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sabato 16 febbraio 2008
A Palermo 63 opere di Max Ernst.E' la terza mostra del magnate in Sicilia
giovedì 14 febbraio 2008
Chiesa di S. Giovanni degli Eremiti (Chiese di Palermo)
La Zisa(Monumenti arabo-normanni di Palermo)
Gli emiri che venivano dall'altra parte del mare lo chiamavano gennat alard, il Paradiso della Terra. E lo trovarono anche a Palermo. Ma gli abitanti di quella città, magnifica come lo era solo Bagdad per i suoi giardini e Cordova per le sue moschee, dieci secoli dopo seppellirono quel paradiso sotto i loro rifiuti. Dove c'erano fontane e palme da datteri e melograni ci portarono sozzure, veleni, carcasse di animali e di automobili. Dove crescevano le piante degli odori ci costruirono case deformi e giganteschi palazzi, rovesciarono cemento sugli agri più fertili della Conca d'Oro, nascosero castelli, coprirono tesori. I parchi di Palermo diventarono i suoi orrori urbani. E anche la Zisa, in arabo la Splendida, fu sotterrata con la sua memoria. Dimenticata, lasciata nelle mani dei nuovi califfi mafiosi, abbandonata nel suo sfacelo.
Ci sono voluti gli ultimi vent'anni e tanta fatica per seguire una traccia che forse, prima o poi, ci farà ritrovare la strada che conduce ancora al Paradiso della Terra. Vi hanno piantato aranci amari e cedri, bacche, arbusti, la lavanda, i carrubi, il gelsomino e la menta, le rose e i pistacchi. Vi hanno scavato tra le sterpaglie e i cumuli di fango una vasca lunga centotrentacinque metri e larga quattro, una «via dell'acqua» con luci e spruzzi. Vi hanno disegnato aiuole, poggiato marmi e restaurato pozzi, mosaici, colonne. In una delle borgate più devastate e putrefatte stanno facendo rinascere un frammento di quell'eden che dopo gli arabi fu dimora dei normanni, grande riserva reale di caccia che si estendeva da Altofonte fino quasi al mare, territorio che elevò Palermo a capitale. Una delle più grandiose del Mediterraneo.
Erano centomila e qualcuno dice anche duecentocinquantamila quelli che vivevano sotto il Montepellegrino quando gli arabi persero il dominio dell’isola e, dopo due secoli e mezzo, arrivò un manipolo di audaci. Erano condottieri «fedeli di Dio e cavalieri di Cristo» con a capo i fratelli Roberto e Ruggero d'Altavilla, dovevano sottomettere i greci, cacciare i saraceni e riportare la Sicilia «in grembo alla cristianità».
L'avventura però fu anche un'altra. E i signori normanni dal 1071 e per più di cento anni vissero a Palermo come «i più orientali» dei sovrani. Fu allora che il gennat alard divenne il Genoardo. Fu allora che il mecenatismo illuminato dei cavalieri di lontane origini scandinave assecondò la fusione di culture, di popoli, di tendenze. Una Palermo multietnica dove cupole islamiche svettavano sulle basiliche latine, dove artigiani magrebini e bizantini decoravano chiese cristiane, dove per le vie si incontravano mercanti e geografi e matematici di ogni razza e ogni provenienza. Longobardi, ebrei, slavi, berberi, persiani, tartari. E, come annotava uno dei tanti poeti a quel tempo partiti dall'altra sponda del Mediterraneo, «le donne di questa città all'aspetto sembrano musulmane, parlano arabo correttamente, si ammantano e si velano come quelle».
Fu proprio in quegli anni che dalle maestranze di Sousse e di Kairouan i normanni si fecero progettare e realizzare quelle che il viaggiatore arabo andaluso Ibn Giubair descriveva come «le perle di un monile», la piccola Cuba, la Cuba Sopraha, il palazzo dell'Uscibene. E soprattutto el Aziz, la Zisa. Palazzi che uno dopo l'altro ricadevano nel Paradiso della Terra, luogo di delizie, culla di ozi e sollazzi di corte. Su mandato papale i normanni edificarono le grandi cattedrali cristiane — a Palermo, a Monreale, a Cefalù — ma nel privato scelsero di trascorrere la loro esistenza come i vinti, quei sultani che passavano le giornate a sentire il cinguettio degli uccelli e i profumi delle erbe nei giardini ispirati al disegno islamico, che godevano di quelle grandi sale per il riposo e per le feste, per gli incontri con le concubine.
«La Zisa era il palazzo dei piaceri, costruita da un re cristiano ma araba nella sua concezione: è stato un riconoscimento dei trionfatori agli sconfitti», spiega Salvo Lo Nardo, uno degli architetti — gli altri sono Pippo Caronia e Luigi Trupia — che hanno fatto rivivere a Palermo questo ritaglio di Genoardo. L'idea la ebbero nel 1986 e trovarono in quella inquieta stagione politica siciliana un'entusiastica sponsorizzazione trasversale, il sindaco democristiano ribelle Leoluca Orlando e l'assessore socialista Turi Lombardo. Progetto approvato nel 1990 e finanziato dal Comune nel 1996, nel 1997 iniziarono i lavori ma poi la ditta fallì e il cantiere rimase chiuso per anni. Ha riaperto l'anno scorso. Nell'estate del 2005 i giardini della Zisa sono stati finalmente offerti alla città che li aveva occultati.
Tre ettari di verde, sessanta varietà di piante sapientemente sparse in otto campi, poco più di cinque milioni di euro il costo dell'opera. «Noi palermitani siamo lenti nel fare le cose ma poi, alla fine, riusciamo a sentirle profondamente nostre», dice la Sovrintendente ai beni culturali di Palermo Adele Mormino quando ci mostra in un bellissimo tramonto il «luogo delle delizie».
Eccoli i giardini della Zisa con i suoi tre percorsi, la «via dell'acqua», la «via del verde» e la «via dell'ombra», un reticolato metallico che sarà coperto da bouganville e da glicine e da gelsomini. In mezzo la lunga vasca con le ceramiche lavorate dai mastri di Santo Stefano di Camastra, gli zampilli, il marmo bianco delle cave di Alcamo e di Castellammare, un proseguimento ideale del tracciato d'acqua della sala della fontana, quella che si apre oltre le porte del palazzo della Zisa. E fuori dalle sue mura c'è ancora la «senia», una piattaforma di pietra circolare con al centro un pozzo e una macchina dentata. Una volta un asinello legato e bendato vi girava all'infinito intorno, con il suo andare le pale tiravano su dal pozzo l'acqua che finiva poi in una cisterna e scivolava nei canali che irrigavano il giardino. Ci vorrà del tempo e tanta pazienza per vederlo rigoglioso come mille anni fa questo parco circondato ancora dalle mostruosità della Palermo più «ruggente», sfregi lasciati nel quartiere della Zisa dai Moncada, dai Corvaia, dai Carini, palazzoni tutti uguali, edilizia di rapina, licenze regalate “dall'Anonima Impresa Ciancimino" agli amici, ai prestanome, a pensionati nullatenenti. Una Palermo infetta che guarda ancora oggi quella che era la Palermo più regale e superba. È in fondo, imponente e maestoso, che si staglia il palazzo che i palermitani chiamano castello ma castello non è mai stato. Un parallelepipedo di tufo, alto più di 25 metri e largo più di 35 con un'iscrizione in versi sull'arcata di accesso alla sala della fontana: «Quantunque volte vorrai, tu vedrai il più bel possesso del più splendido tra i reami del mondo: dei mari e la montagna che li domina le cui cime sono tinte di narciso e vedrai il gran re del secolo in bel soggiorno ché a lui conviensi la magnificenza e la letizia. Questo è il paradiso terrestre che si apre agli sguardi. Questi è il Musta’izz e questo palazzo l'Aziz».
Il Musta’izz, «bramoso di gloria», era re Guglielmo II. L'Aziz fu iniziato nel 1165 da Guglielmo I il Malo. E ultimato nel 1167 da Guglielmo II il Buono, che al trono salì appena adolescente, quando aveva solo tredici anni. Così lo storico Michele Amari ricorda la nascita della Zisa nella sua ricostruzione dell'epoca musulmana in Sicilia: «Guglielmo, rivaleggiando col padre ne' passatempi soli, ei si messe a fabbricare tal palagio che fosse più splendido e sontuoso di que’ lasciatigli da Ruggiero. Fu murato in brevissimo tempo, con grande spesa, il nuovo palagio e postogli il nome di El Aziz che in bocche italiane diventò la Zisa e così diciamo fin oggi». Un gioiello di architettura araba e di monumentalità normanna. La perfetta sintesi della mescolanza tra dominatori e dominati, la Zisa come simbolo di una Sicilia felicissima. Scrive Giuseppe Bellafiore, professore ordinario di storia dell' arte e autore di un testo sulla Zisa dato alle stampe una decina di anni fa dall'editore palermitano Flaccovio: «A volere meglio specificare le caratteristiche funzionali del palazzo, c'è da dire innanzitutto che esso era una dimora destinata prevalentemente al soggiorno estivo. Non si trattava tuttavia di un precario soggiorno diurno … Era questo rivolto ed aperto a nord-ovest verso il mare, cioè verso la zona panoramica più attraente e più fresca della pianura palermitana». Aggiunge ancora Bellafiore: «Da quella parte, giungevano le brezze più temperate e specialmente quelle notturne, che potevano essere accolte entro lo stesso palazzo attraverso l'ampio varco dei tre fornici di facciata e della grande finestra belvedere del piano alto». Spazi, finestre, atri, un mirabile sistema di ventilazione per assorbire ed espellere l'aria calda. Per affrontare le giornate di scirocco. Per trovare riparo alle lunghe estati palermitane. E concedersi sollievi più intimi. «Era proprio lì dentro che i nuovi conquistatori si dedicavano alle gioie dell'anima e soprattutto a quelle del corpo», racconta Matteo Scognamiglio, direttore del servizio beni architettonici della Sovrintendenza, che spiega come da alcuni mesi stanno completando il recupero della sala della fontana. Era al primo piano l'harem della Zisa, nelle sale che si inseguono nelle due ali del palazzo. Aspettavano là le donne dei sovrani, distese sui loro soffici diwan e nella penombra delle nicchie. Un'atmosfera fiabesca, da Mille e una notte. Alla Zisa ma anche alla Cuba e in tutti gli altri «sollazzi» dei giardini delizia musulmani, quelli che si richiamavano al paradiso coranico. Era il Genoardo voluto dai normanni. E non fu certamente un caso che proprio lì, alla Cuba, tra le acque e gli alberi che circondavano un altro parallelepipedo — di dimensioni appena più piccole della Zisa — Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron. La sesta della quinta giornata. È la vicenda d'amore tra Gian di Procida e Restituta, una ragazzina bellissima di Ischia rapita da «giovani ciciliani» per offrirla in dono a Federico II d'Aragona. Il re comandò «che ella fosse messa in certe case bellissime di un suo giardino, il quale chiamavan Cuba, e quivi servita, e così fu fatto». Lieto il finale della storia. I due amanti si ritrovarono dopo il rapimento ma una notte vennero scoperti mentre dormivano abbracciati, il re li fece trascinare nudi sul rogo. In loro favore intercedette però Ruggieri de Loria, che ricordò al sovrano cosa fecero i Procidani nella guerra del Vespro. E fu così che «Gian di Procida campa e divien marito di lei». Quando Giovanni Boccaccio scrisse il Decameron, era già cominciato il declino del parco reale e anche di quella Palermo che per il geografo arabo Al-Idrisi era allora «la più grande e la più bella metropoli del mondo». Un decadimento che subì anno dopo anno pure la Zisa. Nel Trecento fu realizzata una merlatura che soffocò una scritta in arabo alla sommità dell'edificio, poi il «sollazzo» fu trasformato in una fortificazione. Narra Nicolo Speciale, cronista del quindicesimo secolo, di quel che accadeva anche nel passato più lontano nella Conca d'Oro: «Tutto ciò che c'era di verde veniva distrutto e nessuno aveva pietà». Gli aragonesi e i vicerè spagnoli assegnarono la Zisa di volta in volta a nobili famiglie. Nel Cinquecento diventò un baglio, nel Seicento l'acquistò per poche once Don Giovanni di Sandoval, nel 1808 la Zisa passò ai Notarbartolo principi di Sciara. La tennero loro fino al 1951, quando fu espropriata dalla Regione. Cominciarono allora i primi lavori di restauro. Ma alla vecchia maniera siciliana. Interventi saltuari e approssimativi. Tra il 1956 e il 1957 furono perfino buttati giù alcuni muri, i solai e anche i pavimenti che avevano abilmente sistemato quelle maestranze arabe venute da Sousse e da Kairouan per desiderio dei nuovi signori. Nell'ottobre del 1971 il più bel palazzo del Paradiso della Terra cedette per l'incuria: il primo piano precipitò. E cominciarono anche i saccheggi della Zisa la Splendida, luogo per le scorrerie di vandali e rifugio di tossici. Il vero restauro statico e architettonico ebbe inizio l'anno dopo il crollo, nel 1972. Ma dentro e intorno a quel poco che restava del mitico Genoardo ormai era arrivato il palermitano più predatore e impunito. Aprirono una fossa per una discarica abusiva. E poi comparve un'officina. E poi ancora uno sfasciacarrozze. Ci trasferirono lì, proprio lì nel Paradiso della Terra, anche un deposito dell'Amnu, l'azienda municipalizzata dei rifiuti. E davanti e dietro al palazzo dei piaceri intanto il nuovo potere aveva lasciato già le sue impronte, i cantieri e il calcestruzzo degli ultimi re di Palermo, i boss.
