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giovedì 18 agosto 2022

I 12 marziani, di Francesco Toscano. Capitolo otto.

 


Otto.


Red era da poco rientrato all'interno del modulo abitativo della navetta spaziale, dopo il suo giro di ricognizione marziano, allorquando esclamò, a gran voce, di aver rinvenuto a circa 100 metri dal punto di ammartaggio un cunicolo lavico con una buona apertura dalla quale avremmo potuto calare, attraverso il verricello presente sul robot trasportatore, l'intera strumentazione a noi occorrente per allestire il nostro primo campo base. In un quarto d'ora riuscimmo ad indossare le nostre tute spaziali, allontanandoci dalla navetta un minuto prima che l'ossigeno si esaurisse definitivamente. Io, Red, Clif, Johannés, finalmente, ci accingevamo ad abbandonare la "latta di metallo" che era stata negli ultimi Sol sia la nostra scialuppa di salvataggio, che la bara contenente i resti mortali dei nostri compagni deceduti. Percorremmo quei 100 metri che ci distanziavano dal cunicolo lavico ansimando. Era stata una vera e propria fortuna, che capitava normalmente una volta su mille, riuscire a trovare quell'anfratto nella roccia marziana che ci avrebbe garantito, una volta che sarebbe stato da noi sistemato ad hoc, di sopravvivere per il tempo necessario a recuperare le forze e poterci organizzare ad allestire il nostro viaggio di andata alla volta della stazione spaziale su cui saremmo dovuti giungere, se non fosse stato per l'avaria del modulo di navigazione e di trasmissione della nostra disgraziata "scialuppa cosmica". Accesi il robot trasportatore, una sorta di Minotauro robotico terminante con un carrello, su cui erano presenti quattro ruote, all’interno del quale avremmo potuto sistemare la strumentazione che ci avrebbe consentito di allestire il campo base. La sabbia marziana, le pietre e le asperità presenti nel terreno ostacolavano l'andatura del robot, facendolo muovere goffamente. Calammo per primo l'ossigenatore, poi il depuratore dell'acqua e, infine, il fusto di idrazina. Dopo qualche ora eravamo tutti e quattro a circa 10 metri sotto il suolo di Marte. Non ci restava che mettere in funzione l'RTG e di interrarlo a breve distanza dalla bocca di apertura del cunicolo lavico che avevamo scoperto e che era stata la nostra salvezza. Purtroppo, non avevamo fatto i conti con il tempo, imprevedibile, di Marte. Da lì a poco fummo investiti da una tremenda tempesta di polvere che uccise il più piccolo della spedizione umana. Ma di questo ve ne parlerò un altro giorno. Ora sono stanco e triste. Il ricordo di quell'assurda tragedia mi provoca, ancora oggi, delle forti emozioni e mi costringe a rimuovere i ricordi che affiorano in maniera nitida nel mio cervello.

Continua...

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