire dall'anno 1000 la città inizia un cammino verso l'indipendenza, favorito dall'aumento del commercio. Alla fine dell'XI secolo Ancona è ormai un libero comune e una delle repubbliche marinare che non compaiono nello stemma della Marina Militare, come Gaeta, Trani e Ragusa (Croazia, odierna Dubrovnik). Si scontra così sia con il Sacro Romano Impero, che tentò ripetutamente di ristabilire il suo effettivo potere, sia con Venezia, che non accettava nell'Adriatico una città marinara che, sia pur in forma ridotta, le faceva concorrenza per i traffici con l'Oriente. Ancona poteva contare sull'appoggio dell'Impero Romano d'Oriente. Per resistere allo strapotere veneziano era poi preziosa l'alleanza con la Repubblica di Ragusa, in Dalmazia. Il territorio della Repubblica anconitana non fu mai molto esteso, dedicandosi la città soprattutto ai traffici marittimi; nell'entroterra Ancona si limitò sempre solo a garantirsi lo spazio vitale per la difesa e per l'approvvigionamento alimentare. A difesa del territorio (i cui confini erano a nord-ovest il fiume Esino, a sud-ovest il Fiume Aspio e, dopo la sua confluenza, al Musone, ad est l'Adriatico) gli anconitani costruirono o presero venti castelli, detti i Castelli di Ancona. La Repubblica marinara di Ancona batteva moneta propria: l'agontano; aveva propri codici di navigazione noti sotto il nome di "Statuti del mare e del Terzenale (arsenale)" e "della Dogana"; inviava consoli ed aveva fondaci e colonie in tutti i porti d'Oriente, da Costantinopoli alla Siria, dalla Romania all'Egitto. Riuscì a resistere ai duri assedi dell'imperatore Lotario II, nel 1137, e di Federico Barbarossa nel 1167 e nel 1173; in quest'ultimo si distinguono le gesta di Stamira, l'eroina anconitana, e del sacerdote Giovanni di Chio. Si riportano alcuni particolari dell'assedio del 1173 perché nei secoli successivi, e specie nel 1800, fu considerato quasi un paradigma del carattere della città. Ancona aveva giurato fedeltà all'Imperatore bizantino Manuele Comneno; l'imperatore del Sacro Romano Impero, Federico Barbarossa era in in Italia per ristabilire il proprio potere sui liberi comuni. L'Impero aveva in odio la città non solo per le sue pretese di indipendenza, ma anche perché era legata all'Impero d'Oriente. Il Barbarossa quindi per ristabilire la propria autorità su Ancona, vi inviò il proprio luogotenente, l'arcivescovo Cristiano di Magonza, noto come uomo crudele e dedito alla rapina. Le truppe imperiali avevano preventivamente chiesto ed ottenuto l'alleanza della flotta veneziana: Venezia, infatti, aveva colto l'occasione per liberarsi di una rivale nei traffici marittimi. L'assedio durò sei lunghi mesi e la città dovette fare i conti con la carenza di cibo e con forze nemiche preponderanti. Di questo assedio si ricorda l'eroico gesto di una donna, la vedova Stamira, che, uscendo arditamente dalle mura e dando fuoco ad una botte carica di materiale infiammabile, riuscì a danneggiare un accampamento nemico. Ciò rese possibile, nella confusione in cui si trovarono le truppe imperiali, anche il rifornimento di una certa quantità di cibo. Stamira è pertanto considerata una delle maggiori figure storiche della città. Grazie ad una pericolosa spedizione oltre le file nemiche, gli Anconitani riuscirono a chiedere soccorso agli alleati emiliani e romagnoli. Con l'arrivo infatti delle truppe della contessa di Bertinoro Aldruda dei Frangipani e del duca di Ferrara Guglielmo dei Marcheselli, si riuscì a rompere l'assedio e a cacciare la flotta veneziana e le truppe imperiali. L'Imperatore di Bisanzio, per ricompensare Ancona della fedeltà a lui dimostrata, inviò ingenti somme di denaro e, secondo la tradizione, le donò in segno di riconoscenza la bandiera rossa con una croce d'oro che è ancora oggi il vessillo della città, a ricordo degli ideali che ispirarono tali avvenimenti. Il risultato più importante della vittoria fu il permesso, concesso dall'Imperatore d'Oriente, di praticare il commercio marittimo in tutti i suoi porti, con la possibilità anche di contruire fondaci e abitazioni. Come già in epoca traianea, Ancona si avviava nuovamente ad essere per l'Italia una delle porte d'Oriente. È nota la partecipazione a diverse crociate, tra cui la prima. Nella lotte fra Papa ed Imperatore del XIII secolo, Ancona è di parte guelfa. Lo stemma del libero comune, un cavaliere armato, rappresentante la virtù guerriera e l'attaccamento alla libertà, è quello che anche oggi identifica la città. Tra i suoi navigatori si deve ricordare Ciriaco d'Ancona (Ciriaco Pizzecolli).]

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La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.