Tratto da: La Zisa e il Paradiso Perduto di Attilio BOLZONIAttilio BOLZONI, La Domenica di Repubblica, 14 agosto 2005.
Le trasformazioni nei secoli
La Zisa delle origini subì nei secoli numerose trasformazioni. Nel Trecento, tra le altre modifiche apportate, fu realizzata una merlatura, distruggendo parte dell'iscrizione in lingua araba (a caratteri cufici) che faceva da coronamento all'edificio. Radicali furono le trasformazioni seicentesche intervenute quando il palazzo, in pessime condizioni, venne rilevato da Don Giovanni di Sandoval, a cui risale lo stemma marmoreo con i due leoni, oggi posto sopra il fornice di ingresso. Per le mutate esigenze residenziali dei nuovi propri etari furono modificati alcuni ambienti interni, soprattutto all'ultima elevazione, furono realizzati nuovi vani sul tetto a terrazza, fu costruito un grande scalone e vennero modificate le finestre sui prospetti esterni. Nel 1808, con la morte dell'ultimo Sandoval, la Zisa passò ai Notarbartolo, principi di Sciara, che la utilizzarono per usi residenziali fino agli anni '50, quando la Regione Siciliana la espropriò. Il restauro della fine degli anni '70 ed '80 ha restituito la Zisa alla pubblica fruizione. Nella parte dell'ala Nord crollata nel 1971 si è proceduto alla ricostruzione delle volumetrie originarie, adoperando, per una piena riconoscibilità dell'intervento, cemento e mattoni in cotto, materiali differenti dalla originaria pietra arenaria.
L'esposizione
Nelle sale sono esposti alcuni significativi manufatti di matrice artistica islamica provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo. Tra questi sono di particolare rilevanza le eleganti musciarabia (dall'arabo masrabiyya), paraventi lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati fra di loro a formare, come merletti, disegni e motivi ornamentali raffinati e leggeri) e gli utensili di uso comune o talvolta di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in ottone con decorazioni incise e spesso impreziosite da agemine (fili e lamine sottili) in oro e argento.
RUGBY: SEI NAZIONI, MALLETT CONVOCA BUSO E NITOGLIA PER IL GALLES
CICLISMO: DEDICATA A CAMILLERI E MONTANTE LA SECONDA TAPPA GIRO D'ITALIA
mercoledì 13 febbraio 2008
MOSTRE: TRAPANI, OLTRE 27MILA VISITATORI PER CARAVAGGIO
lunedì 11 febbraio 2008
Palermo,la Kalsa.L'antico Halisah
3 Al-Muqaddasi era un geografo di Gerusalemme morto nel 988 autore del Kitb ahsan et-taqasim fi ma'rifat al-aqalim, in BAS, II, pp. 670-71.
4 T. Fazello, De rebus Siculis decades duae, Panormi 1558, I, 8, p. 184.
5 Documento della cattedrale di Palermo citato da V. Di Giovanni, op. cit., II, p. 63.
6 A. De Simone, op. cit., p. 145.
7 G. M. Coluba, Per la topografia cit., p. 398.
Il Castello di Maredolce di Palermo.
(Fonte: http://www.palermoweb.com/cittadelsole/monumenti/immagini/castel9.jpg) |
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Castello di Maredolce Vicolo Castellaccio Palermo (PA)
Come raggiungerci Treno: Palermo
Autostrada: da CT: A18-A19 uscita PA
Aeroporto: Falcone e Borsellino
Il Castello di Maredolce è architettonicamente molto importante poiché è l'unico complesso normanno esistente al mondo in cui si possono ammirare il disegno complessivo e il rapporto architettura-paesaggio. Il Castello della Favara rientra nel quadro dell'arte siciliana, si presenta con elementi propri in quanto, pur conservando elementi dell'arte bizantina e araba, acquista anche le caratteristiche costruttive preesistenti in Sicilia.
Il palazzo è a pianta rettangolare con una rientranza nell'angolo est; ed inoltre la fonte non presenta tutta la stessa altezza. Esso era bagnato su tre lati dalle acque del lago e ciò è testimoniato dalla mancanza di intonaco idraulico rosso sul lato che oggi dà sulla stradella, intonaco che invece si trova sui rimanenti lati. La costruzione poggia su dei grossi conci di tufo.
Sulla fronte Nord-Ovest si aprivano quattro ingressi il primo dei quali, oggi tampognato, portava probabilmente alle scuderie e a zone riservate alla servitù. Il secondo ingresso, che è il più grande, immette in un cortiletto oblungo che si allarga in un ampio cortile su cui si apriva un portico di forma quadrata (è questa la parte del castello più "sconvolta" dalla numerose costruzioni abusive che hanno nascosto o distrutto molte tracce).
Il terzo ingresso portava alla cappella dedicata a San Filippo. Il quarto ingresso della facciata Nord-Ovest conduce nell'ambiente annesso alla cappella: l'aula regia, che è stata divisa in due da un soppalco, la parte delle nervature. Gli altri ambienti, spesso ricoperte da costruzioni abusive, stanno venendo alla luce con il restauro attuale e gli studi su di esso sono ancora in corso. Nel lato Nord-Ovest si trovano sovrastante nasconde la nicchia con la volta plissettata alla "persiana", ornata condelle finestre con ghiera acuta. L'ambiente scelto per la cappella prima era probabilmente la moschea dell'Emiro; infatti durante gli scavi eseguiti nel 1951, nelle vicinanze sono stati ritrovati frammenti di stoviglie in argilla tipicamente arabi. Il piccolo luogo di culto è a pianta rettangolare ad unica navata coperta da due volte a crociera, divise dal presbiterio da un arco a sesto acuto. Al centro del presbiterio si innalza il tamburo che inizia a forma quadrata, diventa un ottagono e termina a forma cilindrica coperto da una piccola cupola che all'esterno si presenta coronata da una piccola serie di mensole poste nella parte alta a simboleggiare l'appartenenza ad un palazzo reale. In fondo al presbitero si trova l'abside illuminato da una finestra e affiancato da due nicchie di forma rettangolare probabilmente utilizzata per conservare le suppellettili sacre. Sulla parete di sinistra si aprono quattro finestre che danno luce alla navata. Sulla parete di fronte all'abside si nota una apertura, oggi tampognata, che immetteva in un ambiente delle stesse dimensioni della cappella. Il pavimento, sullo stesso livello del piano esterno, era ricoperto da un semplice battuto di malta e coccio pesto. Nel lato Nord-Est si trovano delle finestre con ghiera acuta.
Lato SUD-OVEST
Nella parte Sud-Ovest si trovano due finestre bifore probabilmente divise da una colonna.
Sul lato Sud-Est un ponte levatoio collegava il castello all'isolotto ed era possibile l'attracco per le piccole imbarcazioni sul lago. Sempre su questo lato si trovano delle feritoie strombate riconducibili al periodo in cui il castello, di proprietà dei cavalieri Teutonici assume una funzione difensiva.
Il restauro
Il restauro del complesso, avviato nel 1990, ha interessato in un primo momento solo la cappella e per alcuni anni ha avuto rallentamenti e perfino periodi in cui è stato del tutto fermo.
Nel 1992-93, durante il restauro, è stata effettuata l'indagine archeologica della cappella e di una larga trincea (2 m) presso la diga che chiude a Nord-Est la depressione del lago artificiale. Proprio qui si è evidenziato non solo lo strato limoso relativo all'uso lacustre del bacino, ma anche uno strato di insabbiamento di terreno giallastro alluvionale, fino agli strati di interramento artificiale per uso agricolo, nei quali è stato possibile perfino leggere le fosse praticate per l'impianto di colture arboree. E' venuto così alla luce il fondo del lago pavimentato a cocciopesto come il rivestimento delle strutture murarie, il fondo presenta una inclinazione di circa 20 gradi rispetto al piano normale della struttura, in modo da smorzare la forza delle acque provenienti dal monte Grifone a sud-ovest. Nello strato relativo all'insabbiamento con terreno giallastro alluvionale si sono recuperati alcuni esemplari di formae e canterelli che, insieme a pochi ma significativi materiali utili per stabilire una cronologia testimoniano la trasformazione di quello che era stato nei secoli XII e XIII un luogo di delizie in un'area a prevalente funzione agricola-industriale. Le formae e i canterelli erano contenitori di terracotta utilizzati per la lavorazione dello zucchero. L'esistenza di coltivazioni di canna da zucchero e di un piccolo stabilimento industriale (un trappeto) per la lavorazione della preziosa sostanza a Maredolce è confermata anche da numerose fonti archivistiche. Nel corso degli ultimi due anni è stato reso quasi del tutto esecutivo l'esproprio delle numerose costruzioni abusive che si addossano o circondano il castello e i lavori sono ripresi a pieno ritmo. La Sovrintendenza per la conservazione dei beni culturali e ambientali conta di ultimare i lavori di restauro in pochi anni. Il progetto ambizioso prevede, oltre al restauro, anche il ripristino del lago e la creazione di un parco in modo tale che il complesso possa avere degna collocazione dal punto di vista artistico monumentale e possa costituire un'occasione di riscatto culturale ed economico per il quartiere e per tutta la città.
