Sicilia bedda e amata,cantata e disprizzata...

  • A proposito degli alieni....

    Il saggio dal titolo "A proposito degli alieni....", di Francesco Toscano e Enrico Messina

    Sinossi: Fin dalla preistoria ci sono tracce evidenti del passaggio e dell’incontro tra esseri extraterrestri ed esseri umani. Da quando l’uomo è sulla Terra, per tutto il suo percorso evolutivo, passando dalle prime grandi civiltà, all’era moderna, sino ai giorni nostri, è stato sempre accompagnato da una presenza aliena. Lo dicono i fatti: nei reperti archeologici, nelle incisioni sulle rocce (sin qui rinvenute), nelle sculture, nei dipinti, in ciò che rimane degli antichi testi, sino ad arrivare alle prime foto e filmati oltre alle innumerevoli prove che oggi con le moderne tecnologie si raccolgono. Gli alieni ci sono sempre stati, forse già prima della comparsa del genere umano, e forse sono loro che ci hanno creato.

  • Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.

    Il saggio dal titolo "Gli antichi astronauti: dèi per il mondo antico, alieni per quello moderno.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Milioni di persone in tutto il mondo credono che in passato siamo stati visitati da esseri extraterrestri. E se fosse vero? Questo libro nasce proprio per questo motivo, cercare di dare una risposta, qualora ve ne fosse ancora bisogno, al quesito anzidetto. L`archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra di visitatori extraterrestri avvenuti all’alba della nostra civiltà.

  • Condannato senza possibilità d'appello

    Il romanzo breve dal titolo "Condannato senza possibilità d'appello.", di Francesco Toscano

    Sinossi: Le concezioni primitive intorno all`anima sono concordi nel considerare questa come indipendente nella sua esistenza dal corpo. Dopo la morte, sia che l`anima seguiti a esistere per sé senza alcun corpo o sia che entri di nuovo in un altro corpo di uomo o d`animale o di pianta e perfino di una sostanza inorganica, seguirà sempre il volere di Dio; cioè il volere dell’Eterno di consentire alle anime, da lui generate e create, di trascendere la vita materiale e innalzarsi ad un piano più alto dell’esistenza, imparando, pian piano, a comprendere il divino e tutto ciò che è ad esso riconducibile.

  • L'infanzia violata, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "L'infanzia violata", di Francesco Toscano

    Sinossi: Dovrebbero andare a scuola, giocare, fantasticare, cantare, essere allegri e vivere un'infanzia felice. Invece, almeno 300 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare e spesso a prostituirsi, a subire violenze a fare la guerra. E tutto ciò in aperta violazione delle leggi, dei regolamenti, delle convenzioni internazionali sui diritti dell'infanzia. La turpe problematica non è lontana dalla vostra quotidianità: è vicina al luogo in cui vivete, lavorate, crescete i vostri bambini. Ad ogni angolo dei quartieri delle città, dei paesi d'Italia, è possibile trovare un'infanzia rubata, un'infanzia violata.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei "ru viddrani", Don Ciccio, "u pastranu", capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un'acredine che amplifica l'entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea Romanescu, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il fantasy dal titolo "E un giorno mi svegliai", di Francesco Toscano

    Sinossi: "E un giorno mi svegliai" è un fantasy. Il personaggio principale del libro, Salvatore Cuzzuperi, è un impiegato residente nella provincia di Palermo che rimane vittima di un'esperienza di abduction. Il Cuzzuperi vivrà l'esperienza paranormale del suo rapimento da parte degli alieni lontano anni luce dal pianeta Terra e si troverà coinvolto nell'aspra e millenaria lotta tra gli Anunnaki, i Malachim loro sudditi, e i Rettiliani, degli alieni aventi la forma fisica di una lucertola evoluta. I Rettiliani, scoprirà il Cuzzuperi, cercano di impossessarsi degli esseri umani perché dotati di Anima, questa forma di energia ancestrale e divina, riconducibile al Dio Creatore dell'Universo, in grado di ridare la vita ad alcune specie aliene dotate di un Dna simile a quello dell'uomo, fra cui gli stessi Rettiliani e gli Anunnaki. Il Cuzzuperi perderà pian piano la sua umanità divenendo un Igigi ammesso a cibarsi delle conoscenze degli "antichi dèi", ed infine, accolto come un nuovo membro della "fratellanza cosmica".

  • I ru viddrani, di Francesco Toscano

    Il romanzo giallo dal titolo "I ru viddrani", di Francesco Toscano

    Sinossi: Non è semplice per un vecchietto agrigentino rientrare in possesso del suo piccolo tesoro, che consta di svariati grammi di oro e di argento, che la sua badante rumena gli ha rubato prima di fuggire con il suo amante; egli pensa, allora, di rivolgersi a due anziani suoi compaesani che sa essere in buoni rapporti con il capo mafia del paesino rurale ove vive, per poter rientrare in possesso del maltolto. A seguito della mediazione dei “ru viddrani”, Don Ciccio, “ù pastranu”, capo mafia della consorteria mafiosa di Punta Calura, che ha preso a cuore la vicenda umana di Domenico Sinatra, incarica i suoi sodali di mettersi sulle tracce della ladruncola e di far in modo che ella restituisca la refurtiva all`anziano uomo. Qualcosa, però, va storto e fra le parti in causa si acuisce un’acredine che amplifica l’entità del furto commesso, tanto che nel giro di pochi anni si arriva all`assassinio di Ingrid Doroteea ROMANESCU, la badante rumena resasi autrice del furto in questione.

  • Naufraghi nello spazio profondo, di Francesco Toscano

    Il romanzo di fantascienza dal titolo "Naufraghi nello spazio profondo ", di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza.

  • Malacarne, di Francesco Toscano

    Libro/E-book: Malacarne, di Francesco Toscano

    Sinossi: Nella primavera dell'anno 2021 a Palermo, quando la pandemia dovuta al diffondersi del virus denominato Covid-19 sembrerebbe essere stata sconfitta dalla scienza, malgrado i milioni di morti causati in tutto il mondo, un giovane, cresciuto ai margini della società, intraneo alla famiglia mafiosa di Palermo - Borgo Vecchio, decide, malgrado il suo solenne giuramento di fedeltà a Cosa Nostra, di vuotare il sacco e di pentirsi dei crimini commessi, così da consentire alla magistratura inquirente di assicurare alla giustizia oltre sessanta tra capi e gregari dei mandamenti mafiosi di Brancaccio, Porta Nuova, Santa Maria Gesù. Mentre Francesco Salvatore Magrì, inteso Turiddu, decide di collaborare con la Giustizia, ormai stanco della sua miserevole vita, qualcun altro dall'altra parte della Sicilia, che da anni ha votato la sua vita alla Legalità e alla Giustizia, a costo di sacrificare sé stesso e gli affetti più cari, si organizza e profonde il massimo dell'impegno affinché lo Stato, a cui ha giurato fedeltà perenne, possa continuare a regnare sovrano e i cittadini possano vivere liberi dalle prevaricazioni mafiose. Così, in un turbinio di emozioni e di passioni si intrecciano le vite di numerosi criminali, dei veri e propri Malacarne, e quella dei Carabinieri del Reparto Operativo dei Comandi Provinciali di Palermo e Reggio di Calabria che, da tanti anni ormai, cercano di disarticolare le compagini mafiose operanti in quei territori. Una storia umana quella di Turiddu Magrì che ha dell'incredibile: prima rapinatore, poi barbone e mendicante, e infine, dopo essere stato "punciutu" e affiliato a Cosa Nostra palermitana, il grimaldello nelle mani della Procura della Repubblica di Palermo grazie al quale potere scardinare gran parte di quell'organizzazione criminale in cui il giovane aveva sin a quel momento vissuto e operato.

  • NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA , di Francesco Toscano

    Libro/E-book: NAUFRAGHI NELLO SPAZIO PROFONDO : I 12 MARZIANI, GLI ULTIMI SUPERSTITI DELLA SPECIE UMANA,di Francesco Toscano

    Sinossi: In un futuro distopico l’umanità, all’apice della sua evoluzione e prossima all’estinzione, sarà costretta, inevitabilmente, a lasciare la Terra, la nostra culla cosmica, alla ricerca di un pianeta alieno in cui poter vivere, sfruttando le conoscenze del suo tempo. Inizia così l’avventura del giovane Joseph MIGLIORINI, di professione ingegnere, e di altri giovani terrestri, un medico, un geologo, un ingegnere edile, che, da lì a poco, a bordo di una navetta spaziale allestita dal loro Governo, sarebbero stati costretti a raggiungere il pianeta Marte, il “nostro vicino cosmico”, al fine di atterrare nei pressi del suo polo nord ove, anni prima, dei robot costruttori avevano realizzato una stazione spaziale permanente, denominata “New Millenium”; tutto questo affinché parte dell’umanità sopravvissuta agli eventi nefasti e apocalittici potesse prosperare su quella landa desolata, tanto ostile alla vita in genere, giacché ritenuta unico habitat possibile e fruibile ai pochi sopravvissuti e alla loro discendenza. Nel giro di pochi anni, pur tuttavia, a differenza di quanto auspicatosi dagli scienziati che avevano ideato e progettato la missione Marte, l’ingegnere MIGLIORINI e la sua progenie sarebbero rimasti coinvolti in un’aspra e decennale guerra combattuta da alcuni coloni di stanza sul pianeta Marte e da altri di stanza sulla superficie polverosa della nostra Luna, per l’approvvigionamento delle ultime materie prime sino ad allora rimaste, oltre che per l’accaparramento del combustibile, costituito da materia esotica e non più fossile, di cui si alimentavano i motori per viaggi a velocità superluminale delle loro superbe astronavi; ciò al fine di ridurre le distanze siderali dello spazio profondo e al fine di generare la contrazione dello spazio-tempo per la formazione di wormhole, ovvero dei cunicoli gravitazionali, che avrebbero consentito loro di percorrere le enormi distanze interstellari in un batter di ciglia...

giovedì 31 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte tredicesima.


Perù, sito archeologico di Machu Picchu. (Fonte: Dalla rete)
31 Marzo 2011.

Continuano i post dedicati all'archeologia spaziale, o archeologia misteriosa, che è definibile come la ricerca delle tracce, sotto forma di particolari reperti archeologici o delle testimonianze tramandate nel corso dei millenni, di presunti sbarchi sulla Terra, in epoche remote, di visitatori extraterrestri. Per questo suo rivolgersi al passato, essa può essere considerata parte, o complemento, della clipeologia. Sbarchi di popoli extraterrestri che avrebbero aiutato l'evoluzione della nostra civiltà , se non, addirittura, "creato" l'uomo con ardite operazioni di biogenetica: è la cosiddetta ipotesi extraterrestre, secondo la quale all'origine della civiltà umana vi sarebbe un popolo alieno, proprio come sostengono le varie mitologie quando parlano di "Dei venuti dal Cielo". I visitatori spaziali avrebbero fornito ai terrestri le conoscenze necessarie per iniziare il loro lungo cammino verso la civiltà; poi, compiuta la missione, sarebbero tornati al loro mondo sperduto nella Galassia. E' la tesi sostenuta dai teorici degli antichi astronauti, e sembrerebbe, oggi, una valida risposta alla domanda che sempre di più gli uomini del nostro tempo si pongono: "Siamo soli nell'Universo?" Oggi andremo in Perù, culla di un'antica civiltà molto evoluta che scomparve misteriosamente migliaia di anni fa, lasciando in quel territorio alcune testimonianze archeologiche che mettono in luce il livello di sviluppo della sua tecnologia che ancora oggi ci lascia esterefatti. Chi furono quegli antichi costruttori dei magnificenti siti archeologici nei quali le pietra sono state plasmate in forme e dimensioni che lasciano oggi gli uomini del nostro tempo sgomenti?


Nella maggior parte del resto del mondo esistono i resti di civiltà che nel corso dei secoli, sono nate, cresciute, scomparse. A volte per cause sconosciute, a volte per la furia dei popoli che le hanno conquistate. Resti riapparsi dalle nebbie del tempo a cui oggi guardiamo con ammirazione. In molte di essi ammiriamo la perfezione degli allineamenti astronomici e la maestria costruttiva che ha plasmato la pietra in forme e dimensioni che lasciano sgomenti. Strutture talmente sofisticate e mastodontiche che ancora oggi sarebbe difficile realizzare. Il nostro viaggio ci porta oggi in Perù, ove vi sono i resti di un'antica civiltà. Chi realizzò Machu Picchu?


