Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...






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martedì 29 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte nona.



29 Marzo 2011.

Continuano i post dedicati all'archeologia spaziale, alla tesi sostenuta dai teorici degli antichi astronauti, alla domanda che sempre di più gli uomini del nostro tempo si pongono: "Siamo soli nell'Universo?" 

Oggi analizzeremo gli antichi scritti dalla lettura dei quali si evince che migliaia di anni addietro, quando la nostra civiltà era agli albori della sua evoluzione, creature aliene scese dal cielo, il più delle volte additati come dèi, su oggetti e/o macchine volanti, elargirono agli uomini di quel tempo conoscenze in campo astronomico, edile, nell'agricoltura ecc. ecc.  e che poi, dopo aver donato ai nostri antenati conoscenze in tutti i campi dell'attività umana, ritornarono fra le stelle da cui erano venuti.

Fin dai tempi più remoti della storia dell'uomo i nostri simili hanno avuto l'esigenza di raccogliere e tramandare ai posteri in alcuni antichi testi testimonianze di fatti ed eventi strabilianti che non seppero spiegare con le conoscenze del loro tempo, ed afferenti fenomeni aerei e/o celesti a dir poco inquietanti, i quali ci fanno seriamente dubitare di essere soli nel silenzio dell’ Universo e corroborano sempre di più la tesi sostenuta dai teorici degli antichi astronauti. 

Vediamo qualche esempio in proposito:

Primo secolo a.C. L’Aramayana testo sacro dell’ antica India :
"Le macchine volanti Vimanas avevano forma sferica e navigavano nell’aria. Gli uomini all’ interno delle Vimanas potevano in tal modo percorrere grandi distanze in un tempo meravigliosamente breve”.

Primo secolo a.C. dai Manoscritti del Mar Morto :
"Uomini sono venuti sulla Terra ed altri uomini sono stati prelevati dalla Terra e portati in cielo”.

Ottavo secolo d.C. da una Nota al Margine della storia dei Longobardi di Paolo Biato:
"Apparve una colonna molto luminosa in posizione verticale rispetto alla Terra, che discendendo, bruciò molte cose. Quindi ritornata in alto assunse forma circolare”.

Anno 839 dagli annali di Giuda :
"Per alcune notti si videro volare degli oggetti infuocati a forma di stella“.

Anno 1520 dalla Cronaca dei Fatti Prodigiosi di Corrado Licostene :
"Una trave ardente di orrenda grandezza fu vista in cielo, e la volta che si fu avvicinata alla terra, discendendo, bruciò molte cose! Quindi tornata in alto assunse forma circolare”.

"Furono visti piccoli e grandi cilindri volanti stazionare immobili nello spazio e dai quali fuoriuscivano delle sfere che si mostravano a velocità fantastiche”.

"Il 7 agosto verso l’alba si videro in aria molte grosse sfere nere le quali viaggiavano a grande velocità davanti al Sole e si dirigevano le una contro le altre come se si stessero combattendo”.

E’ mai possibile che in tutti questi casi, come in centinaia d’altri racconti di cronache storiche raccolte in tutto il mondo, possa trattarsi solo di “racconti fantastici” e di “deliri onirici di certi narratori”? 


La Bibbia

La Bibbia merita un discorso a parte, essendo un testo che presenta numerose chiavi di lettura riguardo a episodi che possono far pensare agli U.F.O., già presenti nei tempi remoti della storia.
Tra questi racconti c'è quello del profeta Elia che d'improvviso è affiancato da "un carro di fuoco e cavalli di fuoco... ed Elia salì in cielo nel turbine" (Antico Testamento, 2° Libro dei Re 2, 11-12).
Oltre al rapimento di Elia, la Bibbia dà altri indizi ufologici: “C'erano sulla Terra i Giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli” si legge nel libro della Genesi (6,4).
In un altro libro si parla di Mosè; a lui “l’angelo del Signore si manifestò in una fiamma di fuoco, in mezzo ad un roveto. Mosè osservò che il roveto era tutto una fiamma ardente, ma non si consumava” (Esodo 3, 2).
 Altri possibili riferimenti ad alieni e ad astronavi aliene sono presenti nei racconti biblici della visione di Ezechiele e di quella di Giacobbe. Si aggiungono al dubbio ufologico l’Arca dell’Alleanza e la distruzione di Sodoma e Gomorra.
Altro testo religioso, in cui si possono riscontrare eventuali riferimenti a fenomeni extraterrestri, è il Libro di Enoch, personaggio biblico di cui la stessa Bibbia, (almeno nella versione conosciuta da noi), ne parla sommariamente e brevemente nel Libro della Genesi 5, 21-24; anzi leggendo attentamente il versetto in questione si ha l'impressione che l'argomento trattato sia incompleto come se ne mancasse una parte.
Enoch, patriarca antidiluviano padre di Matusalemme, di lui nella Genesi si afferma che “camminò con Dio e non fu più perché Dio l’aveva preso”, si precisa, cioè, che Enoch visse in stretto contatto con Dio o con i suoi rappresentanti celesti, e poi fu rapito e portato definitivamente da loro. Ciò significa che la vita di Enoch fu qualcosa di misterioso e di eccezionale, che è appunto raccontata nel libro di Enoch, il quale non è incluso ufficialmente nella Bibbia perché, come dice S. Agostino, il libro di Enoch era troppo antico per essere ammesso nel canone biblico, anche se non è più antico della maggior parte dei racconti che formano la Genesi della Bibbia ufficiale, tenendo presente anche il fatto che il libro di Enoch fu usato ufficialmente dalla dottrina cristiana fino al III secolo.
Il Libro di Enoch è, quindi, un testo apocrifo di origine giudaica la cui redazione definitiva risale al I secolo a.C. Ci è pervenuto integralmente in una versione in lingua ge'ez (antica lingua dell'Etiopia), donde il nome Enoch etiope.
Al patriarca antidiluviano Enoch, secondo la Genesi bisnonno di Noè, la tradizione ebraico-cristiana ha riferito 3 distinti testi, nessuno dei quali accolti negli attuali canoni biblici ebraico o cristiano (invece accolto nella Bibbia della Chiesa Copta):
 Gli studiosi sono sostanzialmente concordi nel vedere in esso il frutto di una rielaborazione conclusiva e armonizzante a partire da cinque testi precedenti autonomi.
Il numero 5 va probabilmente accostato ai componenti della Torah, col proposito del redattore finale di ricreare idealmente un nuovo pentateuco: per tale motivo si parla talvolta del Libro di Enoch come del Pentateuco di Enoch. Sebbene in passato vi siano state vivaci discussioni tra gli studiosi, grazie ai ritrovamenti di Qumran attualmente si può stabilire con certezza che la lingua originaria dei 5 testi autonomi era l'aramaico, la lingua semitica che vanta 3.000 anni di storia e che in passato fu lingua di culto religioso e lingua amministrativa di alunci imperi.
La prima sezione del Libro di Enoch, è indicata come il Libro dei Vigilanti – o Libro degli Angeli - (cc. 1-36). La seconda sezione è conosciuta come il Libro delle Parabole (cc. 37-71). La terza sezione è indicata come il Libro dell’Astronomia (cc. 72-82). La quarta sezione è il cosiddetto Libro dei Sogni (probabilmente coevo alla rivolta maccabaica - metà del II secolo a.C.).
La sottosezione del Libro dei Sogni, chiamata Apocalisse degli Animali (cc. 85-90), è da Leonhard Rost (autore del “Giudaismo di fuori del canone ebraico: Introduzione ai Documenti”) datata a fine II sec. a.C. - inizio I sec. a.C., mentre James C. VanderKam  (docente di Scritture ebraiche dell’Università di Harvard nel 1976) ipotizza per essa l'inizio del II secolo a.C. . La quinta sezione, la Lettera di Enoch (cc. 91-104), risale probabilmente alla prima metà del I secolo a.C.. La sottosezione chiamata Apocalisse delle Settimane, testimoniata come integra a Qumran (4Q212) ma spezzata nella redazione definitiva in 93,1-10; 91,11-17, è datata a inizio del II secolo a.C. La sezione conclusiva (cc. 105-108) viene talvolta indicata come Apocalisse di Noè. Compare nelle versioni copte ma non greche. Ne è stato ritrovato un frammento aramaico a Qumran (4Q204).
  
a) Il libro di Enoch.