BIBLIOGRAFIA:
M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Le Monnier, Firenze 2002 (nuova ediz.).
L. Anastasi, L’arte nel parco reale normanno di Palermo – La Favara, Scuola tipografica ospizio di beneficenza, Palermo 1935.
G. Bellafiore, Parchi e giardini della Palermo normanna, Flaccovio, Palermo 1996.
S. Braida, Il castello della Favara. Studi di restauro, in ‹‹Architetti di Sicilia››, anno I, n. 5-6, Palermo 1965.
V. Di Giovanni, Il castello e la chiesa della Favara di S. Filippo a Mare Dolce, in ‹‹Archivio Storico Siciliano›, XXII, Palermo 1897.
G. Di Stefano, Edifici della Sicilia Normanna, Flaccovio, Palermo 1979.
R. La Duca (a cura di), Storia di Palermo, II: Dal tardo-antico all’Islam, L’epos, Palermo 2002.
S. Morso, Descrizione di Palermo antico, Dafni, Catania 1981.
M.G. Paolini, Edifici civili di età normanna a Palermo, Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti, Palermo 1974.
B. Patera, L’arte della Sicilia normanna nelle fonti medievali, I.L.A. Palma, Palermo 1980.
A. Schmidt (a cura di), Castelli dimore cappelle palatine, Fondazione culturale ‹‹Lauro Chiazzese›, Palermo 2002.
IL TEATRO “MASSIMO” DI PALERMO
Ruggero II d'Altavilla, primo Re di Sicilia
Nel concilio di Melfi papa Niccolò II si riconciliò con i capi normanni dopo le prove di balordaggine banditesca che questi avevano fornito precedentemente,anche contro il papato, confermò Riccardo come principe di Capua ed investì Roberto "il Guiscardo" a duca di Puglia e di Calabria nonchè di Sicilia, che però era ancora in mano ai saraceni.
Si trattò di investiture pressocchè illegittime. Ciò in quanto questi territori erano ancora nominalmente parte integrante dell'impero romano di Costantinopoli anche se le truppe romaiche presidiavano ormai soltanto poche città in Puglia e Calabria mentre gli Altavilla avevano visto la Sicilia soltanto sulla base di un famoso documento storico; la cosiddetta - donazione - dell'imperatore Costantino che era anche alla base dell'esistenza dello stesso stato pontificio e che da tempo ormai sappiamo essere stato un falso. In esso era comunque detto esplicitamente che ai pontefici romani spettava il dominio temporale su Roma e su tutte le prvincie, luoghi e città d'Italia e delle regioni occidentali d'Europa. Era il principio sulla base del quale i pontefici romani ritennero di rivestire il ruolo di "Cesari d'Occidente" per tutto l'alto e il basso Medioevo.
Il secondo episodio fondamentale ebbe luogo quando ormai la gran parte della Sicilia era stata liberata dal giogo musulmano. Roberto " il Guiscardo" era già morto. Ruggero I, gran conte di Sicilia, era uno dei più potenti signori del Mediterraneo e ricevette, in Sicilia, la visita di papa Urbano II durante la quale vennero gettate le basi della politica ecclesiastica dello stato e del ruolo che avrebbe dovuto rivestire ufficialmente il gran conte. A Salerno, il 05 luglio 1098, il papa consegno a Ruggero la missiva nella quale rivolgendosi al - carissimo figlio conte di Calabria e di Sicilia - affermava di impegnarsi a non nominare alcun legato pontificio nei territori suddetti senza l'accordo ed il consenso di Ruggero o dei suoi eredi diretti. Questa concessione della - legazia apostolica - è stata poi, nei secoli, oggetto di continue controversie giuridiche, ma sta di fatto che, in quel momento, accresceva enormemente il potere politico-giurisdizionale di Ruggero. Egli, ed i suoi successori, non erano più dei puri e semplici vassalli di Roma ma, nominado vescovi uomini fedeli alla casata degli Altavilla, potevano influire direttamente nella politica della Chiesa, nonchè nell'elezione diretta dei pontefici fino alla possibilità di poterne creare uno tra i loro stessi protetti. Si tratta quinidi di un momento fondamentale che qualifica con la sua impronta tutta la futura politica degli Altavilla di Sicilia.
Il terzo e fondamentale episodio. Morto Ruggero I gli succedette, dopo un lungo periodo di regenza della madre, il figlio omonino: Ruggero II. Ruggero II non fu più il tipico cavaliere normanno abituato a darsi ragione brandendo la spada. Egli fu educato a Palermo da precettori latini e bizantini che lo resero edotto su principi giuridici del cesaro-papismo bizantino. La sua mentalità fu quindi, a tutti gli effetti , quella di un principe italiano. Nel settembre del 1130 papa Anacleto, che ufficialmente fu un antipapa e quindi ancora più bisognoso di un forte appoggio politico-militare per insediarsi autorevolmente a Roma, si recò ad Avellino dove Ruggero II lo aspettava con un grande seguito di curiali, baroni e scorta armata. Qui i due strinsero un accordo politico con il quale Ruggero si impegnava ad appoggiare con tutto il suo peso politico e militare l'antipapa Anacleto e, a compenso di questo impegno, chiedeva per sè e per i suoi discendenti la corona regale.
Dopo l'incontro di Avellino, il 27 settembre del 1130, papa Anacleto promulgò una bolla nella quale concedeva ufficilamente a Ruggero II, e quindi ai suoi eredi, la corona di Sicilia, di Calabria e di Puglia, il principatodi Capua acclusi quei territori della Santa Sede che i duchi di Puglia avevano ricevuto in feudo, e - con frase ambigua - "l'onore di Napoli" che, all'epoca, era città autonoma ma sotto la tutela di Costantinopoli, il tutto escluso Benevento che rimaneva città pontificia ma alla quale si faceva obbligo, in caso di necessità belliche, di intervenire al fianco del nuovo re. I vescovi siciliani venivano delegati ad officiare per conto del papa la incoronazione ufficiale. Ruggero per ricambiare a questa investitura ufficiale giurò nuovamente fedeltà al papa Anacleto impegnandosi a versargli annualmente un tributo di seicento schifati, cioè circa 160 once d'oro. Avendo Ruggero come primo titolo quello di duca di Sicilia la sede del governo del nuovo stato veniva automaticamente assegnata alla città dove egli risiedeva: Palermo. Tuttavia Ruggero volle compiere un gesto diplomatico per non svilire gli altri ducati del continente, facendosi acclamare a Salerno, la capitale del ducato di Puglia nonchè la città più importante dei suoi domini continentali.
Nel Natale del 1130 fu incoronato primo sovrano di Sicilia. Fu il cardinale di Santa Sabina, in rappresentanza di papa Anacleto, ad ungere Ruggero con l'olio santo mentre spettò al primo vassallo del re - il principe di Capua - tenere la corona sopra la testa di Ruggero.
Palermo poteva così celebrare, con questo trionfo, l'aspirazione più che millenaria a prevalere sulle altre città siciliane ma in particolora anche sulle grandi città del Continente come Salerno, Benevento, Bari, Amalfi, Napoli e Capua. Era come se Palermo fosse assurta - proprio grazie all'avvenimento dell'incoronazione - alla pari di Roma."
Tratto dal libro: Palermo, la corona perduta di Rodo Santoro। Edizioni pegaso s.r.l. 1991.
giovedì 7 febbraio 2008
La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo.
La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo ed è anche la più estesa regione italiana, con i suoi 25.710 kmq di superficie. È bagnata da tre mari: a nord dal Mar Tirreno, a est dal Mar Ionio e a sud dal Mare di Sicilia. Ha una caratteristica forma triangolare, per cui dagli antichi ebbe il nome di Trinacria (che significa tre angoli). Estremi di questo triangolo sono: a nordest il Capo Peloro, a ovest il Capo Lilibeo e a sud-est il Capo Isola delle Correnti. È divisa dalla Calabria, di cui costituisce la continuazione geologica, dal breve Stretto di Messina (3 km). Dal 26 febbraio 1948 la Sicilia è costituita in Regione autonoma; sede dell'Assemblea e della Giunta regionale è Palermo, capitale amministrativa e politica della regione. Gli altri capoluoghi di provincia sono: Agrigento, Caltanissetta, Catania, Enna, Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani. Pur essendo la maggiore italiana per estensione, la Sicilia è la quarta per numero di abitanti (5.098.234 ab.), dopo Lombardia, Campania e Lazio; ha una densità di 193 abitanti per kmq.
IL TERRITORIO
Il territorio si presenta essenzialmente collinare e montuoso. I principali rilievi montuosi si allineano da est ad ovest, lungo la costa tirrenica e sono: i Monti Peloritani (Pizzo di Polo 1286 m), simili ai rilievi calabresi, con un paesaggio aspro e selvaggio; i Monti Nebrodi (o Caronie), con punte superiori ai 1500 m (M. Soro 1847 m) e forme arrotondate; il gruppo Le Madonie con cime più alte delle precedenti (Pizzo Carbonara 1979 m) e ricoperte di boschi di faggi, lecci e querce. All'interno, all'altezza di Palermo si trovano i Monti Sicani, tra i quali spicca il bosco della Ficuzza, ultimo residuo del mantello arboreo che una volta ricopriva l'intera Sicilia. L'ambiente si presenta molto diverso nella zona dei Monti Erèi, dove l'arido terreno calcareo e l'abbandono del luogo, rendono il paesaggio assai desolato. A sud-ovest il tavolato dei Monti Iblèi (Monte Lauro, 986 m) mostra un paesaggio ingentilito dalla presenza dei mandorli. Nella morfologia dell'isola spicca, per altezza (3323 m) e per superficie (1570 kmq), l'apparato vulcanico dell'Etna. Piccoli coni vulcanici si trovano nelle isole minori: Stromboli e Vulcano (attivi), Ustica e Pantelleria. All'interno della regione le colline sono riarse dal sole e dalla siccità estiva; i pochi centri abitati e le campagne abbandonate contribuiscono ad accentuare la desolazione del passaggio. Le pianure sono ristrette a brevi tratti lungo la costa; la Piana di Catania, che si apre a nord dei Monti Iblèi, è la più vasta di Sicilia ed una delle più fertili per i sedimenti lavici lasciati dall'Etna. Per la sua ricca vegetazione e per gli agrumeti che la ricoprono, (da cui deriva il nome Conca d'Oro), molto importante è la Piana di Palermo. I fiumi sono brevi e a carattere torrentizio; i più importanti sono: il Simeto, l'Alcantara, il Salso, il Belice, il Torto e il Platani. Sulle coste meridionali prevale un clima mite d'inverno e caldo d'estate; nell'interno è più caldo e talvolta torrido. Aspetto negativo del clima è la scarsità di piogge nella stagione estiva.