Machu Picchu e gli Inca


Il Machu Picchu ['matʃu 'piktʃu] è un sito archeologico inca situato in Perù, nella valle dell'Urubamba, a circa 2.430 m.s.l.m.. Il nome, deriva dai termini quechua, machu (vecchio) e pikchu (cima o montagna). Fa parte dei Patrimoni dell'umanità stilati dall'UNESCO. Nel 2003, più di quattrocentomila persone hanno visitato le rovine e l'UNESCO ha espresso preoccupazione per i danni ambientali che un tale volume di turisti può arrecare al sito. Le autorità peruviane, che ovviamente ricavano dei notevoli vantaggi economici dal turismo, sostengono che non ci siano problemi e che l'estremo isolamento della valle dell'Urubamba sia, da solo, sufficiente a limitare il flusso turistico. Periodicamente viene proposta la costruzione di una funivia per raggiungere la città dal fondovalle, ma finora la proposta non è passata. La località è oggi universalmente conosciuta sia per le sue imponenti ed originali rovine, sia per l'impressionante vista che si ha sulla sottostante valle dell'Urubamba circa 400 metri più in basso. Nel 2007 Machu Picchu è stato eletto come una delle Sette meraviglie del mondo moderno.
Machu Picchu si trova a 13° 9' 47" di latitudine sud e 72° 32' 44" di longitudine ovest. Forma parte del distretto omonimo, nella provincia di Urubamba, regione di Cusco, in Perù. La più vicina città importante è Cusco, attuale capoluogo della regione e antica capitale Inca, a 130 km. I monti Machu Picchu e Huayna Picchu appartengono a una grande formazione orografica conosciuta come Batolito di Vilcabamba, nella Cordigliera Centrale delle Ande peruviane. Si trovano sulla riva sinistra della cosiddetto Canyon dell'Urubamba, conosciuto anticamente come gola di Picchu. Ai piedi delle alture, praticamente cingendole, scorre il fiume Vilcanota-Urubamba. Le rovine incaiche si trovano a metà strada fra le cime delle due montagne, a 450 metri di altitudine sul livello del fondovalle e a 2.438 su quello del mare. La superficie edificata misura approssimativamente 530 metri di larghezza e 200 di larghezza, contando 172 edifici nell'area urbana. Le rovine propriamente dette sono situate all'interno di un'area intangibile del Sistema Nazionale delle Aree Naturali Protette dallo Stato (SINANPE, Sistema Nacional de Áreas Naturales Protegidas por el Estado), chiamata Santuario storico di Machu Picchu, che si estende su una superficie di 325,92 km² del bacino del Vilcanota-Urubamba (il Willka mayu o "fiume sacro" inca). Il Santuario storico custodisce e protegge una serie di specie biologiche in pericolo d'estinzione e vari siti incaici, fra i quali Machu Picchu è considerato il principale.

Verso il 1440 la gola di Picchu fu conquistata da Pachacútec, primo imperatore inca (1438-1470), durante la sua campagna nei pressi di Vilcabamba. Il sito di Machu Picchu dovette impressionare il monarca per le sue peculiari caratteristiche nell'ambito della geografia sacra della regione di Cusco, e perciò egli avrebbe ordinato di costruirvi, verso il 1450, un complesso urbano con edifici di gran lusso, civili e religiosi. Si ritiene che Machu Picchu avesse, come la maggior parte delle llactas incaiche, una popolazione mobile, che oscillava fra i 300 e i 1.000 abitanti: membri di un'élite (probabilmente la panaca di Pachacútec) e acllas. È stato dimostrato che la manodopera agricola era composta di coloni mitimaes o mitmas (mitmaqkuna) provenienti da luoghi diversi dell'impero. Machu Picchu non era da nessun punto di vista un complesso isolato, per cui il mito della "città perduta" e del "rifugio segreto" degli imperatori inca è privo di fondamento. Le valli che confluivano nella gola formavano una regione densamente popolata che crebbe spettacolarmente in produttività agricola a partire dall'occupazione inca, nel 1440. Gli inca costruirono sul posto molti centri amministrativi - i più importanti dei quali furono Patallacta e Quente Marca - e numerosi complessi agricoli formati da terrazze di coltivazione. Machu Picchu dipendeva da questi complessi per la sua alimentazione, poiché i campi del settore agrario della città sarebbero risultati insufficienti per rifornire la colonia. La comunicazione intraregionale era possibile grazie alla rete delle strade incaiche: otto di esse conducevano a Machu Picchu. La cittadina di Picchu giunse a differenziarsi dalle colonie vicine per la singolare qualità dei suoi principali edifici. Alla morte di Pachacútec, conformemente alle usanze reali incaiche, Machu Picchu e il resto delle sue proprietà personali sarebbero state trasferite all'amministrazione della sua panaca, che doveva destinare le entrate prodotte al culto della mummia del defunto re. Si presume che questa situazione si sia mantenuta durante i governi di Túpac Yupanqui (1470-1493) e di Huayna Cápac (1493-1529). Machu Picchu dovette perdere in parte la sua importanza trovandosi a competere in prestigio con le proprietà personali dei successori. Di fatto, l'apertura di una via più ampia e sicura fra Ollantaytambo e Vilcabamba (quella della valle di Amaybamba) disimpegnò la strada della gola di Picchu.