L’intera opera non è altro che un resoconto particolareggiato dei viaggi che Enoch intraprese con esseri non di questo mondo che sono identificati con gli Angeli e con gli Arcangeli. Tuttavia, se dopo ogni viaggio Enoch ritornava sulla Terra, nell'ultimo viaggio egli rimase a vivere fra gli “Angeli”.
Inoltre, Enoch chiama Vigilanti sia gli angeli che hanno disubbidito, sia quelli al servizio di Dio, quindi per praticità chiameremo Vigilanti gli Angeli ribelli e Arcangeli quelli che li combattono, dato che i capi di questi ultimi sono chiamati con il nome attribuito agli Arcangeli.
Nel Libro degli Angeli s’inizia parlando di un gruppo di “Angeli” (forse duecento) detti Vigilanti, che scesero sulla Terra per generare dei figli con le donne umane. Dato che Enoch ci dice che dall’unione nacque una specie umanoide gigante, è lecito ritenere che gli “Angeli” abbiano fecondato artificialmente le donne terrestri, incrociando il DNA alieno con quello umano, generando così gli umanoidi Giganti di cui parla Enoch; non è possibile, infatti, che dall'unione fisica tra gli “Angeli” e i terrestri possa nascere qualcuno, né é possibile che esseri superiori, verosimilmente alieni, diversi dagli umani, siano attratti dalle donne umane (se erano simili a noi, non sarebbero stati generati umanoidi Giganti).
Enoch prosegue dicendo che questi “Angeli” diedero agli uomini diverse cognizioni scientifiche, ma posero anche i severi Giganti creati al comando della specie umana. Di conseguenza gli uomini non erano contenti e non erano contenti nemmeno gli “Arcangeli” che erano posti a tutela del genere umano i quali, consultatisi con una specie a loro superiore, decisero di porre fine alle ingiustizie causate dai Vigilanti e dagli ibridi da loro creati.
È da far notare che gli Arcangeli sono visti da Enoch come degli esseri non di questo mondo posti alla tutela dello sviluppo della civiltà umana, legati e/o vincolati al concetto filosofico del libero arbitrio e del non intervento diretto.
 Essi, si arguisce dalla lettura delle varie sezioni di cui si compone il Libro di Enoch, si erano molto adirati con i Vigilanti per via degli insegnamenti scientifici che avevano elargito agli esseri umani. I Vigilanti, invece, sono descritti da Enoch come esseri non appartenenti a questo mondo, posti alla tutela dello sviluppo umano.
I Vigilanti, secondo Enoch, hanno una visione diversa di quella dagli esseri indicati come Arcangeli (non-interventisti) e decidono, autonomamente, di attuare una politica d’intervento diretto e di miglioramento della razza umana tramite la creazione di ibridi appositamente studiati.
È ovvio il fatto che gli Arcangeli siano degli alieni posti a tutela di un progetto di sviluppo di una razza intelligente sulla Terra, ed è anche ovvio il fatto che i Vigilanti siano una specie aliena distinta dalle altre, quindi senza un obbligo di ubbidienza o di sudditanza diretto.
I Vigilanti pare che agirono indisturbati per molto tempo, in contrasto con le altre entità “aliene”. I provvedimenti che furono adottati contro di loro sono quelli di un annientamento totale di una specie aliena. Enoch ci racconta quali furono le decisioni che presero gli Arcangeli contro i Vigilanti e contro la specie ibrida da loro creata.
In particolare, Enoch racconta che gli Arcangeli decisero di eliminare i Giganti dalla faccia della Terra stabilendo, inizialmente, che essi si decimassero combattendo fra loro, per poi finirli con un diluvio immane.
Contro i Vigilanti si decise, invece, di renderli inoffensivi e poi di imprigionarli. Enoch ci racconta e ci precisa che gli Arcangeli lo incaricarono di comunicare ai Vigilanti ribelli la condanna emessa nei loro confronti.
È da notare che Enoch specifica che i Vigilanti provengano dal cielo, e quindi dallo spazio; così com’è da notare che Enoch incontrò i Vigilanti ribelli, a cui avrebbe dovuto comunicare la condanna emessa dagli Arcangeli nei loro confronti, dopo averli riuniti fisicamente. Si presume, quindi, che i Vigilanti siano degli esseri alieni, perché sono fisici e perché non sono di questo pianeta.

b) Il lungo viaggio.

Enoch prosegue nella narrazione di questi eventi fantastici di cui fu protagonista affermando che entrò in un veicolo volante dall’aspetto di una nuvola (cioè una classica antica descrizione di una astronave aliena) che lo portò in un luogo non meglio precisato dello spazio, poiché Enoch ci dice che quando entrò nella nuvola iniziò a volare e vide passare davanti a sé velocemente l’atmosfera e le stelle finché giunse in una specie di base aliena. A questo punto Enoch vide una struttura artificiale aliena composta di materiali a lui sconosciuti, e ovviamente egli vide anche degli elementi tecnologici alieni che non seppe descrivere e dei quali ebbe molto timore.
Enoch ci descrive la struttura aliena come fatta di un materiale sconosciuto da lui chiamato “cristallo”, ma che dovrebbe corrispondere ad una lega lucente di metallo con elementi di vetro.
Poi Enoch ci descrive delle “lingue di fuoco”, verosimilmente delle luci artificiali poste fuori e dentro la struttura.  A suo dire, sia il pavimento, sia le pareti, erano di “cristallo”, mentre il soffitto ce lo descrive composto da stelle e folgori con cherubini infuocati in mezzo, probabilmente altro non era che una specie di corridoio con una luce a forma di linea continua che attraversava il soffitto, oppure era una specie di hangar con le astronavi luminose che passavano sopra la testa di Enoch. Infatti, Enoch precisa che il sistema d’illuminazione era particolare; le pareti e le porte ardevano in fiamme, cioè emanavano una specie di luce che auto-illuminava il tutto. Questa particolare forma d’illuminazione è stata descritta anche da diverse persone che affermano di essere state rapite dagli alieni. Una volta entrato nella “casa di cristallo”, Enoch fu portato in una seconda “casa” tutta luminosa, che però è descritta come una specie di enorme astronave aliena luminosa, di cui Enoch vide anche l’interno.
Egli ci descrive, a parole sue, quello che sembra il meccanismo di propulsione dell’astronave, avente una specie di grande turbina o un reattore alla cui estremità superiore era luminoso e con una sfera lucente intorno.
 È ragionevole pensare che fosse una parte del meccanismo di propulsione, perché Enoch ci dice che quando diventava  luminoso nessun angelo vi si poteva avvicinare, forse per via di particolari radiazioni emesse. È inutile aggiungere che la luminosità degli U.F.O. è una delle loro caratteristiche principali.
In seguito Enoch è portato in un luogo lontano passando tra oggetti enormi che descrive come frecce di fuoco con la loro faretra, arco di fuoco, spada di fuoco, folgori, cioè astronavi aliene luminose dalle forme più varie, ma per lo più a forma di sigaro.
Poi viaggia a grandi altezze sulla Terra o su un altro pianeta dall’aspetto assai simile, poiché ci racconta che sorvolò prima delle catene montuose, poi degli oceani e poi vide la Terra dallo spazio e le stelle che sono visibili nell'abisso, cioè lo spazio siderale.
Il viaggio prosegue. Enoch raggiunse poi una struttura luminosa enorme, dove vide un luogo di là della grande Terra dove i cieli finiscono, cioè lo spazio profondo una volta allontanatici dalla Terra.
Enoch successivamente ci racconta che fu portato in un abisso con numerose colonne di fuoco cadute, cioè in una parte dello spazio dove era stata relegata la flotta spaziale dei Vigilanti ribelli, formata quindi dalle luminose astronavi madre a forma di sigaro, poiché tali astronavi sono sempre state descritte in passato come colonne di fuoco, giacché ne sono molto simili.
Enoch descrive questo luogo come una parte remota dello spazio, poiché non s’intravedevano stelle, non vi erano nè Terra né acqua sotto i suoi piedi, e perché non vi erano forme di vita animale.
A Enoch fu detto che questo luogo era una prigione per le stelle e per l’esercito del cielo, cioè una prigione militare in cui sono relegati tutti i tipi di “Angeli” ribelli ed anche le loro astronavi. Poi ad Enoch è mostrata un'altra prigione, dove vi erano ancora delle astronavi luminose che egli chiama “stelle che trasgredirono”, sempre nello spazio profondo, perché Enoch descrive il luogo come un posto dove non vi era nulla, con nessun cielo sopra e neppure terra sotto, un luogo, a suo dire, orrido e deserto.
 Una terza prigione degli “Angeli” invece si presenta a Enoch come un enorme deposito di grandi colonne di fuoco cadute, cioè astronavi madri luminose a forma di sigaro.
È interessante notare come alcuni studiosi pensino che queste prigioni possano trovarsi vicino alla costellazione di Orione. Poi Enoch è portato in determinati luoghi, forse sulla Terra, dove Enoch vede delle enormi basi degli “Angeli”, e poi è condotto nel sottosuolo in una misteriosa base sotterranea.
Incomincia ora un altro viaggio di Enoch, dove egli ammira le cose della Terra viste dall’alto, fino a giungere in orbita, dove un arcangelo gli fa una lezione di astronomia; finita questa, il viaggio riprende, ed Enoch vede delle “porte del cielo” attraverso le quali passano le “stelle del cielo”, forse dei portali attraverso cui arrivano nel nostro mondo astronavi aliene luminose che sembrano stelle, cosa possibile perché Enoch descrive spesso oggetti luminosi in movimento come “stelle”.