L'ECONOMIA
L'attività economica prevalente dell'isola è l'agricoltura che, nonostante la mancanza d'acqua, è riuscita a sfruttare intelligentemente clima e suolo, scegliendo le colture più adatte. L'agricoltura siciliana è caratterizzata da colture cerealicole (grano duro, orzo) all'interno e lungo la costa meridionale, e da agrumeti (limoni, arance, mandarini, di cui è la principale produttrice italiana). Notevole è anche la produzione di ortaggi (carciofi, piselli, cavolfiori). Segue per importanza la vite, da cui si ottengono vini ad alta gradazione alcoolica e vini pregiati, come il famoso Marsala. Altre coltivazioni caratteristiche dell'isola sono quelle del pistacchio, del mandorlo e dei capperi. Si allevano pochi bovini a causa del terreno arido e dei pochi pascoli; discreto è l'allevamento dei suini e degli equini. Rilevante la pesca (tonni, sarde, alici, pesci spada, molluschi e crostacei). In passato molto attive erano le tonnare di San Vito lo Capo, Favignana, Sciacca e Mazara del Vallo, in cui la pesca del tonno terminava con la cruenta fase della mattanza. Oggi i principali centri di pesca si trovano lungo le coste meridionali. Nel settore industriale importanti sono le lavorazioni legate alle risorse agricole della regione, come le industrie alimentari e dei derivati degli agrumi (succhi, estratti, essenze, ecc.). Riveste importanza notevole per l'economia dell'isola anche l'industria estrattiva: dal sottosuolo della Sicilia infatti si estraggono idrocarburi (petrolio, metano), salgemma e salmarino, asfalto. Lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, che per un lungo periodo ha rappresentato la maggior industria estrattiva dell'isola, è ora in declino. Grossi complessi industriali (chimici e petrolchimici) sono sorti nel secondo dopoguerra ad Augusta, Gela, Porto Empedocle, Milazzo. Il turismo è abbastanza sviluppato; e fa capo a Taormina, Siracusa, Agrigento, Palermo, isole Egadi ed Eolie, Pantelleria. Sono infine da ricordare le stazioni termali di Termini Imerese, Sciacca ed Acireale.
CENNI STORICI
I primi abitanti dell'isola furono i Siculi e i Sicani, di cui non è rimasta però traccia. Dal 735 a.C. la Sicilia fu soggetta all'immigrazione greca: i Calcidesi fondarono Nasso, Leontinoi (Lentini), Catania e Messina; Corinto fondò Siracusa; Megara fondò Megara Iblea; Creta e Rodi fondarono Gela. A sua volta Siracusa fondò Selinunte, e Gela fondò Agrigento. Tra il 415 e 413 a.C. gli Ateniesi cercarono di invadere l'isola, ma l'impresa fall'i a causa della reazione opposta dai Siracusani; tentarono la medesima impresa anche i Cartaginesi, che vinsero e distrussero Agrigento, Gela e Camarina, finché Dionisio, tiranno di Siracusa non li fermò. L'isola divenne provincia romana nel 241 a.C., ottenendo sotto Cesare la concessione del diritto latino e con Antonio la piena cittadinanza per i suoi abitanti. Nel 280 d.C. fu invasa dai Franchi e nel V secolo dai Vandali, che furono poi scacciati dai Bizantini nel 535. La Sicilia in seguito venne invasa dagli Arabi nell'826 e rimase sotto il loro dominio fino al 1061, quando subentrarono i Normanni. Nel 1250, dopo la morte di Federico II, cominciò un lungo e cruento periodo di lotte: Manfredi, proclamatosi re, venne destituito con la violenza da Carlo I d'Angiò nel 1266, e la capitale fu trasferita a Napoli. I Siciliani si ribellarono e, con la famosa insurrezione dei Vespri, si staccarono da Napoli nel 1282, e si consegnarono a Pietro III d'Aragona (1296). Ciò causò la guerra con gli Angioini, che si concluse favorevolmente per l'isola. Ma alla morte di Federico III il Regno di Trinacria decadde per lo strapotere baronale, e l'isola diventò nuovamente vassalla degli Aragonesi nel 1412, e poi degli Spagnoli nel 1415. Trasformatasi in possesso sabaudo sotto Vittorio Amedeo II, la Sicilia fu poi austriaca (1718-1734), e venne infine conquistata nel 1734 da Carlo di Borbone, formando così con Napoli il Regno delle Due Sicilie. Lo sbarco di Garibaldi a Marsala (1860) segnò il crollo del regno borbonico e l'annessione al Regno d'Italia. Dal 26 febbraio 1948 la Sicilia è costituita in Regione autonoma.
Agrigento
(55.665 ab.). La città di Agrigento è situata su un colle di tufo (326 m s/m.) a pochi km di distanza dal mare. È un centro agricolo e industriale con industrie meccaniche, alimentari, distillerie e mobilifici. Il suo importante patrimonio archeologico richiama turisti da ogni parte del mondo. STORIA. Agrigento (in greco Akràgas e poi in latino Agrigentum) fu fondata da coloni dorici provenienti da Gela verso il 580 a.C. Divenuta importante e potente sotto il tiranno Terone, si alleò con Siracusa e sconfisse i Cartaginesi ad Imera (480 a.C.). Conquistata dai Cartaginesi verso la fine del secolo, attraversò un periodo di decadenza che durò fino alla liberazione ad opera di Timoleonte (340 a.C.). Nel 210 a.C. venne conquistata dai Romani e durante l'Impero conobbe un periodo di prosperità. Alla caduta dell'Impero romano fu dominata dai Bizantini, sotto i quali decadde. Gli Arabi (827-1087) la ricostruirono la città in altura, e ne fecero un'importante fortezza (Karkint e poi Gergent). Alla dominazione normanna seguì quella angioina e, Agrigento sostenne Palermo durante la rivolta dei Vespri Siciliani. Dopo l'arrivo degli Aragonesi seguì le vicende storiche della Sicilia fino al 1860, quando insorse contro i Borboni, aderendo al proclama di Garibaldi. ARTE. Ricostruita dagli Arabi in posizione più elevata rispetto alla città greca, Agrigento conserva un nucleo medievale i cui edifici più rappresentativi sono la chiesa di Santo Spirito (fine XIII sec.) con bel portale gotico e interno decorato a stucchi (XVIII sec.) e il Duomo, costruito nell'XI sec. e ingrandito in seguito. Da piazza Marconi proseguendo per viale Crispi si scende al complesso archeologico della valle dei Templi, dove risaltano imponenti i templi della Concordia e di Giunone, entrambi risalenti alla metà del V sec. a.C. Il tempio della Concordia è una delle migliori realizzazioni dell'architettura greca per la perfezione delle sue proporzioni; del tempio di Giunone rimangono le colonne del lato nord e alcune del lato est. Il tempio di Ercole (V sec. a.C.), il Santuario delle Divinità Ctonie (VI-V sec. a.C.), con i resti del tempio dei Dioscuri, diventato l'emblema della città, e le grandiose rovine del tempio di Giove Olimpico (480 a.C.) sono altre preziose testimonianze della potenza passata di Agrigento. Il complesso urbano del Quartiere ellenistico-romano (IV sec. a.C.- V sec. d.C.) permette di ricostruire la struttura della città greca. Da visitare sono anche l'antichissimo Santuario di Demetra e Persefone (VII sec. a.C.) e la chiesa romanico-gotica di San Nicola, edificata nella forma attuale dai Cistercensi (XIII sec.) sulla sede di un santuario greco. Il Museo Archeologico Nazionale, è importantissimo per conoscere la storia dalla preistoria alla conquista normanna. Notevoli sono la collezione di vasi (dal VI al III sec. a.C.), il telamone (7,75 m di altezza) proveniente dal tempio di Giove Olimpico, il cratere greco del V sec. a.C. e i materiali provenienti dagli scavi del quartiere ellenistico-romano.LA PROVINCIA. La provincia di Agrigento (472.202 ab.; 3.042 kmq), prevalentemente montuosa e collinare, si estende lungo la costa meridionale della Sicilia fra Menfi e Licata. Risorse principali sono l'agricoltura (vite, olivo, cereali, mandorle, agrumi, pistacchi, fichi d'India, cotone e liquirizia), la pesca (sardine, tonni, corallo, spugne), praticata lungo la costa, e lo sfruttamento delle miniere di zolfo, gesso e salgemma. Fra i centri principali ricordiamo Bivona, Canicattì, Casteltermini, Licata, Menfi, Porto Empedocle e Sciacca.
Caltanissetta
(62.708 ab.). Caltanissetta, situata ai piedi del monte San Giuliano (568 m s/m.), è un importante centro agricolo e commerciale (notevole è il commercio di zolfo). STORIA. Conquistata dagli Arabi, la città di Nissa assunse il nome di Caltanissetta che significa Castello di Nissa. Conquistata dai Normanni e poi dagli Aragonesi, nel XV sec. fu feudo dei Moncada, principi di Patern'o. Seguì poi le sorti della Sicilia sotto i Borboni ai quali restò fedele fino al 1860, quando venne conquistata da Garibaldi. ARTE. I principali monumenti di Caltanissetta sono il Duomo (1570-1622), le chiese di San Sebastiano (1605) e di Sant'Agata (XVII sec.) e il Palazzo Moncada (1625), tutti in stile barocco. Ad est della città si trovano i ruderi del Castello di Pietrarossa (di origine araba o normanna) e Santa Maria degli Angeli, che conserva un bel portale gotico del XIV sec.LA PROVINCIA. La provincia di Caltanissetta (283.433 ab.; 2.128 kmq) si estende su un territorio collinare a nord e pianeggiante a sud, comprendendo la piana di Gela. Importante per l'economia della provincia è lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, potassio e petrolio. Prodotti dell'agricoltura sono cereali, vino, olio, mandorle, fichi, pistacchi, agrumi, cotone, tabacco. Fra i centri principali ricordiamo Gela, Mazzarino, Mussomeli, Niscemi, Riesi, San Cataldo.