Si suppone che la città di Machu Picchu fosse stata costruita dall'imperatore inca Pachacútec intorno all'anno 1440 e sia rimasta abitata fino alla conquista spagnola del 1532. La posizione della città era un segreto militare ben custodito, in quanto i profondi dirupi che la circondano erano la sua migliore difesa naturale. Difatti, una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per ben quattro secoli, entrando nella leggenda. Scoperte archeologiche, unite a recenti studi su documenti coloniali, mostrano che non si trattava di una normale città, quanto piuttosto di una specie di residenza estiva per l'imperatore e la nobiltà Inca. Si è calcolato che non più di 750 persone alla volta potessero risiedere a Machu Picchu e probabilmente durante la stagione delle piogge o quando non c'erano nobili, il numero era ancora minore. La città fu riscoperta il 24 luglio 1911 da Hiram Bingham, uno storico di Yale, che stava esplorando le vecchie strade inca della zona alla ricerca dell' ultima capitale Inca: Vilcabamba. Bingham compì parecchi altri viaggi ed eseguì scavi fino al 1915 e solo più tardi si rese conto dell'importanza della sua scoperta e si convinse che Machu Picchu era quella che lui chiamava Vilcabamba. Di ritorno dalle sue ricerche, scrisse parecchi articoli e libri su Machu Picchu: il più conosciuto fu La città perduta degli Inca. Paradossalmente Vilcabamba non era Machu Picchu: l'ultima capitale era a Espíritu Pampa: nascosta nella giungla, a poche centinaia di metri da dove era arrivato lui durante le sue ricerche. Nel 2008 una serie di documenti scoperti negli archivi americani e peruviani da alcuni studiosi internazionali, tra cui lo storico americano Paolo Greer, rivelano che il tedesco Augusto Berns scoprì invece Machu Picchu nella seconda metà dell'800 e costituì una società per sfruttarne le ricchezze. Berns scoprì la località nel 1867, 44 anni prima che l'esploratore americano Hiram Bingham la rivelasse al mondo occidentale. Greer e i suoi colleghi puntano ora a localizzare i tesori perduti, molti dei quali potrebbero essere finiti in collezioni private. 
Ma chi erano gli Inca?
Gli Inca furono gli artefici di una delle maggiori civiltà precolombiane che si sviluppò nell’altipiano andino, tra il XIII e il XVI secolo, giungendo a costituirvi un vasto impero. Il termine Inca è perlopiù usato come sostantivo, generalmente al plurale (gli Inca), ma viene utilizzato anche come aggettivo per qualificare manifestazioni varie di questo popolo (ad esempio si utilizzano espressioni quali architettura inca, religione inca, scrittura inca). Il complesso delle attività culturali e formative della collettività in esame viene comunemente indicato come civiltà inca, ma non è raro l'utilizzo del termine gli Inca per riferirsi, in senso lato, alla loro cultura.
Gli studiosi di storia precolombiana si sono sempre domandati se gli Inca fossero stati una stirpe autoctona o se fossero giunti nell’attuale Perù a seguito di una migrazione da paesi lontani. Particolari ricerche sono state indirizzate a risolvere il problema esaminando gli aspetti legati alla morfologia, all’archeologia e alla linguistica, mentre altre si sono orientate sullo studio dei miti delle origini tramandati dai cronisti spagnoli.
Già William H. Prescott, nella sua monumentale “Conquista del Perù” aveva fatto riferimento a delle differenze riscontrate tra i cranii di Inca e quelli di peruviani comuni. La sua osservazione derivava dalla lettura di “Crania americana”, un’opera del suo compatriota Samuel George Morton, uscita in Filadelfia nel 1839. Morton aveva effettuato delle accurate misurazioni dei crani delle mummie peruviane con tutt’altro scopo. Era un convinto assertore della teoria della poligenesi e tendeva a dimostrare che le razze umane non derivavano dal medesimo ceppo, inoltre riteneva che la misura del cervello determinasse il livello d’intelligenza. Tuttavia dai suoi studi emergeva che i crani di Inca differivano da quelli dei loro sudditi comuni per un angolo facciale molto più sviluppato. Le sue osservazioni hanno alimentato per lungo tempo la convinzione che gli Inca appartenessero ad una razza estranea alle Ande, ma i moderni ricercatori hanno opposto alcune considerazioni assai penetranti. Secondo loro, le ricerche di Morton sono state effettuate su un numero troppo esiguo di reperti per poterle accettare come conclusioni generalizzate. Inoltre il professore americano non ha tenuto conto delle pratiche di deformazione del cranio, diffuse nel Perù dell’epoca, che differivano tra etnia ed etnia con risultati anche imponenti. 
L'archeologia classica non ha permesso di dipanare il mistero dell’origine degli Inca. Scavi approfonditi nell’area del Cuzco hanno tuttavia dimostrato che l’uso della ceramica inca appare improvvisamente su un anteriore substrato estraneo, a riprova dell’arrivo dei suoi utilizzatori, quando erano già in possesso delle necessarie tecniche artistiche e costruttive. Successive investigazioni su reperti apparentati trovati in altre aree centroamericane non hanno invece consentito di riconoscervi una origine comune essendo prevalente l’opinione di uno scambio limitato tra diverse culture. Manufatti di natura inca, prevalentemente metallici, sono stati in effetti ritrovati in tutto il continente sudamericano, ma sono frutto di scambi o di razzie essendo i loro possessori ad un livello culturale nettamente inferiore a quello peruviano. Si osserva al proposito che l’esistenza dell’impero inca era già nota ai Portoghesi almeno dieci anni prima della sua scoperta, grazie ai racconti degli indigeni della regione del Rio de la Plata con cui erano in contatto. Un avventuriero lusitano, Alejo García, partecipò personalmente, nel 1526, ad una spedizione effettuata dagli indigeni Guaraní a scopo di razzia giungendo, attraverso la selva, fino ai confini orientali del regno di Huayna Capac.La comparazione delle ricerche effettuate nei vari campi di indagine non permette di risolvere con certezza il mistero dell'origine degli Inca, tuttavia consente di proporre delle ipotesi ragionevolmente probabili sulla loro appartenenza al ceppo andino, a sua volta derivato da una remota migrazione dal Nord del continente. Il loro linguaggio, probabilmente puquina, è riferito ad un idioma usato in una località sui bordi del lago Titicaca. Tutti i miti che li riguardano hanno in comune l'identificazione del loro luogo di origine in una zona sempre collocata nei pressi di questo lago. La loro presenza nel Cuzco è preceduta da una peregrinazione nella regione, sempre partendo dal grande specchio d'acqua. Infine nella storia degli Inca troviamo innumerevoli riferimenti alla zona del lago ritenuta sacra ed oggetto di pratiche, anche importanti, di devozione. Per questi motivi, la maggior parte degli investigatori sulle antichità incaiche sono concordi nel ritenere che gli Inca derivano da una particolare etnia andina costretta a lasciare la propria zona d'origine, nei pressi del lago Titicaca, per una qualche calamità naturale o per un'invasione straniera. La ricerca di un nuovo territorio avrebbe richiesto parecchi anni e faticose traversie attraverso scontri con altre tribù ostili ed avrebbe avuto fine soltanto con il loro ingresso nella conca del Cuzco, scarsamente abitata e oggetto di una facile conquista. Solo da quel momento avrebbe avuto inizio la vera storia degli Inca. Fanno eccezione alcuni studiosi tra cui Louis Baudin (Il Perù degli Inca) e José Imbelloni (La esfinge indiana) che propendono per una origine polinesiana dei peruviani, Inca compresi, ma la loro resta una tesi isolata seppur appoggiata da suggestive argomentazioni. Dal sito internet Youtube ripubblico un affascinante documentario di archeologia misteriosa in Perù ed in particolare su "Machu Picchu ", la città perduta: 




Continua... al prossimo post!

Fonte:
  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Machu_Picchu;
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Inca;
  3. http://www.youtube.com/;
  4. http://www.youtube.com/.

E se non fosse terrestre...? Parte dodicesima.


Palenque è un sito archeologico maya situato nello stato messicano del Chiapas, non lontano dal fiume Usumacinta e circa 130 km a sud di Ciudad del Carmen. È un sito di medie dimensioni, più piccolo rispetto a Tikal e Copán, ma contiene alcune delle più belle opere di architettura e scultura che i Maya abbiano prodotto.
31 Marzo 2011.

Continuano i post dedicati all'archeologia spaziale, alla tesi sostenuta dai teorici degli antichi astronauti. Oggi parleremo dei Maya,civiltà precolombiana che ha avuto inizio intorno al 1500 a.C. nell'area meridionale del Messico (attuali stati federali del Chiapas, del Quintana Roo, del Campeche, dello Yucatan), nel Guatemala, ne El Salvador e nel Belize (ex Honduras britannico). La loro comparsa in quei territori e la loro successiva scomparsa, senza un apparente e giustificato motivo, sono avvolte nel mistero.


I Maya e gli antichi astronauti.

