Perù, sito archeologico di Machu Picchu. (Fonte: Dalla rete)
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Continuano i post dedicati all'archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, che è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra, in epoche remote, di visitatori extraterrestri. Per questo suo rivolgersi al passato, essa può essere considerata parte, o complemento, della clipeologia. Sbarchi di popoli extraterrestri che avrebbero aiutato l'evoluzione della nostra civiltà , se non, addirittura, "creato" l'uomo con ardite operazioni di biogenetica: è la cosiddetta ipotesi extraterrestre, secondo la quale all'origine della civiltà umana vi sarebbe un popolo alieno, proprio come sostengono le varie mitologie quando parlano di "Dei venuti dal Cielo". I visitatori spaziali avrebbero fornito ai terrestri le conoscenze necessarie per iniziare il loro lungo cammino verso la civiltà; poi, compiuta la missione, sarebbero tornati al loro mondo sperduto nella Galassia. E' la tesi sostenuta dai teorici degli antichi astronauti, e sembrerebbe, oggi, una valida risposta alla domanda che sempre di più gli uomini del nostro tempo si pongono: "Siamo soli nell'Universo?" Oggi andremo in Perù, culla di un'antica civiltà molto evoluta che scomparve misteriosamente migliaia di anni fa, lasciando in quel territorio alcune testimonianze archeologiche che mettono in luce il livello di sviluppo della sua tecnologia che ancora oggi ci lascia esterefatti. Chi furono quegli antichi costruttori dei magnificenti siti archeologici nei quali le pietra sono state plasmate in forme e dimensioni che lasciano oggi gli uomini del nostro tempo sgomenti?
Nella maggior parte del resto del mondo esistono i resti di civiltà che nel corso dei secoli, sono nate, cresciute, scomparse. A volte per cause sconosciute, a volte per la furia dei popoli che le hanno conquistate. Resti riapparsi dalle nebbie del tempo a cui oggi guardiamo con ammirazione. In molte di essi ammiriamo la perfezione degli allineamenti astronomici e la maestria costruttiva che ha plasmato la pietra in forme e dimensioni che lasciano sgomenti. Strutture talmente sofisticate e mastodontiche che ancora oggi sarebbe difficile realizzare. Il nostro viaggio ci porta oggi in Perù, ove vi sono i resti di un'antica civiltà. Chi realizzò Machu Picchu?
Machu Picchu e gli Inca
Il Machu Picchu ['matʃu 'piktʃu] è un sito archeologico inca situato in Perù, nella valle dell'Urubamba, a circa 2.430 m.s.l.m.. Il nome, deriva dai termini quechua, machu (vecchio) e pikchu (cima o montagna). Fa parte dei Patrimoni dell'umanità stilati dall'UNESCO. Nel 2003, più di quattrocentomila persone hanno visitato le rovine e l'UNESCO ha espresso preoccupazione per i danni ambientali che un tale volume di turisti può arrecare al sito. Le autorità peruviane, che ovviamente ricavano dei notevoli vantaggi economici dal turismo, sostengono che non ci siano problemi e che l'estremo isolamento della valle dell'Urubamba sia, da solo, sufficiente a limitare il flusso turistico. Periodicamente viene proposta la costruzione di una funivia per raggiungere la città dal fondovalle, ma finora la proposta non è passata. La località è oggi universalmente conosciuta sia per le sue imponenti ed originali rovine, sia per l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba circa 400 metri più in basso. Nel 2007 Machu Picchu è stato eletto come una delle Sette meraviglie del mondo moderno.