Catania
(339.271 ab.). Catania è situata sulla costa orientale della Sicilia allo sbocco della piana omonima sul Mar Ionio. È un importante centro culturale ed economico ed un notevole mercato agricolo (agrumi, frutta, vino, cereali). Le industrie principali sono quelle alimentari, chimico-farmaceutiche, minerarie e conciarie. STORIA. La colonia greca di Catania (III sec. a.C.) venne occupata dai Romani nel 263 a.C. Durante l'Impero godette di una certa prosperità economica, ma nel periodo seguente alla caduta dell'Impero Romano venne occupata da Ostrogoti, Bizantini e Arabi. Ripresasi sotto i Normanni, la città seguì le vicende storiche della Sicilia sotto le dominazioni angioina, aragonese, spagnola e borbonica fino all'annessione al Regno d'Italia nel 1860. Più volte colpita dalle eruzioni dell'Etna e dai terremoti nel corso dei secoli, Catania fu distrutta da un terremoto nel 1693 e dovette essere ricostruita. ARTE. Artefice della ricostruzione di Catania dopo il terremoto del 1693 fu G.B. Vaccarini, che diede alla città un'impronta inconfondibilmente tardo-barocca. Opera del Vaccarini sono il bel Palazzo del Municipio (1741), la fontana dell'Elefante (1736) e la chiesa di San Giuliano (1760). Sulla piazza del Duomo prospetta la Cattedrale che dell'originaria costruzione dell'XI-XII sec. conserva parte del transetto e il complesso absidale. La facciata è di G. B. Vaccarini. All'interno si trova la tomba del musicista catanese Vincenzo Bellini (1801-1835). Oltre alla piazza del Duomo, nuclei principali della città sono la piazza dell'Università, con bei palazzi barocchi anch'essi del Vaccarini, la via dei Cruciferi e la via Etnea che dal mare sale verso le pendici dell'Etna. Il Museo Civico, dove sono raccolte testimonianze della storia locale ha sede nel Castello Ursino, fatto costruire da Federico II di Svevia nel XIII sec.LA PROVINCIA. La provincia di Catania (1.097.371 ab.; 3.552 kmq) è delimitata dal massiccio montuoso dell'Etna a nord, dai Monti Iblei a sud, e comprende la piana di Catania. Risorsa principale è l'agricoltura con produzioni di cereali, tabacco, barbabietole, pomodori, foraggi, agrumi, vino, olio, frutta e verdura. Diffuso è l'allevamento e attiva è la pesca (sardine, tonno, alici). Fra i centri principali ricordiamo Acireale, Adrano, Biancavilla, Bronte, Caltagirone, Giarre, Paternò, Randazzo e Riposto.
Enna
(28.475 ab.). La città di Enna sorge su un alto terrazzo calcareo a 931 m s/m. È un attivo centro agricolo e minerario (zolfo, salgemma ecc.) con industrie tipografiche e molitorie. STORIA. L'antico villaggio siculo di Enna fu colonizzato dai Greci nel V sec. a.C. e, grazie alla sua posizione strategica, divenne molto importante. Liberata da Pirro dopo le occupazioni Siracusana e Cartaginese, Enna si alleò con Roma durante la prima guerra punica. Distaccatasi da Roma nel corso della seconda guerra punica, e iniziò a decadere. Dall'858 al 1091 fu occupata dagli Arabi e seguì poi le sorti della Sicilia dopo la conquista normanna. ARTE. La posizione dominante la valle del Dittáino è valsa ad Enna l'appellativo di Belvedere della Sicilia. Per rendersi conto di quanto questo titolo sia meritato basta pensare allo splendido panorama che si gode da piazza Crispi o dal Castello di Lombardia. Questo imponente edificio dalla forma irregolare chiude ad est l'arteria principale della città, la via Roma, lungo la quale sono situati i più importanti monumenti: la chiesa barocca di San Benedetto e il Duomo (XIV sec., rifatto nel secolo successivo) dalle absidi gotiche. Nel Museo Alessi è conservato il Tesoro del Duomo.LA PROVINCIA. La provincia di Enna (182.794 ab.; 2.562 kmq) si estende su un territorio montuoso che comprende i monti Erei e il versante meridionale dei Nebrodi. Importante è lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo, salgemma e sali potassici. Prodotti dell'agricoltura sono cereali, frutta, legumi, olivi, viti, mandorli e agrumi. L'allevamento ovino e caprino alimenta la produzione di lana, ricotta, formaggi e burro. Fra i centri principali ricordiamo Agira, Barrafranca, Centuripe, Leonforte, Nicosia, Piazza Armerina, Pietraperzia, Regalbuto, Troina, Valguarnera Caropepe.
Messina
(261.134 ab.). La città di Messina è situata sulla sponda occidentale dello stretto omonimo. È importante nodo di collegamento fra la Sicilia e il continente e centro agricolo (produzione di uva, olive, nocciole, agrumi) e commerciale. Vi è inoltre praticata la pesca del pesce spada. Industrie principali sono quelle navali, metalmeccaniche, molitorie, enologiche, alimentari e chimiche. STORIA. La colonia greca di Zancle (fondata dai Calcidesi nell'VIII sec. a.C.) venne chiamata Messana e poi Messena dal tiranno Anassile che la conquistò nel V sec. a.C. e vi trasferì numerosi esuli messeni, da cui il nome. Divenuta prospera e potente, la città fu distrutta dai Cartaginesi nel 396 a.C. e venne ricostruita da Dionigi il Vecchio di Siracusa. Nel 288 a.C. Messina fu occupata dai Mamertini che, per sconfiggere Gerone II di Siracusa, chiamarono in loro aiuto i Cartaginesi, ai quali poco dopo si ribellarono, alleandosi con i Romani che li liberarono. Questo episodio fu all'origine della prima guerra punica che si concluse con la conquista della Sicilia da parte dei Romani (264 a.C.- 241 a.C.). Messina divenne un prospero centro commerciale e sembrò non risentire della caduta dell'Impero Romano, continuando ad essere importante e fiorente sotto Bizantini, Arabi e Normanni. Nel XIV sec. gli Aragonesi la nominarono loro capitale. Passata agli Spagnoli venne privata di ogni autonomia politica e amministrativa e seguì le sorti della Sicilia fino al 1860, quando venne liberata dalle truppe garibaldine. Nel 1908 fu distrutta da un terremoto e durante la seconda guerra mondiale venne gravemente danneggiata dai bombardamenti (1943). ARTE. Il terremoto del 1908 e i bombardamenti del 1943 hanno distrutto quasi tutti gli edifici antichi della città, che è stata ricostruita con una struttura regolare caratterizzata da vie ampie e parallele. Fra i pochi monumenti rimasti, risalenti quasi tutti al Medioevo, meritano una particolare attenzione il Duomo (inizio del XII sec., più volte ricostruito) e la chiesa della SS. Annunziata dei Catalani (metà XII sec.). Di notevole interesse è il Museo Nazionale, che raccoglie importanti documentazioni archeologiche e artistiche fra cui ricordiamo il polittico di San Gregorio di Antonello da Messina (1473), l'Adorazione dei Pastori e la Resurrezione di Lazzaro del Caravaggio (1609).LA PROVINCIA. La provincia di Messina (679.909 ab.; 3.247 kmq) si estende lungo la costa nord-orientale della Sicilia su un territorio prevalentemente montuoso (monti Peloritani) bagnato a nord dal mar Tirreno e ad est dal mar Ionio. l'economia è prevalentemente agricola (agrumi, viti, noccioli, prodotti ortofrutticoli) e la pesca (pesce spada) è molto diffusa. Accanto alle industrie dolciarie, delle essenze e dei profumi, sono presenti le industria petrolifera, chimica ed estrattiva. Il turismo è sviluppato nelle isole e nelle località di interesse artistico. Fra i centri principali ricordiamo Barcellona, Lipari, Milazzo, Mistretta, Patti, Pozzo di Gotto, San Fratello, Sant'Agata di Militello, Taormina, Tortorici.
Ragusa
(69.683 ab.). La città di Ragusa è situata su un'altura (502 m s/m.) in prossimità dei monti Iblei. Il nucleo cittadino si è sviluppato su due alture calcaree collegate fra loro da una scalinata. Risorsa principale è l'industria, alimentata dalle cave d'asfalto e dai giacimenti petroliferi; sono inoltre presenti industrie alimentari, delle materie plastiche e cementifici. STORIA. Il nucleo più antico di Ragusa (Ragusa Ibla) era probabilmente l'antico centro siculo di Ibla Erea. Conquistata nel corso del Medioevo da Bizantini, Arabi e Normanni, durante la dominazione aragonese fu feudo di varie famiglie locali e, dopo l'avvento dei Borboni, seguì le vicende storiche dell'isola. Nel 1693 fu gravemente danneggiata da un terremoto e venne ricostruita. Alla città si aggiunse un nuovo centro in posizione più elevata. ARTE. Ragusa ha mantenuto la caratteristica planimetria medievale, mentre gli edifici hanno aspetto e forme barocche, essendo stati ricostruiti dopo il terremoto del 1693.Bella è la chiesa di San Giorgio (1738-75) dalla maestosa facciata barocca, opera di R. Gagliardi, come la chiesa di San Giuseppe, dall'elegante interno. Nei pressi della chiesa di Santa Maria dell'Idria (anch'essa barocca) sale la scalinata (242 scalini) che termina vicino alla chiesa di Santa Maria delle Scale (XV-XVI sec., rifatta dopo il terremoto) nella nuova città (Ragusa) sorta dopo il terremoto. Il monumento più interessante di questa zona è il Duomo (1706-60), fiancheggiato da un alto campanile.LA PROVINCIA. La provincia di Ragusa (301.207 ab.; 1.614 kmq) occupa parte della Sicilia occidentale e confina con le province di Caltanissetta, Catania e Siracusa. Prodotti dell'agricoltura sono cereali, uva da vino, olive, agrumi, ortaggi. Diffuso è l'allevamento del bestiame che alimenta l'industria lattiero-casearia. Altre industrie sono quelle estrattive, dei materiali da costruzione, chimiche, petrolchimiche, alimentari e della carta. Fra i centri principali ricordiamo Comiso, Ispica, Modica, Scicli, Vittoria.