La civiltà maya fiorì nella zona del Centro America che si estende attualmente dal sud del Messico (Penisola dello Yucatán) fino all'Honduras e El Salvador passando per Guatemala e Belize. Gli archeologi dividono questa vasta area in due regioni: una a sud denominata "terre alte", costituite dal sistema montuoso presente sul territorio guatemalteco e una regione a nord o "terre basse", che comprende la foresta tropicale del Guatemala e Belize del nord e le zone più aride della penisola dello Yucatán. I periodi in cui viene usualmente suddivisa la storia dei Maya sono tre: il primo è il Periodo Preclassico che va dal 1500 a.C. (per altri, dal 1000 a.C. o dal 1800 a.C.) al 317 d.C. il secondo è il Periodo Classico che va dal 317 (anno corrispondente all'anno più antico del calendario maya) al 987 d.C.,suddiviso a sua volta in: Classico Arcaico (fino al 500 circa), in cui si assiste allo stanziarsi dei Maya e alla bonifica della giungla Medio Classico, con una pausa a cui segue una ripresa con rinnovata lena Classico Finale (dall'800), che vede il declino e l’inspiegabile abbandono di tutto quanto s’era creato con tanto sudore. il terzo è il Periodo Postclassico, a partire dal 987. 
Quella dei Maya è l'unica civiltà precolombiana che abbia lasciato numerose ed estese iscrizioni. La scrittura maya era una scrittura logosillabica, nella quale cioè ciascun simbolo, o grafema, poteva sia rappresentare una parola o comunque avere un significato a sé stante, sia indicare foneticamente una sillaba. L'inizio dell'uso di una lingua scritta da parte dei Maya si può far risalire all'inizio dell'era cristiana. Una grande quantità di iscrizioni maya sono incise su stele, e contengono riferimenti alle date principali della loro storia. La comprensione di questi testi era peraltro limitata alla casta sacerdotale e ai dignitari d'alto rango.
Ai Maya si devono numerosi centri urbani tra i più spettacolari dell’antichità: Tikal, Palenque, Yaxchilán, Copán, Piedras Negras, Uxmal, Chichén Itzá per citare solo i più grandiosi. La memoria della cultura maya è scolpita chiaramente e ampiamente sui templi, sui palazzi, sulle piramidi, e soprattutto è descritta nei geroglifici delle steli, sulle quali con accuratezza sono segnate le date, sono raffigurati gli eventi ed è ritratta la vita della gente. Sotto gli influssi della potente cultura irradiata da questi centri, gli antichi Maya realizzarono uno dei complessi di cultura materiale e di cultura teorica più raffinato dell’umanità. Teorici puri, anche, paradossalmente, quando realizzavano cose concrete, i Maya furono al contempo straordinari artisti e scienziati acutissimi, raffinatissimi esecutori e teorizzatori senza pari, raggiungendo in tutti i campi quelle che appaiono essere - almeno secondo certi canoni - le vette più alte del loro tempo. D'altro canto sono anche passati alla storia per una religione violenta che prevedeva sacrifici umani anche collettivi. Sono state ritrovate infatti dagli archeologi fosse con migliaia di teschi umani. Il tipo di governo Maya era semplice. Il popolo sembra che desiderasse di essere governato il meno possibile. Difatti, i Maya non costituirono mai un impero: la loro organizzazione era basata su un insieme di città-Stato. Si ebbero semplicemente tante città-stato affini a quelle dell’antica Grecia o dell’Italia medievale, che condividevano la religione, la cultura e la lingua, ma erano ciascuna sovrana dei propri diritti e dotata di leggi proprie. Ogni città-stato era governata da un capo ereditario, che esercitava funzioni amministrative, esecutive e probabilmente anche religiose. Nel commercio le città erano rivali, ma l’assenza quasi totale di scene di battaglia sulle steli lascia arguire che raramente la loro rivalità conduceva alla guerra. Alcune città furono molto grandi per l'epoca. Tikal, ad esempio, nel periodo classico arrivò a 60.000 abitanti. Secondo alcune stime, in quel periodo la popolazione dello Yucatán era tripla di quella odierna. La prosperità della campagna si riversava nelle città. I coltivatori e i mietitori di mais, alimento principale dei Maya, diedero un impulso decisivo alla formazione della cultura, finanziando il lavoro dei sacerdoti scienziati, che indagavano i misteri della terra e delle stelle, sviluppavano un sistema cosmologico, approfondivano lo studio dell’astronomia, della scrittura e della matematica. 
Sul finire del periodo classico, la giungla s'impadronì delle città maya. La loro scomparsa è attestata dalle ultime date delle steli. Copán fu abbandonata intorno all’800; l’ultima stele di Tikal porta la data 869. Non è ben chiaro perché le città furono abbandonate. Sono state formulate alcune ipotesi: La popolazione, stanca dei lavori forzati, si sarebbe ribellata contro i sacerdoti e i nobili, deportandoli o massacrandoli. Le città, lasciate in mano a governanti incapaci, sarebbero andate in rovina una dopo l'altra. L'invasione o l'influenza di nuove genti provenienti dal Messico centrale, i Toltechi, avrebbe portato a un grave declino, prima di una rifioritura nel periodo post-classico.


L'astronauta di Palenque.


Palenque è un sito archeologico maya situato nello stato messicano del Chiapas, non lontano dal fiume Usumacinta e circa 130 km a sud di Ciudad del Carmen. È un sito di medie dimensioni, più piccolo rispetto a Tikal e Copán, ma contiene alcune delle più belle opere di architettura e scultura che i Maya abbiano prodotto. L'area abbraccia circa 2,5 km², ma si stima che si sia esplorato meno del 10% della superficie totale che raggiunse la città, in quanto ancora moltissime strutture rimangono coperte dalla foresta. Nel 1981, Palenque fu designata "Zona Protetta" e nel 1987 l'Unesco la dichiarò Patrimonio dell'Umanità. 
Su una pietra tombale maya ritrovata nel Tempio delle Iscrizioni di Palenque, nello stato messicano del Chiapas, è ritratta una figura umana in una posa che ricorda quella di un viaggiatore spaziale intento a pilotare un veicolo a razzo. Questa creatura sembra impugnare i comandi di guida, e nella parte posteriore del veicolo compare una struttura (un motore?) da cui fuoriescono quelle che appaiono essere fiamme. Altri dettagli suggeriscono la presenza di un sedile, di un apparato di respirazione e di una struttura esterna affusolata che ben si concilia con l'aspetto di un veicolo a razzo. L'immagine è stata portata all'attenzione del pubblico dallo scrittore svizzero Erich von Däniken che, a partire dal suo libro "Ricordi del futuro (1968)", l'ha interpretata come una testimonianza della visita all'umanità da parte di viaggiatori extraterrestri, avvenuta secondo l'autore in tempi remoti e della quale si sarebbe in seguito persa la memoria. Secondo le teorie dello scrittore, riprese ed ampliate anche in Italia da Peter Kolosimo, gli antichi contatti con civiltà aliene avrebbero tuttavia lasciato traccia in alcuni manufatti, dei quali la pietra di Palenque costituirebbe uno degli esempi più convincenti. Nonostante l'aspetto dell'immagine tombale, in sé piuttosto sorprendente, von Däniken si ferma però all'interpretazione che deriva dalle prime sensazioni, tralasciando di approfondire aspetti decisivi fra cui - ad esempio - l'abbigliamento del "pilota", non certo adatto a un volo spaziale. Ma soprattutto altri studiosi, fra cui l'archeologo statunitense William H. Stiebing, documentano come nella stessa località di Palenque vi siano diverse pietre tombali maya (come nel Tempio della Croce e nel Tempio della Croce Fronzuta) sulle quali compaiono simboli che si ritrovano anche nell'immagine del cosiddetto astronauta. Nel contesto dell'arte maya, tali figure rappresentano il "Mostro della Terra" (un guardiano degli inferi), scambiato per la parte inferiore dell'astronave, un oggetto a forma di croce (che probabilmente raffigura una pianta di mais) un uccello quetzal (un simbolo solare ad indicare la sorgente della vita) e altro ancora. 