c) Il secondo viaggio.

Si sussegue poi tutta una serie di “visioni” e di “parabole” che sono mostrate a Enoch dopo che è stato rapito da una “nuvola” e portato in cielo. Enoch vede dimore celesti di vario tipo e vari tipi di entità, ma la cosa più enigmatica che Enoch vede sono alcune “stelle” che salgano, diventano folgori e non possono più abbandonare la loro nuova forma, cioè un processo che sembra la descrizione di un decollo di un U.F.O. di tipo luminoso. Dopo una serie di oscure visioni apocalittiche, ad Enoch furono mostrati i segreti dei “luminari” e delle “folgori lampeggianti”, descrizione spesso usata nel corso della storia per descrivere gli U.F.O. luminosi di tipo lampeggiante.
  
d) L’ultimo viaggio.

Poi Enoch fu rapito e salì in cielo. Lì vide i “figli dei santi angeli” camminare su “fiamme di fuoco” con un vestito bianco lucido, cioè vide degli esseri alieni che viaggiavano su astronavi luminose, vestiti con la tuta bianca lucida che spesso è descritta dalle persone rapite dagli alieni. Inoltre Enoch, arrivato in orbita, vide un luogo da cui uscivano stelle e luminari, cioè un hangar di astronavi aliene luminose.
Dopo di ciò Enoch fu portato molto lontano, dove vivevano gli “Angeli”, quindi forse su un altro pianeta, dove vide anche un edificio di pietre di cristallo con lingue di fuoco vivente intorno, cioè nient’altro che l’ennesimo edificio alieno, e vi si stabilì per sempre.

e) I Giganti e il diluvio.

Quello che viene più volte ripetuto nel libro è che si fosse deciso di distruggere la civiltà dei Giganti ibridi facendo in modo combattessero tra di loro e poi scomparissero in seguito ad un diluvio provocato forse dalle stesse armi da loro usate. Infatti, nel libro di Enoch è ripetutamente specificato che essi erano una creazione prediletta di esseri non di questo pianeta (i Vigilanti) e avevano conoscenze scientifiche avanzate che avevano appreso dai loro creatori, e dei mezzi tecnologicamente avanzati, se si considera che in pochissimo tempo i Giganti dominarono gli esseri umani.
Proprio l’uso di un’arma aliena deve aver portato al cataclisma globale che fece sprofondare le loro città, probabilmente provocato dall'uso continuo delle loro armi o di una sola terribile arma che portarono all’inclinazione dell’asse terrestre, e quindi ai relativi grandi sconvolgimenti. Infatti, Enoch quando parla del Diluvio e di Noè, afferma che quando venne il diluvio e gli altri cataclismi “la Terra si era inclinata” e che dopo il diluvio, la Terra era mutata rispetto a prima.
 La cosa va a coincidere anche con gli scritti di Platone (filosofo greco) il quale afferma che s’inclinò l’asse terrestre e ciò portò a vari sconvolgimenti, tra cui il diluvio biblico.
Quindi la fine della civiltà dei Giganti nel libro di Enoch sembra ricalcare alla perfezione le leggende della fine delle antiche civiltà di Atlantide, Mu e Lemuria, e della razza superiore che li abitava, una fine che, secondo alcuni ricercatori, sembra sia avvenuta 12.500 anni fa.

f) Collegamenti storici.

Il libro di Enoch non è altro che la versione biblica di un testo Sumero nel quale il protagonista è chiamato col soprannome Enmeduranki, che significa "Maestro nell’unione fra cielo e Terra".
Ciò non è strano, poiché molti studiosi ritengono che la Genesi della Bibbia sia la copia dell’antichissima “Storia Fenicia” di Sanchoniathon, e che la stessa Genesi biblica sia un adattamento successivo di quella Sumerica. Inoltre, storie simili sono presenti in molte tradizioni e religioni antichissime, come nei Veda, i testi sacri dell’antica cultura indiana.
Quindi il libro di Enoch è una delle testimonianze importanti del contatto di un uomo con specie non di questo mondo, questa volta, però la veridicità della storia è supportata dalle varie citazioni di riferimento della Bibbia, che vanno dalla Genesi all'Apocalisse di San Giovanni, e le citazioni di vari Santi che rendono tale testo meno apocrifo e più ufficiale che mai.
L’esistenza di U.F.O., di alieni, di esseri multidimensionali, di umanità che sono esistite prima di noi e di altre cose misteriose, è perfettamente compatibile con la dottrina cristiana e, più generalmente, con Dio. Ma non bisogna dimenticare che da sempre l’uomo interpreta i testi sacri, credendo spesso in cose non vere perché l’uomo non ha saputo interpretare i testi sacri.
 Effettivamente è illogico pensare che Dio avesse detto che il nostro è il solo mondo abitato e questo lo sapevano pure molti personaggi biblici, come San Paolo che in una lettera agli Ebrei parla di mondi (abitati) creati dalla manifestazione (il verbo) di Dio.
Dunque gli U.F.O. potrebbero essere un fenomeno senza tempo! Ma se così fosse, come e quanto ha influito questa presenza nello svolgimento della storia umana?
Una risposta quanto meno indicativa circa il tempo di influenza che tale fenomeno legato agli O.V.N.I ha prodotto sulla cultura umana, la possiamo ricavare attraverso i numerosi ritrovamenti archeologici noti come “OOPARTS” e nella così detta “ARCHEOLOGIA SPAZIALE” .
Termini questi con cui si usa contraddistinguere tutta quella serie di reperti archeologici anomali, in altre parole riconducibili a un bagaglio di conoscenze e tecnologie allogene ossia portate alle popolazioni terrestri da culture e/o visitatori alieni.
Naturalmente per gran parte di noi – oggi - tali affermazioni potrebbero essere inquietanti e inaccettabili. Questo lo si può desumere proprio grazie ad alcuni studi, come ad esempio il ”Brookings Report“ realizzato per conto della NASA nel 1961.
La NASA chiese all'istituto Brookings di analizzare gli effetti sociali, politici ed economici derivati dalla scoperta e conseguente “contatto” con civiltà intelligenti extraterrestri. Lo studio dell’istituto Brookings rende evidente come nel corso della storia umana, varie culture si erano estinte per essersi dovute confrontare con civiltà tecnologicamente più avanzate e culturalmente superiori.
Sappiamo quindi che un possibile contatto con civiltà extraterrestri – per noi terrestri - avrebbe un impatto sociologico, religioso e politico veramente traumatico e rivoluzionario.
Questo proprio perché l’uomo, convinto della sua unicità, non ha prestato quella dovuta attenzione ai testi sacri, sculture e pitture sparse in tutto il mondo, portandosi così ad avere una chiusura mentale verso certe tematiche che potrebbero rivoluzionare lo Status Quo dell’intera società umana.
 L’archeologia spaziale ci induce quindi ad accettare un’interpretazione più aderente a una realtà storica degli eventi umani portandoci così, non a creare una nuova religione, ma ad avviare un nuovo processo di reinterpretazione del nostro passato, fino a rendere accettabile l’idea che, fin dall'alba dei tempi, non siamo mai stati soli nel silenzio dell’Universo.