Siracusa
(126.721 ab.). Siracusa è situata sulla costa sud-orientale della Sicilia e occupa anche l'isoletta di Ortigia, cui è collegata da un ponte. Agricoltura (ortaggi, frutta, uva, agrumi) e industria (cementifici, oleifici, industrie conserviere, chimiche e petrolchimiche) sono le principali risorse della città, che è anche un importante centro commerciale con un attivo porto. STORIA. Nel 734 a.C. un gruppo di coloni greci provenienti da Corinto fondò il centro di Syrakûsai sull'isola di Ortigia. Retta da un governo aristocratico, la città ebbe un rapido sviluppo e in breve tempo si espanse sulla terraferma. La crisi politico sociale del V sec. a.C. portò al potere Gelone, tiranno di Gela, che instaurò la tirannide (485-78 a.C.). Sotto Gelone e il suo successore, il fratello Gerone (478-66 a.C.), Siracusa raggiunse un'importanza commerciale e culturale e una potenza politico-militare (vittoria sui Cartaginesi ad Imera, 480 a.C.) tali da infastidire Atene. Scacciato il successore di Gerone (466 a.C.), i Siracusani si diedero un ordinamento democratico, ma dopo aver sconfitto gli Ateniesi nel 413, non riuscirono a tenere testa a Cartagine e chiamarono in loro aiuto lo stratega Dionisio il Vecchio: costui, respinta l'offensiva cartaginese, ristabilì la tirannide (405-367). Nonostante il periodo di confusione seguito alla morte di Dionisio (nel 340 Siracusa fu a capo di una lega delle città siceliote organizzata da Timoleonte e nel 317 Agatocle divenne il nuovo tiranno della città), Siracusa continuò ad affermare la sua potenza politica e commerciale. Alla morte di Agatocle (289) ripresero le lotte interne fra i vari gruppi politici, che durarono fino al governo di Gerone II (265-215): questi, coinvolto nella prima guerra punica, si alleò con Roma. Traditi dal successore di Gerone II, Geronimo, che si schierò con i Cartaginesi, i Romani assediarono Siracusa, conquistata nel 212 a.C.Sotto i Romani la città mantenne la sua importanza e la sua prosperità economica. Annessa all'Impero d'Oriente nel 535, rimase bizantina fino alla conquista araba dell'878. Alla dominazione araba seguirono quelle normanna, pisana, genovese, sveva e aragonese. Sotto gli Aragonesi la città godette di un periodo particolarmente felice e ritornò all'antica prosperità; dopo la loro caduta seguì le vicende storiche della Sicilia sotto i Borboni, cui si ribellò nel 1860. ARTE. Siracusa conserva splendide testimonianze del suo passato di fiorente città della Magna Grecia.Fondata sull'isoletta di Ortigia, si estese nel V sec. a.C. sulla terraferma, dove sorse l'agorà e si svilupparono i quartieri di Acradina, Neapoli, Tiche ed Epipoli. Nell'isola di Ortigia si trovano il più antico dei templi dorici siciliani (Tempio di Apollo, VII-VI sec. a.C.), il Duomo (costruito nel VII sec. d.C. inglobando il Tempio di Athena V sec. a.C. le cui colonne sono visibili all'interno) con una sontuosa facciata barocca (XVIII sec.) la Fontana Aretusa (la cui origine è legata alla leggenda della ninfa che si tramutò in fonte per sfuggire ad Alfeo) in cui crescono i papiri, il Castello Maniace (XIII sec.) situato su uno sperone roccioso all'estremità meridionale dell'isola e il Museo Archeologico, che raccoglie preziose testimonianze della storia della Sicilia dalla preistoria all'epoca romana.Tra queste ricordiamo il ripostiglio di Adriano (VIII sec. a.C.), il corredo della tomba di un guerriero (IV sec. a.C.), un Kouros di arte greca arcaica (VI sec. a.C.), la statua di terracotta di Dea in trono (530-20 a.C.) e la collezione numismatica. Il Palazzo Bellomo (XIII sec.) ospita il Museo Nazionale, dove si trova l'Annunciazione di Antonello da Messina (1474). Sulla terraferma è il Parco Archeologico della Neapoli dove sono i principali monumenti archeologici della città. Di questi il più importante è certamente il Teatro Greco (V sec. a.C.; rinnovato nel 230 a.C.), dove ancora oggi vengono rappresentate, tragedie greche. Nei pressi del teatro sono l'Anfiteatro Romano (III sec. d.C.) e la Latomia del Paradiso, cava di calcare da cui veniva estratto il materiale per le costruzioni militari e civili.Qui si aprono l'Orecchio di Dionisio (grotta artificiale dalla forma curiosa) e la Grotta dei Cordari. L'Orecchio di Dionisio deve il suo nome alla leggenda secondo cui il tiranno Dionisio poteva udire, senza essere visto, le rivelazioni dei prigionieri, grazie al fenomeno acustico della risonanza. Nella zona ad est della città, l'antica Acradina, è situata la Latomia dei Cappuccini, dove si trovano suggestive formazioni rocciose. Qui morirono 7.000 prigionieri ateniesi nel 414 a.C.. Sull'altopiano di Epipoli, nell'angolo a nord-ovest dove si incontrano le mura della città, sorge il Castello Eurialo, una delle più complete realizzazioni dell'architettura militare greca, costruito per volere di Dionisio il Vecchio (402-397 a.C.) in posizione imprendibile. Testimonianza del periodo cristiano sono le catacombe di San Giovanni (IV-V sec. d.C.), a cui si accede dalla chiesa di San Giovanni (VI sec., distrutta dal terremoto del 1693) e di Santa Lucia (III sec.). La chiesa di Santa Lucia, costruita secondo la tradizione sul luogo dove la santa subì il martirio nel 304, risale al XII sec. e conserva il Seppellimento di Santa Lucia dipinto dal Caravaggio nel 1609.LA PROVINCIA. La provincia di Siracusa (404.825 ab.; 2.109 kmq) si estende su un territorio prevalentemente montuoso e collinare confinante con le province di Catania e Ragusa. Le uniche pianure sono la piana di Lentini e quella di Pachino. Le coste sono frastagliate (golfi di Augusta, Noto e Siracusa). Risorsa principale è l'agricoltura che produce agrumi, mandorle, olio, vini, ortaggi, frutta, carrube, cereali.Diffusi sono l'allevamento ovino, caprino e bovino e la pesca (Augusta e Siracusa sono i porti principali). L'industria è presente con industrie chimiche, delle materie plastiche, metalmeccaniche, alimentari, estrattive (saline e calcare) e raffinerie di petrolio. Fra i centri principali ricordiamo Augusta, Avola, Lentini, Noto, Pachino.
Trapani
(69.510 ab.). La città di Trapani è situata all'estremità nord-occidentale della Sicilia e si estende su una stretta penisola dominata dal monte Erice (751 m). È un centro commerciale con un attivo porto peschereccio (pesca del tonno). La pesca alimenta l'industria conserviera del pesce, favorita anche dalla produzione di sale. Fra le altre industrie ricordiamo i cantieri navali, le industrie enologiche, i liquorifici, i pastifici e le vetrerie. Tipica dell'artigianato è la lavorazione del corallo, del legno e della madreperla. STORIA. L'importante centro cartaginese di Drepanum decadde nel periodo seguente la conquista romana. Dopo le dominazioni vandala e bizantina venne occupato dagli Arabi (XI sec.) sotto cui divenne una delle città più fiorenti della Sicilia. La sua importanza aumentò durante il periodo normanno. Alla fine del XIII sec. Trapani insorse contro gli Angioini e sostenne gli Aragonesi nella loro conquista dell'isola. Seguì poi le vicende storiche del Regno delle Due Sicilie fino all'annessione al Regno d'Italia. ARTE. Città di aspetto prevalentemente moderno, Trapani conserva un interessante nucleo antico che si snoda lungo il corso Vittorio Emanuele, fiancheggiato da edifici barocchi (palazzo del Municipio, chiesa del Collegio del 1636, Liceo-Ginnasio e Cattedrale del 1636). Il monumento più interessante è il Santuario dell'Annunziata (XIV sec.), che della costruzione originale conserva solo il portale gotico con rosone. La chiesa, rifatta nel XVIII sec., custodisce all'interno la statua di marmo della Madonna col Bambino (la Madonna di Trapani), attribuita a Nino Pisano. Il Museo Nazionale Pepoli raccoglie materiale archeologico, e ha una sezione dedicata alle arti minori locali.LA PROVINCIA. La provincia di Trapani (434.438 ab.; 2.461 kmq) occupa la punta occidentale della Sicilia e confina con le province di Agrigento e Palermo.Si estende su un territorio collinare caratterizzato a nord da coste alte e scoscese. Prodotti dell'agricoltura sono olive, ortaggi, mandorle, fichi, agrumi; la viticoltura alimenta l'industria enologica (marsala, moscato di Pantelleria, passolato). Altre industrie sono quelle estrattive (sale marino), del metano, della lavorazione del marmo, alimentari e conserviere. L'industria turistico-alberghiera è sviluppata nelle località di interesse paesistico (Erice, Isole Egadi) e archeologico (Segesta, Selinunte, Marsala, Erice, Mozia). Fra i centri principali ricordiamo Alcamo, Castellammare del Golfo, Castelvetrano, Erice, Marsala, Mazara del Vallo, Salemi.
L'ETNA
Situato sulla costa nord-orientale della Sicilia, l'Etna è il vulcano più alto d'Europa (3.340 m) ed uno dei principali vulcani attivi della terra. Questo massiccio vulcanico nacque verso la fine del quaternario nel luogo dove era un grande golfo marino e, nel corso dei millenni, assunse la caratteristica forma a cono piuttosto schiacciato, interrotto da coni avventizi e valli di schiacciamento (valle del Bove e valle di Calanna). Il cono terminale si alza a circa 2.900 m dall'altopiano dell'antico cratere ed è formato da un insieme di crateri fra loro indipendenti. Alle quote più basse le falde del monte sono ricoperte da una ricca vegetazione e sono intensamente coltivate (agrumi, viti, peri e meli) fino a 1.700 m. A quest'altitudine si incontrano splendidi boschi di pini e larici. Verso i 2.000 m il paesaggio subisce un brusco cambiamento dovuto alla diminuzione delle acque, abbondanti invece a quote inferiori. I pascoli e i cespugli di ginepro e di astragolo etneo (spino santo) scompaiono dopo i 2.400 m. Fra le molte eruzioni dell'Etna ricordiamo quella del 475 a.C. È legata alla leggenda secondo cui il filosofo Empedocle, che si era ritirato in meditazione sul vulcano (Torre del Filosofo), morì inghiottito dal cratere centrale. Durante l'eruzione del marzo-luglio 1669 nacquero i Monti Rossi e si ebbe lo sprofondamento del cratere centrale: un mare di lava invase Catania e si inabissò nel mare. Fra le eruzioni più recenti citiamo quelle degli anni '70 e '80 durante le quali si aprirono nuovi crateri e nuove bocche eruttive. Nel marzo 1987 veniva istituito il Parco dell'Etna che si estende su una zona di 50.000 ha comprendente 18 comuni e divisa in quattro zone. A cavallo tra il 1991 e il 1992 si vericava una nuova, drammatica eruzione del vulcano. Per mesi la colata lavica ha minacciato il paese di Zafferana Etnea, posto sulle pendici del monte, ma grazie all'intervento della Protezione Civile l'eruzione è stata deviata senza provocare danni alla popolazione e alle zone abitate.
IL DUOMO DI MONREALE
Nei pressi di Palermo, su un terrazzo da cui si domina la Conca d'Oro, è situata l'antica cittadina di Monreale, eletta dai re normanni a loro residenza preferita. Qui si trova uno dei più bei complessi monumentali realizzati in Sicilia nel Medioevo: la Cattedrale, voluta da Guglielmo II e considerata uno dei capolavori dell'arte normanna (1172-1185). l'esterno della basilica è opera di artisti arabi che idearono per l'abside un rivestimento policromo ad archi intrecciati che si moltiplicano creando fantasiosi motivi assieme alla luce che crea begli effetti di colore. La facciata, preceduta da un portico del 1700, è chiusa fra due torri campanarie, secondo uno schema tipico dell'architettura medievale in Sicilia. Un altro portico, molto elegante, opera di F. e V. Gagini (XVI sec.), corre lungo il fianco sinistro. Belli sono i portali con porte in bronzo di Bonanno Pisano (1186) e di Barisano da Tani (1179). L'interno è maestoso, a tre navate scandite da colonne, con pareti coperte da magnifici mosaici raffiguranti storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, santi, martiri e vescovi, che culminano nell'immagine del Cristo Pantocratore posta nel catino absidale. Il pavimento è anch'esso a mosaico. Pregevole è la cappella di San Benedetto (XVI sec.), rivestita di tarsie di marmo e di rilievi di G. B. Marino (1788). Sul lato destro della facciata è l'ingresso del chiostro (XII sec.) appartenente al convento benedettino un tempo adiacente alla cattedrale. Il portico è ad archi acuti sostenuti da colonnine gemine, ognuna di forma diversa, con rilievi, mosaici e bellissimi capitelli. Dal giardino di fronte al chiostro e dai terrazzi della cattedrale si gode uno stupendo panorama sulla Conca d'oro e sulla valle dell'Oreto.