Continua....al prossimo post!

Fonte:

Linkografia:
  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Maya;
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dei_Maya;
  3. http://www.giornalettismo.com/archives/52714/lastronauta-di-palenque/;
  4. http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=100249;
  5. http://www.daniken.com/e/;
  6. http://www.nibiru2012.it/misteri-e-curiosita/l-astronauta-di-palenque.html;
  7. http://www.youtube.com/.
Bibliografia:
  1. Sergio De Santis. "Antichi astronauti e moderni best-seller: una bibliografia commentata", Scienza & Paranormale 22, pp. 40-47.
  2. James Randi, "Reperti spaziali", in: Fandonie - Flim-Flam! (Avverbi edizioni, 1999), pp. 140-164.
  3. William H. Stiebing Jr., Antichi Astronauti (Avverbi edizioni, 1998)
  4. Ronald D. Story, "Antichi astronauti? Un esame critico delle più famose prove", Scienza & Paranormale 22, pp. 22-29.
  5. Mercedes de la Garza I maya: 3000 anni di civiltà Editrice Bonechi, Firenze, 1992. ISBN 88-7009-809-5

Oroscopo di oggi giovedì 31 Marzo 2011: Ariete.

La costellazione astronomica dell'Ariete. (Fonte: Dalla rete)
31 Marzo 2011. 

Ariete, sarai molto disponibile verso gli altri ed avrai modo di costruire nuovi e validi rapporti di amicizia. In ambito lavorativo, si prevedono degli avanzamenti professionali. In ambito affettivo, un'amicizia ti dimostrera' i suoi sentimenti nei tuoi confronti.

Fonte:

La frase di oggi.

31 Marzo 2011.

"Il problema con le "lezioni della storia" è che di solito le si capisce dopo averci sbattuto la faccia contro."



Ricorrenze storiche di oggi, giovedì 31 Marzo 2011.


Eventi

Fonte:

martedì 29 marzo 2011

E se non fosse terrestre...? Parte decima.


Continuano i post dedicati all'archeologia spaziale, alla tesi sostenuta dai teorici degli antichi astronauti, alla domanda che sempre di più gli uomini del nostro tempo si pongono: "Siamo soli nell'Universo?" Chi costruì le Piramidi della piana di Giza? Secondo una leggenda dell'antico Egitto, molto tempo prima dei faraoni, un dio arrivò dalle stelle, con altri della sua razza. Essi portarono in dono agli uomini il sapere e la forza. Poi tornarono alla loro casa fra le stelle. Solo uno rimase sulla terra, e insegnò al popolo del Nilo i segreti della propria gente. Quando morì fu sepolto in un luogo segreto: la tomba del "visitatore".

29 Marzo 2011.

"La nostra attuale civiltà globale è stata la prima sulla Terra, o ne è esistita almeno un'altra se non pari senz'altro superiore tecnologicamente? Per la realizzazione di determinate costruzioni e altri reperti del passato erano necessari mezzi evoluti, forse anche più di quelli di cui la nostra civiltà attuale dispone, e senz'altro non erano sufficienti tutta la buona volontà e il fervore di uomini appena usciti dall'età della pietra. Per spostare blocchi del peso di 200 tonnellate e porli magistralmente in opera servono tecnologie avanzate e non solo belle parole! E' stato verificato da tempo che molte antiche costruzioni risultano orientate astronomicamente. Questo elemento non dimostra solamente che popoli dell'antichità, come gli Egizi ad esempio, avevano un sistema di conoscenze astronomiche estremamente evoluto, ma fornisce anche lo spunto per poter utilizzare nell'indagine strumenti forniti da quella disciplina denominata Archeoastronomia." (Archeologia dei Misteri,di Paolo Forni)



Le Piramidi di Giza

Le Piramidi,uno dei più grandi enigmi della Storia, e i templi Egizi.


Le grandi piramidi sono disposte a riprodurre esattamente la costellazione di Orione.E non solo. Le proporzioni e l'orientamento delle piramidi sono stupefacenti. All'epoca della presunta costruzione i condotti sud e nord al suo interno puntavano rispettivamente verso la cintura di Orione e verso Sirio quelli a sud, mentre quelli a nord verso la stella polare e verso la testa dell'orsa minore. 