Fonte:

sabato 26 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte ottava.


26 Marzo 2011. 

Ricostruzione ipotetica dell'Arca dell'Alleanza
Nel massiccio del Sinai si innalza oltre duemila metri il monte Oreb. Il monte Oreb è il luogo in cui tra l'altro Mosè, secondo il Libro dell'Esodo, fu chiamato da Dio attraverso il roveto ardente (Es 3,1 seguenti) per ricevere le tavole della legge del decalogo (Es 19,10 seguenti): mentre le fonti yahvista e sacerdotale usano il nome Sinai, quelle elohista e deuteronomista usano il nome Oreb. Anche per il monte Sinai-Oreb, come per molte delle località descritte nell'Esodo, si è persa la memoria toponomastica delle località descritte. Sono state proposte diverse identificazioni: Gebel Musa (letteralmente montagna di Mosè in arabo), nel sud della penisola del Sinai. Questa identificazione risale ai primi secoli dell'era cristiana ed è attualmente l'ipotesi più accreditata. Secondo un'antica tradizione che risale al 330 d.C., Elena madre dell'imperatore Costantino, identificò il Monte Oreb citato nella Bibbia un'altura a sud della penisola del Sinai, rinominata Monte di Mosè, in arabo Gebel Musa. L'imperatore Giustiniano nel 527 d.C. fece edificare in una valle sulle sue pendici, nel luogo identificato del roveto ardente, la Basilica della Trasfigurazione, che includeva la primitiva chiesa di Sant'Elena Imperatrice, e che nel IX secolo fu dedicata a Santa Caterina d'Alessandria, l'odierno Monastero di Santa Caterina. Monte Seir, nella regione storica di Edom, presso il confine tra l'attuale Stato d'Israele e Giordania. Har Karkom (Montagna di zafferano in ebraico) o Gebel Ideid (arabo), nel Negev. Nel 1983 l'archeologo Emmanuel Anati trovò un santuario all'aperto risalente al paleolitico e usato ininterrottamente almeno fino all'età del bronzo. Dalle raffigurazioni presenti sul posto è stato dedotto che il santuario fosse dedicato al dio Luna semitico Sin, il cui nome avrebbe originato quello del Sinai. Sulla vetta di Har Karkom è inoltre presente una piccola grotta che ricorderebbe quella citata dall'Antico Testamento in cui trovò riparo Mosè al cospetto di Dio. Dio, disceso in una colonna o cilindro di fuoco, oltre a fornire a Mosè i Dieci Comandamenti, gli disse come costruire l'Arca dell'Alleanza. L'Arca è descritta dettagliatamente nel libro dell'Esodo (25, 10-21; 37, 1-9): era una cassa di legno di acacia rivestita d'oro all'interno e all'esterno, di forma parallelepipeda, con un coperchio d'oro puro sul quale erano due statue di cherubini anch'esse d'oro, con le ali spiegate. Le dimensioni erano di due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza e altezza, ovvero circa 110×60×60 cm. Ai lati erano fissate con quattro anelli d'oro due stanghe di legno dorato, per le quali l'arca veniva sollevata quando la si trasportava. All'interno della cassa erano conservati un vaso d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che era fiorita e le Tavole della Legge. (Ebrei 9:4;). Tuttavia, al momento dell'inaugurazione del Tempio di Salomone non conteneva altro che le Tavole della Legge (Deuteronomio 10, 1-5; 1 Re 8, 9; 2 Cronache 5, 2-10). Il compito di trasportare l'arca era riservato ai leviti: a chiunque altro era vietato toccarla. Quando Davide fece trasportare l'arca a Gerusalemme, durante il viaggio un uomo di nome Uzzà vi si appoggiò per sostenerla, ma cadde morto sul posto (2 Samuele 6, 1-8). Secondo la tradizione l'arca veniva trasportata coperta da un telo di pelle di delfino coperto da un ulteriore telo di stoffa viola e, quando il popolo ebraico si fermava, veniva posta in una tenda specifica, definita "Tenda del Signore" o "Tenda del convegno" senza che venisse mai esposta al pubblico, se non in casi eccezionali. Inoltre la leggenda vuole che l'arca, in alcune situazioni, si adornasse di un alone di luce e che da essa scaturissero dei lampi di luce divini, delle folgori, capaci di incenerire chiunque ne fosse colpito e nel caso non avesse rispettato il divieto di avvicinarvisi; infine, tramite l'arca, Mosè era in grado addirittura di parlare con Dio che compariva seduto su un trono fra i due cherubini che ornavano il coperchio e che rappresentano l'angelo Metatron e l'angelo Sandalfon. Se oggi ricostruissimo l'Arca dell'Alleanza, secondo le indicazioni di Mosè, il risultato potrebbe anche essere una specie di condensatore con una carica di centinaia di Volt. Un lato delle lamine d'oro, infatti, poteva essere caricato negativamente, mentre l'altro positivamente. Quando nella Bibbia si parla dell'Arca dell'Alleanza si dice, come anzidetto, che fosse in grado di emettere lampi; quando Mosè  la costruì gli fu possibile mettersi in contatto con Dio tutte le volte che voleva. Oltre che come una macchina elettrica l'Arca funzionava dunque anche come una radio? Varie sono le sue ricostruzioni; essa comunque sviluppava tensioni elettriche mortali. L'Arca folgorò degli uomini al tempo del re David,  e fu usata come arma per distruggere le mura di Gerico; scomparve nel 587 a.C. Chi la ideò? Il 19 giugno 2009 il Patriarca della Chiesa ortodossa etiopica Abuna Paulos, in una conferenza stampa tenutasi all'Hotel Aldrovandi a Roma, cui ha partecipato anche il principe Makonnen Haile Selassie, presunto nipote dell'imperatore d'Etiopia Hailé Selassié I, e il duca Amedeo D'Aosta ha dichiarato che "L'Etiopia è il trono dell'Arca dell'Alleanza. L'Arca dell'Alleanza è stata in Etiopia per tremila anni e adesso è ancora lì e con la volontà di Dio continuerà ad essere lì. È per via del miracolo che è arrivata in Etiopia. L'ho vista con senso di umiltà, non con orgoglio, come quando si va in chiesa. È la prima volta che dico questo in una conferenza stampa. Ripeto l'Arca dell'Alleanza è in Etiopia e nessuno di noi sa per quanto tempo ancora. Solo Dio lo sa. Tutto quello che si trova nell'Arca è descritto perfettamente nella Bibbia. Lo stato di conservazione è buono perché non è fatta da mano d'uomo, ma e' qualcosa che Dio ha benedetto. Ci sono molti scritti e prove evidenti sulla presenza dell'Arca in Etiopia. Non sono qui per dare delle prove che l'Arca sia in Etiopia, ma sono qui per dire quello che ho visto, quello che so e che posso testimoniare. Non ho detto che l'Arca sarà mostrata al mondo. È un mistero, un oggetto di culto". Due giorni prima, il Patriarca aveva annunciato che "presto il mondo potrà ammirare l'Arca dell'Alleanza descritta nella Bibbia come il contenitore delle Tavole della Legge che Dio consegnò a Mosè", e che "ad Axum sorgerà il Museo chiamato a ospitare l'Arca".