LE SOLFARE
Durante il secolo scorso le miniere di zolfo ebbero un ruolo fondamentale nell'economia sicula (all'inizio del XX sec. la regione era una delle principali produttrici di zolfo) e la loro presenza nell'area compresa fa le province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna ha modificato il paesaggio e ha lasciato tracce profonde nel costume e nelle tradizioni locali. Nel Museo della solfara, a Caltanissetta, è stato riprodotto l'interno di una solfara e si possono vedere gli strumenti di lavoro dei minatori. Presso le principali miniere, molte delle quali sono ormai disattivate, si vedono le caverne scavate nella roccia, dove i minatori trascorrevano la notte assieme agli asini e ai numerosi bambini (i carusi, dai sette anni in su) addetti al trasporto dello zolfo all'esterno della miniera. Molto spesso i minatori dormivano nei forni o nei sotterranei delle miniere. Nella solfara di Giangagliano, ancora in attività e dotata di una moderna attrezzatura, è possibile assistere alla lavorazione dello zolfo. Interessante è il procedimento nel quale lo zolfo liquido (in gergo olio) cola dalla porta del calcarone (detta morte) e viene incanalato e fatto solidificare in appositi spazi. La più antica miniera dell'isola è quella di Trabia-Tallarita, situata sul fiume Salso. La parte più antica è la solfara di Trabia (Solfara Grande), iniziata nel 1730. I lavori nella miniera Tallarita iniziarono verso la fine del XVIII sec. e vennero organizzati secondo un'impostazione tecnica più moderna e razionale. L'attività della solfara cessò nel 1976.
Acireale
(51.614 ab.). Città in provincia di Catania. Ha due sorgenti minerali conosciute e frequentate fin dall'antichità: una sulfurea radioattiva (malattie della pelle e del ricambio, affezioni ginecologiche), l'altra alcalina. Vanta una fonte Galatea e una caverna detta del Ciclope Polifemo.
Augusta
(34.111 ab.). Città in provincia di Siracusa, sullo Ionio. Base navale e militare, porto commerciale e per la pesca. Possiede una raffineria per il petrolio proveniente da Ragusa, una centrale termoelettrica ed estese saline. Produce vino, olio, grano e mandorle. Conserva numerosi monumenti come il castello di Federico II, il Palazzo Comunale e il Duomo del '700. Fondata nel 42 a.C. da Augusto, fu dominio dei Saraceni, dei Normanni e degli Svevi. Durante la dominazione angioina (iniziata nel 1268), acquistò sempre maggiore importanza grazie alla sua posizione. Passò poi nelle mani degli Aragonesi e fu dominata dalle grandi famiglie siciliane (Moncada, Londogna). Divenne un grande porto militare: da qui salpò la flotta cristiana che sconfisse i Turchi a Lepanto. Dal 1675 al 1681 fu dominio francese, poi ancora degli Spagnoli. Fu danneggiata da due scosse telluriche, nel 1693 e nel 1848. Durante la seconda guerra mondiale, da Augusta iniziò l'avanzata alleata in Sicilia.
Bagheria
(48.318 ab.). Città in provincia di Palermo. In ridente posizione, circondata da fiorenti agrumeti e vigneti, fu il centro di villeggiatura preferito dei patrizi palermitani, che vi eressero splendide ville fra cui ricordiamo la Villa Palagonia, fatta costruire dal principe Ferdinando Francesco Gravina nel 1715.
Caltabellotta
(5.079 ab.). (dall'arabo Qal'at-al-ballut: castello delle querce). Centro in provincia di Agrigento, sulla destra del fiume omonimo. Nel 1302 venne qui firmato il trattato di Caltabellotta fra Federico II d'Aragona e Carlo di Valois, che pose fine alla guerra dei Vespri, dichiarando decaduti gli Angioini ed assegnando la corona di Sicilia a Federico II.
Caltagirone
(37.450 ab.). (dall'arabo Qal'at-al-ghiran: castello delle grotte). Centro in provincia di Catania. Nei dintorni della città si trovano necropoli greche. Importanti l'ex cattedrale e la chiesa di San Giorgio, del XVII sec. Caratteristica l'antica industria di terrecotte artistiche.
Canicattì
(32.914 ab.). Centro in provincia di Agrigento. Antico feudo dei Bonanno, vi si ammirano i resti di un castello normanno. Importante centro agricolo e industriale con fabbriche e opifici.
Cefalù
(13.964 ab.). Cittadina in provincia di Palermo, presso la riva tirrenica. È di antica origine; possiede una cattedrale del 1131, ricca di pregevoli mosaici bizantini; ruderi del cosiddetto tempio di Diana. Conserva nei suoi monumenti evidenti tracce della dominazione araba.
Centuripe
(6.521 ab.). Centro in provincia di Enna. Di antichissima origine, fu distrutta da Federico II in seguito ad una sollevazione contro di lui (1232). La città attuale fu fondata nel 1548 da Francesco Moncada. Il territorio è fertile; notevole la produzione di zolfo. Nel 1943 vi si svolsero lunghi ed aspri combattimenti.
Comiso
(29.022 ab.). Centro agricolo in provincia di Ragusa, situato su un colle delle propaggini sud-occidentali dei Monti Iblei, presso le sorgenti del fiume Ippari. Cave di pietra da costruzione e da calce. Fabbriche di sapone e di vasi di terracotta. Nelle vicinanze di Comiso vi è un'importante base NATO. Città nota in età bizantina, Comiso nel XIII sec. passò dalla signoria dei Lubera a quella dei Chiaromonte; nel 1453 fu acquistata dai Naselli della Mastra, che la tennero fino all'abolizione della feudalità in Sicilia (1813). Rimangono le Terme di Diana, con mosaici del III sec. d.C. Fra i monumenti dell'età medievale e moderna vanno ricordati il battistero bizantino di San Gregorio al Castello; la chiesa di San Francesco del XIII sec.; il castello del XIV-XVI sec.; la cattedrale del XV sec.
Corleone
(11.321 ab.). Centro agricolo in provincia di Palermo, a 542 m s/m. sul fiume omonimo. Cereali, olio. Industria casearia e molitoria. Di origine saracena, fu feudo dei Normanni, poi dei vescovi di Monreale. Decadde sotto gli Aragonesi.
Egadi
Isole situate ad ovest della Sicilia e, geologicamente, appartenenti al sistema orografico della Sicilia occidentale. Anticamente si chiamavano Aegates. Il gruppo è formato da 8 isole di cui le principali sono Favignana, Levanzo e Marettimo. Le minori si chiamano S. Pantaleo, Mozia, isola degli Asinelli, Maraone e Formica.
Eolie o Lipari, Isole
Arcipelago (114,8 kmq) del Mar Tirreno, a nord della Sicilia: comprende sette isole principali, tra cui le tre maggiori, Lipari, Salina e Vulcano, formano un gruppo molto ravvicinato. Le altre sono Alicudi, Filicudi, Stromboli e Panarea.
Erice
(29.975 ab.). Centro in provincia di Trapani in suggestiva posizione panoramica; fino al 1934, Monte San Giuliano. Celebre nell'antichità per il tempio di Venere fondato da Enea e distrutto durante le guerre puniche. Conserva la cinta muraria eretta dai Cartaginesi (V sec. a.C.) con rifacimenti romani e normanni. Altri monumenti sono il Castello (XII-XIII sec.), il Castello Pepoli, la chiesa Matrice (1314), San Giovanni Battista, con opere di A. Gaggini e San Martino (XIII sec.).
Gela
(72.612 ab.). Città in provincia di Caltanissetta, sul golfo omonimo, tra capo Scaramia e capo Sant'Angelo. Centro agricolo e commerciale. La piana di Gela è per estensione la seconda pianura della Sicilia dopo quella di Catania. Fu fondata da coloni di Rodi e di Creta nel 688 circa a.C., secondo la tradizione. Primo tiranno di Gela fu Cleandro (V sec.), cui successe il fratello Ippocrate e più tardi Gelone che, impadronitosi di Siracusa, vi trasferì la capitale del suo Stato; gli succedettero i fratelli Gerone e Trasibulo. La città riacquistò l'indipendenza nel 466. Nel 456 vi morì Eschilo.Divenuta possesso dei Siracusani, fu distrutta nel 282 dai Mamertini. Nel 1230 venne fondata da Federico II la città attuale, che ebbe il nome di Terranova di Sicilia, rimastole fino al 1927. In località Caposoprano, è stato recentemente ritrovato un tratto di 200 m della cinta meridionale di mura, databile alla seconda metà del V sec. a.C., e restaurato al tempo di Timoleonte. Ricco il materiale archeologico rinvenuto nella città e nella necropoli.
Lampedusa
Piccola isola del Mediterraneo nel gruppo delle Pelagie. È un grande scoglio scosceso dal suolo sterile; allevamento di conigli, abbondante pesca. Appartiene alla provincia di Agrigento.
Lampedusa e Linosa
(5.697 ab.). Centro in provincia di Agrigento, formato dalle due isolette omonime, le quali costituiscono il gruppo delle isole Pelagie. Vennero occupate dai Borboni nel 1843 e nel 1845. Pesca delle sardelle e delle spugne.
Lentini
(27.470 ab.). Centro agricolo in provincia di Siracusa, sulle prime propaggini collinari al margine meridionale della piana di Catania. Commercio agricolo (agrumi, prodotti ortofrutticoli). Industrie alimentari, del vetro e del cemento. È l'antica Leontinoi, una delle prime colonie greche in Sicilia, fondata nel 729 a.C. dai Calcidesi, caduta poi in potere dei Siracusani. Decadde sotto i Romani che l'avevano conquistata durante la seconda guerra punica. Occupata dagli Arabi nell'848, passò poi ai Normanni. Devastata dal terremoto del 1693, venne ricostruita nello stesso luogo. Notevoli resti archeologici.
Licata
(41.315 ab.). Centro agricolo ed industriale in provincia di Agrigento su un promontorio, posto all'estremità occidentale del golfo di Gela. Commercio agricolo (cereali, ortaggi, mandorle, cotone). Pesca. Industrie chimiche (concimi), dello zolfo, del cemento, cantieristiche, alimentari. Sorge sulle rovine dell'antica Phintias, fondata dai Greci nel III sec. a.C. presso il capo Ecnomus (attuale Capo Sant'Angelo) nelle cui acque Attilio Regolo sconfisse la flotta cartaginese (256 a.C.). Fiorente di traffici sotto gli Svevi (XII-XIII sec.), riprese importanza tra il XVII e il XVIII sec. dopo la quasi completa distruzione da parte dei Turchi nel 1553.