Chi costruì le piramidi di Giza? Qual era la loro reale funzione? Secondo l'egittologia classica le piramidi erano delle case - tomba, o per meglio dire delle macchine-tomba; il luogo in cui l'anima del faraone, attraverso un lungo ed articolato processo con contestuale giudizio, sarebbe riuscita a trascendere la vita terrena e raggiungere l'aldilà ed infine vivere in eterno, ricongiungendosi con quanti lo avevano preceduto nel viaggio ultraterreno teso a raggiungere il luogo in cui tutto ebbe inizio: la costellazione di Orione, luogo secondo cui gli egizi pensavano vivesse Osiride, signore dell'eternità. La necropoli di Giza è situata nella piana di Giza, alla periferia de Il Cairo, in Egitto. Questo complesso di antichi monumenti dista 8 km circa dall'antica città di Giza, sul Nilo, e 25 km circa dal centro del Cairo in direzione sud-ovest. Al suo interno si trova la Piramide di Cheope (o Grande Piramide,  fu la prima eretta a Giza. I lati della base, che è quasi esattamente un quadrato, misurano metri 230,4; 230,52; 230,6; 230,54. L’altezza originaria era 146,7 m. I lati sono orientati secondo i punti cardinali con una precisione che ha sempre stupito: l’errore è circa 3'), l'unica tra le sette meraviglie del mondo antico giunta sino ai giorni nostri. La fase principale di costruzione della necropoli avvenne attorno al XXV secolo a.C. e fu resa popolare ai tempi dell'Ellenismo nel momento in cui la Piramide di Cheope fu inserita da Antipatro di Sidone nella lista delle sette meraviglie del mondo. Gli scavi degli ultimi sessant'anni hanno notevolmente modificato il concetto di piramide. Lungi dall'essere un semplice tumulo di forma geometrica a sè stante e innalzato sopra un sepolcro regale,o, per dare una definizione più esatta, una tomba gigantesca a base quadrata con quattro lati triangolari uguali e uniti al vertice, essa ci appare oggi piuttosto come il fulcro di una vasta zona funeraria che comprende altre tre parti distinte. Prima di tutto ai margini del deserto e sovrastante il terreno coltivato, in modo da essere accessibile in barca durante la stagione della piena, sorgeva un tempio in valle, edificio di modeste dimensioni, ma non meno sontuoso. Di lì, un passaggio soprelevato, lungo sovente quasi mezzo chilometro, conduceva al tempio funerario vero e proprio che dava direttamente accesso al lato orientale della piramide dove una finta porta, o una stele arretrata imitante un portale, aveva lo scopo di permettere al defunto monarca di uscire a prendere la propria parte dei generosi prodotti dei molti fondi annessi al complesso funerario. Le pareti di questi tre elementi architettonici potevano essere adorne di rilievi e iscrizioni illustranti le varie attività che si svolgevano nelle tenute regali, le imprese del faraone e i riti quotidiani e festivi celebrati in suo onore. Descrivere le piramidi di Giza come una delle sette meraviglie del mondo sembra quasi un sottovalutarle, perché la grande piramide supera in volume qualsiasi edificio eretto dalla mano dell'uomo, e in altezza (146 metri circa), tra i monumenti costruiti interamente in pietra, è superata solo dai campanili della cattedrale di Colonia. I nomi degli artefici dei tre giganti che si estendono diagonalmente attraverso l'altopiano desertico di Giza ci sono stati riferiti da Erodoto come Cheope, Chefren e Micerino. Benché siano tutt'altro che esatti ci sono divenuti così familiari che l'uso ne è pienamente giustificato. La grande piramide è già stata tante volte e così esaurientemente descritta che non occorre aggiungere altro se non che la disposizione interna presenta due radicali mutamenti nel progetto, fra i quali la meravigliosa grande galleria in pendio che sale alla vera camera sepolcrale, un'imponente sala di granito detta ora la camera del Re. Poco ci è noto della vita del costruttore della grande piramide, salvo questa testimonianza materiale del suo autocratico potere. Secondo una leggenda dell'antico Egitto, molto tempo prima dei faraoni, un dio arrivò dalle stelle, con altri della sua razza. Essi portarono in dono agli uomini il sapere e la forza. Poi tornarono alla loro casa fra le stelle. Solo uno rimase sulla terra, e insegnò al popolo del Nilo i segreti della propria gente. Quando morì fu sepolto in un luogo segreto: la tomba del "visitatore". Dietro la nascita dell'antico Egitto si nasconderebbe, dunque, la regia di una razza aliena tecnologicamente più avanzata ? «Le pietre delle piramidi», volendo citare Jean-Charles Moreux (da "Non è Terrestre" di Peter Kolosimo, pagg. 178 - 180), «sono connesse con tanta esattezza (benché alcune siano lunghe sino a dieci metri), che si può passare una lama di temperino sulla loro superficie laterale senza scoprire il solco che le divide. Eppure non ci si servì di calce! Uno dei più grandi imprenditori degli Stati Uniti ha fatto notare che oggi noi non possediamo macchine capaci di produrre due superfici che si connettano fra loro perfettamente come sono connesse le pietre della Grande Piramide. «L'insieme della costruzione pesa circa 6 milioni di tonnellate occorrerebbero quindi 6000 locomotive capaci di trarre mille tonnellate ognuna per trasportarla. L'attuale disponibilità finanziaria dell'Egitto non basterebbe a pagare gli operai che fossero incaricati di demolirla. Il suo architetto, chiunque sia stato, mirava dunque ad erigere un monumento perenne. In realtà, nessuno ha ancora toccato l'audacia dei costruttori della Grande Piramide: sì pensi che questa montagna di massi supera di 40 metri il Duomo degli Invalidi, di 66 il Pantheon e di 77 le torri di Notre Dame di Parigi!». «Quanto all'orientamento», continua Moreux, «le facce della piramide avrebbero dovuto esser rivolte ai quattro punti cardinali; ma tanto non riuscì con esattezza, se non con la piramide di Cheope. Il problema è infatti arduo, e creò difficoltà assai gravi anche agli architetti più esperti. Abbiamo, è vero, la bussola, ma tutti sanno che l'ago calamitato indica il Nord magnetico: per ogni luogo e per ogni anno — anzi, per ogni giorno — occorre apportare rettifiche. «Resta il metodo astronomico, il Nord segnato dalla Stella Polare. Neppure questo è, tuttavia, un dato esatto, poiché quest'astro, che serve per orientarci in pratica, non si trova affatto al polo celeste: attualmente esso descrive attorno a questo “punto ideale”, corrispondente al prolungamento dell'asse terrestre, un cerchio di 1 grado ed 8' di raggio; tra la Stella Polare ed il polo celeste potrebbero, in parole semplici, trovar posto due globi pari alla Luna. La stella che noi chiamiamo “polare”, inoltre, non avrebbe potuto esser così definita 4 mila anni fa. A causa dell'oscillazione della Terra, l'asse del nostro pianeta punta successivamente in direzioni diverse, ed occorre un lasso di 25 mila anni perché venga ricondotto nella stessa posizione. Fra 13 mila anni la nostra stella polare sarà Vega, il bel sole azzurro della Lira; quando fu costruita la Grande Piramide, la stella polare era un astro della costellazione del Dragone. «Per stabilire il polo celeste bisogna perciò ricorrere ad altri metodi. Gli astronomi antichi non possedevano certo strumenti esatti come quelli che oggi usiamo. Il famoso Tycho Brahe, quando volle orientare l'osservatorio d'Urianenborg, commise, nonostante tutti i suoi calcoli, un errore di 18' d'arco; e dobbiamo notare che tanto avvenne nel 1577, solo tre secoli e mezzo fa. Sia per negligenza che per inettitudine, l'osservatorio di Parigi non è orientato meglio... ed è stato costruito nel 1666! «Ebbene, un'ulteriore, incredibile sorpresa attendeva gli astronomi: si scoprì che l'orientamento della Grande Piramide è esatto con un'approssimazione inferiore a 5'. Qui è assolutamente impossibile pensare ad una coincidenza, e bisogna ammettere che i costruttori egizi furono più abili di Tycho Brahe. «Andiamo oltre: per secoli gli scienziati d'ogni paese civile cercarono un meridiano ideale per la misurazione delle latitudini. La scelta cadde dapprima su quello di Parigi, poi su quello di Greenwich. Ed ora ci accorgiamo che, in realtà, il meridiano ideale è quello della Grande Piramide. Perché mai? «In primo luogo, è il meridiano che passa per la maggior parte di continenti e per la minor parte di distese marine. È il solo a partire dallo stretto di Bering e (circostanza ancor più singolare), se si calcola esattamente l'area abitabile dall'uomo, vediamo che la divide esattamente in due. È giusto, quindi, definirlo ideale, poiché è il solo ad essere fondato su dati naturali. «I costruttori della Grande Piramide avrebbero dunque percorso la Terra e disegnato carte geografiche del globo?». Non solo: l'altezza del monumento è in diretto rapporto (come vedremo) con la distanza del nostro globo dal Sole. E la distanza della Grande Piramide dal centro del pianeta è uguale alla distanza della costruzione stessa dal Polo Nord e, quindi, corrispondente alla distanza dal Polo Nord al centro della Terra. Resta quindi da chiederci come abbiano fatto a saperlo i progettisti, se il loro livello di conoscenza era quello dipintoci dalla scienza tradizionale. 