Machu Picchu si trova a 13° 9' 47" di latitudine sud e 72° 32' 44" di longitudine ovest. Forma parte del distretto omonimo, nella provincia di Urubamba, regione di Cusco, in Perù. La più vicina città importante è Cusco, attuale capoluogo della regione e antica capitale Inca, a 130 km. I monti Machu Picchu e Huayna Picchu appartengono a una grande formazione orografica conosciuta come Batolito di Vilcabamba, nella Cordigliera Centrale delle Ande peruviane. Si trovano sulla riva sinistra della cosiddetto Canyon dell'Urubamba, conosciuto anticamente come gola di Picchu. Ai piedi delle alture, praticamente cingendole, scorre il fiume Vilcanota-Urubamba. Le rovine incaiche si trovano a metà strada fra le cime delle due montagne, a 450 metri di altitudine sul livello del fondovalle e a 2.438 su quello del mare. La superficie edificata misura approssimativamente 530 metri di larghezza e 200 di larghezza, contando 172 edifici nell'area urbana. Le rovine propriamente dette sono situate all'interno di un'area intangibile del Sistema Nazionale delle Aree Naturali Protette dallo Stato (SINANPE, Sistema Nacional de Áreas Naturales Protegidas por el Estado), chiamata Santuario storico di Machu Picchu, che si estende su una superficie di 325,92 km² del bacino del Vilcanota-Urubamba (il Willka mayu o "fiume sacro" inca). Il Santuario storico custodisce e protegge una serie di specie biologiche in pericolo d'estinzione e vari siti incaici, fra i quali Machu Picchu è considerato il principale.
Verso il 1440 la gola di Picchu fu conquistata da Pachacútec, primo imperatore inca (1438-1470), durante la sua campagna nei pressi di Vilcabamba. Il sito di Machu Picchu dovette impressionare il monarca per le sue peculiari caratteristiche nell'ambito della geografia sacra della regione di Cusco, e perciò egli avrebbe ordinato di costruirvi, verso il 1450, un complesso urbano con edifici di gran lusso, civili e religiosi. Si ritiene che Machu Picchu avesse, come la maggior parte delle llactas incaiche, una popolazione mobile, che oscillava fra i 300 e i 1.000 abitanti: membri di un'élite (probabilmente la panaca di Pachacútec) e acllas. È stato dimostrato che la manodopera agricola era composta di coloni mitimaes o mitmas (mitmaqkuna) provenienti da luoghi diversi dell'impero. Machu Picchu non era da nessun punto di vista un complesso isolato, per cui il mito della "città perduta" e del "rifugio segreto" degli imperatori inca è privo di fondamento. Le valli che confluivano nella gola formavano una regione densamente popolata che crebbe spettacolarmente in produttività agricola a partire dall'occupazione inca, nel 1440. Gli inca costruirono sul posto molti centri amministrativi - i più importanti dei quali furono Patallacta e Quente Marca - e numerosi complessi agricoli formati da terrazze di coltivazione. Machu Picchu dipendeva da questi complessi per la sua alimentazione, poiché i campi del settore agrario della città sarebbero risultati insufficienti per rifornire la colonia. La comunicazione intraregionale era possibile grazie alla rete delle strade incaiche: otto di esse conducevano a Machu Picchu. La cittadina di Picchu giunse a differenziarsi dalle colonie vicine per la singolare qualità dei suoi principali edifici. Alla morte di Pachacútec, conformemente alle usanze reali incaiche, Machu Picchu e il resto delle sue proprietà personali sarebbero state trasferite all'amministrazione della sua panaca, che doveva destinare le entrate prodotte al culto della mummia del defunto re. Si presume che questa situazione si sia mantenuta durante i governi di Túpac Yupanqui (1470-1493) e di Huayna Cápac (1493-1529). Machu Picchu dovette perdere in parte la sua importanza trovandosi a competere in prestigio con le proprietà personali dei successori. Di fatto, l'apertura di una via più ampia e sicura fra Ollantaytambo e Vilcabamba (quella della valle di Amaybamba) disimpegnò la strada della gola di Picchu.