Marsala
(80.292 ab.). Città in provincia di Trapani, presso il Capo Boeo, è l'antica Lilibeo, situata all'estremità più occidentale della Sicilia. Nota per la produzione del vino omonimo. È sede di un importante istituto agrario. Attivo porto. Estrazione di salgemma. Il monumento principale è il duomo, con facciata barocca; notevoli anche la chiesa del Carmine (XVI sec.) e quella di Santa Maria della Grotta, di stile romanico siculo, con affreschi bizantini. Museo comunale. La città fu costruita dai Cartaginesi al principio del IV sec. a.C. e fortificata in modo inespugnabile. Occupata dai Romani dopo la prima guerra punica (241), divenne un importante centro commerciale. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, la città decadde. Gli Arabi la ricostruirono e le diedero il nuovo nome di Marsa 'Ali (porto di AlB), dal quale proviene il nome attuale. Fu emporio commerciale fiorente sotto i Normanni, nel XII sec. Prospera nei secc.XV e XVI, in seguito decadde, per risorgere alla fine del XVIII sec. come centro di commercio vinicolo. A Marsala sbarcò, l'11 maggio 1860, Garibaldi coi Mille.
Mazara del Vallo
(48.377 ab.). Centro in provincia di Trapani sulla riva del mare. È di origine molto antica, costruita forse sulle rovine dell'emporio di Selinunte. Stazione balneare.
Menfi
(13.248 ab.). Centro agricolo in provincia di Agrigento, a 119 m s/m. Allevamento. Ricordata dai tempi di Giacomo d'Aragona, re di Sicilia (m. 1327); dal 1654 al 1812 appartenne, col titolo di contea, ai Pignatelli duchi di Monteleone.
Milazzo
(31.689 ab.). Città in provincia di Messina. È sede di industrie chimiche, tonnare, industria conserviera, ed è il più importante centro vinicolo della provincia di Messina. Grande importanza ha il porto. Nel territorio si producono limoni, vino, olio, pomodori e ortaggi, che vengono esportati. Milazzo, colonia di Zancle (l'antica Messina), fondata nel VII sec. a.C., rimase sempre dipendente da questa città. Decadde in età saracena; ricostruita da Ruggero I, conte di Sicilia, nella seconda metà dell'XI sec., fu fiorente in periodo normanno e durante la successiva dominazione sveva ed aragonese. Cadde sotto il dominio degli Spagnoli e questi, cacciati dalla città nel 1713, tentarono invano di riprenderla ai Piemontesi e agli Imperiali nel 1718, ma gli Austriaci, sbarcati con imponenti forze presso Milazzo, costrinsero gli assedianti a ritirarsi su Messina.
Modica
(50.618 ab.). Cittadina in provincia di Ragusa; è situata a 381 m s/m., sulle pendici meridionali dei monti Iblei. Mercato agricolo (cereali, legumi, uve, olive, ortaggi) e del bestiame; industrie connesse. Fu la Mòtyka dei Siculi, fiorente anche in epoca romana. Occupata dagli Arabi che la ribattezzarono Mohac, fu in seguito eretta contea e divenne uno dei feudi più potenti della Sicilia. Castello dei Chiaromonte, cattedrale barocca.
Noto
(21.811 ab.). Città in provincia di Siracusa, presso la fiumara omonima. Ricostruita dopo il terremoto del 1693, ha edifici e numerose chiese con pregi artistici, di spiccato carattere settecentesco. Ricordiamo il Duomo (XVII sec.), l'ex Convento dei Domenicani (1727), il Monastero del S.S. Salvatore (1706), il Palazzo Comunale (1746), il Palazzo Villadorata (1737), Santa Chiara (1730), la chiesa del Santissimo Crocefisso con all'interno la Madonna del Neve (1471) di F. Laurana.
Pantelleria
Isola (83 kmq) del Mediterraneo centrale. Ha morfologia accidentata e culmina, al centro, nella Montagna Grande (836 m). La sua origine vulcanica è rivelata dalla natura delle rocce, dai frequenti movimenti sismici e da fenomeni secondari. Quasi del tutto priva d'acqua potabile, ha tuttavia un suolo molto fertile. L'isola è costituita in comune dipendente amministrativamente dalla provincia di Trapani, e ha per capoluogo il centro omonimo. Agricoltura (uve pregiate, cereali, fichi, capperi, cotone), con una buona produzione di vini. Allevamento di pecore e asini. Pesca. Movimento turistico in sviluppo.
Patti
(13.262 ab.). Cittadina in provincia di Messina, alle falde dei Nebrodi; è situata a 153 m s/m. Fu edificata dai Normanni di Ruggero I nell' XI sec., nei pressi della distrutta Tindari.
Piazza Armerina
(22.415 ab.). Centro in provincia di Enna; è situato a 697 m s/m., presso il torrente Nociara. Centro agricolo (uva, olive) e minerario (solfatare). Industrie alimentari. Nella contrada Casale, resti di una villa romana (IV sec. d.C.) con pregevoli pavimenti a mosaico.
Porto Empedocle
(16.888 ab.). Centro in provincia di Agrigento. Porto artificiale per l'imbarco dei prodotti dell'interno (zolfo, gesso, fertilizzanti, salgemma) e per l'importazione di prodotti chimici e carbone. Centrale termoelettrica. Attiva è la pesca. Fiorente il turismo.
Sciacca
(38.791 ab.). Centro in provincia di Agrigento. Due antichi castelli e varie chiese. Costruzioni navali; fabbriche di terraglie. Salnitro, soda, zolfo. Pesca delle sardelle. Sciacca sorge alle falde del monte Cronio, sulle rovine dell'antica Selinunte che fu distrutta nell'827 dai Saraceni, i quali si stabilirono nei pressi e fondarono la nuova città. Celebri sono le terme sul Monte Cronio (395 m), perforato da molte caverne dalle quali si ricava il salnitro.
Segesta
Antica città della Sicilia, a nord-ovest dell'odierna Calatafimi, fondata dagli Élimi. Importanti resti archeologici risalenti in gran parte al V sec. a.C.: tempio dorico (fra i meglio conservati della Sicilia), privo di cella interna; santuario; teatro, probabilmente di epoca ellenistica.
Selinunte
Antica città greca, a poca distanza del mare, nel settore sud-occidentale dell'isola (nel territorio dell'odierna Castelvetrano). Fu fondata nella seconda metà del VII sec. a.C. da coloni provenienti da Megara Iblea come caposaldo difensivo contro l'espansionismo fenicio nell'occidente dell'isola. Durante la prima guerra punica Selinunte cadde in mano ai Cartaginesi; e quando costoro vennero costretti a ritirarsi, la città fu di nuovo distrutta e la popolazione evacuata.Da allora Selinunte, città già fiorentissima, fu soltanto un borgo che sopravvisse stentatamente in epoca romana, bizantina e musulmana. Gli scavi sistematici, intrapresi nel 1864, hanno messo in luce le rovine imponenti dell'antica città, sì che oggi Selinunte è uno dei centri archeologici più importanti d'Italia.La zona archeologica è compresa tra due corsi d'acqua, il Gorgo Cottone e il Modione (antico Selinon), alle foci dei quali si trovavano due porti, oggi completamente interrati.L'importanza di Selinunte nella storia dell'arte greca è dovuta soprattutto ai suoi templi (Tempio C, metà VI sec. a.C.) che presentano caratteristiche architettoniche tali da distinguerli nettamente dalle contemporanee costruzioni d'altre città siceliote e più ancora da quelle della Grecia. Di grande interesse sono anche le necropoli. Selinunte è l'unico centro della Sicilia che abbia lasciato resti di valide sculture eseguite sul luogo; anche in questo settore è evidente un gusto locale che interviene a modificare forme di importazione ellenica.Famoso l'efebo bronzeo ora conservato nel municipio di Castelvetrano (è databile verso la metà del V sec.); grande importanza hanno anche le metope conservate nel Museo Nazionale di Palermo.
Taormina
(10.238 ab.). Centro climatico in provincia di Messina;è situato a 204 m s/m. su un terrazzo del monte Tauro, in posizione dominante il mar Ionio. Per il suo incantevole scenario di bellezze naturali è stazione turistica di fama internazionale dotata di buona attrezzatura alberghiera. Rinomato il lido di Mazzarò con l'isola Bella.Miniere di zolfo. Fondata dai Siculi, fu centro della Magna Grecia e in seguito colonia romana. Nel Medioevo conobbe le dominazioni bizantina e araba. Occupata dai Normanni nell'XI sec., fu prospero centro commerciale fiorente con gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi. Nel XV sec. ebbe inizio la sua decadenza. Conserva parte del Teatro greco, ricostruito dai Romani, l'Odeon, le Terme e la Naumachia. Numerosi anche i monumenti medievali quali la cattedrale, le chiese di Santa Caterina e di Sant'Agostino, il palazzo Corvaia in stile arabo normanno.
Ustica
Isola (8,1 kmq) del mar Tirreno, a nord delle coste settentrionali della Sicilia, in provincia di Palermo. Unico centro il paese omonimo. Viti, cereali, ortaggi e frutta. Turismo. Durante il ventennio fascista, fu luogo di confino.
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Il blogroll dei miei blog preferiti
La storia dei blog e di "Sicilia, la terra del Sole."
La storia del blog nasce nel 1997 in America, quando lo statunitense Dave Winter sviluppò un software che permise la prima pubblicazione di contenuti sul web. Nello stesso anno fu coniata la parola weblog, quando un appassionato di caccia statunitense decise di parlare delle proprie passioni con una pagina personale su Internet. Il blog può essere quindi considerato come una sorta di diario personale virtuale nel quale parlare delle proprie passioni attraverso immagini, video e contenuti testuali. In Italia, il successo dei blog arrivò nei primi anni 2000 con l’apertura di diversi servizi dedicati: tra i più famosi vi sono Blogger, AlterVista, WordPress, ma anche il famosissimo MySpace e Windows Live Space. Con l’avvento dei social network, tra il 2009 e il 2010, moltissimi portali dedicati al blogging chiusero. Ad oggi rimangono ancora attivi gli storici AlterVista, Blogger, WordPress e MySpace: sono tuttora i più utilizzati per la creazione di un blog e gli strumenti offerti sono alla portata di tutti. Questo blog, invece, nasce nel 2007; è un blog indipendente che viene aggiornato senza alcuna periodicità dal suo autore, Francesco Toscano. Il blog si prefigge di dare una informazione chiara e puntuale sui taluni fatti occorsi in Sicilia e, in particolare, nel territorio dei comuni in essa presenti. Chiunque può partecipare e arricchire i contenuti pubblicati nel blog: è opportuno, pur tuttavia, che chi lo desideri inoltri i propri comunicati all'indirizzo di posta elettronica in uso al webmaster che, ad ogni buon fine, è evidenziata in fondo alla pagina, così da poter arricchire la rubrica "Le vostre lettere", nata proprio con questo intento. Consapevole che la crescita di un blog è direttamente proporzionale al numero di post scritti ogni giorno, che è in sintesi il compendio dell'attività di ricerca e studio posta in essere dal suo creatore attraverso la consultazione di testi e documenti non solo reperibili in rete, ma prevalentemente presso le più vicine biblioteche di residenza, mi congedo da voi augurandovi una buona giornata. Cordialmente vostro, Francesco Toscano.