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Fonte:

giovedì 24 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte settima.


Gilgamesh, Re di Uruk (Fonte: it.wikipedia.org)
24 Marzo 2011.

Bagdad, capitale dell'Iraq e dell'omonima provincia, è la seconda città più grande dell'Asia sud-occidentale, dopo Teheran. Nel museo nazionale iracheno troviamo una traccia degli antichi astronauti. Qui vengono conservati documenti scritti in caratteri cuneiformi, su tavolette d'argilla, per noi importantissimi: essi hanno almeno cinquemila anni e raccontano di esseri venuti sulla terra provenienti dal cielo fra nubi di fumo e rombi di tuono. 
In tali documenti si narra dell'epopea di Gilgamesh, reperti portati alla luce in centinaia di siti archeologici in Mesopotamia. L'Epopea di Gilgamesh raccoglie tutti quegli scritti che hanno come oggetto le imprese del mitico re di Uruk ed è da considerarsi il più importante dei testi mitologici babilonesi e assiri pervenuti fino a noi. Di quest'opera noi possediamo, oltre all'edizione principale allestita per la biblioteca del re Assurbanipal e ora conservata nel British Museum di Londra, altre versioni più antiche e frammentarie. Tutti i popoli che sono venuti a contatto con il mondo sumerico hanno avvertito la grandezza dell'ispirazione, tanto è vero che tavolette cuneiformi con il testo di Gilgameš sono state trovate in Anatolia, scritte in ittita e hurrita, e in Siria-Palestina. I testi più antichi che trattano le avventure dell'eroe appartengono alla letteratura sumerica e scene dell'epopea si ritrovano, oltre che su vari bassorilievi, su sigilli cilindrici del III millennio a.C.. Gilgamesh è il re sumero della città di Uruk. Guerriero crudele, è per due terzi divino e per un terzo mortale e tiene sotto il suo dominio un popolo sempre più stanco delle sue prepotenze e ingiustizie. Gli dèi, dunque, per punirlo, decidono di creare un uomo in grado di contrastarlo, Enkidu. Egli è primitivo e rozzo, plasmato dall'argilla e descritto nell'epopea come selvaggio sia nel fisico che nei comportamenti. I due si scontrano, come previsto, ma lo scontro finisce alla pari. Colpito dalla forza di Enkidu, Gilgamesh stringe con lui un patto d'amicizia. Decidono di andare insieme alla Foresta dei Cedri per prelevare il prezioso legno di questi alberi. Alla guardia della foresta c'è però un mostro, che i due riescono a sconfiggere senza grossi problemi. Accresciuta ulteriormente la sua fama e l'amicizia con Enkidu, Gilgamesh viene corteggiato da Ishtar (la dea della bellezza e della fecondità, ma anche della guerra e della distruzione), che lo vorrebbe come sposo, estasiata dalle sue doti di guerriero e dalla sua fama. Gilgamesh però la rifiuta, visto il triste destino dei passati amanti della dea, come Dumuzi, e Ishtar, con l'aiuto di Anu (il dio del Cielo e padre di Ishtar stessa) invia contro i due amici un ferocissimo toro divino di colore blu. 
Nel combattimento che ne consegue, Enkidu blocca il selvaggio animale e Gilgamesh gli infila la spada tra le corna, uccidendolo. Oltraggiata ancora di più, Ishtar fa morire Enkidu con una brutale malattia, che gli fa patire una morte lenta e atroce. Gilgamesh scopre così per la prima volta il dolore per la perdita di un caro amico, e rimane molto scosso. Decide dunque di intraprendere un viaggio alla ricerca del senso della vita e del segreto dell'immortalità. Viene a sapere dell'esistenza di un uomo a conoscenza di questo segreto: Utanapishtim, un uomo molto vecchio e saggio che scampò, grazie all'aiuto di Enki, al diluvio universale, e a cui gli dèi fecero il dono dell'immortalità. Egli vive isolato al di là dell'oceano della Morte e, dato il grandissimo segreto che conosce, la sua casa è raggiungibile solo dopo aver superato molti ostacoli. Gilgamesh riesce a superare ogni prova, tra cui gli uomini scorpione, posti a guardia dei monti Mashu, e giunge in un bellissimo giardino dove una donna gli implora di fermarsi e non proseguire. Il valoroso re non cede alle richieste e sceglie di andare avanti, giungendo finalmente nel luogo dove vive Utanapishtim. La delusione di Gilgamesh è, però, grande: il saggio gli risponde che la morte è inevitabile per l'uomo che, prima o dopo, dovrà lasciare questo mondo. Gilgamesh, ormai senza speranze, sta per andarsene quando Utanapishtim, impietosito, gli rivela che c'è un'unica possibilità per l'eterna giovinezza: è una pianta che si trova in fondo al mare. Gilgamesh parte subito alla ricerca del prezioso vegetale e, dopo averlo trovato, decide di riposarsi sulle rive di un ruscello. Al suo risveglio, scopre che la pianta tanto preziosa è stata mangiata da un serpente, che dopo averla mangiata ha cambiato pelle. Sconfitto, torna così ad Uruk, la sua città. Nel finale il testo originale è ricco di lacune, dovute certamente alla mancanza di alcune tavolette, andate ormai perdute. Recentemente sono però state trovate altre tavolette che raccontano del suicidio di Gilgamesh insieme alla sua corte. Altro episodio, del quale però non si capisce la giusta collocazione all'interno del poema, è il seguente: Gilgamesh prega il dio degli inferi di fargli rivedere Enkidu per un'ultima volta. Il desiderio viene esaudito e l'anima di quest'ultimo si presenta a Gilgamesh. Enkidu rivela al suo grande amico che la vita nell'oltretomba è triste e cupa, piena di rimpianti per tutto ciò che non si è fatto nella vita terrena e per le occasioni che si sono perse. Gli consiglia pertanto di lasciar stare in pace i morti e di godersi la vita finché possibile, dato che nell'oltretomba l'esistenza sarà piatta e senza felicità. Le uniche persone che potranno godere di un'esistenza dignitosa nell'aldilà sono coloro che hanno generato numerosi figli, specchio della concezione secondo cui l'unico modo di vivere in eterno è quello di lasciare una discendenza. Gli autori dell'epopea di Gilgamesh, assai simile alla Genesi della Bibbia, sono vissuti duemila anni prima degli autori della Bibbia. Gilgamesh, l'eroe dell'epopea, era un misto di dio e di uomo. La settima tavola narra un fatto straordinario: Enkidu, un'amico dell'eroe, ci potrebbe infatti fornire la prima testimonianza oculare di un volo spaziale. Ad Enkidu, infatti, salito in dodici ore nello spazio, a bordo di un bronzeo velivolo celeste, gli chiedono: "Guarda giù la Terra, come ti appare? Osserva il mare, che te ne sembra?" Ed egli risponde:"La Terra appariva come una farinata, ed il mare come una pozza d'acqua." Non diversamente gli astronauti americani hanno descritto l'aspetto della terra vista dal suolo lunare. Una coincidenza?