Si suppone che la città di Machu Picchu fosse stata costruita dall'imperatore inca Pachacútec intorno all'anno 1440 e sia rimasta abitata fino alla conquista spagnola del 1532. La posizione della città era un segreto militare ben custodito, in quanto i profondi dirupi che la circondano erano la sua migliore difesa naturale. Difatti, una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per ben quattro secoli, entrando nella leggenda. Scoperte archeologiche, unite a recenti studi su documenti coloniali, mostrano che non si trattava di una normale città, quanto piuttosto di una specie di residenza estiva per l'imperatore e la nobiltà Inca. Si è calcolato che non più di 750 persone alla volta potessero risiedere a Machu Picchu e probabilmente durante la stagione delle piogge o quando non c'erano nobili, il numero era ancora minore. La città fu riscoperta il 24 luglio 1911 da Hiram Bingham, uno storico di Yale, che stava esplorando le vecchie strade inca della zona alla ricerca dell' ultima capitale Inca: Vilcabamba. Bingham compì parecchi altri viaggi ed eseguì scavi fino al 1915 e solo più tardi si rese conto dell'importanza della sua scoperta e si convinse che Machu Picchu era quella che lui chiamava Vilcabamba. Di ritorno dalle sue ricerche, scrisse parecchi articoli e libri su Machu Picchu: il più conosciuto fu La città perduta degli Inca. Paradossalmente Vilcabamba non era Machu Picchu: l'ultima capitale era a Espíritu Pampa: nascosta nella giungla, a poche centinaia di metri da dove era arrivato lui durante le sue ricerche. Nel 2008 una serie di documenti scoperti negli archivi americani e peruviani da alcuni studiosi internazionali, tra cui lo storico americano Paolo Greer, rivelano che il tedesco Augusto Berns scoprì invece Machu Picchu nella seconda metà dell'800 e costituì una società per sfruttarne le ricchezze. Berns scoprì la località nel 1867, 44 anni prima che l'esploratore americano Hiram Bingham la rivelasse al mondo occidentale. Greer e i suoi colleghi puntano ora a localizzare i tesori perduti, molti dei quali potrebbero essere finiti in collezioni private.
Ma chi erano gli Inca?
Gli Inca furono gli artefici di una delle maggiori civiltà precolombiane che si sviluppò nell’altipiano andino, tra il XIII e il XVI secolo, giungendo a costituirvi un vasto impero. Il termine Inca è perlopiù usato come sostantivo, generalmente al plurale (gli Inca), ma viene utilizzato anche come aggettivo per qualificare manifestazioni varie di questo popolo (ad esempio si utilizzano espressioni quali architettura inca, religione inca, scrittura inca). Il complesso delle attività culturali e formative della collettività in esame viene comunemente indicato come civiltà inca, ma non è raro l'utilizzo del termine gli Inca per riferirsi, in senso lato, alla loro cultura.
Gli studiosi di storia precolombiana si sono sempre domandati se gli Inca fossero stati una stirpe autoctona o se fossero giunti nell’attuale Perù a seguito di una migrazione da paesi lontani. Particolari ricerche sono state indirizzate a risolvere il problema esaminando gli aspetti legati alla morfologia, all’archeologia e alla linguistica, mentre altre si sono orientate sullo studio dei miti delle origini tramandati dai cronisti spagnoli.
Già William H. Prescott, nella sua monumentale “Conquista del Perù” aveva fatto riferimento a delle differenze riscontrate tra i cranii di Inca e quelli di peruviani comuni. La sua osservazione derivava dalla lettura di “Crania americana”, un’opera del suo compatriota Samuel George Morton, uscita in Filadelfia nel 1839. Morton aveva effettuato delle accurate misurazioni dei crani delle mummie peruviane con tutt’altro scopo. Era un convinto assertore della teoria della poligenesi e tendeva a dimostrare che le razze umane non derivavano dal medesimo ceppo, inoltre riteneva che la misura del cervello determinasse il livello d’intelligenza. Tuttavia dai suoi studi emergeva che i crani di Inca differivano da quelli dei loro sudditi comuni per un angolo facciale molto più sviluppato. Le sue osservazioni hanno alimentato per lungo tempo la convinzione che gli Inca appartenessero ad una razza estranea alle Ande, ma i moderni ricercatori hanno opposto alcune considerazioni assai penetranti. Secondo loro, le ricerche di Morton sono state effettuate su un numero troppo esiguo di reperti per poterle accettare come conclusioni generalizzate. Inoltre il professore americano non ha tenuto conto delle pratiche di deformazione del cranio, diffuse nel Perù dell’epoca, che differivano tra etnia ed etnia con risultati anche imponenti.
