Otto.
Red era da poco rientrato all'interno del
modulo abitativo della navetta spaziale, dopo il suo giro di ricognizione
marziano, allorquando esclamò, a gran voce, di aver rinvenuto a circa 100 metri dal
punto di ammartaggio un cunicolo lavico con una buona apertura dalla quale
avremmo potuto calare, attraverso il verricello presente sul robot
trasportatore, l'intera strumentazione a noi occorrente per allestire il nostro
primo campo base. In un quarto d'ora riuscimmo ad indossare le nostre tute
spaziali, allontanandoci dalla navetta un minuto prima che
l'ossigeno si esaurisse definitivamente. Io, Red, Clif, Johannés, finalmente,
ci accingevamo ad abbandonare la "latta di metallo" che era stata
negli ultimi Sol sia la nostra scialuppa di salvataggio, che la bara contenente
i resti mortali dei nostri compagni deceduti. Percorremmo quei 100 metri che ci
distanziavano dal cunicolo lavico ansimando. Era stata una vera e propria
fortuna, che capitava normalmente una volta su mille, riuscire a trovare
quell'anfratto nella roccia marziana che ci avrebbe garantito, una volta che
sarebbe stato da noi sistemato ad hoc, di sopravvivere per il tempo necessario
a recuperare le forze e poterci organizzare ad allestire il nostro viaggio di
andata alla volta della stazione spaziale su cui saremmo dovuti giungere, se
non fosse stato per l'avaria del modulo di navigazione e di trasmissione della
nostra disgraziata "scialuppa cosmica". Accesi il robot
trasportatore, una sorta di Minotauro robotico terminante con un carrello, su
cui erano presenti quattro ruote, all’interno del quale avremmo potuto
sistemare la strumentazione che ci avrebbe consentito di allestire il campo
base. La sabbia marziana, le pietre e le asperità presenti nel terreno
ostacolavano l'andatura del robot, facendolo muovere goffamente. Calammo per
primo l'ossigenatore, poi il depuratore dell'acqua e, infine, il fusto di
idrazina. Dopo qualche ora eravamo tutti e quattro a circa 10 metri sotto il
suolo di Marte. Non ci restava che mettere in funzione l'RTG e di interrarlo a
breve distanza dalla bocca di apertura del cunicolo lavico che avevamo scoperto
e che era stata la nostra salvezza. Purtroppo, non avevamo fatto i conti con il
tempo, imprevedibile, di Marte. Da lì a poco fummo investiti da una tremenda
tempesta di polvere che uccise il più piccolo della spedizione umana. Ma di
questo ve ne parlerò un altro giorno. Ora sono stanco e triste. Il ricordo di
quell'assurda tragedia mi provoca, ancora oggi, delle forti emozioni e mi
costringe a rimuovere i ricordi che affiorano in maniera nitida nel mio
cervello.
Continua...
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