Guardiamo con maggiore fiducia le antiche fonti, e prendiamo alla lettera, ad esempio, ciò che troviamo scritto sulla Bibbia. Nel libro della Genesi, infatti, è scritto:"..allora l'eterno fece piovere dai cieli su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco.." Ma che cosa avvenne veramente su Sodoma e Gomorra? Il diciannovesimo capitolo del primo libro di Mosè ci fornisce la relazione di un drammatico evento:  Dio rivelò a Lot che stava per distruggere Sodoma perché il suo peccato era molto grave. Lot intercedette per le persone giuste della città, e Dio gli rispose che non l'avrebbe distrutta se avesse incontrato dieci persone giuste nella città. Secondo il prosieguo nel cap. 19, ai versetti 1-38, due angeli di Dio entrarono a Sodoma. Nel vederli, Lot li invitò nella sua casa e insistette affinché trascorressero la notte nell'abitazione. Tuttavia, prima che ciò potesse avvenire, gli abitanti di Sodoma attorniarono la casa ed esigettero che Lot consegnasse loro i suoi invitati per poter abusare di loro. Lot rifiutò, offrendo alle loro voglie le sue due figlie vergini, ma essi rifiutarono, insistendo nelle loro pretese. Gli abitanti di Sodoma provarono così a fracassare la porta d'ingresso, ma i due invitati impedirono l'accesso all'interno della casa agli assalitori accecandoli tutti con un'abbagliante luce. Dopodiché essi dissero a Lot di abbandonare subito con la sua famiglia la città. Lot avvisò i suoi generi, che però non gli dettero retta e così Lot abbandonò la casa e la città solo con sua moglie e le sue figlie, chiedendo e ottenendo che si salvasse la piccola città di Soar, nei pressi di Sodoma. Quindi Dio inviò una pioggia di fuoco e zolfo che incenerì del tutto Sodoma con i suoi abitanti, assieme ad altre città della pianura. L'ordine di non voltarsi indietro a vedere quanto Dio aveva decretato accadesse alla città non fu eseguito dalla moglie di Lot che, per quell'atto di disubbidienza, fu trasformata in una statua di sale. Lo zio di Lot, Abramo, da una montagna vide la colonna di fumo che si alzava da quella che era stata Sodoma. Certo è che Sodoma e Gomorra furono annientate di colpo da una spaventosa esplosione. Il racconto della Bibbia si conclude così: "..E non rimase altro che terra deserta e inaridita." Gli effetti potrebbero esseri quelli provocati da un'esplosione di un ordigno termonucleare; una bomba atomica, ma lanciata da chi?

mercoledì 23 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte sesta.


Ercole e l'idra (dipinto di Antonio Pollaiolo)
23 Marzo 2011.

I miti antichi sono pieni di storie di dèi che scendono sulla terra per accoppiarsi con gli umani. Secondo molte fonti, compresa la mitologia nordica, la mitologia Greca, ed anche la Bibbia, troviamo la storia di questi figli di dèi, o dèi veri e propri che dall'Olimpo scendono sulla terra e restano attratte dalle donne umane. Quando avvenivano questi incontri e le donne si univano agli dèi, si legge in moltissimi testi in tutto il pianeta, si suppone che le donne facessero sesso con degli extraterrestri e non con divinità, tenuto conto che gli dèi non esistono. Stando all'Iliade di Omero i cittadini di Sparta erano rinomati per le donne bellissime e per essere eroici guerrieri. Zeus, il dio Greco del cielo, ammirava una donna di nome Leda. Un pomeriggio, mentre Leda camminava da sola in un giardino, Zeus si trasformò in cigno, l'avvolse con le sue ali potenti e la possedette. Solo in seguito Leda si rese conto di essere rimasta incinta per opera di un dio. Se osserviamo la mitologia Greca e molte mitologie sparse nel mondo, troviamo sempre storie di dèi che scendono dal cielo ed hanno rapporti sessuali con gli esseri umani, così da creare una nuova razza di uomini. I frutti di questi accoppiamenti erano descritti dagli antichi come semidèi, ossia mezzi dèi. Si può supporre che fossero degli ibridi di origine umana ed aliena. 
I Greci credevano che questi esseri fossero straordinari e destinati a grandi imprese. La mitologia greca si compone di una vasta raccolta di racconti che spiegano l’origine del mondo ed espongono dettagliatamente la vita e le avventure di un gran numero di dei e dee, eroi ed eroine, mostri e altre creature mitologiche. Questi racconti inizialmente furono composti e diffusi in una forma poetica e compositiva orale, mentre sono invece giunti fino a noi principalmente attraverso i testi scritti dalla tradizione letteraria greca. Le più antiche fonti letterarie conosciute, i due poemi epici Iliade e Odissea, concentrano la loro attenzione sugli eventi che ruotano attorno alla vicenda della guerra di Troia. Altri due poemi quasi contemporanei alle opere omeriche, la Teogonia e Le opere e i giorni scritti da Esiodo, contengono invece racconti che riguardano la genesi del mondo, la cronologia dei sovrani celesti, il succedersi delle età dell’uomo, l’inizio delle sofferenze umane e l’origine delle pratiche sacrificali. 
Diverse leggende sono contenute anche negli Inni omerici, nei frammenti dei poemi del Ciclo epico, nelle poesie dei lirici greci, nelle opere dei tragediografi del V secolo a.C., negli scritti degli studiosi e dei poeti dell’età ellenistica e negli scrittori romani come Plutarco e Pausania. Le rovine monumentali ritrovate nei siti archeologici micenei e minoici sono state d’aiuto per chiarire alcuni problemi posti dall’epica omerica e hanno fornito concreti riscontri su particolari presenti nei racconti mitologici. Gli argomenti narrati dalla mitologia greca furono anche rappresentati in molti manufatti: i disegni geometrici sulla superficie di vasi e piatti risalenti anche all’VIII secolo a.C. ritraggono scene ispirate al ciclo della guerra di Troia o alle avventure di Eracle. 
Anche in seguito, sugli oggetti d’arte saranno rappresentate scene tratte da Omero o da altre leggende, così da fornire agli studiosi materiale supplementare a supporto dei testi letterari. La mitologia Greca ha avuto una grandissima influenza sulla cultura, le arti e la letteratura della civiltà occidentale e la sua eredità resta tuttora ben viva nei linguaggi e nelle culture che fanno parte di questa zona del mondo. È stata sempre presente nel sistema educativo, a partire dai primi gradi dell'istruzione, mentre poeti e artisti di tutte le epoche si sono ispirati a essa, mettendo in evidenza la rilevanza e il peso che i temi mitologici classici potevano rivestire in tutte le epoche della storia. E' tradizione in molte civiltà dell'antichità che ci fossero certi bambini non del tutto umani; in qualche modo legati alle stelle, ad un regno oltre la terra e queste caratteristiche erano presenti già alla nascita, quasi comprendessero una componente di DNA, che magari la scienza dovrebbe considerare e studiare. Alcuni dei più antichi racconti di dèi che si accoppiano con gli uomini si trovano nei testi tradizionali Indù. 
Negli antichi scritti sanscriti dell'India, troviamo questo racconto: una regina di nome Kunti si unì con un essere celeste, un extraterrestre noto come "il dio Sole". Il prodotto di questa unione fu Karna. Karna è uno dei personaggi principali del Mahābhārata, uno dei grandi poemi epici della mitologia dell'antica India. Karna è considerato il più grande guerriero del Mahābhārata da parte di altri personaggi del poema, tra cui Krishna e Bhishma, come indicato nel testo originale da Maharishi Veda Vyasa. Era il figlio di Surya (il dio del Sole) e Kunti, ma nato da questa prima del suo matrimonio con Pandu, e abbandonato alla nascita dalla madre. Viene descritto come il più caro amico di Duryodhana, e combatté al suo fianco nella sanguinosa Guerra di Kurukshetra contro i Pandava (di cui Karna era il fratello maggiore, ma illegittimo). Per tutta la sua esistenza lottò contro la sfortuna, ma fu guidato dall'onore verso la parola data. È una figura improntata al coraggio e alla generosità. 
Forse il semidio più famoso è il Greco Eracle, corrispondente alla figura della mitologia romana Ercole. Figlio di una donna mortale a nome Alcmena e di Zeus, egli nacque a Tebe ed era dotato di una forza sovrumana. Il patronimico poetico che lo definisce è Alcide, derivante da Alceo, suo nonno paterno putativo. La vicenda di questo eroe non è raccontata in una sola opera, ma ne sono state scritte molte che lo vedono protagonista, marginalmente o particolarmente. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti dalle molteplici teste, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame e molti altri mostri che l'eroe, sia per coraggio che per astuzia, riuscì sempre a sconfiggere. 
Sempre imbattuto perse la vita di propria mano, dandosi fuoco presso un rogo, dilaniato dal dolore che Deianira, sua moglie, ignara del tradimento del centauro Nesso, aveva causato intingendo la sua tunica in un veleno mortale. Salito nell'Olimpo sposò Ebe, la coppiera degli dei e divenne il dio guardiano, ricongiungendosi perfino con Era, sua eterna nemica. Maggiore eroe greco, divinità olimpica dopo la morte, Eracle fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport e delle palestre. Fu onorato in numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell'altruismo e della forza fisica, lo fecero credere il fondatore dei Giochi olimpici. In alcuni casi, mettendo in luce la generosità con la quale affrontava avversari temibili, si rese dell'eroe un'immagine dall'intensa forza morale, oltre che puramente fisica. La sua complessa personalità, l'ambientazione di certe sue imprese e il fatto che la maggior parte di esse sia legata ad animali, assimilano talvolta l'immagine di Eracle agli antichi sciamani, dotati di poteri soprannaturali, e una certa comunanza di aspetti si rintraccia anche in eroi fenici come Melqart. Le dodici fatiche, poi, possono avere qualche correlazione con i segni dello zodiaco, molti dei quali sono appunto rappresentati da animali. Nel mondo romano Ercole presiedeva alle palestre e a tutti i luoghi in cui si faceva attività fisica; considerato anche una divinità propizia, gli si rivolgevano invocazioni in caso di disgrazie, chiamandolo Hercules Defensor o Salutaris. 
È inoltre da ricordare che fin quasi all'età moderna lo Stretto di Gibilterra era noto come "Colonne d'Ercole", con espressione chiaramente evocativa: un ricordo dei viaggi e degli spostamenti dell'eroe che, nel corso delle sue imprese, toccò paesi dell'Asia Minore e del Caucaso e raggiunse l'Estremo Oriente e il Grande Oceano, che delimitava le "terre dei vivi". La leggenda era d'origine fenicia: il dio tirio Melqart (identificato poi dai Romani con Ercole e detto Hercules Gaditanus, per il famoso tempio di Gades a lui dedicato) avrebbe posto ai lati dello Stretto due colonne, che furono poi considerate l'estremo limite raggiunto da Ercole e, soprattutto nel Medioevo, il confine posto dal dio affinché gli uomini non si spingessero nell'Oceano Atlantico. I teorici degli antichi astronauti ritengono che questi semidèi fossero degli esseri in carne ed ossa realmente esistiti. Questo tipo di resoconti nelle antiche tradizioni ha un equivalente moderno nei racconti di ibridi alieno-terrestri che fanno parte delle storie di rapimenti alieni oggi in circolazione. In alcune scritture delle civiltà antiche troviamo racconti di accoppiamenti fra extraterrestri ed umani che producono mostri o Giganti o altri esseri simili. E' da supporre che in passato è successo veramente. 
E' possibile che questi racconti antichi di creature enormi, metà uomo e metà bestia abbiano una base di verità? E se è così, c'è qualche prova che questi giganteschi ibridi siano mai esistiti?