Il tempio di Ramses II
Per suffragare la tesi sin qui sostenuta, consideriamo a tal proposito gli sforzi posti in essere da diversi Stati al mondo, negli anni '60 del secolo scorso, per trasferire il tempio di Abu Simbel dalla sua originaria sede a quell'attuale, per far posto alla nascente diga di Assuan. Nel 1960,infatti,il presidente egiziano Nasser decise l'inizio dei lavori per la costruzione della grande Diga di Assuan, opera che prevedeva la formazione di un enorme bacino artificiale. Tale grande progetto rischiava di cancellare numerose opere costruite dagli antichi egizi tra cui gli stessi templi di Abu Simbel. Grazie all'intervento dell'Unesco, ben 113 paesi si attivarono inviando uomini, denaro e tecnologia, per salvare il monumento. Vennero formulate numerose proposte a tale scopo e quella che, infine, ottenne maggiori consensi fu quella di tagliare, numerare e smontare blocco per blocco l'intera parte scolpita della collina sulla quale erano stati eretti i templi e successivamente ricostruire i monumenti in una nuova posizione 65 m più in alto e 300 m più indietro rispetto al bacino venutosi a creare. Il 1 ottobre 1965, il volto di una delle statue di Ramses II viene rimosso. I lavori durarono quasi cinque anni, dal 1964 al 1968, e furono impiegati oltre duemila uomini, guidati da un gruppo di esperti cavatori di marmo italiani provenienti da Carrara (MS) e Mazzano (BS), ed uno sforzo tecnologico senza precedenti nella storia dell'archeologia. La ricostruzione comprese anche l'erezione di una cupola in calcestruzzo armato posta appena sopra il monumento con la duplice funzione di preservare la struttura e di dare forma alla collina artificiale a cui vennero addossati i templi. L'intervento interessò sia il tempio principale dedicato a Ramesse II sia quello secondario dedicato alla regina Nefertari. Nel ricostruire i templi fu mantenuto l'originale orientamento rispetto agli astri ed al sole, in modo da consentire (seppur con lo sfalsamento di un giorno) al sorgere del sole, due volte l'anno - il 22 febbraio e il 22 ottobre - di illuminare la camera centrale del tempio maggiore ove troneggiano le quattro divinità sedute: Ptah, Anon, Ramses II e Ra ( si tenga conto che per la ricostruzione del tempio di Abu Simbel nel luogo in cui oggi è possibile ammirarlo nella sua totalità e magnificenza, sono stati eseguiti calcoli molto complessi di astronomia,che hanno richiesto l'ausilio di potenti computers - a proposito gli antichi egizi come avevano fatto senza i computers? - , grazie ai quali è stato possibile mantenere l'orientamento originale del tempio rispetto al firmamento,permettendo il rinnovarsi del fenomeno che si verifica i giorni dell'equinozio,con un giorno di differenza). Altri monumenti di minore rilevanza, e di minori dimensioni, anch'essi minacciati dal livello delle acque vennero smontati e donati a vari musei tra cui anche il Museo egizio di Torino. Le conoscenze astronomiche degli egiziani, in parte riscontrabili nella costruzione delle piramidi e di altri monumenti allineati secondo la posizione delle stelle, presenta come punto di forza il calendario. Il trascorrere della vita in Egitto era fortemente legato a quella del fiume Nilo e delle sue periodiche alluvioni, le quali avvenivano con una certa costanza, in genere ogni 11 o 13 lunazioni. Gli egiziani si accorsero che l'inizio delle inondazioni avveniva quando si alzava nel cielo la stella Sirio (Sopdet per gli egizi) con un errore di 3-4 giorni al massimo. Con questo riferimento sorsero diversi calendari, il primo era il calendario lunare di 354 giorni con mesi di 29 o 30 giorni. Ma nel tempo si notarono errori di calcolo, così ne fu introdotto un secondo definito calendario civile di 365 giorni, con 30 giorni ogni mese e 5 epagomeni ogni anno. Ma anche questo calendario mostrava qualche differenza con la realtà. Così fu introdotto un ultimo calendario ancora più preciso, il quale possedeva un ciclo di 25 anni in cui veniva aggiunto un mese intercalare nel 1°, 3°, 6°, 9°, 12°, 14°, 17°, 20°, e 23º anno di ogni ciclo. Questo calendario, estremamente preciso, venne utilizzato anche da Tolomeo nel II secolo d.C. e venne preso in considerazione sino ai tempi di Copernico. Da ricordare che i mesi di 30 giorni erano divisi in settimane di 10 giorni e in 3 stagioni di 4 mesi detti: mesi dell'inondazione, mesi della germinazione, mesi del raccolto. Già dal 3000 a.C. gli egiziani avevano in uso la divisione delle ore diurne e notturne in dodici parti ciascuna: per le ore diurne usavano regolare il tempo con le meridiane, mentre per le ore notturne si servivano di un orologio stellare, ovvero osservavano le posizioni di 24 stelle brillanti. Le ore così misurate sia di giorno che di notte avevano una durata diversa a seconda della stagione, mantenendo comunque una durata media di 60 minuti. Successivamente, per le ore notturne vennero introdotti i "decani", ovvero 36 stelle poste in una fascia a sud dell'eclittica, ognuna delle quali indicava con maggior precisione l'orario. 






Continua....al prossimo post! 

Fonte:

Linkografia:
Bibliografia:

  • La Civiltà Egizia, di Alan Gardiner, Edizione CDE spa - Milano su licenza della Giulio Einaudi editore, anno 1986;
  • Non è terrestre / Peter Kolosimo, Milano, Sugar 1973.

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