L'archeologia classica non ha permesso di dipanare il mistero dell’origine degli Inca. Scavi approfonditi nell’area del Cuzco hanno tuttavia dimostrato che l’uso della ceramica inca appare improvvisamente su un anteriore substrato estraneo, a riprova dell’arrivo dei suoi utilizzatori, quando erano già in possesso delle necessarie tecniche artistiche e costruttive. Successive investigazioni su reperti apparentati trovati in altre aree centroamericane non hanno invece consentito di riconoscervi una origine comune essendo prevalente l’opinione di uno scambio limitato tra diverse culture. Manufatti di natura inca, prevalentemente metallici, sono stati in effetti ritrovati in tutto il continente sudamericano, ma sono frutto di scambi o di razzie essendo i loro possessori ad un livello culturale nettamente inferiore a quello peruviano. Si osserva al proposito che l’esistenza dell’impero inca era già nota ai Portoghesi almeno dieci anni prima della sua scoperta, grazie ai racconti degli indigeni della regione del Rio de la Plata con cui erano in contatto. Un avventuriero lusitano, Alejo García, partecipò personalmente, nel 1526, ad una spedizione effettuata dagli indigeni Guaraní a scopo di razzia giungendo, attraverso la selva, fino ai confini orientali del regno di Huayna Capac.La comparazione delle ricerche effettuate nei vari campi di indagine non permette di risolvere con certezza il mistero dell'origine degli Inca, tuttavia consente di proporre delle ipotesi ragionevolmente probabili sulla loro appartenenza al ceppo andino, a sua volta derivato da una remota migrazione dal Nord del continente. Il loro linguaggio, probabilmente puquina, è riferito ad un idioma usato in una località sui bordi del lago Titicaca. Tutti i miti che li riguardano hanno in comune l'identificazione del loro luogo di origine in una zona sempre collocata nei pressi di questo lago. La loro presenza nel Cuzco è preceduta da una peregrinazione nella regione, sempre partendo dal grande specchio d'acqua. Infine nella storia degli Inca troviamo innumerevoli riferimenti alla zona del lago ritenuta sacra ed oggetto di pratiche, anche importanti, di devozione. Per questi motivi, la maggior parte degli investigatori sulle antichità incaiche sono concordi nel ritenere che gli Inca derivano da una particolare etnia andina costretta a lasciare la propria zona d'origine, nei pressi del lago Titicaca, per una qualche calamità naturale o per un'invasione straniera. La ricerca di un nuovo territorio avrebbe richiesto parecchi anni e faticose traversie attraverso scontri con altre tribù ostili ed avrebbe avuto fine soltanto con il loro ingresso nella conca del Cuzco, scarsamente abitata e oggetto di una facile conquista. Solo da quel momento avrebbe avuto inizio la vera storia degli Inca. Fanno eccezione alcuni studiosi tra cui Louis Baudin (Il Perù degli Inca) e José Imbelloni (La esfinge indiana) che propendono per una origine polinesiana dei peruviani, Inca compresi, ma la loro resta una tesi isolata seppur appoggiata da suggestive argomentazioni. Dal sito internet Youtube ripubblico un affascinante documentario di archeologia misteriosa in Perù ed in particolare su "Machu Picchu ", la città perduta:
- http://it.wikipedia.org/wiki/Machu_Picchu;
- http://it.wikipedia.org/wiki/Inca;
- http://www.youtube.com/;
- http://www.youtube.com/.