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Fonte:
  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Mitologia_greca;
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Eracle;
  3. http://www.youtube.com/watch?v=ZaKtPswPrqY.

E se non fosse terrestre...? Parte quinta.


23 Marzo 2011.

L'uomo moderno è destinato a lasciare questo pianeta per colonizzare altri pianeti del nostro sistema solare. Entro la fine di questo secolo sembrerebbe che la Nasa, l'agenzia governativa civile responsabile per il programma spaziale degli Stati Uniti d'America e per la ricerca aerospaziale civile e militare, abbia intenzione di colonizzare Marte, il pianeta del nostro sistema solare  più simile alla terra e quello su cui l'uomo, con le conoscenza tecnologiche in suo possesso, potrebbe ben presto vivere. La colonizzazione del pianeta Marte è da molti ritenuta un passaggio inevitabile nello sviluppo futuro dell'umanità; attorno a Marte  si è concentrata l'attenzione delle principali agenzie spaziali terrestri, nel tentativo di sviluppare un piano organico per l'installazione di possibili colonie umane sul pianeta. Si tratta del pianeta raggiungibile da Terra con il minor impiego di energia, sebbene con le tecnologie attuali un eventuale viaggio richiederebbe comunque diversi mesi. Fra i due pianeti vi sono delle analogie:

  • Il sol, ovvero il giorno marziano, è assai vicino al giorno terrestre, con una durata media di 24 ore, 39 minuti e 35,244 secondi.
  • L'estensione della superficie di Marte è pari a circa il 28,4% di quella terrestre; a titolo di paragone, l'estensione delle terre emerse sulla Terra costituisce il 29,2% della superficie complessiva del pianeta.
  • L'inclinazione assiale di Marte è pari a 25,19°; quella terrestre vale 23,44°. Marte gode pertanto di un ciclo delle stagioni del tutto analogo a quello terrestre, sebbene la loro durata sia quasi doppia, poiché l'anno marziano corrisponde ad 1,88 anni terrestri. Il polo nord di Marte, inoltre, non punta verso l'Orsa Minore, ma verso il Cigno.
  • Marte è dotato di un'atmosfera; sebbene la pressione atmosferica al suolo valga solo lo 0,7% di quella terrestre, essa è sufficiente a proteggere la superficie dalla radiazione solare e cosmica e può essere utilizzata favorevolmente per manovre di aerofrenaggio da parte di sonde spaziali.
  • Recenti osservazioni condotte da Mars ExpressMars Exploration Rover e dalla sonda Phoenix hanno confermato la presenza di acqua sul pianeta, concentrata maggiormente attorno ai poli (anche se è stato provato che circa quattro miliardi di anni fa, il pianeta Marte appariva proprio come appare il pianeta Terra, con grandi oceani e lunghi fiumi); inoltre sono disponibili discrete quantità di tutti gli elementi e i composti chimici fondamentali per la vita umana.

Ma fra i due pianeti vi sono anche delle differenze:

  • L'accelerazione di gravità su Marte è pari a circa un terzo del corrispondente valore terrestre; allo stato attuale delle conoscenze mediche, è impossibile stabilire se questo valore sia sufficiente ad evitare l'insorgere di problemi di salute connessi con l'assenza di peso.
  • Marte è assai più freddo della Terra, con una temperatura media di -63 °C ed una minima di -143 °C.
  • A causa della bassa pressione atmosferica, Marte non presenta specchi di acqua liquida, né essi potrebbero esistere; gli esseri umani sarebbero inoltre costretti ad indossare tute pressurizzate.
  • La quantità di radiazione solare che raggiunge la superficie del pianeta (la costante solare) è circa la metà del corrispondente valore terrestre (o lunare).
  • L'orbita di Marte è più eccentrica di quella terrestre; questo causa un'intensificazione delle escursioni termiche e delle variazioni del valore della costante solare nel corso dell'anno.
  • L'atmosfera marziana consiste principalmente di diossido di carbonio. Si ritiene comunque che, data la sua elevata pressione parziale in superficie (circa 52 volte il corrispondente valore terrestre), alcune specie di pianta potrebbero sopravvivere sul pianeta.
  • Marte possiede due satelliti naturali, Phobos e Deimos, assai più piccoli della Luna e più vicini alla superficie.

Allo stato attuale, la vita umana non sarebbe possibile, senza adeguate protezioni, per più di un minuto sulla superficie di Marte; si tratta, ad ogni modo, delle condizioni più favorevoli presenti nel sistema solare, ben lontane dal clima torrido di Mercurio e Venere, dalle gelide temperature dei corpi rocciosi del sistema solare esterno e dal vuoto spinto presente sulla superficie della Luna e degli asteroidi. In condizioni estreme, l'uomo è già riuscito a sopravvivere in ambienti dalle caratteristiche analoghe a quelle della superficie di Marte: nel maggio 1961 il record di altitudine per un essere umano a bordo di un pallone aerostatico è stato registrato alla quota di 34,668 km (dove la pressione atmosferica è analoga a quella marziana); le temperature medie dell'Antartide non mostrano sostanziali discrepanze rispetto a quelle rilevate su Marte; alcuni deserti terrestri presentano caratteristiche simili a quelle della superficie marziana.

Ma cosa succederebbe se l'uomo in futuro, a bordo delle sue navi spaziali, atterrasse su un pianeta inesplorato dell'Universo sul quale una volta giunto al suolo venisse accolto da ominidi o altre forme di vita simili alla specie umana, ma ai primordi della loro evoluzione? Questi esseri alieni ci accoglierebbero come nemici o come dèi? 
Vediamo come si comportano gli uomini primitivi quando vengono a contatto, di colpo, con la tecnologia moderna: nella seconda guerra mondiale i piloti militari americani atterrarono su alcune remote isole del Pacifico, tagliate fuori dal resto del mondo. Qui gli americani costruirono basi di rifornimento e campi di atterraggio avanzati. Alla fine della guerra se ne tornarono a casa. A questo punto accadde qualcosa di strano. Gli indigeni abitanti di quelle remote isole del Pacifico, i quali vivevano ancora all'età della pietra, costruirono dei feticci di paglia e bambù simili ad aerei e delle primitive piste di atterraggio. Avevano scambiato gli stranieri per divinità e speravano in questo modo di richiamare i loro vascelli celesti con il cargo: il loro carico di tesori meravigliosi e potenti,  viveri, utensili, armi che non avevano mai visto prima. Questi veicoli aerei erano atterrati innumerevoli volte fra nubi di polveri e fragore. Gli stranieri dalla pelle bianca non andavano a caccia ma avevano tantissimo cibo a loro disposizione. Essi venivano dal cielo e quindi dovevano essere dèi, dèi del cielo. Gli indigeni attendevano il ritorno degli uomini bianchi notte e giorno ma gli dèi non tornarono più. Per tale motivo uomini scelti dalla tribù guardavano incessantemente il cielo. Sacrificavano vittime al fuoco, vegliavano e speravano, ma gli dei non tornarono più. Nacque così una nuova religione: il culto del cargo
Fu davvero questa l'origine delle leggende e delle religioni primitive? Per chi confonde ancora la fantascienza con l’ufologia, ovvero la minaccia di un’impossibile invasione marziana con lo studio scientifico degli oggetti volanti non identificati, è lecito sostenere che la cosiddetta "era dei dischi volanti" sia nata con la fine del secondo conflitto mondiale e si sia sviluppata, a partire dagli anni cinquanta, riflettendo da un lato l’eterno anèlito dell’umanità ad una pace finalmente duratura e impersonificando, dall’altro, la voglia di cercare "fuori della Terra" qualcosa di nuovo e di positivo, che aiutasse a dimenticare in fretta gli orrori della guerra. 
Se tutto questo rappresenta per i sociologi un’innegabile realtà, le cui implicazioni filosofiche vengono oggi riprese, alla fine dell’era tecnologica postmoderna, dalla corrente di pensiero chiamata "New Age", al contrario per la Paleoastronautica (branca dell’Ufologia, chiamata anche Archeologia Spaziale o Clipeologia, dal latino clypeus = scudo rotondo) le tracce inconfutabili della presenza di entità extraterrestri nel passato dell’Uomo si perdono nella notte dei tempi, dimostrando che l’evoluzione della specie umana, caratterizzata da quegli "improvvisi" ed "inattesi" balzi nel progresso della civiltà che ancor oggi stupiscono antropologi ed archeologi, è stata attentamente e costantemente seguita da non meglio definibili civilizzazioni aliene. La loro superiore tecnologia consentì ad un essere bipede, che ancora non conosceva l’uso della ruota (la prima rappresentazione della ruota è nelle tavolette d’argilla di Ur, Mesopotamia, 3.500 a.C.), di erigere manufatti così perfetti da sfidare oltre 15.000 anni di insidie naturali, con una precisione tale da far allibire gli ingegneri ed i tecnici del nostro tempo. E’ evidente, pertanto, come un impatto culturale di queste dimensioni dovesse inevitabilmente suscitare nell'intimo dei nostri antichissimi progenitori, agli albori di un percorso di civilizzazione che si presentava tutto in salita ed in cui la vita media dell’individuo si limitava a pochi decenni, una forma di considerazione del tutto speciale nei confronti di quegli "esseri misteriosi venuti dal cielo". Una venerazione, insomma, mista di gratitudine per le inimmaginabili conoscenze di cui li facevano partecipi, ma anche di forte timore reverenziale, derivato dall'intuizione dell’enorme superiorità tecnologica da essi mostrata. 
E’ logico quindi attendersi che i nostri antenati ritenessero gli extraterrestri delle divinità, come il tuono e la folgore, la luna ed il sole e tutti gli altri eventi naturali che ancora non erano riusciti a interpretare: un po’ come quello che accadde a Francisco Pizarro al suo arrivo tra gli indios peruviani; a parte le intenzioni, naturalmente... Cominciarono allora a tramandarsi oralmente, di padre in figlio, che fungeva da "iniziato", quei misteri circa "gli dèi venuti dal cielo", finché non avvertirono l’esigenza di fissare nel tempo le immagini di quegli eventi e di quei personaggi che così profondamente avevano colpito la loro sensibilità. Così una selce, impiegata come punta di freccia o come coltello, tracciò sulle pareti di una grotta buia e densa di fumo alcuni eloquenti ideogrammi: un "disco" con tanto di supporti d’atterraggio, figure vagamente umane con il capo nascosto da una specie di casco munito di antenne, rappresentazioni di esseri contornati da aura luminosa, ecc. Così, lasciando testimonianze tangibili dall’Irlanda al Sahara, dalla Spagna alla Mongolia, dalla Val Camonica all’Australia, dal Canada al Perù, l’uomo lentamente imparò ad uscire dalle oscure caverne, che lo proteggevano ma ne limitavano nel contempo lo spaziare su più ampi orizzonti; ed esercitando la meravigliosa dote della curiosità, che l’avrebbe un giorno fatto ripartire verso le stelle, alla ricerca dei suoi "dèi", di quegli esseri superiori che tanto avevano inciso nel suo cammino, uscì spettatore dalla preistoria ed entrò protagonista nel proprio futuro.



Continua..al prossimo post!

Fonte:
  1. it.wikipedia.it;
  2. http://laterradellefate.forumcommunity.net/

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